When The Sun Is Gone
Cap.1
La Partenza
Come
sempre sono qui, su questo letto, sola. I pensieri sono troppi nella mia testa,
confondo fantasia con realtà, incubi con sogni, razionale con follia. Desolante
è questo silenzio che mi spacca il cuore. Lentamente, molto lentamente sto
morendo dentro. Da quando mio padre è morto e mia madre ha deciso di
trasferirsi in un’altra città le mie giornate trascorrono allo stesso modo. Mi
trascino lenta e spenta. Senza degnare di uno sguardo nessuno, nemmeno i miei
compagni di classe, nemmeno la mia migliore amica che non ha mai smesso di
cercarmi. Di loro non me ne frega nulla, non m’interessa se soffrono perché,
comunque, non soffriranno mai come sto soffrendo io ora. Se me ne devo andare
per sempre da Miami tanto vale che si abituino alla mia lontananza o forse sono
io quella che si deve abituare.
Stringo
al petto la foto di mio padre quando ancora stava bene e non gli avevano ancora
diagnosticato il tumore mortale al cervello che ce lo ha portato via. La
felicità è come svanita da questa casa. Non piango, non perché non voglio, ma
solo perché ho finito le lacrime. Troppo ho pianto in questi mesi. Troppo ho
sofferto. Voglio solo sparire per sempre.
Decido
di rompere il silenzio accendendo la televisione ma non la guardo. Non mi
interessa se il presidente ha fatto una visita all’ambasciata in Francia perché
dovrebbe interessarmi? Cosa c’è di più importante del mio dolore?
Il
rumore che produce il dorso della mano di mia madre sulla porta mi distrae dai miei
pensieri confusi. Subito dopo la sua voce così calorosa e dolce m’invade.
Sue Ellen? Stai dormendo?
No, mamma. Entra.
Delicatamente
apre la porta. Quando oltrepassa la soglia mi arriva il suo profumo leggero
alle narici. Istantaneamente lo respiro a pieni polmoni. L’ho sempre adorato il
suo profumo.
Quando
ero piccola mi stringevo a lei e glielo dicevo continuamente “ il profumo della
mamma è il più buono del mondo “. Lei mi accarezzava la guancia e mi dava un
dolce bacio sulla nuca. Di solito dopo quel breve scambio d’affetto arrivava
anche mio padre che ci stringeva entrambe, avvolgendoci fra le sue forti
braccia. Anche se ora glielo avessi detto e l’avessi abbracciata mio padre non
sarebbe arrivato a completare la scena.
Allora, sei pronta per la partenza di
domani? Hai fatto tutte le valigie?
Mi
fissa coi quei suoi occhi azzurri. Ho sempre adorato anche quelli. Credo che
non ho mai odiato nulla di lei. Mi è troppo naturale amarla alla follia.
Si, ho finito 10 minuti fa di sistemare
gli ultimi vestiti.
Bene. Dobbiamo alzarci presto, mi
raccomando non andare a letto tardi.
Si, mamma.
Improvvisamente
il suo sguardo cada sulle mie dita. Intravede la foto di mio papà. Una lacrima
sembra uscirle dall’occhio destro. Mi sorride.
Manca tanto anche me, lo sai.
Si, lo so.
Mi
accarezza i capelli e come quando ero piccola mi da un bacio sulla fronte.
Ti voglio bene, Sue.
Anch’io ti voglio bene, mamma.
Buonanotte.
Notte, Ma’.
Ammiccando
un altro sorriso chiude la porta lasciandomi sola.
Quanto
è forte mia madre. Non riesco ancora a capire dove trova la forza per fare quel
che fa. Lavora, si occupa di me, della casa… non riesco proprio a capire. Io è
già tanto se riesco ad andare a scuola.
Bacio
la foto del mio adorato papà. L’appoggio al comodino. Spengo la tv e la luce
sperando che il sonno arrivi presto.
Dopotutto
la notte è passata veloce, senza sogni o incubi. È da tanto che non dormo così
bene. Mi sento quasi allegra. Forse la mamma aveva ragione, un cambiamento non
avrebbe fatto male alla mia vita.
Sento
dei rumori provenire dalla cucina ed il profumo di uova mi stuzzica l’appetito.
Mi alzo cercando di tenere gli occhi ben aperti.
Infatti
mia madre è li che prepara la colazione. Sono le 6 ma non avverto il sonno su di
me.
Buongiorno Sue. Ti ho preparato le
uova. So che se non mangi prima di un viaggio poi sei nervosa.
Grazie. Ha un odore squisito. Ma potevi
evitare. Potevo mangiare in aeroporto.
Lo so, ma so anche che tu preferisci la
mia cucina che quella dei bar.
Questo è vero.
Le
sorrido. In quel momento realizzo che è uno tra i primi sorrisi che faccio dopo
mesi di solitudine e tristezza. Il papà mi manca ma per fortuna c’è sempre lei.
La mia mamma. Il raggio di sole delle mie giornate. Purtroppo queste cose non
gliele dico mai. Dovrei. Anche lei sta molto soffrendo per la morte del papà,
si merita il mio affetto, ma c’è sempre qualcosa che mi blocca. Come se io la
felicità la rifiutassi. Come se non volessi più essere felice per tutto il
resto della mia vita. So benissimo che non è giusto, perché così rendo infelice
anche lei.
Il
mio guscio non vuole aprirsi neanche con la persona più cara che ho al mondo.
Come farò a fare amicizia in una città nuova? Non lo so. Per ora non voglio
pensarci.
Probabilmente
farò come ho sempre fatto in questi mesi, standomene da sola a pensare senza
parlare a nessuno, con sempre il mio ipod in tasca e le cuffie al massimo
volume nelle orecchie.
Tesoro, quando ti decidi a togliere
quel brutto piercing dal labbro?
Oh, mamma… dai, ne abbiamo già parlato.
Mi piace. Fa parte di me oramai.
Lo so, ma saresti molto più bella
senza.
Dai Ma’!
Va bene, va bene. Non ne parliamo.
Grazie.
La
sua fissazione per il mio piercing è quasi maniacale. Che fastidio le da?
Infondo sono io che ho un pezzo di metallo in bocca. Quella pallina sotto il
labbro mi piace troppo. E' parte del mio essere. Mi ricorda papà. L’ho
fatto con lui. E' stato lui ad approvarlo. Che ridere al pensiero.
“
papà la mamma non vuole, posso farmi un piercing? “
“
dove lo vuoi? “
“
al labbro! Proprio qui! “
“
mmm. Ti piace? “
“
si! Da morire! “
“
sei sicura che poi non ti penti? “
“
sicurissima “
“
ok. Domani ti accompagno. La faccia è tua. Tanto se ti stufi lo puoi sempre
togliere… ma non parlarmi di tatuaggi! Quelli te li fai quando hai 18 anni e
sarai abbastanza matura da non disegnarti un teschio sul braccio!!! “
“
grazie papà!!! “
Che
bei ricordi. Lui mi ha sempre permesso di fare quello che più mi piaceva. Non
mi viziava, sia ben chiaro, però quel che riguardava la mia vita voleva che
decidessi io.
Il
tempo di finire la colazione e di fare la doccia che già sono pronta a partire. Mettiamo
le valigie nel taxi ed ora veramente stiamo partendo.
Guardo
in lontananza la mia casa diventare sempre più piccola. Già mi manca quella
casa piena di bei ricordi. Sicuramente non mi mancherà il sole di Miami. Ho
sempre odiato il caldo, le spiagge, i costumi, le giornate con i raggi di sole
forti da infastidire gli occhi. Dove stavamo andando, almeno da quel che ha
detto mia madre, il sole si vede raramente. È sempre tutto nuvoloso. Che
fortuna. Il mio posto. Senza sole ma senza neanche troppo freddo.
Chissà
chi incontrerò in questo nuovo capitolo della mia vita? Ancora distolgo il
pensiero dal primo giorno di scuola. L’agitazione per la prima volta in vari
mesi mi colpisce. Io sempre pacata, calma ora mi agito per il primo giorno in
una nuova scuola… che strano. Forse è davvero una cosa positiva questo
trasferimento.
Di
nuovo mi torna il dolore addosso. Mentre l’aereo decolla cerco di
addormentarmi, chiudo gli occhi e mi giro verso il finestrino mentre mia madre
legge una rivista. Una lacrima mi bagna la guancia ma subito la elimino con la
manica della felpa.
La
sofferenza che provo è quasi palpabile. Era cominciata bene questa giornata ma
adesso mi sento come cadere in una voragine perché il giorno in cui mio padre
s’è spento mi è tornato in mente. Le urla di mia madre, la disperazione nel suo
sguardo.
Fortunatamente
il sonno mi avvolge presto, chiudo gli occhi e m’addormento con la fronte
premuta contro il vetro del finestrino ovale.
I
ricordi vagano nella mia mente, ricordi felici, allegri ma anche quelli più
disperati e desolanti. Per fortuna sto dormendo e so che è tutto un sogno o un
incubo. Non so nemmeno io come classificare queste brevi visioni.
Dopo alcune ore di viaggio mia madre mi sveglia. Siamo finalmente arrivate a Forks. Una
nuova vita ha inizio.