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Autore: coldnight    05/01/2016    2 recensioni
Jeremy Hayden Williams era un ragazzo di diciotto anni appena compiuti, con tanti sogni nel cassetto e la sfiga che occupava tutto il comò e non solo. Non era un uccello del malaugurio o qualcosa di simile, e i suoi compagni non si toccavano le palle appena lo vedevano, ma lui credeva che, forse, fosse meglio per loro farlo.
Jeremy – o Hayden, ormai non fa differenza – non era socio-fobico, ma quasi. Non apprezzava le persone poiché lui era strano, diverso, troppo chiuso in se stesso.
Aveva poche idee su cosa l'amore fosse realmente, non avendolo mai vissuto.
Apprezzava più la sua chitarra che la gente in generale, in tutta sincerità, ma troverà qualcuno con cui sentirsi a suo agio senza doversi sforzare. Qualcuno che, finalmente, lo distragga dal resto del mondo.
Jeremy Hayden Williams è un ragazzo con molti sogni nel cassetto e la sfiga che occupa tutto il comò e non solo, ma ha una testa per ragionare – anche se forse un po' troppo – e se vi va, potrete seguirlo nelle sue un po’ strane, strampalate avventure.
Genere: Comico, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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1.
Jeremy Hayden Williams.
 
     
      Jeremy Hayden Williams era un ragazzo di diciotto anni appena compiuti, con tanti sogni nel cassetto e la sfiga che occupava tutto il comò e non solo. Ogni cosa che toccava si rompeva, ogni volta che dava gli auguri a qualcuno a quest’ultimo capitava qualcosa di brutto subito dopo; ogni volta che pensava di star riuscendo in qualcosa, puntualmente questa falliva. Non era un uccello del malaugurio o qualcosa di simile, e i suoi compagni non si toccavano le palle appena lo vedevano, ma lui credeva che, forse, fosse meglio per loro farlo. Sua sorella lo rimproverava, dicendogli che era lui a farla così tragica. Ma la verità era un’altra, ovvero che lui portava davvero sfiga, e troppa.

     Jeremy Hayden Williams aveva gli occhi di un azzurro ghiacciato, semi trasparenti e contornati da profonde occhiaie, motivo per cui incutevano paura alla gente: lo sguardo serio e totalmente indifferente al resto del mondo e che sembrava giudicasse tutto e tutti, poi, non aiutava di certo. Ma a lui, in realtà, non poteva fregar di meno. Aveva ereditato gli occhi dalla nonna materna e li trovava belli, se solo non lo avessero fatto sembrare un tossico, ma questi erano dettagli, si disse. Aveva i capelli che cambiavano a seconda della luce. Passavano dal castano al biondo scuro, specie sulle punte, tanto che le sue compagne di classe erano fissate e gli facevano sempre la fatidica domanda: «Jey, ammettilo, ti tingi?» e lui doveva sempre negare, non dopo aver alzato gli occhi al cielo. Le categorie delle persone che trovava insopportabili erano davvero tante, ma gli impiccioni stavano nella vetta della classifica. Specie se avevano gli occhi da cerbiatta e il sorriso stracolmo di rossetto rosso sbrilluccicante.

      Il giovane Williams la mattina strascicava i piedi dalla sua camera alla cucina con le sue adorabili pantofole blu di numero 41 quando lui portava solamente il 39. E quindi strisciava non solo perché il rumore non gli provocava alcun fastidio, ma anche perché dover alzare così tanto il ginocchio per evitare che la suola fregasse con le piastrelle del pavimento era davvero troppo, troppo, faticoso e, insomma, non ci pensava nemmeno. Quindi arrivava in cucina, salutava con un mugugno le sue sorelle e beveva la sua scodella di caffelatte. Più caffè che latte, ovviamente. Altrimenti la forza di spostare il didietro da casa sua all’istituto scolastico sarebbe stata una vera e propria impresa. Non odiava la scuola, bensì la maggior parte delle persone che la frequentavano. Lì la classifica aumentava a dismisura. Probabilmente nasceva tra quelle mura.

     Tutti chiamavano Jeremy Hayden Williams con il suo primo nome, ma a lui non piaceva granché perché le sue sorelline adorate si divertivano a storpiarlo in infiniti modi, quando lui era ancora un poppante. Ne avevano inventato di tutti i gusti: Jerry, Jimmy, Jerry o Jenn e infine Jem. Sì, Jem. Le sue sorelle avevano fantasia solamente per quelle cazzate, perché ogni qualvolta lui chiedesse loro aiuto per i testi delle sue canzoni, quelle negavano la testa dicendo di non essere capaci. E lui si irritava ancora di più. Comunque, Hayden era un nome che gli piaceva davvero. La gente avrebbe dovuto chiamarlo così: tutto sarebbe stato più semplice. E poi avrebbe fatto più effetto per quando sarebbe diventato famoso. Jeremy è un nome così comune, così inosservato. Hayden invece gli piaceva molto di più. Lo faceva sentire molto più grande e importante di quello che di per sé non era nemmeno lontanamente.

     Jeremy – o Hayden, ormai non fa differenza – non era socio-fobico, ma quasi. Non aveva nulla contro la gente che si faceva gli affaracci propri, cioè proprio come si comportava lui. Aveva una lista lunga e larga di persone che proprio non riusciva a sopportare, ma a parte questo tutti gli altri gli erano completamente indifferenti. Più che altro aveva un modo di ragionare tutto suo, anche se questo si era capito da un pezzo. Non si fidava di molte persone, così come tutti, del resto, ma la sua era per via di una convinzione particolare. I segreti sono comunemente quei pensieri piccoli ed apparentemente innocenti che restano sulla punta della lingua e, in un momento di debolezza, vengono fuori senza paura. Non si pensa alle conseguenze, semplicemente si ha bisogno di parlarne e allora le parole vengono articolate velocemente, quasi con paura di non voler ripetere una seconda volta quel qualcosa di imbarazzante che frulla nella testa. Per lui, invece, i segreti erano tutt’altra faccenda.

     Un segreto è un qualcosa di sacro e che non va profanato. Peggio dei libri per i topi di biblioteca, per intenderci. Un segreto rimane tale solamente se resta nella testa della persona che lo pensa. Per esempio: quando si trova una persona interessante lo si dice alla migliore amica (o al migliore amico, è indifferente) e poi ci si lamenta se questa/o sputtana tutto al diretto interessato. Ecco perché pensa che la gente dovrebbe essere più razionale. Se un qualcosa è definito segreto, lo è perché così deve restare. «Ma gli amici servono proprio a questo, Jeremy» gli ripeteva Sam – la sorella maggiore. Lui puntualmente scuoteva la testa: non capiva. Gli amici sono quelle persone che circondano le proprie giornate con sorrisi, scherzi, parole dolci e che aiutano a star bene. Questo lui lo sapeva perfettamente. Nonostante non ne avesse molti – o per lo meno lui era convinto di questo – aveva capito come funzionavano quel genere di rapporti. Eppure non riusciva proprio a fidarsi. Perché i segreti erano suoi e di nessun’altro. Se rivelati, sarebbero andati perduti; avrebbero perso il proprio significato.

     Il suo tipo di musica preferito era quello che permetteva di fargli pensare meno, facendolo concentrare sul rullo delle bacchette sulla grancassa della batteria, le corde suonate della chitarra e del basso e la voce spaccatimpani. Se poi si aggiungeva un briciolo di base elettronica ancora meglio. In realtà ascoltava tutti i generi di musica, ma questi miscugli gli piacevano particolarmente. Non per niente il suo gruppo preferito erano i Linkin Park. Ne era praticamente ossessionato, si era persino fatto autografare la chitarra – che dal giorno non aveva più usato perché troppo preziosa. L’unico genere che proprio non sopportava era l’house. Gli faceva venire il mal di testa. A lui che ascoltava scream, growl e quant’altro. Già. Era una persona particolare, ma questo si era capito dal principio. Aveva conosciuto quelli che un essere umano comune chiamerebbe amici a scuola. Il primo, come già scritto, fu Tom. Erano in due sezioni diverse, ma vedendo che Jeremy portava la custodia di una chitarra come fosse la sua ombra, un giorno gli chiese stupidamente se sapesse suonarla. E Jeremy, da quale persona cordiale e gentile, gli rispose che no, portava la custodia per farsi venire una sana scoliosi. Da quel giorno suonarono insieme, formando un gruppo sempre più numeroso di persone – tutte portate da Tom, ovviamente, che lui di popolarità ne sapeva giusto qualcosa di più – che ogni tanto si vedevano per strimpellare qualcosa. Nulla di serio o particolare, ma stavano in compagnia e si divertivano.

     Tom era una persona solare, con i capelli neri ordinati e lunghi fin sotto le orecchie e gli occhi azzurri. Era un chiacchierone nato. Non sapeva tenere a freno la lingua tranne quando era necessario stare zitti, ed era forse proprio per quello che stava così simpatico a Jeremy. Lui sapeva quando fermarsi senza che qualcuno glielo dovesse dire, rispondendogli in modo acido o brusco. Perché quando Jeremy non aveva voglia di ascoltarlo, Tom rimaneva in silenzio, scriveva qualcosa al cellulare o continuava a suonare la chitarra, rispettando il suo silenzio e la sua chiusura mentale. Non chiedeva nulla perché già sapeva che non avrebbe ottenuto risposta. Probabilmente aveva imparato a conoscerlo dandogli poche occhiate, e Jeremy si pentiva sempre di essersi scoperto così tanto ad un estraneo, ma in fin dei conti ne fu sollevato perché era riuscito a farsi capire senza doversi sforzare troppo, e ringraziava sempre che Tom potesse arrivare alla sua mente senza troppi sforzi rivelandosi quel qualcuno di più simile ad un amico.

     Il secondo ad entrare nel gruppo fu Jeydon, un ragazzo a cui arrivava alla spalla. Ogni volta che gli si affiancava insultava mentalmente sua madre per averlo fatto così basso. Un metro e settantacinque non è che sia poi orribile, ma almeno cinque centimetri in più potevano concederglieli, per Dio. Ma no, doveva ritrovarsi a fare complessi sull’essere diversamente alto da Jeydon e dai suoi capelli a spazzola, dalla sua postura che lo faceva sembrare un vero e proprio armadio – a differenza sua che se andava bene poteva essere un comodino – e il suo sorriso a trentadue denti sempre sincero. Era così solare che quasi gli dava sui nervi, eppure era un’ottima persona: molto gentile ed altruista. Chiedeva sempre se c’erano problemi, inviava mille messaggi quando un suo amico aveva la febbre e se necessario andava persino a trovarlo. Per questo motivo Jeremy, da malato, spariva dalla circolazione senza lasciare nemmeno un’impronta. Era fatto così, lui.
Nicholas fu il terzo. I dread fino a metà schiena, gli occhi verdi e la linea dura della mascella. Era tutto. La sua descrizione si concludeva qui: non c’era altro da dire (per l’ennesima volta), se non che sorrideva sì e no una volta ogni tre mesi. Era un po’ strano anche lui, effettivamente.

     Michael era quello che si presentava alle prove una volta su nove, quando gli capitava. Non era un tipo molto socievole, anzi. Non appena gli si rivolgeva la parola, questo arrossiva peggio di un pomodoro e rispondeva balbettando, come una ragazzina. Molti si chiedevano se fosse omosessuale, ma a Jeremy non poteva fregare di meno. Così come agli altri del gruppo. Non che giudicassero le persone in base all’orientamento sessuale. Ormai quello era il lavoro delle scimmie in giacchetto, ovvero i bulli della scuola che per mostrare un quoziente intellettivo molto ridotto rispetto a quello della massa devono per forza pestare i poveri gay dichiarati. A volte restare nell’ombra era un bene; essere invisibile ancora di più.

     Infine vi era il festaiolo, meglio noto come Nathan. Capelli biondi lasciati rigorosamente a casaccio – per questo gli stava parecchio simpatico, perché: «Mi sveglio alle sette del mattino, ti pare che perdo tempo a pettinarmi? Metti un cappellino e via» - e occhi scuri. Lui riesce a divertirsi sempre e comunque, anche se è in compagnia del suo gatto. Ha una mente fuori dal comune, è fantasioso e spara battute a raffica, tra l’altro divertenti. Ed è lui quello che organizza le serate al karaoke o al bowling o qualsiasi altra cosa simile. Questo è l’unico motivo per cui Jeremy lo odia, ma giusto un pochino: è troppo simpatico per essere odiato. Nathan non accetta le persone, lui socializza come se tutti possano essere suoi amici, compagni di vita, fratelli. Non gliene importa nulla e probabilmente è questa la ragione per cui lo trova quasi piacevole.

     Questi possono essere considerati i suoi compagni – insieme ad Alexis, la ragazza di Tom, anche se è insieme a loro solo grazie a lui – e sono anche le uniche persone che sono riuscite ad avvicinarlo così, senza preavviso, senza chiedergli alcun permesso. Probabilmente è per questo che sente di non dover aver stizza di loro, né di doversi vergognare con loro di ciò che pensa – sebbene molte cose le tenga ancora per se. Sono tutte piccole sfaccettature che migliorerà con il corso del tempo, si ripete. Spera di poterci riuscire. Jeremy Hayden Williams è un ragazzo con molti sogni nel cassetto e la sfiga che occupa tutto il comò e non solo, ma ha una testa per ragionare – e forse per pensare un po’ troppo – e se vi va, potrete seguirlo nelle sue un po’ strane, strampalate avventure. 











Angolo autrice:
buonasera!
Inizio dando gli auguri di buone feste a tutti quanti. Domani ci sarà l'Epifania e con questa si chiuderà il - a mio parere - troppo corto periodo di festività. Si aspetta Natale tutto l'anno e poi questo passa in un batter di ciglia.
Venendo alla storia, questa non è la prima che pubblico, ma in un certo senso lo è. Difatti è la prima slash che tento di scrivere. Sono una persona pignola e non prendo nulla sottogamba, per questo non sapevo se pubblicarla. Essendo abituata a scrivere het ho pensato che avrei dovuto aspettare prima di pubblicare, in modo tale da esercitarmi, ma presa dalla frenesia mi sono lanciata.
Anche questa volta - parlo per chi già mi conosce - abbiamo un sottofondo musicale ed artistico. Non posso farci niente, sono due cose fondamentali per me.
Diversamente da Clouds - la mia prima storia, appunto - i personaggi sono ispirati a persone che esistono realmente. Non sto a dire quali, nonostante siano "famosi". In realtà sono emersi da poco, ma stanno avendo tantissimo successo e inserirò qualche loro testo come titolo di questi capitoli.
Non so quando potrò aggiornare, ma sono avanti di due capitoli con la trascrizione, quindi spero di essere puntuale.
Spero di contare in un vostro parere!
Un abbraccio e ancora auguri,
C;


 
   
 
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