Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Albatro    05/01/2016    0 recensioni
Milioni di anni fa, la Terra era popolata da meravigliose creature: i draghi. Vissero in pace e in armonia fino a quando una creatura simile a una scimmia comparve: l'uomo. Esso stravolse la vita dei draghi, solo cent'anni dopo la comparsa della specie umana il numero dei draghi si era dimezzato. Ci furono diverse battaglie ma i draghi soccombero. Una leggenda di quei tempi narra di un drago che s'innamorò di una donna umana, il drago la portò nella sua caverna e la lasciò lì. Riprese subito a volare per andare a caccia, ma era triste sapeva che prima del suo ritorno la donna sarebbe scappata. Quando tornò nella sua grotta fu sorpreso di trovare la donna intenta ad accendere il fuoco, il drago che si chiamava Kravok, la aiutò, bastò soffiare e i legnetti secchi presero subito fuoco. La donna di nome Igora cucinò la cerva che Kravok aveva cacciato per lei. Non sapeva che quella era nelle tradizioni dei draghi un regalo per corteggiarla. Igora però non aveva paura dei draghi come tutti i suoi simili, sapeva che erano delle creature buone e presto anche lei si innamorò di Kravok.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Umani. Una razza stupida e limitata. Pronti a uccidersi e sterminarsi tra di loro per futili motivi. Discriminano i loro simili per il colore della pelle, la religione e l'apparenza. Un branco di nullità. Questo penso mentre cammino e vivo fra di loro. Ma io non sono un'umana, per carità. Preferirei essere il granello più piccolo di polvere perchè sarei più utile di un essere umano. Mentre divago tra i miei pensieri su come sopravvivere in questa società basata su finti valori la campana suona e mi riporta alla realtà. La professoressa di storia stava parlando di Annibale e della sua intelligenza e furbizia ma non può sapere quanto fosse sexy e affascinante quell'uomo: tanto quanto lo era il padre. Ma questo non lo può sapere, non ha più anni del pianeta su cui vive. Entra il professore di religione cattolica, con la sua faccia finta da classico "Amo tutti e tutti mi amano, e se così non fosse Dio mi ama e io amo lui". Ma come si può amare qualcuno che non esiste? Ma lui non sa. Non ha visto quello che ho visto io. Non ho mai capito a cosa servi il collarino bianco che si infilano nel colletto della camicia, (Forse per senso di sottomissione? Gli piace soffrire e non poter far quel che si vuole? Sadici questi tizi. Un altro stupido gioco forse per sentirsi appaggati? Mha.) Sembra il collare quello che portano i cani. Il professore guarda la classe, fissa tutti tranne me, non mi guarda negli occhi, le iridi di colore diverso sono una cosa troppo strana per lui, come i capelli tinti portati come i Pawnee e poi, ho notato che lui sa leggere, vede l'anima delle persone. La mia anima deve averlo spaventato... Meglio così odio gli uomini di fede. Si fidano su romanzi di fantascienza, uomini che moltiplicano il pane e i pesci, resuscitano morti e ridanno la vista ai ciechi. Idiozie tutto qui. L'uomo parla, ma non ascolto, non sento le idiozie che dice, il vento fuori dalla finestra, scrolla gli alberi le verdi foglie risplendono alla luce di questo sole della metà di maggio. Eh si, ormai siamo già a maggio, fra un po' ci sono gli esami per il diploma e dopo dovrò andarmene da qui un altra volta. Come da sempre, ogni cinque anni, cambio posto, mi trasferisco, magari sparisco per qualche decennio o qualche secolo, in modo che ci mi abbia conosciuto trovi il riposo eterno nella morte liberatrice, cosa che io non troverò mai. Guardo i miei compagni, ma non ne ricordo i nomi, odio affezionarmi alle persone, prima o poi chi mi sta vicino muore, per cause naturali come la vecchiaia o per mano mia. Perchè o sono troppo curiosi nei miei confronti e scoprono cose che non dovrebbero scoprire o solo perchè sono troppo stupidi. Però non ho idea di dove andare, in Russia ci sono stata per decenni, lo stesso vale per quasi tutti gli stati dell'Europa, dall'Oriente sono dovuta scappare tanti secoli fa, penso che andrò in America. E' molto che non vado, ho passato qualche anno in Brasile e in Cile, ma nel Nord America ci sono stata pochissimo e per poco non mi ammazzavano quei bastardi, ma ora è passato molto tempo, non dovrebbero ricordarsi di me... Almeno spero. Non sono cambiata negli anni, sono sempre la stessa finta adolescente e per questo ringrazio mio padre. Ma forse avrei preferito morire un giorno. Ma per me non è così facile, non posso buttarmi da un ponte o da un terrazzo, perchè in un paio di ore sarei di nuovo in piedi, come se niente fosse successo. La campanella suona e me ne vado nel mio buco di casa. Abito in un monolocale con un piccolo terrazzino nascosto. L'ho preso solo per il terrazzino. Dormo all'aperto io, estate, inverno, autunno e primavera. Non ho mai freddo, non ho mai caldo. Certe volte ho solo bisogno di un buon pacchetto di sigarette e di un accendino per calmarmi, per non uccidere tutti. Perchè gli incubi che mi assalgono di notte non mi lasciano dormire, riportano alla luce vecchie sofferenze, vecchie torture, vecchie cicatrici. Vecchie cose che mi hanno fatto gli uomini e che non riesco a dimenticare, dimenticare è come perdonare e io non perdono. A volte il mio unico pensiero è la vendetta, ma ho giò buttato via troppi anni a combattere da sola i miei nemici. Scapperò senza fare gli esami, non mi importa, una laurea in più non mi cambia la vita. Partirò domani, prenderò l'aereo come tutti, non mi va di farmi dodici ore di viaggio da sola, con le mie forze. Raccolgo le mie cose le metto in una borsa, qualche maglietta e qualche paio di pantaloni. Prendo i documenti americani che ho nascosto nella federa del divano-letto mai usato. Gli altri li nascondo di nuovo. Tanto qui non ci verrà a vivere nessuno, questa casa è mia da dopo la guerra fredda, sulla carta e di una ragazza italiana, che sarei sempre io. Chiamo un pilota che conosco e che mi deve un favore, programmiamo tutto per il giorno dopo e poi riattacco. Esco sul terrazzino e mi siedo nel mio angolo, cado in una leggera dormiveglia e poi mi addormento. L'alba mi sveglia, prendo lo zaino, chiudo a chiave la porta e scendo in strada, dove mi aspetta il pilota. -Buongiorno.- mi dice io rispondo con un cenno del capo. Salgo in macchina e andiamo verso l'aereoporto, faccio tuttò ciò che si deve fare, check-in e cagate varie poi salgo sull'aereo e partiamo. Mi trasferirò in una piccola cittadina vicino a Boston nel Massachusetts. Sperando che nessuno mi noti. Ma i piccoli paesi sono più bastardi delle grandi metropoli, le voci girano, arrivano a tutte le orecchie e pure i sassi vedono e sentono. L'unica cosa positiva è il fatto che gli abitanti sono sinceri, se sei un personaggio scomodo, ti uccidono e poi ti buttano nel Charles.


 

Nessa camminava per strada, la gente la guardava con fiato mozzato, mischiarsi nella folla senza farsi vedere non le riusciva mai bene, non era appariscente, forse di più e questo non aiutava a non farsi notare. Le persone rimanevano sorprese dal suo aspetto, i capelli le davano un aspetto pericoloso, proprio come voleva lei e gli occhi facevano la loro parte. Lo sguardo bicolore si fermò su un uomo dall'altra parte della strada, solo lui sembrò non averla notata, infatti si guardò in giro e si voltò dandole le spalle e comiciò a camminare verso un vicolo. Lei lo seguì, il marchio sulla schiena cominciò a bruciare, i suoi sensi si affinarono e gli occhi cominciarono a brillarle, nel buio sentiva e vedeba l'uomo che camminava con passo spedito, si girò nella sua direzione, lei si nascose nell'ombra e lui continuò. In pochi secondi gli fu addosso. - No ti prego! Non ho soldi! Lasciami stare! Ho moglie e tre figli!.- l'uomo la guardò. - Stai zitto Ivan. Di tutti i russi che conosco, tu sei il più idiota e fifone!.- Ivan sembrò perplesso. - Dragonessa... Che ci fa la donna-drago a Boston?.- l'accento marcato avrebbe rivelato a chiunque di che paese fosse originario. - Potrei farti la stessa domanda Ivan, ti ho visto all'aereoporto due giorni fa, mentre accoglievi un gruppo di uomini che conosco fin troppo bene.-. Era proprio così, la vista degli Uomini del Sangue non era stata una bella sorpresa. Si ricordava il loro primo incontro molto nitidamente e la cicatrice che le attaraversava l'inizio della schiena, l'attaccatura del collo fino a sopra il seno, disegnando una C ne era la prova. Era stato Alexey a farglielo, quasi dieci anni prima, il capo di quel gruppo di idioti armati con ogni ben di Dio. Era scappata dall'Europa che le aveva puntato addosso tutte le armi che avevano, dimenticando tutte le cose che aveva fatto. Era stata usata e poi buttata via, come un gioco, ferita e esausta era arrivata in Russia dove si era stabilita per quasi cinquant'anni vedendo morire quasi tutti i suoi conoscenti. Poi avevano iniziato a braccarla come un animale, fino a farla scappare in Italia e poi in America e ora invadevano il suo territorio? No non lo avrebbe permesso. Ivan blaterava idiozie, una tra tutte catturò l'attenzione di Nessa. - Cosa hai detto?.- gli chiese - Sono venuti qui perchè si dice che ci sia un immortale, un cacciatore di draghi, uno dei primi, colui che si nutri di un cuore di drago e divenne immortale.-. Nessa conosceva la sua storia, forse avrebbe ottenuto delle risposte alle sue domande. -Come si chiama questo immortale?.- - Kravok, è uno dei pochi immortali rimasti.- - Questo lo so, ma dove si nasconde?.- - Non lo so...-. La pelle di Nessa comiciò a vibrare, le squame bianche si intravedevano sotto la pelle come se fosse un tatuaggio dettagliato, la voce le divenne pesante. - Ivan, mi sto arrabbiando, sono giorni che non faccio un pasto decente, è meglio che mi dici dove si nasconde.- - Non lo so!.-, Nessa premette la mano sullo stinco, gli artigli che cominciavano a spuntare dalla punta delle dita, -Dimmelo!.- Ivan urlò e la ragazza diminuì la presione ma non tolse la mano artigliata. -C'è una scuola non lontano da qui, si dice che lui sia il direttore.- -Come si chiama la scuola?.- -Boston Immortal... credo.-. Nessa tolse la mano e lo guardò, i suoi occhi si fecero luminosi, poco dopo si girò e se ne andò, lasciandosi alla spalle Ivan che si massaggiava la testa confuso.


-Questa è la tua camera, avrai una compagna, lei è qui da un po' di tempo, ti spiegherà tutto.- la coordinatrice scolastica guardò la nuova alunna, aveva l'aspetto di qualsiasi adolescente della sua età, ribellione allo stato puro, ma gli occhi, quegl'occhi erano di una donna che sapeva come stare al mondo. Era un'adulta nel corpo di una ragazza. -Abbiamo diverse regole, le droghe sono vietate, anche l'uso di alcolici, l'accesso all'area dei fumatori è permesso solo ai maggiorenni e agli insegnanti. Le uscite durante la settimana sono vietate, mentre al sabto e la domenica sono permesse.-, la ragazza la guardò annoiata. - Posso andare a dormire? E' stato un lungo viaggio.-. I documenti dicevano che veniva dall'Africa Nera e il colore della pelle ne era la conferma insieme al suo accento. -Se non hai domande allora puoi.- -Ok, allora buona notte.-. La coordinatrice fece spazio alla ragazza che entrò nella camera senza esitazione, sembrava ben allenata e uan che non sottostava alle regole, sarebbe stata un buon elemento con un po' di pratica. Con questi pensieri se ne andò camminando sinuosamente, rapidamente arrivò davanti alla porta del direttore, sentiva dei suoni molto famigliari, suoni che le ricordavano un pasto eccezionale. Bussò alla porta ed entrò nell'ufficio. La stanza era satura dell'odore di sangue fresco, la testa di un cervo pendeva dalla scrivania, gli occhi vuoti, inespressivi che la fissavano. L'uomo smise di mangiare, il sangue gli ricopriva la faccia fino sotto il mneto, le zanne il bella vista, gli occhi verdi attenti la fissarono, prese un tovagliolo e si pulì. - Hydra finalmente, cosa mi dici della nuova recluta.- - Sembra un'ottima risorsa, dobbiamo tentare di avvicinarla.- -Come si chiama?.- -Zuma e viene dall'Africa centrale.- -Segni particolari?.- -Occhi bicolore e qualche cicatrice.- -Tutto qui?.- la donna annuì, - Va bene, puoi andare.- la donna non si mosse, guardava i resti della carcassa con occhi famelici, -Hai fame vedo... Va bene sfamati, ma non macchiarmi il tappeto l'ho appena fatto lavare. La donna lo fissò e una lingua biforcuta cominciò ad ondeggiare fuori dalla bocca, altre due teste comparvero dalla sua schiena e con un sibilio si gettarono sull'animale morto. Alla fine non rimasero neanche le ossa.

 


 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Albatro