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Autore: Halosydne    06/01/2016    4 recensioni
[SPOILER fino alla 4x22 + possibili SPOILER quinta stagione]
Emma Swan ha sacrificato se stessa per Regina, diventando l'Oscuro. Si è lasciata dietro la sua famiglia, i suoi affetti e il suo grande amore, per risorgere dalla Volta dell'Oscuro... e scoprire che nel suo destino era scritto qualcosa di ancora più grande e terribile di quello che ha affrontato da quando Henry la ha riportata a casa. Mentre lei intraprende il suo nuovo percorso sotto la guida di un mentore d'eccezione, a Storybrooke nessuno sembra disposto a rinunciare a salvarla. Perché Emma vuole essere salvata dall'Oscurità... giusto? È per questo che Killian Jones è pronto a pagare qualunque prezzo. È per questo che Robin Hood sa che è giunto finalmente il momento di fronteggiare il suo misterioso passato. È per questo che Biancaneve, il Principe e il Vero Credente ripongono tutte le loro speranze nella Regina Cattiva. È per questo che raggiungere Camelot prima che sia troppo tardi è di vitale importanza. Perché se ti abbandoni troppo a lungo all'Oscurità, diventerai Oscurità anche tu...
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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5x00 Ϟ The Dagger

 
 
 
 
 
L’aria crepitava di elettricità, mentre il vento innaturale e gelido che fino a pochi secondi prima aveva flagellato l’isolato calava, rapido com’era arrivato. Il clangore metallico rimbombò a pochi metri da loro, emettendo molta più eco di quanto avrebbe dovuto: quell’oggetto era così piccolo e leggero, dopotutto. Il pugnale dell’Oscuro emanò un lucore biancastro ancora per qualche istante, prima di tornare a riflettere solo le luminarie di High Street, come una lama qualunque.
Per almeno un altro minuto, nessuno di loro riuscì a muoversi. Dall’esterno si sarebbe detto che quelle cinque figure in piedi poco oltre il negozio del signor Gold erano state incantate in modo da diventare statue, ma a pietrificarli non era alcuna magia – non in maniera diretta, almeno. Era orrore. Era paura. Era frustrazione. Era un dolore inimmaginabile.
All’improvviso, Mary Margareth cadde in ginocchio sull’asfalto, come se la consapevolezza di quello che era appena successo davanti ai suoi occhi avesse impiegato davvero molto, molto tempo a farsi strada in lei. «No… no! Emma!»
Il suo grido raggiunse le orecchie di Regina come se lei avesse la testa avvolta in un enorme cuscino. E la figura di David che si chinava ad abbracciare la moglie era solo un’ombra sfocata. Regina non capiva. Perché aveva la vista appannata? Quel maledetto pugnale aveva portato con sé una qualche nebbia magica? Non era sicura di cosa succedesse alla nascita di un nuovo Oscuro. Rumplestiltskin era stato schiavo di quel pugnale così a lungo che lei doveva sforzarsi per immaginare che qualcun altro avesse vissuto una vita così orrenda prima di lui. Per non parlare di quanto le era sempre sembrata inverosimile la prospettiva di qualcuno che vivesse quella vita così orrenda dopo di lui. E invece adesso… al solo pensiero di quello che stava succedendo ad Emma in quello stesso istante, un brivido ghiacciato le percorse la schiena e la vista le si offuscò ancora di più. Regina davvero non capiva. Cosa avevano i suoi occhi che non andava?
Fu il gesto di Robin, così naturale da apparire scontato – eppure così prezioso, così inaspettato – a darle la risposta: con una delicatezza impossibile da immaginare per qualcuno che non lo conoscesse bene quanto lei aveva imparato a fare, il leggendario fuorilegge la sciolse dal suo abbraccio, le prese la testa tra le mani e le asciugò le lacrime con i suoi pollici callosi, senza dire nulla, guardandola con una tristezza e uno smarrimento indicibili. Regina seppe in un istante che quegli occhi grigioazzurri riflettevano il suo stesso sguardo, come uno specchio che riusciva a scavarle nell’anima, che poteva riflettere non come appariva fuori, ma come si sentiva dentro. Sentire che c’era qualcuno, in quel mondo, che la capiva così bene, era un conforto talmente dolce da sembrarle quasi lo strascico di un sogno. Ma come la vita le aveva insegnato, quando qualcosa ti sembra troppo bello per essere vero, probabilmente è perché stai per perderlo. O perché hai appena perso qualcosa di altrettanto incredibilmente bello.
Regina cercò di rassicurare Robin con un piccolo sorriso, anche se sapeva che la sua faccia doveva aver prodotto più che altro una smorfia di sofferenza. Poi prese un respiro profondo e distolse lo sguardo da quello del suo uomo, tornando a concentrare la sua attenzione sulla dolorosa realtà. Mary Margareth e David erano ancora lì, a pochi metri da lei, scossi dai singhiozzi più strazianti che Regina avesse mai sentito – e ne aveva ascoltati parecchi, nel corso degli anni. Ma a preoccuparla davvero, in quel momento, era Uncino. Il pirata era immobile come una statua di sale, in piedi al centro della strada, con lo sguardo rivolto al pugnale: lo fissava con occhi spiritati, quasi senza battere ciglio, con un’intensità tale che Regina si meravigliò che quel dannato pezzo di metallo non si fosse fuso.
Lei mosse qualche passo verso di lui, incerta sulle gambe come un’ubriaca, con i polmoni che bruciavano ancora dolorosamente per via dei lunghi minuti in cui l’Oscurità aveva cercato di prendere possesso del suo spirito, ma con gli occhi asciutti: non era quello il momento di piangere. Posò una mano sulla spalla di Uncino, il più delicatamente possibile, ma il pirata trasalì come se lei lo avesse schiaffeggiato. E quando finalmente lui distolse lo sguardo dal pugnale per piantarlo nei suoi occhi, Regina ebbe paura. Killian Jones sembrava ad un passo dal perdere la ragione, pallido come un cencio, con gli occhi accesi di una febbre terribile. Tremava.
«Uncino…» cominciò Regina, senza sapere bene come continuare. Lei non era mai stata un granché quanto ad empatia, e di sicuro in quel momento il capitano della Jolly Roger non era il miglior soggetto con il quale cercare di migliorare le sue doti. Non solo perché lei stessa si sentiva come se il minimo urto avrebbe potuto farla crollare in mille pezzi, ma anche perché gli occhi di Jones, sempre accesi di una luce giocosa e un po’ strafottente, adesso erano di un blu così intenso da sembrare quasi nero, e la stavano spaventando anche più di quello che era appena successo. Perché dietro a quello che persino uno dei maledetti nani sarebbe riuscito a leggere in quello sguardo – dolore, perdita, terrore, smarrimento, frustrazione – c’era un qualcosa che Regina Mills conosceva fin troppo bene, un luccichio pericoloso che per anni aveva scorto nel suo stesso riflesso quando si guardava in uno dei suoi innumerevoli specchi: Killian Jones stava cercando un responsabile per il suo dolore, con la stessa smania di un naufrago che cerca un salvagente cui aggrapparsi. E se Regina fosse stata in Killian, una delle prime persone da incolpare per quello che era appena successo ad Emma – per un fugace, rapidissimo istante si chiese se sarebbe mai riuscita ad ammettere a se stessa che era tutto vero – sarebbe stata proprio lei. Deglutì, cercando di assumere il contegno e la sicurezza che erano stati propri della Regina Cattiva. Ma prima ancora che potesse sforzarsi di pensare a qualcosa di intelligente da dire, Jones si staccò bruscamente da lei, e con passo tremante si avvicinò al pugnale, che continuava a starsene tranquillo per terra, come l’oggetto più innocuo del mondo.
Regina percepì che da qualche parte, fuori dal suo campo visivo, David si era alzato in piedi e Mary Margareth aveva smesso di piangere, probabilmente troppo spaventata al pensiero di quello che stava per succedere; senza distogliere lo sguardo da Killian, che lentamente si chinava a raccogliere quell’oggetto maledetto, Regina afferrò il principe per il polso, in modo da impedirgli di avvicinarsi ulteriormente al pirata. David era un osso duro, ma Uncino aveva comunque un pezzo di metallo affilato al posto di una mano. E Regina sapeva che non si sarebbe fatto scrupoli ad usarlo contro chiunque si fosse messo in mezzo al suo tentativo di trovare Emma, anche se quel chiunque era il padre di Emma, anche se quel chiunque stava soffrendo quanto lui e voleva solo fare qualcosa per riportare sua figlia a casa, al sicuro. Aveva passato molto più tempo di quanto avrebbe pensato di poter sopportare a contatto con gli Azzurri, ma era Uncino quello che lei poteva capire meglio: dopotutto, come quell’omuncolo insignificante dell’Autore aveva fatto capire fin troppo bene, erano – o erano stati – entrambi dei cattivi.
Regina, Robin, Mary Margareth e David trattennero tutti il respiro nell’istante in cui Killian Jones realizzava quello che per centinaia di anni era stato il suo unico scopo: tenere stretto nella sola mano che gli restava il pugnale dell’Oscuro. Regina preferì non soffermarsi troppo sull’ironia della situazione: sentiva che se la sua mente avesse sfiorato ancora una volta il ricordo di Emma che spariva in un vortice nero di pura oscurità, avrebbe cominciato ad urlare. Il capitano sembrò impiegare molto tempo a rimettersi in piedi, brandendo il pugnale nel cono di luce proiettato dal lampione più vicino, ma forse era solo perché Regina non stava ancora respirando.
«Oscuro» la voce di Jones era tonante nella notte, come quella di un uomo abituato a comandare e a farsi obbedire. Ma solo un sordo non sarebbe riuscito a capire lo sforzo che il pirata stava imponendo a se stesso: sembrava che ogni parola dovesse lottare per uscirgli dalla gola. E nessuno dei presenti riuscì ad ignorare il fatto che Killian non avesse chiamato l’Oscuro per nome. «Con questo pugnale, io ti convoco!»
L’ordine, tanto imperioso quanto disperato, fu seguito dal silenzio più assordante che Regina avesse mai esperito. Nessuno ebbe il coraggio di romperlo per almeno una manciata di minuti: rimasero tutti e cinque immobili, tesi come corde di violino, tendendo le orecchie allo spasimo, al punto che ognuno di loro avrebbe potuto sentire il rumore di una foglia che cadeva. Quando il pirata parlò di nuovo, Regina vide David e Mary Margareth trasalire. «Oscuro! Ti convoco alla nostra presenza!».
La notte rispose con un silenzio quasi insolente.
«Maledizione» imprecò Robin sottovoce.
«Uncino. Uncino. Dannazione, guardami» comandò Regina, esasperata. Ma avrebbe potuto rivolgersi alla cassetta delle lettere sul marciapiede, per la risposta che ottenne.
Il capitano continuava a tenere il pugnale all’altezza degli occhi, fissandolo come se sperasse di poterne essere risucchiato anche lui. Stringeva così forte l’impugnatura che la mano tremava, e le nocche delle sue dita erano ormai bianche e irrigidite. I suoi occhi erano pieni di lacrime mentre prendeva fiato per convocare Emma per la terza volta, ma quelle parole non lasciarono mai le sue labbra: Mary Margareth gli si era parata davanti, e gli aveva afferrato il viso tra le mani. Regina si disse che quella dannata Biancaneve aveva fegato. E un gran cuore, ovviamente.
«Killian» la voce della donna era sottile, velata di pianto. Era quasi la voce di una ragazzina spaventata, quella ragazzina che Regina aveva passato così tanti anni ad odiare. Ma era anche la voce di una madre che ha appena vissuto il momento peggiore della sua vita, e che non faceva niente per nascondere la sua disperazione. Probabilmente, aveva capito che cercare di dominarsi non faceva per lei. «Killian, smettila. Non serve a niente fare così». Dalla sua posizione, Regina non poteva vedere bene Jones in volto, ma qualunque fosse la sua espressione in quel momento, Mary Margareth non batté ciglio, non distolse lo sguardo, non interruppe per un istante il contatto fisico e visivo con l’uomo che le stava davanti.
«No… no. So come funziona» la voce del pirata sembrava il fantasma di quella di un tempo. «Ho il dannato pugnale in mano, lei… lei non può non rispondermi. Non può!»
«Per l’amor del cielo!» sbottò infine Regina, attingendo chissà come alla fonte della sua antica autorevolezza. «Con tutti gli anni che hai vissuto, Uncino, pensavo che avessi imparato almeno le basi di queste cose… invece continui ad essere lo stesso arrogante inesperto che eri due secoli fa!»
Lo sguardo di rimprovero di Biancaneve fu fastidiosamente sincronizzato con il mormorio di Robin, sorpreso dal suo scatto improvviso. «Regina!». Ma lei non era disposta a stare a sentire nessuno dei due, in quel momento. I cosiddetti eroi avevano sempre quella disgraziata tendenza ad usare le buone maniere, e la Regina Cattiva, per quanto avesse intrapreso da molto il suo cammino di redenzione, sapeva che non era quello il tempo di una lezione di galateo. Uncino poteva diventare in pochissimo tempo un pericolo per se stesso e per gli altri, se solo gli avessero lasciato il tempo di covare il fuoco della sua disperazione fino a trasformarlo in un incendio distruttivo.
«Stammi bene a sentire, Capitan Eyeliner» continuò Regina, ignorando tutti, e non poté nascondere un lampo di soddisfazione quando si rese conto che il nomignolo che tanto infastidiva Uncino era finalmente riuscito a scalfire la sua determinazione a continuare a urlare nella notte brandendo quel dannato coltello: il capitano della Jolly Roger ora non guardava più attraverso di lei, ma la vedeva veramente, per quanto la disperazione con cui la fissava aveva ancora qualcosa di inquietante. «Dici di sapere come funziona quel coso maledetto. Bene! Dopo centinaia di anni passati a giocare a freccette con un ritratto di Gold, persino un sasso lo avrebbe imparato. Allora dimmi, capitano, quale potere ti dà il possesso del pugnale dell’Oscuro?»
Regina sperò che l’immagine che stava dando di sé fosse ferma e sicura almeno la metà di quanto suonavano le sue parole, perché sapeva di essersi incamminata su un terreno scivoloso: provocare Uncino sembrava essere un modo efficace di renderlo reattivo agli stimoli esterni, di distrarlo dai pensieri più torbidi che sicuramente avevano cominciato a tormentarlo, ma una parola di troppo poteva condurla molto, molto più in là di quanto lei volesse spingersi. Dovette concentrarsi parecchio nello sforzo di non trattenere di nuovo il respiro: una regina che si rispetti trattiene il respiro solo per infilarsi il corsetto.
Uncino sembrò impiegare molto tempo per scegliere i termini da usare. O forse stava solo aspettando il momento propizio per caricarla a testa bassa e cercare di sfogare il suo dolore con un omicidio brutale. Non sarebbe stata la prima volta, dopotutto. «Chi possiede il pugnale possiede l’Oscuro. Se gli… se le comando di apparire, non può disubbidire, in qualunque parte del mondo si trovi».
«Eccellente. Questo spiega tutto, capitano… Emma non si trova in questo mondo». Lo aveva capito nell’attimo stesso in cui il pugnale era caduto sull’asfalto, perché gli anni passati a contatto con Rumplestiltskin le avevano insegnato a riconoscere la magia dell’Oscuro, a coglierne sempre i sentori: era come un ronzio basso, quasi inudibile, ma costante al punto da esserle divenuto familiare; e quel mondo senza magia era una cassa di risonanza magnifica per un potere così arcano. Ma da lunghi, lunghissimi minuti Regina non lo avvertiva più, e una parte di lei si sentiva spaesata. Era come se la musica di sottofondo che la aveva accompagnata per decenni fosse stata bruscamente interrotta.
«Che vuoi dire, Regina?» domandò Mary Margareth, osservandola con la stessa intensità che aveva riservato a Uncino fino a pochi istanti prima. David non aveva ancora aperto bocca da quando Emma era scomparsa, ma quello che lui, come sua moglie, stava provando era così palese che le parole sarebbero state superflue.
Regina scrutò il viso di quella che per anni era stata la sua nemica, ne osservò il dolore e provò una pena infinita per lei e per il suo principe. Lei aveva appena perso un’amica, una persona alla quale si era sentita legata fin dal momento in cui aveva messo piede a Storybrooke, per quanto ci fossero voluti molti e molti mesi prima che entrambe riuscissero ad andare oltre tutto quello che era successo ed ammettere l’importanza che l’altra rivestiva nelle loro vite… ma quei due avevano appena perso una figlia, dopo tutto quello che avevano fatto per preservarla dal Male, per ritrovarla, per farsi accettare da lei e infine per ottenere il suo perdono. E quello che Regina stava per dire non li avrebbe fatti sentire meglio. Neanche un po’. «Il potere del pugnale sull’Oscuro è enorme, ma nemmeno tutta la magia di cui dispone può far attraversare i mondi ad una persona, senza che qualcuno apra un portale» spiegò, con voce stanca. Si sentiva come se avesse corso per tutto il giorno con delle gigantesche scarpe di piombo ai piedi.
«Ma allora, dov’è finita Emma?»
«Non lo so, Robin. Ho ragione di credere che possa essere tornata nella Foresta Incantata, ma non ne sono sicura. Anche quando ero una allieva di Rumplestiltskin, non ho mai approfondito la questione dell’Oscurità. Non era un qualcosa che lui avesse interesse ad insegnarmi, dopotutto… né a me interessava più di tanto».
«Comodo» bofonchiò Uncino, che finalmente sembrava star ritornando il pirata di sempre. Regina tuttavia non era sicura che il cambiamento fosse per il meglio.
«Che intendi dire, pirata?».
«Intendo dire, Maestà» e il livore che Uncino seppe infondere in quelle poche sillabe era tale che Mary Margareth, la più vicina a lui, si tirò impercettibilmente indietro, come avrebbe fatto davanti ad un serpente velenoso «che queste ridicole scuse non nascondono le tue responsabilità in questo maledetto disastro, e io non intendo stare qui ad ascoltarle!».
«Ehi, amico…» cominciò Robin, infastidito, facendo un passo verso di lui – ma Regina lo trattenne. Il fatto che il suo uomo fosse così protettivo era sempre stato un balsamo delicato sulle ferite che la vita aveva inferto al suo cuore, in grado di riaccendere in lei sentimenti che credeva persi per sempre… ma c’era sempre il problema delle buone maniere da eroe, che sarebbero state ben poco efficaci con il pirata. Per non parlare di quanto poco sarebbero servite senza l’accompagnamento di una spada pronta a contrastare quel maledetto pezzo di ferro che Jones aveva al posto della mano. Robin era disarmato, e il pirata sembrava non chiedere altro che uno scontro.
Lì, in piedi nella notte, con il pugnale dell’Oscuro ancora stretto in mano, Killian Jones era pericolosamente simile all’uomo che Regina aveva incontrato per la prima volta tanti anni prima: un uomo senza scrupoli, spietato, disposto a uccidere chiunque si fosse messo tra lui e il suo obiettivo, chiunque gli fosse tornato più utile da morto che da vivo. Capitan Uncino, in quel momento, le ricordava terribilmente la Regina Cattiva che era stata per così tanto tempo. E aveva paura che se lo avesse lasciato parlare ancora un po’, lui sarebbe riuscito a tirare fuori il peggio da entrambi. Regina sapeva fin troppo bene che, in un modo o nell’altro, era stata Emma, la Salvatrice, a spingerli nella giusta direzione dopo decenni di abiezione. E ora che lei non c’era più, la minima perdita di equilibrio li avrebbe riportati giù nell’abisso al quale erano sfuggiti con tanta fatica.
«Per il bene di tutti, Uncino, fingerò di non aver capito quello che intendevi dire. Emma è stata un’idiota a mettersi in mezzo, non posso ancora credere che l’abbia fatto e se potessi la prenderei a schiaffi per essersi sacrificata, ma nemmeno tu e tutta la tua tendenza al melodramma potrete convincere qualcuno del fatto che la colpa sia mia. C’eri anche tu quando le ho detto di non farlo… Ma a quanto pare è la sua dannata natura eroica che prevale sempre sul buonsenso. No, ascoltami, dannato pirata» continuò, ben consapevole del fatto che Jones non era ancora disposto ad accettare l’idea che l’unica persona da incolpare fosse proprio Emma. «Il destino di Emma è sempre stato quello di restituire a ciascuno il proprio lieto fine, ma se c’è una cosa che il nostro piccolo viaggio nella dimensione alternativa mi ha insegnato, è che ogni lieto fine va comunque costruito. Va meritato, Killian, capisci? E noi due abbiamo sempre cercato di ottenerlo nel modo sbagliato. Incontrare Emma è ciò che ha cambiato tutte le carte in tavola, è ciò che ci ha aperto gli occhi… che ci ha resi migliori! Ed Emma non vorrebbe mai scoprire che ti è bastato perderla per rinnegare tutto quello che di buono hai fatto da quando hai scelto lei e tutte le conseguenze che derivavano dalla tua decisione!».
Il suo discorsetto infervorato la lasciò accaldata e col respiro affannoso… accompagnato dalla consapevolezza che tutti e quattro adesso la fissavano come se fosse una qualche bizzarra specie di unicorno. «Che avete da guardare?» chiese bruscamente, infastidita.
Uncino aveva abbassato lo sguardo sulla mano con il pugnale, e se non lo avesse conosciuto bene quanto lo conosceva Regina avrebbe detto che le sue parole lo avevano toccato nell’animo, nello stesso modo in cui ci riusciva Emma.
«Era un discorso molto da… eroe, Regina» spiegò Robin accanto a lei, con un’inconfondibile nota di orgoglio nelle sue parole.
Mary Margareth, con il viso ancora bagnato di lacrime, riuscì a prodursi in un sorriso – una pallida imitazione di quelli caldi e fiduciosi per i quali era famosa, ma in quel momento la donna sembrò di nuovo la Biancaneve di un tempo. «Proprio così, Regina… credo che il Comitato Speranza si sia appena indebitato con te di parecchi quarti di dollaro».
«S… speranza?». Persino il suono di quella parola sembrava sbagliato, in una notte tremenda come quella.
«Sì, Regina, speranza… so che non è un qualcosa a cui sei abituata, ma io sì, e la so riconoscere quando la vedo. Emma ha compiuto un gesto enorme, e fino ad un minuto fa nemmeno io avrei saputo dire se l’avremmo mai rivista. Ma lei ha fatto tutto questo per te, e ogni singola parola che hai appena pronunciato mi fa capire che Emma sapeva cosa stava facendo. Nostra figlia è scomparsa, ma forse la Salvatrice non ha mai davvero lasciato questa città».
Le implicazioni del discorso di Mary Margareth colpirono Regina come un pugno allo stomaco. Non poteva essere vero… non era possibile! Imparare a meritarsi l’amore di Henry, incontrare Robin, iniziare a fare ammenda per il suo passato con tutti i cittadini di Storybrooke le sembrava già qualcosa di enorme, di inimmaginabile solo una manciata di mesi prima. La strada per la sua redenzione era stata terribilmente difficile e a malapena era cominciata, la sua mente e il suo cuore non erano pronti a credere che lei potesse addirittura diventare l’esatto opposto di quello che era sempre stata. Ma un triste, improvviso pensiero attraversò la sua mente in tumulto: anche Emma, in quell’esatto istante, si stava trasformando in qualcosa che contraddiceva il destino che da sempre era stato preparato per lei. Forse era davvero così che doveva andare.
«Ma guardatela» sbuffò Uncino, e la sua voce era parecchio più affilata del coltello che portava alla cintura nei suoi giorni da capitano. «Nemmeno lei crede che sia possibile! Dimmi un po’, tesoro, come si fa ad avere fede in una persona che non ha fede?»
«Anche Emma ha impiegato un sacco di tempo a realizzare che quello era il suo destino, pirata». David finalmente parlò, con voce roca: ma il suo sguardo si era riacceso, come quello della moglie. La Regina Cattiva che era stata avrebbe alzato gli occhi al cielo davanti a una simile, stucchevole ostentazione di ingenuità e fiducia, ma Regina era troppo impegnata a fare i conti con quello che si era appena sentita dire dalle due persone che così a lungo aveva cercato di distruggere, e che ora riponevano tutte le loro preziose speranze proprio in lei.
«Beh, principe, non sarò un grande esperto di fiducia e bontà, ma persino due persone disgustosamente buone come voi dovranno ammettere che se vogliamo salvare Emma non abbiamo il maledetto tempo di aspettare che Regina riesca ad accettare il suo destino o quello che è!». Era evidente che Uncino cercava di controllarsi, ma la sua voce crebbe di intensità come incontrollata, e le ultime parole quasi le urlò.
«Non ce la fai proprio, vero? Ad essere una persona decente, intendo» chiese Robin, in un modo assai poco coerente con il galateo al quale fino a pochi istanti prima si era attenuto. Regina suppose che persino il leggendario arciere di Locksley si fosse arreso all’evidenza: le buone maniere erano sprecate con Uncino, in quel momento.
Uncino guardò Robin con la stessa tremenda intensità che aveva riservato al pugnale, ma c’era qualcosa di più simile alla disperazione che alla rabbia nei suoi occhi, ora. «No, amico, non ci riesco… non senza di lei».
«La ritroveremo, Uncino» sentenziò David, che si era definitivamente rimesso sui binari del Principe Azzurro.
«Non sappiamo nemmeno dove diavolo sia! Non sappiamo come arrivare da lei! E quando mi avrete presentato delle soluzioni passabili a questi due insignificanti problemi, resterà comunque il problema più grande: non sappiamo chi starà ad aspettarci, dall’altro lato del maledetto portale, che non sappiamo come aprire, che non sappiamo dove ci porterà!»
«Sei una dannata reginetta del dramma, Eyeliner» Regina ritrovò d’un tratto la voce e i suoi atteggiamenti cordiali. «Affronteremo un problema alla volta, ma lo faremo restando uniti... Se siamo riusciti a riportare a casa la pelle dall’Isola Che Non C’è, a sconfiggere quella squilibrata di mia sorella e a sistemare le cose con l’Autore, è stato solo perché abbiamo fatto squadra. E non lascerò che tu mandi in malora te stesso e tutti quelli che ti circondano solo perché hai deciso che l’autodistruzione è la storia che vuoi scrivere per te stesso!». Dannazione, che discorso da Comitato Speranza… forse Mary Margareth aveva ragione davvero, dopotutto. Ora ci mancava solo che si mettesse a conversare con coniglietti e pettirossi, e il quadretto sarebbe stato completo!
Uncino sembrava d’accordo soprattutto con quello che Regina aveva appena pensato, piuttosto che con quello che gli aveva detto. Era come se le parole del sindaco Mills non lo avessero neanche lontanamente sfiorato, deciso com’era ad abbandonarsi alla rabbia e alla frustrazione. Ma non fece in tempo ad aprire bocca per inveire contro di lei, perché venne interrotto.
«Smettetela… Basta!» Mary Margareth si mise tra il pirata e Regina, dardeggiando uno sguardo furente dall’uno all’altro. «Uncino, io e David ti vogliamo bene, e tu sai che in questo momento ti capiamo più di chiunque altro, ma questo tuo atteggiamento non ci porta da nessuna parte. Regina ha ragione…».
«E allora perché mi stai bacchettando?».
«Perché comunque devi lavorare ancora parecchio sulle buone maniere» ribatté David.
«Ah, su questo potete contarci, Azzurri… ma temo resterete delusi. Questa faccenda di diventare l’eroe della situazione è già dannatamente complicata senza che io debba anche mettermi a organizzare l’ora del the e a coltivare narcisi ballerini!».
Robin ridacchiò.
«Quello che intendevo dire, in realtà» proseguì Mary Margareth, come se nessuno la avesse interrotta «è che Regina ha detto una cosa interessante… ha parlato del fatto che è Uncino a scrivere la propria storia. Scrivere… non capite? Potremmo usare la penna dell’Autore! Per aprire un portale, per trovare Emma, forse addirittura per salvarla!».
L’entusiasmo di Mary Margareth era palpabile, e a quanto Regina poteva vedere stava rapidamente contagiando David e Robin. Forse non avrebbe dovuto soffermarsi su pensieri simili, ma era stata insignita del titolo di Salvatrice da meno di cinque minuti e già per la seconda volta sentiva la  Regina Cattiva alzare gli occhi al cielo dentro di lei. Buoni… non imparavano mai. «A nessuno di voi viene in mente che sembra troppo facile per funzionare?».
«Non potrei essere più d’accordo con Sua Maestà» borbottò Uncino, un’ombra dell’antica insolenza finalmente tornata sul suo volto, e ben più di un’ombra di velenoso sarcasmo ad avvelenare le sue parole. «E non intendo trascorrere altro tempo a parlare, meno che mai se l’argomento è la dannata speranza. Se resto qui un altro minuto, il mio acciaio assaggerà del sangue, e dato che a voi tutti sembra così importante preservare l’integrità della mia maledetta anima, penso che andrò ad affogare i miei burrascosi propositi in una tinozza di rum. Spero riuscirete a impiegare la vostra serata in maniera altrettanto produttiva» aggiunse, e con un inchino di scherno fece per allontanarsi in direzione del porto.
«Amico, non credi che dovresti lasciare a noi il pugnale?» chiese Robin, azzardando un passo in direzione del pirata. Ma lo sguardo che Jones gli lanciò da sopra alla spalla bastò a gelarlo sul posto.
«Se pensi di potermi convincere a separarmi dall’unico oggetto che potrebbe permetterci di ritrovare Emma, allora forse ho un ottimo motivo per rimandare il mio appuntamento con l’alcool… amico».
E detto questo, il capitano si incamminò a grandi passi nella notte.
«Ha un piano» affermò Regina, sicura, non appena la figura smilza del pirata fu a distanza di sicurezza.
«Come fai a dirlo?» le chiese Robin, ancora visibilmente turbato dalla facilità con la quale quello che aveva ormai iniziato a considerare come un amico lo aveva nemmeno troppo velatamente minacciato di morte.
«Lo conosco» disse lei, semplicemente. Ma gli sguardi incuriositi degli altri la spinsero a spiegarsi meglio: dopotutto, solo lei aveva incontrato il capitano nei giorni in cui la leggenda stessa di Uncino era stata forgiata. «Killian Jones è astuto, ma non tanto quanto crede di essere. Qualcosa gli ronza per la testa, e probabilmente crede che la nostra presenza lo intralcerebbe. Non avete notato che ha impiegato quindici secondi netti per passare dalla disperazione più totale ad un impellente bisogno di bere? Era solo una scusa. Scommetto quello che volete che non tornerà alla Jolly Roger per tutta la notte, se necessario».
«E perché la cosa non ti preoccupa, Regina?» domandò David, che era sempre stato il meno propenso di tutti a lasciare troppa libertà di azione a Jones.
«Perché lo conosco» ripeté lei. «E so che qualunque cosa abbia in mente, non funzionerà. Sta affrontando il problema dalla prospettiva sbagliata».
«Vale a dire?».
«Uncino è convinto che Emma debba essere salvata dall’Oscurità, e che ogni secondo che passa la allontani inesorabilmente dal Bene. Ma Emma non è come tutti gli altri Oscuri… lei è la Salvatrice, la è sempre stata. E ha ceduto all’Oscurità per fare del Bene, per proteggermi. Questo deve contare qualcosa».
«Lo credi davvero?» gli occhi di Mary Margareth erano di nuovo pieni di lacrime.
«Io… io lo spero».

 



 
··· Angolo Autore ···
Ehm, salve.
Scrivere questo prologo non è stato nemmeno lontanamente difficile quanto mettere insieme le parole che state per leggere ora. (ok, forse sto esagerando)
Dunque, la mia ultima fanfiction è stata pubblicata su questo sito l'estate prima del mio ultimo anno di liceo. Considerando che mi sono laureata alla triennale qualche mese fa, direi che sono passati giusto un paio di anni, ahah '-'
Il punto è che avevo esaurito l'ispirazione, riguardo alle cose su cui scrivevo prima, e non avevo trovato nulla di nuovo che mi entusiasmasse al punto da voler scrivere qualcosa di mio... questo fino a quando non ho scoperto OUAT, a quanto pare :D ci ho messo meno di un mese a mettermi in pari con la programmazione americana, giusto in tempo per gli ultimi tre/quattro episodi della 5A... che, ad essere onesti, non saranno stati i miei preferiti, ma mi sono piaciuti. È solo con la 5x11 che mi è un po' crollato tutto il castello di carte, perché l'ho trovato un modo sbrigativo, inaccurato e sinceramente anche prevedibile di concludere una storyline che già da qualche episodio aveva cominciato a scricchiolare (premessa necessaria, dato che ho notato che in questo fandom c'è parecchia aggressività: sono una Hooker convinta. Lo adoro, davvero, fin dalla sua prima apparizione, e non penso che la polemica su Once Upon a Hook sia fondata. Ma è innegabile che gli sceneggiatori abbiano tralasciato parecchie cose per concentrarsi su lui ed Emma, e se questo in generale è anche giusto, riguardando le prime stagioni mi è sembrato evidente che agli inizi riuscivano a concentrarsi su una coppia anche senza trascurare o trattare velocemente tutti gli altri, ecco ^^"). Insomma, i difettucci che avevo notato e le cose che non mi avevano convinto della 5A mi hanno spinto a chiedermi: e se fosse andato tutto diversamente? Se dopo la 4x22 i vari personaggi avessero agito in un altro modo, anche se sempre per lo stesso motivo, ossia salvare Emma dall'Oscurità?
Questa fanfiction (a proposito, il titolo è un verso della magnifica Cosmic Love di Florence & The Machine... una canzone che se non conoscete dovreste davvero ascoltare *__*) è la mia risposta a questo quesito. All'epoca in cui scrivevo per Harry Potter non ho pubblicato che una sola Long Fiction, che non ho mai portato a termine, e questa storia necessariamente sarà abbastanza lunga... spero solo di mantenere l'ispirazione per scriverla, ecco, perché qualche ideuzza la ho e mi piacerebbe svilupparla fino alla fine.
Ora che le note sono lunghe quasi quanto questo chilometrico prologo, direi che è il caso per me di andare :P
Spero di avervi incuriosito!
 -R


Disclaimer: tutti i personaggi, meno eventuali OC, appartengono ai creatori della serie TV. Se fossero miei, probabilmente sarebbero tutti felici e contenti, e io sarei ricca sfondata. Vista l'infelicità che aleggia su Storybrooke e nel mio portafogli, direi che sappiamo tutti qual è l'amara verità.
   
 
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