Capitolo 24.
Era esattamente passata una
settimana da quel pomeriggio infernale. Il freddo pungeva sulle
pelle, provocando la pelle d'oca e i brividi; ma dava dolore e piacere,
perché rinfrescava come un temporale in un'afosa giornata d'agosto. La luna era piena, grande e maestosa, sorrideva in maniera
affascinante e un po' misteriosa. Attorno a lei le sue piccole figlie, le
stelle, brillavano e danzavano, scintillando in mille colori.
Osservai il cielo blu notte, rimanendo col naso all'insù. Era sera, forse
notte, non volevo controllare l'orologio per paura di scoprire che fosse troppo tardi; dovevano essere quasi le undici. Non
avrei dovuto essere fuori di casa a quell'ora, da sola, seduta su una panchina
di un parco buio, dove qualche maniaco avrebbe potuto nascondersi dietro un
cespuglio, pronto ad aggredirmi. Ma non m'importava:
proprio da quel pomeriggio vivevo tutto all'attimo. E poi quel parco era quello che tre anni prima aveva segnato la mia vita, e stare
lì mi aiutava terribilmente a riflettere.
La panchina di ferro era gelida nonostante ci fossi già seduta da una ventina
di minuta. Ma forse ero io, che oltre ad una felpa pesante e i
jeans, indossavo soltanto la mia sciarpa colorata. Avevo avuto bisogno di tempo
per riflettere, per stare un po' con me stessa e con la mia famiglia, e infine
per curarmi le ferite - in senso letterale e non.
Alex non si era fatto più vedere. O meglio, a scuola
lo incontravo, incrociavo il suo sguardo, ma non ci parlavamo. Ogni volta che
prendevo il coraggio a due mani e mi avvicinavo a lui per potergli parlare, si
allontanava via. Mi evitava. Nonostante mio fratello
mi avesse detto di combattere per riprendermelo, ci rinunciai, convinta di
averlo perso in maniera definitiva. Magari quel giorno non era in sé, magari si
era pentito di aver cercato di parlarmi, magari non voleva più riallacciare i
contatti con me, essere ancora mio amico. Mi faceva ancora soffrire, ma dopo
tutti quei mesi mi ero quasi abituata a quel silenzio, e al fatto che fosse
ormai troppo irraggiungibile, e impossibile da riprendere.
Giocherellai nervosamente con le frange della mia sciarpa, guardandomi attorno.
Ero avvolta dal silenzio, si sentiva soltanto qualche clacson in lontananza, e
ad illuminarmi c'era un lampione con la luce bianca a diversi metri da me; ero nella semi oscurità. La sensazione di essere lì, da sola,
esposta ad ogni pericolo, azionava in me un meccanismo
strano, fatto di sensazioni contrastanti: pericolo, adrenalina, felicità.
Dovevo aver sbattuto la testa da qualche parte.
Mi appoggiai meglio alla panchina, sospirando, cercando di rilassarmi; ma capii
subito che era impossibile: sentii dei rumori dietro di me. Cercai di capire meglio, sforzando l'udito. Sembravano dei passi,
ma magari era solo una stupida sensazione. Cercai di pensare ad altro, ma i
rumori erano sempre più forti e quindi, vicini. Ero stanca di
altri guai, e mi preparai a scappare via in caso di pericolo.
La causa del rumore spuntò accanto a me, e per poco non ebbi un collasso. Lo
guardai, trattenendo il respiro.
Alex. Alex era accanto a me, e mi guardava.
"Adrienne?" chiese.
Il cuore mi andò all'impazzata. Annuii, con un nodo in gola, incapace di
emettere un singolo suono.
Alex scivolò sulla panchina, poco distante da me, continuando
a fissarmi.
"Ciao." disse, con nonchalance.
Avevo aspettato tanto questo momento, il momento in
cui finalmente sarei ritornata a parlargli. Avevo riflettuto molto su cosa
dirgli, come 'Mi sei mancato', 'Non vedevo
l'ora che mi parlassi', 'Ho aspettato tanto questo momento', ma alla fine
dissi soltanto: "Ciao."
Avevo la voce che mi tremava, e mi sentivo le farfalle dentro lo stomaco. In
quel momento mi sembrò di essere felice. Mi voltai a
guardarlo, e notai i suoi occhi nocciola attraverso i capelli neri. Deglutii,
poi chiesi: "Che ci fai qui?"
Mi guardava anche lui. "Sono passato da casa tua, tuo fratello mi ha detto che eri qui, e sono venuto a cercarti."
Fui tentata di chiedergli il perché, ma all'ultimo mi fermai. Non sapevo cosa
dire, dove iniziare - i pensieri e le sensazioni erano troppe e si
accavallavano dentro di me; e pensandoci bene, mi mancava anche il fiato.
"Mi ha detto anche quel che è successo." aggiunse, quasi ripensandoci.
Deglutii. "Ah, sì?"
Sperai che Edoardo non gli avesse detto tutto quello che avevo detto io a lui.
Arrossii al solo pensiero, ma continuai a guardarlo, decisa a non volermi
perdere neanche un suo solo movimento.
"Sì." Alex assunse uno sguardo triste e dispiaciuto. "E avrei
voluto saperlo prima per aiutarti.. Perché non mi hai
detto niente?"
Sospirai. Cosa avrei dovuto dirgli? Non ci parlavamo
più, non avrei potuto rispuntare all'improvviso da lui
ed esordire con un 'Sai, Alex, mio padre mi ha picchiata perché ho detto
tutta la verità'. Così non risposi, e alzai le spalle, e cadde il silenzio.
Alex non mi tolse gli occhi di dosso, io invece abbassai lo sguardo,
arrossendo. Si frugò in tasca, e ne estrasse un
pacchetto di sigarette e un accendino. Ne prese una, la mise fra le labbra, e l'accese. Non gli dissi di spegnerla, e rimasi un'infinità
di tempo a guardarlo fumare, mentre lui mi guardava
fisso, e mentre il fumo disegnava strani ghirigori nell'aria. Quando la
sigaretta fu quasi finita, parlò di nuovo.
"C'è una cosa che devo dirti da tempo, Adrienne." disse.
Lo guardai ancora. "Cosa?" dissi con aria
incuriosita.
Alex buttò la sigaretta a terra, e come al solito, la
spense schiacciandola con un piede.
"E' molto semplice." Rialzò lo sguardo su di me, e mi guardò dritto
negli occhi, con aria serissima.
"Io ti amo."
Spalancai un po' la bocca, guardandolo. Avevo sentito bene? Il mio primo
pensiero fu quello di gettargli le braccia al collo, il secondo che mi stesse prendendo in giro. Non capii più niente, e allora
scoppiai a ridere.
Lui sorrise con aria stupita, e mi guardò mentre
ridevo. Incrociò le braccia al petto. "Così mi offendi. Ho appena detto che ti amo, e ridi?"
Mi calmai, però continuando a sorridere. "Puoi davvero amarmi dopo tutto quello che mi hai fatto..?" chiesi.
Alex tornò serio. "Lo so, è difficile crederlo.
Sono stato un perfetto idiota." disse.
Annuii. "Un po'."
Sorrise. "Avrei dovuto farlo due anni fa."
Deglutii, fissandolo. "Cosa intendi..?"
Sorrise ancora, poggiando le mani sulla panchina. "Sono innamorato di te
da sempre. Praticamente dal primo momento che ti ho
vista. Non l'hai capito da come ti ignoravo?"
Il respiro mi mancò e arrossii. "E.. e
Melissa..?"
Alex sorrise ancora. "Ti ho detto una bugia
grandissima, Adrienne, quando ti dissi che ero innamorato di lei e non di te.
Di Melissa ci si può invaghire.. di te, ci si può innamorare."
Temetti di morire in quell'istante. "Ti ha lasciato?" chiesi.
Scosse la testa. "L'ho lasciata io."
Deglutii. "Per me..?"
Annuì. "Solo per te. Non potevo più sopportare di mentire a me stesso, a
lei, e soprattutto a te. Ti prego di perdonarmi, per tutto il male che ti ho
fatto.."
L'avevo già perdonato. Irradiavo felicità da tutti i pori, ed ero talmente
felice che non sapevo che dire. Non avrei mai pensato una cosa del genere, mai
più. Era un sogno.
Alex s'avvicinò a me, fissandomi. Mi passò una mano attorno alla vita, e l'
appoggiò sulla mia schiena. Con la mano libera mi sfiorò leggermente il viso,
con le dita. Rabbrividii, e lo guardai, respirando leggermente. Aveva le mani
freddissime.
"Hai le mani gelide." osservai,
e lo guardai negli occhi.
"Mi succede sempre quando sono nervoso." disse.
"Non c'è niente da essere nervosi."
"Sì, invece. Sto per baciarti.."
Si avvicinò ancora a me, fissandomi le labbra, e inumidendosi le sue con la
lingua. Socchiusi gli occhi, e prima che realizzassi, premette le labbra contro
le mie. Mi baciò leggermente, con delicatezza. Io passai entrambe le braccia
attorno al suo collo, abbracciandolo, mentre lui teneva le mani sui miei
fianchi. Mi baciava lentamente, come se avesse paura di correre troppo.
Dischiusi leggermente le labbra, e lui fece lo stesso. Mi bacio di più, facendo
passare la lingua fra le mie labbra. Quando la mia incontrò la sua, sentii rabbrividire il suo corpo contro il mio.
Non si staccò dalle mie labbra mentre mi faceva
stendere lentamente sulla panchina ghiacciata; lui sopra di me, che si reggeva
sulle mani per continuare a baciarmi.
Lo lasciai andare, essendo rimasta senza fiato. Riaprii un po' gli occhi, e
incontrai il suo sguardo. Mi sorrise, e lo feci anch'io. Aveva ancora il viso
vicinissimo al mio, e stava ancora a cavalcioni su di me, con le mani vicino
alla mia testa.
"Esattamente come mi ricordavo." sussurrai.
Spalancò un attimo gli occhi. "Vuoi dire
che.."
Annuii, fissandolo. "Ricordo il nostro primo bacio. Il mio primo
bacio."
Arrossì furiosamente. "Sono stato un idiota, quella volta." ammise.
Io scossi la testa. "E' stato un bacio perfetto."
Rise, e mi baciò di nuovo, ripetutamente, dandomi tanti piccoli baci a labbra
socchiuse.
"Ti amo.." mi
sussurrò a fior di labbra.
Presi fiato e aprii di nuovo gli occhi, guardandolo. "Ti amo anch'io.." dissi, con un filo di
voce, diventando rossa.
Alex spalancò gli occhi mi guardò. "Puoi davvero
amarmi potuto tutto quello che ti ho fatto..?"
Ricambiai il suo sguardo e sorridendo annuii. "Non ho mai smesso di
amarti. Non l'hai capito da come ti evitavo?"
Alex mi sorrise, poi ci ripensò e mi guardò con
espressione seria. "..e quel ragazzo?"
chiese.
Alzai un sopracciglio, guardandolo. "Che
ragazzo?"
Continuò a guardarmi con aria seria. "Quello con cui stavi
sempre.. Alto, con i capelli biondi.. Che veniva a prenderti a scuola ed era
con te in quella pizzeria.." elencò lui.
Mi stupii che si ricordasse tutte queste cose. "Era solo un disperato
tentativo di poterti dimenticare." dissi.
"Non.. non l'ami? Non l'amavi?" chiese, titubante.
"No. Io amo te, Alex., in maniera folle. L'ho
sempre fatto, ogni giorno della mia vita, anche se ci ignoravamo
e facevamo finta di niente a vicenda.."
Quest'ultimo sorrise, sereno. Si spostò, ritornando a sedersi sulla panchina.
Io lo imitai, e non appena lo feci, lui s'avvicinò ancora e mi prese fra le sue
braccia, cullandomi, abbracciandomi, e facendomi appoggiare su di lui di
schiena mentre lui era appoggiato allo schienale della panchina.
Appoggiò il mento sulla mia testa, cingendomi la vita con le braccia. "E'
assurdo il fatto che siamo rimasti tutti questi mesi ad amarci, ma senza farlo
sapere all'altro. E sai, nonostante ci provassi, non riuscivo a smettere di
pensare a te.." disse.
Deglutii e socchiusi gli occhi, stringendolo. "Mi dici perché ti sei messo
con lei?" chiesi.
"Per paura di compromettere quello che c'era fra noi, la nostra splendida
amicizia, e di perderti definitivamente. Sono stato egoista,
direi. Avevo troppa paura, e questa mia paura ti ha portato a farti soffrire,
a farti del male.. per
causa mia.. e perché speravo che tu mi odiassi e mi dimenticassi." rispose, d'un fiato.
"Sì, è vero. Ma non hai neanche la minima idea di quanto tu mi stia rendendo felice in questo momento.."
sussurrai.
Alex mi strinse più forte e lo sentii chinarsi un po' in basso. "Mi sei
mancata, lo sai questo?" mi sussurrò all'orecchio. Rabbrividi e sorrisi.
Avevo voglia di baciarlo. Mi spostai, e mi voltai a guardarlo. Poi lui parlò.
"Andiamo.." disse.
Si alzò dalla panchina, venendo davanti a me. Lo guardai interrogativa, e lui
mi sorrise. Gli presi la mano che mi offriva, alzandomi dalla panchina, e non
gliela lasciai più. La sua mano era ancora terribilmente
fredda. Intrecciai le dita con le sue e gli strinsi forte la mano per
riscaldarla, per quanto potevo. Camminammo un po' per il parco, mano nella mano, in silenzio.
Era tutto buio, ad illuminarci c'erano degli sporadici
lampioni accesi per le aiuole, e la luce della luna piena.
Entrammo in un'aiuola e ci stendemmo entrambi sull'erba gelida, vicino ad un
albero, l'uno accanto all'altra. Cercai di non appoggiare le mani sull'erba per
evitare quella spiacevole sensazione di solletico. Con una mano mi scostò i
capelli che tenevo davanti agli occhi, mettendomeli dietro l'orecchio.
"Lo sai che lo odio.." disse
con un sorriso.
Io risi, e mi avvicinai a lui. Lo guardai negli occhi, e poi
appoggiandogli una mano sulla spalla, lo baciai sulle labbra. Persi il
conto dei baci. Pagine di baci. Letteralmente: pagine.
Avevo dimenticato cosa significava essere veramente felici. Avevo dimenticato
cosa significava avere qualcosa per cui avevo sofferto
e lottato tanto tempo. Ma di una cosa era certa:
volevo che non finisse mai.
Mi abbracciava, mi baciava dolcemente, mi carezzava il ventre e il petto, sotto
la maglietta. Mentre ero distesa sul prato e lui era
sospeso sopra di me, fece un gesto strano, forse involontario, come a volermi
sfilare la maglietta. Spalancai gli occhi e gli presi le mani. Lui mi fissò.
"Alex," dissi, "..atti osceni in luogo
pubblico."
Lui scoppiò a ridere. "Perché, hai veramente
intenzione di spingerti oltre i baci, adesso?"
Continuai a guardarlo e diventai color porpora. Lui rise divertito, e si stese
accanto a me sull'erba, intrecciando le mani dietro la testa. Ero felice, felice che nonostante adesso stessimo assieme,
potevamo ancora scherzare come ai vecchi tempi. Sorrisi timidamente con aria
imbarazzata, e poi guardai in alto.
Il cielo, nero, era coperto di piccoli diamanti bianchi, le stelle. Guardarlo
era uno spettacolo a dire poco mozzafiato: ti faceva sentire piccolissimo, una minuscolo particella al centro dell'universo. Ti faceva
dimenticare tutto il male che c'era, che avevi fatto o subito, ricordandoti che
al mondo c'erano cose meravigliose come quella. E un'altra cosa
meravigliosa era proprio al mio fianco, in quel momento.
Guardai le costellazioni, sembrava quasi che le stelle potessero unirsi tra di loro con una linea immaginaria.
Mi feci più vicina ad Alex, poggiandomi leggermente al suo fianco e poggiando una mano sul suo petto. Lui mi cinse le spalle con
un braccio e cominciò a intrecciare qualche ciocca dei
miei capelli fra le sue dita, mentre posò l'altra mano sopra la mia.
"Vorrei tanto che tu venissi con me, Adrienne." disse
Alex all'improvviso.
Spostai lo sguardo dal cielo e lo guardai con la coda dell'occhio. "Dove?" chiesi.
Fece una pausa e deglutì. "Ovunque. Non importa dove."
"Ovunque tu andrai, io ci sarò." gli dissi. "Ricordi?"
Annuì, sorridendo. "Prometti.. ovunque."
"Lo giuro. Ovunque."
Intrecciò forte la mano con la mia, e si chinò verso
di me, inclinando la testa. Lo baciai leggermente, socchiudendo gli occhi,
mentre una brezza leggera ci carezzava , ci
abbracciava, e ci scompigliava i capelli.
Non avrei potuto immaginare un migliore lieto fine.
E il finale, questo finale, appartiene solamente a te
e a me.
E' solo tuo e mio.
Epilogo.
Mi osservai nel solito specchio ovale di legno.
Il vestito nero mi arrivava alle caviglie, e mi faceva veramente molto magra. Probabilmente era l'effetto del nero, pensai, e
in fondo il risultato finale non era niente male. Mi voltai e girai un po' la testa per guardarmi meglio. Mi sembrava
appena di avere delle sembianze femminili, quella sera. Era il compleanno di Edoardo, e quella sera c'era la sua festa. Mi ero vestita
con l'abito che avevo comprato qualche giorno prima, e
ora mi studiavo allo specchio.
L'abito era rigorosamente nero, piuttosto lungo, con uno scollo quadrato e le
spalline larghe. Non aveva niente, era terribilmente semplice e mi piaceva
proprio per questo. Ai piedi indossavo un paio di ballerine - anch'esse nere - che mia madre mi
aveva costretto a comprare, dopo che aveva categoricamente respinto la mia idea
di indossare le solite All Star. Avevo i capelli sciolti, i riccioli mi
cadevano su tutte le spalle e avevo preferito non toccarli minimamente, sarebbe stato peggio. Indossavo anche un
piccola catena al collo e un braccialetto uguale, al polso sinistro.
Sospirai. Non mi sentivo completamente a mio agio con quell'abito lungo, e
avevo paura di sfigurare; ero sicura che tutte le altre ragazze alla festa
sarebbero state elegantissime e bellissime. Il posto scelto da mio fratello era
una piccola villetta all'aperto, con un ristorante e una sala da ballo.
Improvvisamente sentii la suoneria del cellulare squillare e la vibrazione fare
un rumore assordate sul mobile in cui l'avevo
appoggiato. Mi fiondai a prenderlo e dopo aver velocemente controllare il
display, risposi.
“Scendi, sono di fronte casa tua.”
Mi infilai la mia giacca nera, mi diedi un'ultima
controllatina allo specchio e poi scesi rapidamente le scale e aprendo la porta
d'ingresso, uscii.
Alex era appoggiato al lampione di fronte casa mia. La luce arancione gli
pioveva addosso e alterava i suoi colori, facendogli risplendere i capelli
scuri con dei riflessi rossicci. Non appena uscii, mi sorrise.
Attraversai la strada e lo raggiunsi sotto al lampione,
unendomi a quella strana luce arancione. Quando gli fui vicina mi prese per mano e mi baciò leggermente sulle labbra, poi mi
guardò fisso, allontanandosi un po' e squadrandomi.
“Sei stupenda.” disse. Arrossi furiosamente, e
contemporaneamente feci una faccia scettica, lui rise. “Dico davvero..” Continuai ad arrossire. “Grazie..”
Lo guardai anch'io. Aveva addosso un paio di jeans
larghi, neri, con una catena sul lato destro. Poi sotto il giubbotto aveva una
camicia grigio scuro e una cravatta nera. Stava bene, era nel suo stile, anche
se con aria divertita pensai che tutti e due eravamo
praticamente vestiti a lutto.
“Anche tu stai bene.” osservai, sorridendo.
Lui mi fece una linguaccia. “Come sempre, del resto.”
Scoppiò a ridere quando individuò il mio sguardo
acido. Tenendoci per mano e parlando del più e del meno, c'incamminammo verso
il luogo della festa, che fortunatamente non distava troppo lontano da casa mia.
Dopo una mezz'oretta arrivammo. Entrammo nel giardino,
e individuai mia madre, in un grazioso completo blu, e la raggiunsi. La villa
era grande, con un immenso giardino curato in cui la festa si svolgeva. Da una
parte c'erano i vari tavoli per gli invitati, e un po' più in là una pista da
ballo con il pavimento in pietra, con luci psichedeliche e una consolle per il dj. C'erano tantissime aiuole verdi con
un'infinità di rose bianche, i miei fiori preferiti in assoluto.
“Ciao mamma!” esclamai, avvicinandomi a lei.
Lei sorrise. Adesso stava decisamente meglio, si era
ripresa, e i preparativi per la festa l'avevano aiutata a distrarsi parecchio. Anche se non sorrideva molto spesso, e per me quando lo
faceva era una gioia immensa.
Mia madre mi baciò sulla guancia e fece lo stesso con Alex.
“Ciao, ragazzi.”
Sapeva che stavamo assieme, anche se io non le avevo detto
niente. Intuito, credo. In fondo le mamme riescono sempre a capire queste cose.
Alex sorrise con aria timida e io ridacchiai. “Dov'è
Edoardo?” chiesi.
Mia madre alzò le spalle e fece un'espressione perplessa. “L'ho perso di vista.
Sarà impegnato con gli invitati, credo.” Tra parenti e suoi amici, eravamo
quasi una sessantina di persone. Sì, mio fratello aveva deciso di fare le cose
in grande.
“Vabeh, lo beccherò dopo allora.”
Salutai mia madre e io ed Alex girammo per il
giardino, passeggiando, allontanandoci dagli altri.
“Mi pare che l'ultima volta che siamo andati ad una festa assieme non sia
andata troppo bene.” osservò lui, ridendo.
Risi anch'io e lo guardai. “Tranquillo, con mia madre
nei paraggi non potrò ubriacarmi..”
S'unì alla mia risata e mi guardò. Mi prese per mano e
passeggiammo, stando in silenzio, l'unico rumore era il vociare di persone, una
musica di sottofondo molto lontana, e.. dell'acqua. Svoltammo all'angolo di
un'aiuola e inchiodammo in una fontana di marmo bianco, con acqua che sgorgava
e zampillava dal centro e con dei fari sott'acqua che la illuminavano.
“Ma quanto ha pagato tua mamma per questo posto? Pure la fontana!” scherzò
Alex, facendomi ridere. Poi lo guardai.
“Non è romantico?” dissi sorridendo. Alle mie parole, nelle aiuole si accesero
un sacco di lucine bianche incastonate in esse,
sembravano quelle degli alberi di Natale.
Alex mi fissò e rise piano. “Perfetto, pure gli effetti speciali a comando.”
Mi prese per un polso e mi attirò a sé. Facendomi camminare all'indietro, mi fece appoggiare al bordo della fontana, che era un po' più
bassa di me. Standomi di fronte, mi prese il viso fra le mani e cominciò a
baciarmi. Chiusi gli occhi e appoggiai entrambe le mani sui suoi polsi e
lasciai che mi baciasse, ricambiandolo, e avendo una paura pazzesca di fare un
bagno fuori programma. Passò una mano sulla mia schiena, reggendomi, e mentre
continuava a baciarmi si inclinò apposta all'indietro,
facendomi sporgere di schiena all'acqua. Sentii le sue labbra inclinarsi
all'insù in un sorriso sotto le mie. Lo lasciai andare, e riaprendo gli occhi lo guardai.
“E se ti lasciassi andare?” disse ridendo, con un'aria di sfida.
“Non lo faresti..” ribattei fissandolo negli occhi,
sorridendo.
“Proviamo? Potrei anche farlo..” e rise ancora,
facendomi chinare di più. Gli poggiai entrambe le mani sul petto e lo presi per la camicia, stringendo la stoffa fra le mani e
afferrandolo.
“Se vado giù, tu vieni giù con me.” dissi, sorridendo
con aria diabolica.
Lui scoppiò a ridere. Mi fece raddrizzare e mi lasciò andare, lasciandomi appoggiata sul bordo della fontana.
“Così mi stropicci la camicia!” esclamò, ridendo, e passandosi una mano sul
punto in cui l'avevo afferrato.
Io gli feci una smorfia e lo raggiunsi. Lui mi baciò rapidamente e insieme,
prendendoci in giro e ridendo, ritornammo ad unirci con gli altri invitati. Non
appena ritornammo verso i tavoli, per la cena, Edoardo ci raggiunse. Mi salutò abbracciandomi, e poi strinse la
mano ad Alex, che con aria sicura gli fece gli auguri.
Edoardo ricambiò sorridendo e ci disse di accomodarci ad un tavolo.
C'erano una decina di tavoli, tutti pieni di persone allegre e sorridenti, che
chiacchieravano con aria tranquilla. Mi sedetti alla tavolata più lunga, quella
dei miei parenti. Ero tra mia madre e mio fratello, e
avevo Alex di fronte.
Mi guardava, sorridendo con aria rassicurante. Durante la cena, parlò con i
miei parenti in modo assolutamente sicuro e tranquillo, e ogni tanto mi urtava
le gambe con le sue, quando s'allungava sulla sedia o faceva per dondolarsi su
di essa. Io mi sentivo gli occhi di tutto addosso e
sapevo di essere color cremisi.
La cena finì, e mio fratello si alzò dal tavolo per dare inizio alle danze. La
maggior parte dei suoi amici si riversò verso la sala da ballo, mentre la
musica partiva.
Ero imbarazzatissima. Mi alzai dal tavolo, salutando mia madre e qualche
parente, ed Alex mi seguì. Quest'ultimo aveva un'aria divertita, sorrideva e
aveva le mani sprofondate nelle tasche, come al solito.
“Allora, Adrienne,” si avvicinò a me e mi mise un
braccio attorno alle spalle, voltando il viso per guardarmi, “..ti va di
ballare?” Deglutii e lo guardai. “Io non so ballare..”
dissi senza pensarci.
Alex rise e mi punzecchiò sulla guancia con un dito. “Bugia. E anche se fosse, che t'importa?”
Alzai le spalle per tutta risposta. Lui continuò a ridere. “Allora non vuoi?”
chiese ancora.
“Lo voglio lo stesso.” risposi
sorridendo. Sorrise di più e mi prese entrambe le mani. “Ottimo. Andiamo allora.”
Alex mi portò alla pista da ballo facendomi camminare all'indietro. I
ragazzi si stavano già scatenando. Edoardo mi individuò
fra la folla dei suoi amici e mi sorrise, facendomi l'occhiolino.
Alex aveva un'aria pensierosa. “Hm. Aspetta un attimo.”
mi disse.
Mi lasciò ad un lato della pista e si allontanò. Io lo guardai allontanarsi,
alzando un sopracciglio con aria piuttosto interrogativa. Si avvicinò alla consolle del dj, un ragazzo che indossava una maglia gialla
larghissima, una pesante catena d'oro al collo e una cuffia alle orecchie, e si
muoveva a ritmo di musica.
Alex richiamò la sua attenzione appoggiandosi alla consolle.
Il tizio lo guardò, si tolse le cuffie, e s'avvicinò a lui. Alex gli disse
qualcosa sorridendo, e il ragazzo annuì. Ringraziò dandogli una botta sul
braccio e andò via sorridendomi con aria trionfante.
“Cosa hai combinato?” gli chiesi quando mi fu vicino.
Sorrise e mi fissò. “Ora vedrai.”
Mi prese per una mano e me la strinse. Improvvisamente
la musica si staccò, nel bel mezzo della canzone. I ragazzi che stavano
ballando protestarono, lamentandosi, come un solo uomo. Ma le note di un'altra
canzone partirono quasi immediatamente.
“Q-questa canzone..” sussurrai,
guardando Alex.
Don't cry.
Alex annuì sorridendo. “Sì. La nostra canzone, Adrienne.”
Tremai leggermente. Alex strinse entrambe le mie mani e mi portò
più in là nella pista, quasi al centro, attorno agli altri ragazzi. Le luci si
abbassarono, tutto diventò in penombra e ci illuminava
solo una luce rossa e bianca. Proprio come quella sera, che
per me fu croce e delizia.
Il suo sorriso sembrava risplendere. Lo guardai, mentre mi passava un braccio
attorno alla vita e mi stringeva a sé. Tremavo, ero
emozionata, e soprattutto enormemente felice. Eravamo vicinissimi. Mi prese una
mano e la strinse con la sua, e poggiò l'altra sul mio fianco. Di conseguenza,
una mia mano stringeva la sua e l'altra era posata
sulla sua spalla. Mi sentivo morire dall'imbarazzo, ma sorridevo, un po' rossa
in viso. Ballavamo assieme, ondeggiando leggermente. Il resto non era più nulla, c'era solamente lui e quella bellissima
canzone.
Alex s'avvicinò al mio orecchio e prese a cantarmi le parole della canzone,
sorridendo in maniera quasi impercettibile, in modo che potessi sentire
solamente io. Andava perfettamente a tempo.
'Talk to me softly, there's something in your eyes. Don't hang your head
in sorrow, and please don't cry. I know how you feel inside, I've been there
before.. Somethin's
chagin' inside you, and don't you know.'
Lo strinsi forte, sempre più forte,
socchiudendo gli occhi e appoggiando la testa sulla sua spalla.
'Don't
you cry tonight, I still love you baby. Don't you cry tonight, there's a heaven
above you baby.. and
don't you cry, tonight.'
Alex mi abbracciò forte, e io e lui
rimanemmo così, abbracciati, e immobili in mezzo alla pista. Lo amavo, lo adoravo, in maniera assoluta e sconsiderata. Le
note e le parole correvano, s'insinuavano nella mia testa attraverso
l'orecchio; facendomi avere sempre di più la convinzione che quella canzone,
prima di Natale, ci aveva segnato in qualche modo.
'Give me a whisper, and give me a
sigh. Give me a kiss before you tell me goodbye. Don't take it so hard now and
please don't take it sto bad.. I'll still be thinkin'
of you and the times we had..'
Era lui, Alex. Il mio
migliore amico, il mio primo amore. Non avrei mai pensato, quando a
scuola c'incontrammo in quel corridoio – lui che armeggiava con un accendino
vicino alle scale e io che inciampai davanti a lui facendo cadere tutti i miei
libri, che sarebbe andata così. Che mi sarei
innamorata così tanto di lui, e lui di me.
'And
please remember that I never lied, and please remember how I felt inside now,
honey. You gotta make it in your own way, but you'll be alright know sugar. You'll feel better tomorrow..
come the morning light now, baby.'
Aveva segnato la mia vita in maniera
indelebile e indicibile. Era come un tatuaggio, un buco all'orecchio. I primi
giorni forse faceva un po' male, ma dopo t'abituavi e lo ammiravi felice e
gonfia d'orgoglio. E io non avrei mai potuto descrivere quello che mi dava,
neanche se avessi scritto mille e mille pagine su di
lui.
Mi faceva rabbrividire sentire le sue labbra sulle mie, proprio come in quel
momento, e sentire le sue mani, sempre gelide, che mi sfioravano, per poi
stringermi, stringermi così forte da lasciarmi senza
fiato.
Lo amavo, lo amavo, lo amavo, e volevo che durasse per
sempre. E forse era solo uno stupido sogno di una
sedicenne, ma ero sicura che prima o poi me lo sarei trasportata fino
all'altare.
“Alex..?”
Riaprì gli occhi, e mi guardò. “Sì?”
“Ti amo..”
Sorrise, e passandomi le braccia attorno al collo per abbracciarmi mi sussurrò
di nuovo all'orecchio.
“Anch'io, con ogni fibra del mio corpo..”
Arrossii furiosamente e mi lasciai abbracciare.
'..baby
maybe someday.. don't you cry, don't you ever cry, don't you cry tonight.'
Per sempre sarà, ovunque sarà.
fine, ecco fatto. mi dispiace per l’attesa, ma tra impegni personali e
suspance è passato davvero tanto tempo. non ne ho
molto, comunque, per commentarvi tutti ma vorrei solo dirvi GRAZIE, di tutto. per
avermi seguito, per i commenti, per i preferiti. e spero che la mia storia vi
sia piaciuta, e sia riuscita ad emozionarvi.
stavo anche scrivendo il sequel, ma non credo che riuscirò mai a finirlo.
ma tornerò, presto, col mio secondo romanzo.
Un abbraccio e un bacio,
Adrienne.