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Autore: eliseCS    08/01/2016    0 recensioni
Sono tornata!
*nemmeno i grilli si degnano di fare cri-cri*
Ok...
Appena capisco cosa sia questa specie di follia provvederò a fornire una descrizione più adeguata...
Scherzi a parte: non è una fanfiction ma è una storia originale (almeno spero), se qualcuno volesse dare un'occhiata è il benvenuto
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Dal prologo:
Il rumore dei passi di qualcuno che correva si insinuò nel ticchettio deciso e insistente della pioggia.
Daniel alzò il visto incuriosito notando una ragazza che si stava dirigendo il più velocemente possibile nella sua direzione.
No... si corresse mentalmente.
La ragazza stava correndo verso il riparo offerto dalla fermata dell'autobus: lui era invisibile, come dimenticarlo!
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Poi però la ragazza fece una cosa che non si sarebbe mai aspettato: parlò.
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Il fantasma rimase per qualche secondo come incantato, poi si riscosse all'improvviso sorridendo al sole che stava già facendo capolino da dietro le nuvole mentre la pioggia mano a mano diminuiva.
Eh già, ci sarebbe stato proprio un bell'arcobaleno.
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Buona lettura
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MOMENTANEAMENTE SOSPESA
(ma mai incompleta, non temete!)
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(© elyxyz)

 
 
Il fantasma (dal greco φάντασμα, phàntasma, "apparizione"), chiamato anche spettro, è un’entità delle leggende e del folclore al quale ci si riferisce come una presenza incorporea.
Un fantasma è lo spirito di una persona deceduta che per qualche motivo non è stato in grado di passare oltre.
 
 
Si dice che fondamentalmente i fantasmi non sono né buoni né cattivi: il loro comportamento rispecchia semplicemente quello  che avevano quando erano in vita.
Si dice che all’inizio per un fantasma è normale essere confuso e disorientato prima di rendersi conto di essere morto.
Si dice che in alcuni casi il fantasma potrebbe addirittura essere così disorientato da pensare di essere ancora vivo e continuare così la routine della propria vita, ignaro della propria morte.
 
Si dice che i fantasmi possiedano alcuni poteri:
-teletrasporto = capacità di muoversi da un posto ad un altro in pochi secondi. Parrebbe che alcuni fantasmi siano in grado di portare con loro anche oggetti.
-telecinesi = capacità di muoversi virtualmente qualcosa con la forza della mente se si riesce a prestare abbastanza concentrazione sull’oggetto in questione.
-forza (maggiore) = i fantasmi sono più forti degli esseri umani. Questo potere può essere visto come un “prolungamento” dell’abilità telecinetica.
-invisibilità = i fantasmi sono generalmente invisibili ai vivi: mostrarsi è severamente vietato ma comunque non impossibile. Le leggende narrano però di persone speciali in grado di vedere i fantasmi anche se questi non si sono mostrati volontariamente.
-intangibilità = i fantasmi possono toccare qualsiasi oggetto inanimato, ma possono anche passarci attraverso a loro discrezione. Al contrario, invece, non si è mai sentito di un fantasma toccato da un vivo: in questo caso ci passerà sempre attraverso.
-ultimo ma non meno importante e sicuramente molto particolare, è il potere di riportare gli oggetti rotti, rovinati e invecchiati dal tempo al loro stato originario…
 
 
 
…o almeno, questo è quello che si dice
 

 
 
 
 

 
 
 
 
PROLOGO – And then you’ve seen me
 
 
 
Il rombo sordo di un tuono lo riscosse dai suoi pensieri: un bel temporale era pronto a rovesciarsi su quella piccola e isolata cittadina.
 
Quando era morto, una trentina di anni prima, all’età di diciotto anni, Daniel era fermamente convito che fantasmi e similari semplicemente non esistessero, figuriamoci pensare di diventare uno di essi.
Quando poi aveva finalmente accettato la sua nuova condizione, gli era stato spiegato che, proprio come alcune persone credevano, dopo la morte si diventava fantasmi se si erano lasciate delle faccende in sospeso, e per anni era rimasto fermamente convinto di non averne alcuna, nonostante i suoi amici, fantasmi anche loro, ovviamente, insistessero nel dire che qualcosa doveva pur esserci.
Si stava annoiando terribilmente: gli umani non potevano né vederlo né sentirlo (a meno che lui non avesse avuto l’intenzione di mostrarsi, ma era espressamente proibito) e non potevano nemmeno essere toccati: gli sarebbe semplicemente passato attraverso.
Le uniche cose con cui poteva interagire erano gli oggetti inanimati, ma per ovvie ragioni non poteva farlo davanti a nessun vivente, e così non c’era gusto.
 
Come sempre quando si annoiava era finito a ripensare di nuovo alla sua morte, e in quel momento gli era venuta l’idea, idea che aveva preso definitivamente forma nel momento in cui era tornato nel luogo della sua morte.
 
 
Gli altri fantasmi lo chiamavano “il Guardiano”, in quanto quel fantasma era colui che si occupava del passaggio dei vari spiriti dal mondo dei vivi a quello dei morti decidendo chi poteva “andare avanti” e chi invece no.
Lo aveva già incontrato - se vedere di sfuggita il suo profilo sfocato poteva essere considerato tale - appena dopo la sua morte, e lo aveva supplicato di lasciarlo andare oltre, ma non era stato accontentato.
Quella volta però la sua richiesta era stata diversa: se non poteva andare avanti lui, allora voleva che una persona in particolare venisse fatta tornare indietro.
Sapeva, da racconti bisbigliata e segreti sussurrati, che il Guardiano poteva fare anche quello, e che in passato lo aveva già fatto.
Perché non farlo di nuovo? Aveva pensato Daniel.
All’inizio il Guardiano non era stato molto contento della sua richiesta: diceva che se quella persona non era diventata un fantasma mentre lui sì un motivo c’era, che lui aveva le sue buone ragioni e che non avrebbe accolto la sua richiesta.
Dopo svariati tentativi Daniel era però riuscito a ottenere di sapere almeno cosa fosse necessario per il rito, e il suo entusiasmo si era improvvisamente spento: avrebbe dovuto trovare una persona, un vivente, capace di vederlo senza che lui si fosse manifestato volontariamente.
In un vivente tale capacità corrispondeva ad un grande potere, che il Guardiano avrebbe poi potuto usare per fare quello che Daniel gli aveva chiesto.
Ma una qualità simile era più unica che rara.
In decenni di ricerche non era riuscito a trovare nessuno che dimostrasse di avere un potere simile, nessuno che avrebbe potuto aiutarlo.
Ed era per quel motivo che, sconsolato, era tornato nel luogo in cui tutto aveva avuto inizio: avrebbe accettato la sua condizione, con rassegnazione, ma l’avrebbe fatto.
 
Sorrise tristemente guardandosi intorno al pensiero di quanto la sua città fosse cambiata da com’era una volta: di certo non quanto le grandi metropoli che aveva visitato durante tutti quegli anni di ricerca, ma anche quella cittadina si era notevolmente modernizzata da com’era un tempo, e con lei i suoi abitanti.
 
Come aveva previsto cominciò a piovere e dopo essere rimasto sotto l’acqua per un paio di minuti decise di ripararsi sotto la tettoia di una fermata dell’autobus che sorgeva lì vicino sul marciapiede.
Se c’era una cosa che gli piaceva del mondo dei vivi era proprio quella: la pioggia.
Non poteva essere visto, sentito o toccato, ma la pioggia, per qualche strano e inspiegabile motivo, non gli passava attraverso.
Si godette il tragitto fino alla fermata, beandosi di ogni goccia che gli toccava il viso bagnandogli i capelli e le guance. Se avesse potuto piangere sarebbero state le sue lacrime.
Quando anche i vestiti furono zuppi (dopotutto avrebbe potuto asciugarli solo pensandolo) si sedette sulla panchina di ferro della fermata aspettando che il temporale passasse: di tempo da perdere ne aveva eccome, e quello non era altro che un classico acquazzone estivo passeggero e non ci avrebbe messo molto a finire.
Con un po’ di fortuna quella sera si sarebbe goduto un bell’arcobaleno.
 
 
Il rumore dei passi di qualcuno che correva si insinuò nel ticchettio deciso e insistente della pioggia.
Daniel alzò il visto incuriosito notando una ragazza che si stava dirigendo il più velocemente possibile nella sua direzione.
No… si corresse mentalmente.
La ragazza stava correndo verso il riparo offerto dalla fermata dell’autobus: lui era invisibile, come dimenticarlo!
La osservò prendere posto sulla panca di metallo a poca distanza da lui.
Avrà avuto più o meno diciotto anni e se fosse stato ancora vivo probabilmente avrebbe pensato che era proprio una bella ragazza; ma era un fantasma, e pensieri del genere non lo sfioravano più… o no?
La pioggia aveva bagnato i suoi vestiti, un paio di shorts di jeans e una camicia a quadri sopra una canottiera bianca, che si erano incollati al corpo snello della ragazza.
Anche i lunghi capelli rossi stretti in una coda di cavallo avevano subito la stessa sorte, e alcuni ciuffi più corti sfuggiti dall’elastico le incorniciavano il viso mettendo in risalto i grandi occhi di un colore indefinito.
Tra l’azzurro e il verde, decise Daniel dopo qualche attimo di riflessione.
Notò che l’attenzione della ragazza era completamente assorbita dal contenuto di una borsetta di perline che, anche durante la corsa, aveva gelosamente tentato di tenere al riparo dall’acqua.
Chissà cosa c’era dentro?
Osservò la rossa mentre si metteva la borsetta a tracolla per strizzarsi subito dopo la coda.
 
Poi però la ragazza fece una cosa che non si sarebbe mai aspettato: parlò.
“Certo che questo tempo fa proprio schifo! Doveva esserci il sole tutto il giorno e invece…”
 
Daniel restò impietrito: probabilmente la ragazza stava solo parlando tra sé e sé.
Era semplicemente impossibile, non poteva essere che…
 
“Io personalmente odio la pioggia, e tu?” continuò la rossa rivolendosi inequivocabilmente a lui e voltandosi a guardarlo negli occhi.
Deglutì.
Poteva vederlo… quella ragazza poteva vederlo!
 
“Sinceramente a me non dispiace poi così tanto” si affrettò a rispondere prima che la ragazza pensasse che fosse pazzo. “Senza pioggia non potrebbe esserci l’arcobaleno” concluse poi.
La ragazza sorrise alla sua risposta: “Forse non hai tutti i torti, non l’avevo mai pensata sotto questo punto di vista” convenne.
“Comunque io sono Kate” si presentò poi. “E tu? Sei nuovo da queste parti… non ti ho mai visto in giro”
“Ehm… sì, mi sono appena trasferito” rispose subito assecondandola, maledicendosi l’istante successivo: cosa diavolo gli saltava in mente?
“Mi chiamo Daniel” si presentò poi a sua volta notando che Kate lo stava ancora guardando aspettando che concludesse.
“E dove…?” la domanda della ragazza fu interrotta dall’arrivo dell’autobus che si fermò proprio lì davanti.
Daniel sospirò di sollievo: sapeva benissimo cosa stava per chiedergli, e lui come avrebbe fatto a dirle che non abitava da nessuna parte?
“Oh, devo andare” la voce della ragazza interruppe le sue riflessioni.
“Comunque è stato un piacere conoscerti Daniel. Ci si vede in giro!” lo salutò, e poi salì sull’autobus che partì pochi secondi dopo.
 
Il fantasma rimase per qualche secondo come incantato, poi si riscosse all’improvviso sorridendo al sole che stava già facendo capolino da dietro le nuvole mentre la pioggia mano a mano diminuiva.
Eh già, ci sarebbe stato proprio un bell’arcobaleno.














Non chiedetemi da dove sia saltata fuori questa... cosa.
Ho cominciato a scribacchiarla questa estate, ma una volta finite le vacanze è rimasta letteralmente chiusa nel cassetto della scrivania fino ad oggi.
Non so quando aggiornerò perchè tra lezioni ed esami sono piusttosto impegnata e poi perchè, al contrario delle altre volte, NON ho i capitoli già pronti (in realtà i primi li ho, ma non avendo ancora deciso bene la trama della storia è come se non ci fossero u.u)
Diciamo che sentire qualche parere -anche di quanto io sia pazza ovviamente- potrebbe, e dico potrebbe, motivarmi a pensare seriamente a come andare avanti, ecco.
Quindi non abbiate paura di farmi sapere cosa ne pensate, non mordo.
I miei più sentiti complimenti per chi è arrivato a leggere fin qui
E.



 

 


 
   
 
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