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Autore: _Sherazade_    08/01/2016    1 recensioni
Alina è una grande sognatrice, ma sfortunatamente, tutti i suoi sogni sono andati in fumo.
Da anni è costretta a sopportare la seconda moglie del padre, e quella nuova famiglia nella quale non è mai riuscita ad integrarsi. Lei ci ha provato, ma è stato del tutto inutile.
La giovane capisce che non può andare avanti in quella maniera, e decide finalmente di separarsi da quel nucleo tanto stretto.
Sarà però durante una piccola vacanza che la nostra protagonista riuscirà davvero a far avverare i suoi sogni.
Sospesa fra regni incantati e una realtà all'apparenza dura, riuscirá la nostra eroina a completare il suo percorso?
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iris - custode dei mondi'
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In bilico fra i mondi


 


- Capitolo Primo -


Così tanta violenza... così tanto caos...
Come ha potuto il mondo scendere così in basso?
Il mondo in cui viviamo urla al vento il proprio dolore, implorando chiunque di ascoltarlo e di porre fine a tutte quelle azioni insensate.
L'uomo, quella creatura superiore, o presunta tale, che avrebbe dovuto saper sfruttare al meglio il proprio pianeta, senza però lasciarlo cadere in rovina, fu proprio la creatura che ne segnò l'inevitabile declino.
Sembrava tutto perduto: uomini e donne che si macchiavano dei peggiori delitti, il mondo che pian piano cominciava a spegnersi, e la natura silenziosa che si ribellava, liberando sul Globo la furia incontenibile.
Sembrava tutto perduto, ma qualcuno aveva deciso di rispondere a quell'appello disperato.


- Sono Mai Laynn, per TG-NEWS dal parco di Bergamo Sud. Dopo molte ricerche le nostre forze dell’ordine sono riuscite a stanare “L’Orco”, l’uomo che si è macchiato degli atroci delitti di cui abbiamo parlato nei giorni passati. Per tutto il paese ha seminato il terrore, e a sette, fino ad ora, sono arrivate le sue vittime. Dall'elicottero ci giunge notizia che l'uomo è stato oramai accerchiato, privato quindi di ogni via di fuga. È solo questione di minuti prima che lui si arrenda e si costituisca finalmente... Ma, aspettate... ci informano che proprio adesso si stanno verificando movimenti strani.
È fuggito!
L'Orco è fuggito!


L’uomo aveva notato una minuscola via di fuga, e ne aveva approfittato. Lui era sicuro di poterla fare franca ancora una volta, sfuggendo nel grande parco cittadino. L'Orco, così come lui amava farsi chiamare, non provava rimorso per il dolore che aveva causato. Non provava rimpianti per le povere vittime cadute sotto la sua mano. Lui era contento della vita che stava conducendo, ed era sicuro del fatto che nessuno sarebbe mai stato in grado di fermarlo.
Quell'uomo però non aveva ancora fatto i conti con lei, la sola e unica Giustiziera.
L’eroina che tutti aspettavano con ansia.
Là dove il crimine serpeggiava e le forze dell'ordine rimanevano impotenti, lei, con una sola delle sue frecce, sbatteva i criminali nella dimensione di detenzione. Lì non si poteva sfuggire dalle proprie colpe, poiché le punizioni venivano inflitte proprio in base ai crimini commessi. Né soldi, né fama, potevano salvare le persone dalla giusta fine che finalmente veniva loro inflitta.
La Giustiziera puniva solo i veri malvagi che rovinavano il mondo con le loro azioni perverse.
La Giustiziera era comparsa dal nulla, ergendosi su quel mondo sull'orlo del baratro.
Nessuno sapeva chi si celasse dietro quel grande mantello blu scuro e la maschera che le celava il volto.
Tutto quello che la gente sapeva, era che ovunque si fosse celato il male, presto o tardi la Giustiziera l'avrebbe trovato e castigato.


- Io chiedo Giustizia. - gridò la nostra eroina che si era nascosta fra le chiome degli alberi del parco, mentre i riflettori e le telecamere si girarono verso di lei, poco prima che lei scoccasse la sua freccia verso l’uomo.
- No, pietà. - ma era tardi, l’uomo svaniva già in una piccola nube di fumo.
L'Orco non sarebbe più stato un problema da quel momento in poi. Si sentì la gente esultare e acclamare a gran voce la Giustiziera.
Con una agilità degna di un felino, la ragazza saltò giù dagli alberi e con l'espressione soddisfatta, lasciò la scena per tornarsene a casa.
Peccato per lei che la grande reporter non avesse intenzione di lasciarsela sfuggire. La Giustiziera non aveva mai rilasciato alcuna intervista. Faceva il suo dovere e poi spariva nel nulla.
- Aspetta, solo qualche domanda. - chiese la giornalista. Indecisa su cosa fare, alla fine, la bella Giustiziera cedette.
- Va bene, ma che sia solo qualche domanda.
- Perché lo fai? Chi sei in realtà? C’è qualche motivo in particolare che ti spinge a fare questo?
- Voglio solo rendermi utile. Il nostro mondo caotico è reso ogni giorno più difficile da questi individui che spesso non vengono catturati. Io voglio solo fare ciò che è in mio potere per rendere le strade più sicure per tutti noi. - disse lei guardando fisso verso la telecamera. - È forse un crimine? Non c’è scopo più grande di quello di servire patria e cittadini. - rispose infine quasi seccata.
La giornalista allungò la mano per levarle la maschera, ma la giovane si ritrasse, e...
Un suono improvviso!


- Uffa, proprio sul più bello - sbuffai, mentre con una mano stanca mi allungavo per prendere il cellulare e spegnere la sveglia. Mi pareva quasi che la notte fosse trascorsa in un secondo.
A ventidue anni suonati, sognare di essere una specie di super-eroina, è abbastanza patetico, e in parte me ne vergogno... tuttavia non posso farci nulla. I miei sogni sono sempre stati strani.
Solo nel mondo dei sogni posso vestire i panni della Giustiziera; nel mondo reale probabilmente avrei difficoltà anche solo ad arrampicarmi sugli alberi. Da bambina non era un grosso problema, ma crescendo son cambiate parecchie cose.
Nel mondo reale sono una ragazza relativamente normale, con una grande passione per la musica e per i fumetti.
- Alina, vuoi che ti prepari qualcosa per colazione? Fa freddo fuori, almeno avresti qualcosa di caldo nello stomaco. - disse Angelica, la mia matrigna, aprendo la porta della mia camera.
- No grazie, farò colazione con Lilian al bar, come sempre. - Lilian non era semplicemente la mia datrice di lavoro, era anche la mia cara e adorata zia, sorella di mia madre.
E una delle mie più care e fidate amiche.
Ogni mattina, Angelica mi faceva quella domanda, e ogni mattina io le rispondevo alla medesima maniera. Se Angelica non aveva intenzione di farsi da parte e accettare il fatto che ero cresciuta già da tempo, e che non avevo bisogno delle sue finte premure, io non avrei di certo ceduto il passo.
Lei non era del tutto cattiva, io lo sapevo. Semplicemente, non era mia madre.
Angelica e mio padre, Sirio, si sono sposati da svariati anni, ma io non sono mai riuscita a fare parte di quel mondo che insieme si sono creati.
Quando mia madre Bianca perse la vita in uno sfortunato incendio, io di anni ne avevo solo dodici.
Il fuoco non aveva portato via solo la mia adorata madre, ma anche la casa nella quale ero cresciuta, coccolata dall'amore di entrambi i miei genitori. Una casa che loro avevano tirato su con molti sacrifici. Era meravigliosa.
A volte il ricordo di quei giorni lontani è come una fredda lama che mi attraversa il corpo. Altre sembra irreale. Sembra quasi che quella che vedo nella mia testa, sia una scena di un film, di certo non un frammento della mia vita.
Sia io che mio padre ne uscimmo distrutti.
Fu un dolore lancinante per entrambi. Lui la amava immensamente, di questo non ho mai dubitato, e la sua perdita fu per lui la peggiore delle disgrazie.
Zia Lilian, sorella di Bianca, e anche i miei nonni materni, ci furono tutti vicini. Superammo insieme quel difficile lutto.
Devo ammetterlo, però. Anche qualcun altro ci aiutò, e quel qualcuno fu proprio Angelica.
In quei mesi, fu lei a riportarlo alla vita, che sembrava non interessargli più.
Lui si stava spegnendo e allontanando sempre più da me. Lei, e lei soltanto, purtroppo, riuscì a ridargli una ragione per vivere ancora.
È per questo che sopporto la sua presenza.
Solo per amore di mio padre.
Prima che loro ufficializzassero la loro relazione, passò un anno. Ma io avevo già capito tutto.
Fu la vicinanza dei miei nonni e di zia Lilian a tirarmi su di morale. Mio padre si era già allontanato da me, e non potevo immaginare come la cosa si sarebbe accentuata col passare degli anni. Anche se avevo già immaginato come sarebbero andate le cose.
Angelica cercò di essere una figura materna e di riferimento per me. Ma ogni suo tentativo fu inutile.
Sebbene mio padre la introdusse in casa dopo un po' di tempo, dopo soli sei mesi dalla morte di mia madre, quei due stavano già insieme. Inizialmente mio padre me la presentò come una grane amica che lo stava aiutando al lavoro, e io ne fui felice. Ma sentivo che non mi stavano dicendo tutta la verità, e quei dubbi vennero poi consolidati dalla figlia di lei: Kalika. Quando ci presentarono, la piccola mostrò un interesse esagerato nei miei confronti, arrivando persino a chiamarmi sorella. A lei avevano già detto tutto, mentre con me decisero di aspettare più tempo, ritenendo che non fossi pronta.
Come me, anche lei aveva perso un genitore, ma a differenza mia, lei aveva perduto il padre molto prima di poterlo conoscere. Per questo era contenta di avere una nuova famiglia, di avere un nuovo padre e una nuova sorella. Il padre biologico era morto proprio pochi giorni prima della sua nascita, durante un viaggio in patria, l'India, nella quale si era recato per prendere la madre e portarla in Italia per l'imminente nascita della piccola.
Angelica non mi è mai piaciuta, però c'era sempre stata una sorta di muto rispetto e di pacifica convivenza. Io non entravo in merito alle sue scelte di vita, e lei evitava di mettere eccessivamente becco nelle mie.
Kalika invece non sono mai riuscita a digerirla, anzi, l'ho proprio odiata.
Forse le cose sarebbero andate diversamente se questo cambiamento, se questa “famiglia allargata”, non si fosse allargata così rapidamente.
Poco dopo aver ufficializzato la loro relazione, madre e figlia cominciarono a farci sempre più visita nell'appartamento in cui eravamo andati a vivere dopo l'incendio. Era una bella palazzina di soli quattro appartamenti, non giganteschi come la vecchia villetta che avevamo, ma altrettanto graziosa.
A gestire la palazzina in questione, non erano i miei nonni, ma mia zia.
Zia Lilian era sempre stata un'importante figura di riferimento nella mia vita. Era molto legata a mia madre, e le due erano davvero inseparabili. Alla sua morte, zia Lilian aveva pianto come mai l'avevo vista piangere, e vedendoci in difficoltà, fu la prima a tenderci la mano.
Con la casa in cenere, avevamo avuto da subito bisogno di un nuovo alloggio, e quell'appartamento che la Zia ci aveva destinato, in realtà era parte dell'eredità di mia madre. Un appartamento che era già stato destinato a me.
A ventuno anni sarebbe stato mio di proprietà, così come era scritto nel testamento.
Peccato solo che lo scorso anno, quando finalmente raggiunsi l'età designata, non avevo abbastanza soldi da parte per mantenerlo. Anzi, per mantenermi.
Volevo che nessuno potesse avere da dirmi nulla o richiedere qualcosa indietro. Detestavo avere debiti in giro, e mai e poi mai avrei voluto avere ulteriori debiti con mio padre e sua moglie. Desideravo avere da parte soldi a sufficienza per poter far fronte a tutte le mie possibili esigenze.
Un genitore è tenuto ad aiutare e sostenere i figli, ma mi ero sempre sentita in difetto con loro. Per questo meno ci avevo a che fare e meglio era per me.


In cuor mio vivevo un conflitto enorme.
Se da un lato ero lieta della felicità di mio padre, dall'altra non potevo che biasimarlo per le sue scelte.
Non sarei mai stata in grado di accettare appieno la sua nuova vita e quella sua nuova famiglia che lui si era creato.
Avrei finto, tenendomi a debita distanza, ma il cuore avrebbe per sempre sanguinato. Io lo sapevo, ma avevo deciso di non esternare mai questo mio dolore.
Non volevo farlo star male, aveva sofferto moltissimo per la perdita di mia madre, e quella donna lo aveva reso felice.
Perché dargli dei dispiaceri per quello che alla fine era solo un mio problema?
Perlomeno, quando decisero di fare il grande passo, di sposarsi, si comprarono una villetta poco fuori Bergamo, lasciando quindi da parte il nostro appartamento.
L’appartamento aveva il profumo di mamma, e se loro avessero deciso di viverci, lo avrebbero portato via. Quello non glielo avrei mai potuto perdonare.
Magari avrebbero eliminato pure parte del mobilio, di certo Angelica non avrebbe gradito un'eccessiva impronta della precedente moglie di suo marito, nella casa in cui lei avrebbe dovuto vivere cercando di crearsi una sua famiglia.
Tutto ciò che era presente nell'appartamento, era quello che mia madre aveva scelto con cura e minuzia solo per me, solo per il mio futuro.
Il trilocale sarebbe sembrato ancora più piccolo nel momento in cui avrei dovuto condividere i miei spazi con l'allora piccolissima Kalika.
Un periodo difficile per me, ché allora stavo attraversando la dura fase dell'adolescenza, e un po' meno pesante per lei, che era una bambina vivace e adorata da tutti.
A volte mi son chiesta se avrei accettato di più Kalika se fosse nata dall'unione di mio padre e di Angelica, ma credo che non l'avrei apprezzata di più. Non l'avrei considerata mai come una sorella, non lo era né lo sarebbe mai stata.
Ricordo che da bambina avevo tanto desiderato un fratello o una sorella con cui condividere esperienze, parlare del futuro, fare progetti, giocare insieme… ma non era così che me lo ero immaginato.
Kalika non è mai stata in grado di capire. All'epoca era troppo piccola, e crescendo è stata talmente tanto viziata da non essere in grado di pensare a nessun altro se non a se stessa.
Per quanto la detestassi, cercavo di non essere troppo cattiva con lei, anche per evitare le sgridate di mio padre, ma trovarmela sempre tra i piedi era una vera tortura.
Fu indirettamente grazie a lei e alla sua presenza fastidiosa che mi ritrovai a rifugiarmi spesso dalla zia, che mi coccolava un po’. A casa nessuno lo faceva. Da Angelica non avrei voluto quel genere di attenzioni, e mio padre era così preso dalla nuova famiglia, che il tempo per me si era quasi del tutto prosciugato.
L'unica famiglia che potevo immaginare era quella formata da me, da mio padre e da mia madre.


Triste come i sogni e i desideri di bambina vengano bruciati via in un soffio dalla brutalità della vita.
In un attimo, tutta la mia esistenza era stata ribaltata, e le mie speranze sembravano svanite nel nulla.
Senza la zia e i miei adorati nonni materni, Nicola e Mirella, mi sarei completamente chiusa in me stessa.
I nonni avevano un piccolo impero, avevano lavorato molto per ottenere fama e prestigio. Mia madre e mio padre avevano continuato il loro lavoro, e i nonni, per premiarli, avevano ceduto l'azienda al momento di andare in pensione.
Ricordo che da piccola mi piaceva molto seguirli nel lavoro, e che assistevo silenziosa anche alle riunioni, cercando di imparare.
Era il mio sogno poter un giorno lavorare al fianco dei nonni e dei miei genitori. Era quello a cui aspiravo dal più profondo del cuore.
Quando mamma morì, mio padre non fu più in grado di gestire la grande mole di lavoro, e così i nonni furono costretti a riprendere le redini dell'azienda, in modo da permettere a mio padre di riprendersi.
E lì le cose si incrinarono per me. Per lui fu invece la rinascita.
Angelica era stata per anni una collaboratrice dell’azienda che lavorava sotto l'ala di mia madre, e mio padre l'aveva vista sempre e solo di sfuggita.
Il nonno, pensando di fare una cosa buona, decise di affiancarla a papà per aiutarlo a riprendere in mano il tutto. Mai avrebbe potuto immaginare di diventare un inaspettato Cupido. I nonni non tentarono di dissuadere mio padre dall’intraprendere una relazione con Angelica, ma non approvavano. Cercarono invece di far ragionare mio padre sul fatto che per me sarebbe stato un cambiamento troppo rapido da accettare, e che avrebbe dovuto invece dimostrare più pazienza e tatto.
Anche se gli avesse dato retta, i risultati sarebbero rimasti invariati.
Se loro fossero ancora vivi...
Se loro sapessero il male che mi hanno fatto...
Ci son giorni in cui piango e prego per il loro ritorno, perché son certa che non gli avrebbero mai permesso di bruciare così il mio futuro.


Zia Lilian, molti anni prima, aveva favorito mia madre, lasciando a lei la sua parte nell'azienda, preferendo invece costruirsi una sua strada.
I nonni erano davvero orgogliosi di lei, perché sapevano quanto la loro adorata figlia fosse caparbia e in gamba.
Anche se era solo un negozio di musica, sapevano che lei ce l'avrebbe fatta. E così erano anche orgogliosi della loro Bianca, che li aveva sempre aiutati, giorno dopo giorno, diventando un membro indispensabile anche nel lavoro.
E io speravo di poter fare altrettanto, ma quella donna mi ha portato via anche questo. Non le bastava mio padre.
Quella donna voleva di più, e alla fine lo aveva ottenuto.
L’azienda sarebbe spettata a me un giorno, e sarei stata affiancata anche dalla zia per poter gestire al meglio quell'impero che i nonni avevano costruito con fatica e impegno.
Per poter svolgere al meglio quel lavoro, avevo incentrato tutta la mia vita, tutto il mio percorso di studi, unicamente per quello. Tutta una vita votata solo alla carriera dei miei sogni.
Ma non avevo tenuto in conto i loro piani.
Mio padre e Angelica, che ora aveva una buona parte dell’azienda, avevano deciso di lasciare tutto a me e Kalika, fregandosene dei voleri di mia madre e dei nonni.
Riuscendo persino a sovvertire quelle che erano le disposizioni testamentarie.
Quella era l’azienda della mia famiglia, quella era l'azienda di mia madre. I nonni l’avevano costruita con molta fatica e molti sacrifici. Perché tutto quello che avevano ottenuto, doveva andare in mano a chi non aveva fatto nulla per meritarlo? No, non potevo accettarlo, per me era come infangare la memoria dei nonni e della mamma.
Avevo terminato il liceo e avevo iniziato l’università quando mio padre si lasciò manipolare da Angelica e dalla sua famiglia. Se normalmente i nostri rapporti sono freddini ma rispettosi, quando si tocca questo tasto si accende in me il fuoco dell'odio che è difficile da estinguere.
Avevo già avuto qualche piccola esperienza lavorativa all’interno dell’azienda, ma quando ricevetti la notizia eruttai letteralmente.
Non mi ero mai comportata male, non avevo mai dato a vedere a loro il mio dispiacere e distacco. Ma quando seppi che volevano dividere l'azienda di famiglia tra me e lei, non sono stata in grado di accettarlo.
Fu la seconda esperienza peggiore della mia vita, e dopo una furiosa lite, lasciai perdere tutto quanto, azienda e studio.
- Se devo dividere l’azienda con quella, - dissi con un astio tale che mi sorpresi persino io, - preferisco lasciargliela tutta. Dategliela, datela a una che non ha nulla a che fare con la famiglia, datela a chi manderà tutto all’aria. Perché lo sapete anche voi che lei non sarà mai in grado di gestire questo impero. - guardai con aria di sfida Angelica che non ebbe la forza di replicare. Aveva cresciuto una figlia nella bambagia, facendo di lei una ragazzina viziata ed egoista. Non amava le fatiche, e non era nemmeno in grado di rifarsi il letto. Era piccola, e avrebbe potuto migliorare e maturare, ma non sarebbe mai stata in grado di dirigere un'azienda. Non sarebbe mai stata in grado di prendere il mio posto. - Non venite poi a piangere da me. Se solo i nonni non fossero morti, tutto questo non sarebbe mai successo. - guardai mio padre che ammutolito mi voltò le spalle lasciando la stanza.
Lui sapeva che avevo ragione, e sapeva che quella crepa fra noi non sarebbe mai stata riparata del tutto.


Con un peso grosso come un macigno sul cuore, cercai un lavoro qualsiasi che mi permettesse l’indipendenza economica. Non riuscivo più a sopportare l'idea di dover vivere ancora sotto il loro stesso tetto.
Dopo quella sfuriata le cose si acquietarono, e Angelica pensava che io un giorno sarei tornata sui miei passi, ma erano passati già due anni e le cose non erano cambiate.
Ero più tranquilla, e in apparenza serena, ma ancora più distaccata di quanto non lo fossi mai stata in passato.
Avrei sopportato la vista di quelle due ancora per poco. Quello mi permetteva di guardare al domani con serenità. Avevo deciso da tempo che il momento in cui avessi lasciato quella casa, Angelica e Kalika sarebbero per me morte. Avrei mantenuto vivi i rapporti con mio padre, ma con loro due avrei troncato ogni contatto di netto.


Forse, l'unica che avrebbe sofferto per quella separazione, sarebbe stata proprio Kalika, che, nonostante la mia perenne indifferenza nei suoi riguardi, mi aveva sempre vista come sua sorella maggiore.
E io le avevo anche detto più volte che non era così, lei sapeva benissimo che io avevo un'altra madre. Aveva persino trascinato sua madre durante uno dei nostri anniversari.
Ogni anno, io e mio padre ci recavamo là dove una volta c’era casa nostra, nel giorno in cui mia madre se ne era andata.
Insieme, io e mio padre, lasciavamo un mazzo di fiori, dei lillà, i suoi preferiti.
Quando mi sentivo triste e sola, mi recavo spesso su quel terreno. Era un modo per sentirla ancora vicina, e a volte mi sembrava quasi di sentire la sua voce, e la sua mano che si posava sulla mia testa o sulle mie spalle per consolarmi.
Le macerie erano state rimosse, e al suo posto era stato costruito un grande giardino, che veniva curato da mia zia.
Solo noi della famiglia avevamo le chiavi per entrarci, ma io ero l'unica che vi si recava così spesso.
Andavo lì per parlarle, perché era l'unico posto dove la sentivo vicina, e le raccontavo delle mie giornate, dei miei sogni, quei pochi rimasti, e dei tanti dispiaceri.
Non ero mai stata una ragazza particolarmente sicura di sé o bella. Ma la presenza, costante, di Kalika, aveva reso impossibile per me persino la vita sentimentale e affettiva.
Non potevo nemmeno permettermi di invitare a casa le poche amiche che ero stata in grado di farmi.
Non certo perché mi fosse vietato, ma perché la cara sorellina era sempre in mezzo ai piedi. Se non era lei a farsi avanti, era la sua cara mammina che me la lasciava per andare dal parrucchiere o al centro commerciale con le amiche.
Da suo padre, che era metà inglese e metà indiano, la “bambina” aveva ereditato dei capelli neri e fluenti tipici dei tratti indiani, ma gli occhi chiari da inglese. Sapevo già che crescendo sarebbe diventata una bella ragazza, ma sapevo altrettanto bene che, per come l'aveva cresciuta prima la madre, e poi mio padre, sarebbe stata una vera disgrazia per me.
Con quegli occhioni dolci, e i modi di fare finti e zuccherosi, la ragazzina si faceva largo nei cuori delle mie amiche che invece di capirmi, mi chiedevano come non facessi ad amare un tale amore di “bambina”.
Loro non capivano. A dire il vero quasi nessuno mi capiva.
Da allora evitai di invitare chiunque a casa, anche per non doverci litigare, dato che con alcune di quelle presunte amiche, avevo poi troncato ogni rapporto.


Nonostante fosse molto grande, sembrava non esserci alcuno spazio per me in quella villetta.
Non credevo di chiedere molto, solo un po’ di privacy, solo un po' di spazio per me. Ma purtroppo, per loro era troppo concedermi quell’unica cosa che fin dall'inizio avevo sempre richiesto.
Io non potevo essere l'erede della mia famiglia, e non potevo nemmeno essere libera. Non potevo essere libera perché per loro, io ero sempre e solo servita per un'unica cosa: tenere a bada quella figlia che non erano stati in grado di educare.
Mi ci erano voluti anni per capire, ma col tempo ogni tassello era andato al giusto posto.
Angelica era stata gentile da sempre con me non per una sua presunta bontà d'animo, ma per motivazioni ben più superficiali.
Ad Angelica non piacevano i conflitti, lo avevo capito appieno dopo la sfuriata per la questione dell'azienda. La donna si era tenuta in disparte non perché atterrita dalla verità che sbattevo loro in faccia, ma perché si trovava in difficoltà, non sapeva come replicare.
Ad Angelica faceva inoltre comodo avere qualcuno a cui affidare la figlia. Era una donna che era sì dolce con la figlia, ma si stancava in fretta di accudirla e di dover pensare troppo alle esigenze della chiassosa bambina che pretendeva ogni volta qualcosa di più. Per questo le servivo: per poter lasciare a me le incombenze materne che avrebbero dovuto essere sue.
Questo ero io ai suoi occhi, agli occhi di tutti: Alina, la distante ragazza dai capelli castano chiaro e dagli occhi verde paludoso; la ragazza che si aggirava nella casa, pronta a dover soddisfare le esigenze della piccola bambolina figlia di una madre troppo impegnata in annose questioni di frivola entità; una ragazza che sognava meravigliose realtà parallele, ma che era schiava di una realtà dura e di un destino beffardo. Circondata da tante persone, ma incredibilmente sola.


Guardai l’orologio, era tardi e dovevo muovermi.



 
L'angolo di Shera ♥

Eccoci di nuovo qui, a scrivere su EFP.
O meglio, a ripresentare al popolo di EFP la mia seconda long originale degna di tale nome... o quasi.
Sapevo già di partenza che sarebbe stato un lavoro parecchio lungo, quello di revisionare la prima versione di "In bilico fra i mondi", ma non avevo idea di quanto arduo sarebbe stato questo lavoro.
Ma tranquilli, non mi lascio scoraggiare per questo.
Di sicuro rispetto ad altre storie scritte di recente, questa storia avrà ancora più pecche, ma io ci tenevo davvero tanto a sistemarla e ripubblicarla. Ricordo anche alcune delle critiche mosse ai tempi, come la scelta sul nome di Kalika, nella società italiana, o presunta tale. Sorvolando sul fatto che da anni il nostro paese accoglie migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, e sorvolando anche sul fatto che molti italiani danno nomi stranieri ai figli... spero che l'aver aggiunto le origini indiane per la bambina, possa ora non sollevare più inutili polemiche ^_^.

Ci sono tante, TANTE modifiche che ho in mente per questa storia, a cominciare dal triangolo, e dalle origini stesse della "famiglia di Alina... ma a questo ci arriveremo poi ^^. So che è brutto anticiparvi del "triangolo", ma essendo già messo come avviso, e chi ha già letto la prima versione, o visto le fan art, saprà bene che i co-protagonisti sono due *^*.
Il mio fidanzato sostiene che Thanatos e Hypnos erano una versione migliorata dei miei due protagonisti maschili... giudicherete poi voi ♥

Alla fine ho anche scelto di cancellare la prima versione de "La nuova Torre", ma di certo, una volta finita la revisione di qusta long, sistemerò bene i primi capitoli della Torre e riprenderò con la stesura.
Anche se è un progetto che ha finito con l'essere abbandonato, è una di quelle storie che ci tengo davvero a concludere. Non mi sono dimenticata della long su Sel, o sulle OS da fare... con calma... con calma faremo tutto :*

Grazie a tutti, spero che la storia vi abbia almeno incuriosito.
Un abbraccio

Shera ♥
  
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