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Autore: Achille88    12/03/2009    4 recensioni
Nonostante la minaccia rappresentata dall'universo delle tenebre sia stata sventata e Ataru si sia riappacificato con Lamù, il giovane Moroboshi è tormentato dai sensi di colpa per aver messo in pericolo la Terra e aver rischiato di perdere per sempre la bella aliena in bikini tigrato. Incapace di prendere sonno, il ragazzo inizia a correre per il quartiere devastato di Tomobiki...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atarù Moroboshi, Lamù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ALBA DI UN NUOVO GIORNO

 

“Lo dirò fra cento anni, in punto di morte… forse!

 

Ataru teneva la testa poggiata sul cuscino e tentava inutilmente di prendere sonno. L’ultima, folle sfida con Lamù lo aveva stancato terribilmente e avrebbe tanto voluto concedersi un sonno ristoratore, ma le ultime parole da lui stesso pronunciate, intrise di sfacciato orgoglio maschile, rimbombavano prepotentemente nella sua testa.

Rassegnatosi al fatto di dover rinunciare a dormire, il ragazzo si alzò dal futon ed aprì uno dei cassetti dell’armadio nella sua stanza, rimasto miracolosamente incolume (al contrario della sala stessa!) alla distruzione provocata dalla crescita dei colossali funghi dell’universo delle tenebre[1], tirando fuori la sua logora e sporca divisa da corridore.

Ataru si tolse il pigiama, indossò nuovamente il completo e messosi anche le scarpe da ginnastica, uscì di casa in punta di piedi e iniziò a correre per le strade di Tomobiki.

Lo spettacolo che si presentava ai suoi occhi era da far raggelare il sangue nelle vene: sotto la luce della luna piena, gli edifici erano ridotti ad un cumulo di macerie ed anche il manto stradale presentava crepe e larghe buche: era come se l’intero quartiere fosse stato appena sottoposto ad un pesante bombardamento. Tuttavia, non vi era più alcuna traccia dei giganteschi funghi, dal momento che erano tutti finiti nelle voraci fauci dei maiali neri come promesso dallo stesso Rupa[2], e qualche previdente abitante aveva già disposto sui lati della strada alcuni materiali di falegnameria per la ricostruzione.

“Che desolazione…”, pensò Ataru mentre continuava a correre col cuore che gli batteva forte nel petto e il rimorso che si insinuava nella sua mente come un verme che divora la succosa polpa di una mela dall’interno fino a farla marcire.

Dopo oltre un’ora buona di corsa, il ragazzo si ritrovò davanti al cortile del liceo di Tomobiki: anche questa struttura presentava ingenti danni.

Mentre osservava la torretta dell’orologio, Ataru tornava indietro con la mente al decimo e decisivo giorno della sfida con Lamù: la sua faticosa scalata sul tetto della scuola, il suo grido liberatorio una volta salito sulla sommità dell’edificio, le piccole corna dorate di Lamù che gli scivolavano dalla mano e cadevano al suolo mentre la bella aliena gli veniva incontro con le lacrime agli occhi… a quei ricordi, il giovane Moroboshi si mise a guardare per terra alla ricerca di quelle che ormai potavano definirsi delle vere e proprie reliquie da conservare in memoria di quella folle gara che aveva tenuto tutti col fiato sospeso per giorni.

“Trovato!”, esclamò Ataru non appena ebbe rimosso dal terreno uno dei cornetti dorati.

Dopodiché, si mise immediatamente alla ricerca del secondo setacciando palmo a palmo il cortile della scuola, finché non riuscì a trovarlo a diversi metri di distanza dal punto in cui aveva dissotterrato il primo.

“C’è un’ultima cosa che devo fare adesso…”, si disse il ragazzo con gli occhi fissi sull’orologio posto sulla torretta della scuola mentre infilava i cornetti nella tasca dei pantaloncini.

Con sua grande sorpresa, notò che uno degli alberi del cortile, probabilmente sradicato da uno dei titanici funghi, era andato a cadere proprio sull’ingresso, demolendo la porta.

Una volta fattosi strada a fatica fra le fronde, Ataru si ritrovò all’interno dell’edificio scolastico e camminò per i corridoi bui calpestando con le suole delle scarpe gli innumerevoli frammenti di vetro e i pezzi di legno e muratura sparsi sul pavimento.

“Dovrei essere contento per aver ridotto ad un ammasso di macerie la scuola, ma… non lo sono affatto!”, si disse il ragazzo con una nota di rimorso.

Finalmente, Ataru riuscì a salire sul tetto pericolante della scuola… ma ciò che vide lo lasciò immobile come una statua di sale: dall’alto erano ancora più evidenti i segni delle devastazioni causate dai funghi.

“Non solo l’intero quartiere di Tomobiki, non solo l’intera Tokyo e tutto il Giappone… ma anche il mondo intero è stato vittima del mio orgoglio e della mia stupidità!”, mormorò Ataru con gli occhi sbarrati mentre pensava alla sorte subìta dalle principali città del mondo: Parigi, Roma, Londra, Atene, Mosca, Il Cairo, Pechino, Sydney, New York, Los Angeles, Rio de Janeiro… tutte ridotte ad un cumulo di rovine[3].

Ad un tratto, la coscienza del giovane, messa a tacere per troppo tempo, si risvegliò e iniziò a far rimbombare nelle orecchie di Ataru tutti i meritati insulti ricevuti nel corso di quel travagliato periodo.

 

Stupido! Cretino! Idiota! Imbecille! Beota! Infame senza cuore! Moccioso arrogante! Codardo! Impiastro! Ipocrita! Ritardato mentale! Lurido porco! Vergogna del genere umano! Bastardo schifoso![4]

 

Incapace di sopportare oltre, il giovane Moroboshi strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, inspirò profondamente e cacciò fuori un grido disperato con tutto il fiato che aveva in corpo che squarciò l’aria.

Rimasto quasi senza voce, Ataru riprese fiato e sperò di aver cacciato fuori con quel grido tutti i sensi di colpa che lo tormentavano, ma non funzionò e mentre l’intera Tomobiki ritornò nella quiete della notte, il ragazzo si sedette sulle tegole del tetto e poggiò la fronte sulle ginocchia mentre le prime lacrime di disperazione gli solcavano il volto.

“Perché? Perché sono così stupido?!”, si lamentò il giovane. “Perché non riesco ad ammettere a me stesso che voglio bene a Lamù? Perché non riesco ancora a dirle dopo quattro anni che la considero al di sopra di tutte le donne dell’universo? Perché non riesco a dirle che… la AMO?!”.

Mentre continuava a porsi queste ed altre domande, le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi più copiosamente e il ragazzo non riuscì più a trattenere cupi lamenti simili ai latrati dei cani randagi.

Improvvisamente, Ataru si accorse che una calda e affusolata mano femminile si era posata sul suo capo e dopo aver alzato a fatica lo sguardo, riuscì a scorgere la figura di Lamù seduta sui talloni di fronte a lui nonostante gli occhi velati di lacrime.

“Non fare così, tesoruccio”, sussurrò la ragazza tentando di consolarlo.

“Che… che cosa s-sei venuta a fare qui?”, le domandò Ataru vergognandosi in cuor suo di essersi fatto vedere da lei in quel miserevole stato di cupa disperazione.

“Non riuscivo a chiudere occhio”, ammise sinceramente la bella oni. “Così ho pensato di andare a prendere un po’ d’aria e mentre mi trovavo qui, ho sentito il tuo grido e mi sono preoccupata molto”.

Detto ciò, Lamù si avvicinò ad Ataru per poterlo aiutare ad alleviare i suoi tormenti interiori, ma il ragazzo la respinse in un rigurgito del suo orgoglio e si alzò in piedi.

“Sai una cosa? Sarebbe stato meglio per te se tu fossi rimasta con Rei!”, disse infine con parole dure rivolte più a se stesso che alla ragazza.

“Perché dici questo?”, chiese Lamù.

“Rei mangia per un esercito e si trasforma in una specie di bue col pelo tigrato quando è in preda alle emozioni, ma di sicuro non è un infame miserabile come me!”, confessò Ataru col corpo sconvolto dai singhiozzi. “Ten, Mendo, Megane e tutti gli altri hanno ragione: non merito di essere al tuo fianco!”.

Colpita da quelle ammissioni di colpa, Lamù planò proprio davanti a lui e gli afferrò il volto. “Guardami negli occhi, tesoruccio”, disse lei con occhi luccicanti che ad Ataru parvero simili a due zaffiri appena tagliati dalle sapienti mani di un gioielliere.

Forse grazie all’intensità di quello sguardo, il ragazzo trovò il coraggio di ammettere finalmente i propri sentimenti. “Lamù… devo dirti che…”.

“Il fatto è che ci siamo comportati come due stupidi!”, lo interruppe la bella oni. “Non avevo alcun diritto a coinvolgere la Terra nel nostro litigio, ma ero talmente arrabbiata con te che non mi sono neppure resa conto di ciò che stavo facendo. Mi sono comportata da egoista… scusami”.

“Sono io che devo scusarmi con te!”, rispose il ragazzo. “Sono stato accecato dal mio dannato orgoglio… e dalla gelosia. Quando ti ho vista asserragliata dietro le spalle di Rupa e mi avevi detto di volerti sposare con lui, io… mi sono sentito morire”.

“Quella non ero io! Era una copia creata con l’ausilio di un fungo-copia. Non avrei mai detto una cosa del genere e lo sai bene!”, si giustificò Lamù. “Io amo soltanto te e nessun altro!”.

Detto ciò, la bella extraterrestre si gettò sul petto dell’amato e lo strinse forte a sé. A quel contatto, Ataru si sentì come rigenerato.

“Ascolta, Lamù”, esclamò poco dopo. “Devo dirti una cosa molto importante, perciò ti prego di ascoltarmi attentamente”.

“Se ciò che stai per dirmi può esserti d’aiuto, allora dimmela”, lo incoraggiò la bella aliena tenendo le fredde mani del ragazzo nelle sue. “Ti ascolto”.

“Lo sai perché non ti ho detto di amarti nei giorni della sfida?”, cominciò Ataru mentre la ragazza scuoteva la testa.

“Perché sarebbero state parole prive di significato! Considerata l’emergenza in cui ci trovavamo, avresti pensato che le avessi dette unicamente per salvare la Terra ed io non volevo che ciò accadesse. Lamù, in questi anni mi sono comportato come una carogna e mi sono meritato tutte le scariche elettriche che mi hai lanciato, ma ora posso finalmente dirti ciò che tenevo dentro da anni e che avrei dovuto dire già da un pezzo. Io… io…”.

Mentre il ragazzo cercava in tutti i modi di dirle quelle parole per lei così importanti, Lamù gli prese nuovamente il volto fra le mani. “Coraggio, tesoruccio”, sussurrò.

“Io… io TI AMO!”, esclamò il giovane Moroboshi, finalmente liberatosi di un peso grande come un macigno che gli opprimeva da tempo il cuore. “Ti amo con tutta l’anima e desidero con tutto me stesso che tu continui a stare al mio fianco… perché non riesco più a concepire la mia vita senza di te e morirei al solo pensiero di vederti fra le braccia di un altro uomo. Non voglio più rischiare di perderti… mai più!”.

A quel punto, Lamù sorrise di gioia e mentre alcune lacrime di commozione iniziarono a bagnarle il suo splendido viso, Ataru l’attirò a sé e la baciò con ardore. Mentre carezzava con la mano destra la lunga e fluente chioma della ragazza e le cingeva la vita con la sinistra, Ataru si sentì come rinascere al contatto con le labbra carnose e la lingua umida di Lamù.

Al termine di quel meraviglioso bacio, i due giovani continuarono a guardarsi intensamente negli occhi. “E’ stato… bellissimo!”, mormorò estasiato Ataru per la felicità della bella extraterrestre.

Nel frattempo, la luna era ormai tramontata e l’aurora iniziò a tingere il cielo con la sua luce color lavanda, preannunciando l’imminenza dell’alba.

“Che ne dici di vedere il sorgere del sole insieme a me?”, propose il ragazzo all’amata. “Non sarà suggestivo come lo spettacolo che hai creato con le goccioline di pioggia sospese a mezz’aria[5], ma ti assicuro che è altrettanto emozionante”.

Lamù annuì e si sedette accanto a lui, posando la testa sulla sua spalla e pregustando quel momento.

Finalmente, il disco solare apparve all’orizzonte, spazzando via le tenebre della notte con la sua luce dorata e segnando così l’inizio di un nuovo giorno.

 

Fine

 

 

  



[1] Universo senza luce patria di Rupa e Karla, personaggi presenti nell’ultimo volumetto del manga trasposto nel 5° film della serie Boy meets girl.

[2] Personaggio della serie che si considera pretendente alla mano di Lamù per una promessa estorta da suo nonno al bisnonno della bella oni (rimando i lettori alla visione del film già citato) centoventi anni prima.

[3] Come calcolato da Ran, i funghi hanno ricoperto nei dieci giorni della sfida l’intera superficie terrestre.

[4] A dire il vero, non tutte le seguenti ingiurie sono state davvero rivolte ad Ataru nel corso del film. Alcune le ho scritte io perché avrei voluto gridargliele personalmente! Devo proprio dirlo: di tutti i personaggi maschili creati dalla Takahashi, Ataru Moroboshi è quello che mi è più antipatico e il suo comportamento nel corso del film è stato veramente infame e vergognoso. Scusatemi per lo sfogo, amici lettori, ma quando ci vuole ci vuole!

[5] Cfr. il 98° episodio del manga “Urrà per l’uragano” trasposto nel 64° episodio dell’anime “Arriva il tifone”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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