Una.
Due.
Tre.
Sempre lo stesso ritmo che si ripercuote nella profondità della sua prigione scura e dura, fatta di roccia fredda e inscalfibile, con quelle catene che tintinnano ad ogni suo movimento e che lo bloccano nella oscurità, rannicchiato e nascosto dagli occhi vigili che lo vegliano e ghermiscono.
Il rumore di quelle gocce che scendono interrompono i suoi pensieri oscuri, e come un piccolo rumore diventa la sua tortura più insopportabile.
Dopo tre ere, può sentire scorrere quelle gocce lungo la roccia su un piccolo solco dove fluiscono lente e ininterrotte e quando il percorso si interrompe cadono sulla piccola pozzanghera davanti i suoi tenebrosi occhi.
Cadono incessantemente da tre ere, sempre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Questa è la tortura dei suoi simili, ombre di Valar tutte sottoposte ad Ilύvitar, nessuno di essi ha la sua potenza e nessuno potrà mai raggiungere la gloria, come la raggiungerà egli: quando la sua cattività finirà.
Ed allora spianerà con una mano le montagne; brucerà con il suo spirito di fuoco gli alberi e ogni piantagione godendo del pianto di Yavanna, toglierà la luce dai suoi alberi facendo calare il buio sul mondo; corromperà gli animi con l’inganno, con la minaccia e la violenza; farà seccare la terra e sparire i fiumi come i mari. Niente vivrà senza il suo volere.
Il suo disegno prevarrà sugli altri.
E quegli altri non potranno fare a meno di piegarsi alla sua potenza e quando lo faranno saranno loro ad essere imprigionati e torturati, ridotti a catene come egli è ora costretto.
Godrà quando gli chiederanno pietà.
Godrà quando vedrà quelle schiene chine davanti a lui.
Godrà vedere suo fratello cadere dal trono.
Sette.
Otto.
Nove.
Guarda la grata posta sopra la sua testa, unica fonte di fredda e chiara luce.
Luce che gli illumina il volto rovinato dalle cicatrici e dalle brutture del suo animo.
Le labbra piegate in un macabro sorriso, gli occhi fieri rivolti verso l’alto nel guardare quella goccia, già pronta a scendere.
Quella goccia che fomenta la sua vendetta, quella goccia che lo sta distruggendo e animando alla stesso tempo, che lo tiene sul filo della ragione e della follia. Una profonda, roca, macabra risata esplode e rimbomba contro le pareti della sua prigione.
Non manca molto.
Ritornerà.
Dieci.
Due.
Tre.
Sempre lo stesso ritmo che si ripercuote nella profondità della sua prigione scura e dura, fatta di roccia fredda e inscalfibile, con quelle catene che tintinnano ad ogni suo movimento e che lo bloccano nella oscurità, rannicchiato e nascosto dagli occhi vigili che lo vegliano e ghermiscono.
Il rumore di quelle gocce che scendono interrompono i suoi pensieri oscuri, e come un piccolo rumore diventa la sua tortura più insopportabile.
Dopo tre ere, può sentire scorrere quelle gocce lungo la roccia su un piccolo solco dove fluiscono lente e ininterrotte e quando il percorso si interrompe cadono sulla piccola pozzanghera davanti i suoi tenebrosi occhi.
Cadono incessantemente da tre ere, sempre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Questa è la tortura dei suoi simili, ombre di Valar tutte sottoposte ad Ilύvitar, nessuno di essi ha la sua potenza e nessuno potrà mai raggiungere la gloria, come la raggiungerà egli: quando la sua cattività finirà.
Ed allora spianerà con una mano le montagne; brucerà con il suo spirito di fuoco gli alberi e ogni piantagione godendo del pianto di Yavanna, toglierà la luce dai suoi alberi facendo calare il buio sul mondo; corromperà gli animi con l’inganno, con la minaccia e la violenza; farà seccare la terra e sparire i fiumi come i mari. Niente vivrà senza il suo volere.
Il suo disegno prevarrà sugli altri.
E quegli altri non potranno fare a meno di piegarsi alla sua potenza e quando lo faranno saranno loro ad essere imprigionati e torturati, ridotti a catene come egli è ora costretto.
Godrà quando gli chiederanno pietà.
Godrà quando vedrà quelle schiene chine davanti a lui.
Godrà vedere suo fratello cadere dal trono.
Sette.
Otto.
Nove.
Guarda la grata posta sopra la sua testa, unica fonte di fredda e chiara luce.
Luce che gli illumina il volto rovinato dalle cicatrici e dalle brutture del suo animo.
Le labbra piegate in un macabro sorriso, gli occhi fieri rivolti verso l’alto nel guardare quella goccia, già pronta a scendere.
Quella goccia che fomenta la sua vendetta, quella goccia che lo sta distruggendo e animando alla stesso tempo, che lo tiene sul filo della ragione e della follia. Una profonda, roca, macabra risata esplode e rimbomba contro le pareti della sua prigione.
Non manca molto.
Ritornerà.
Dieci.
Ciao!!!
Intanto auguro buon anno xD
Questa è la prima volta che scrivo qualcosa sul Silmarillion… e so benissimo che è un cavolata, quindi ringrazio chi con pazienza sta leggendo gli scleri dell’autrice qua sotto.
Ho sempre avuto un timore reverenziale per il Silmarillion, forse è una cosa stupida… ma comunque sto cercando di rompere questa mia limitazione, l’ho ripreso in mano dopo anni e ne sono stata rapita come se lo stessi leggendo per la prima volta.
Adesso questa schifezza è una prova per vedere se sono capace di scrivere qualcosa di diverso da quanto fatto in precedenza, dato che fino a pochissimo fa ho seguito solo la onda de lo Hobbit.
Non so che altro dire… ehm… non mi piace chiedere di commentare… per niente, ma qualche consiglio o critica pubblica o privata, non mi dispiacerebbero ^^
Buona epifania!!! (che ogni festa porta via!) XD
Bisous
Syl