Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL
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Autore: Atramentum    09/01/2016    3 recensioni
Si avvicinò pericolosamente a lei, con la mano protesa verso la sua figura. Non sapeva cosa fare, nemmeno cosa dire. Il suo destino era nelle mani di Rei.
{L'OC Mirai Rondo appartiene a stardust94.}
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Bekuta/Vector, Durbe/Dorube, Nuovo personaggio, Rei Shingetsu, Rio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo di Barian fu oscurato da grandi nubi rosse e dense. I pochi abitanti, prevedendo pioggia, si rifugiarono all’istante nelle tante grotte disperse intorno alla fortificazione.
Un bariano dal mantello grigio, nonostante la previsione, continuò a camminare, portandosi dietro un testo antico. Lesse le prime tre pagine; i caratteri sembravano scritti a mano. Aveva ripescato quel libro da manuali antichi in una delle cantine del palazzo, certo che leggerli l’avrebbe aiutato nelle sue ricerche.
Negli archivi di Barian, non aveva trovato i nomi che stava cercando; probabilmente, quelle pagine erano state strappate da colui che li aveva cancellati dalla faccia del mondo bariano.
Più che un libro, ciò che stava leggendo dava l’idea di essere un testamento:
Ergo io affido *** et proclamo… et spero che colui rivendichi ***
La riconobbe all’istante, la sua scrittura. La scrittura che tante volte aveva cercato di imitare, con successo. Era ad un passo dal trovare chi stava cercando.
- Non ti hanno mai detto che fa male alla testa leggere mentre si cammina? -
Arrestò il passo. Dannazione, lo aveva scoperto!
- Vector! -, pronunciò quel nome con tutto il disgusto che provava nei suoi confronti.
Era comodamente seduto tra due cristalli, ad osservarlo con i suoi occhi da serpente.
- Uh uh, cos’abbiamo lì? -
Balzò giù troppo in fretta perché Durbe potesse nascondere il testamento e negare di aver avuto qualcosa tra le mani.
Si avvicinò lentamente, ridacchiando. - È inutile che li cerchi, abbiamo tanti assi nelle nostre maniche, quei due non ci servono. -
- Porta rispetto quando parli del tuo capo e di sua sorella.. -
- Di due incompetenti -, interruppe Vector, - che, a differenza mia, non sarebbero stati in grado di essere ad un passo dal distruggere il mondo astrale. -
- Tu sei stato ad un passo dal fare cosa?! -, ne fu sorpreso Durbe.
- Ih ih, non l’avresti mai detto! Sono uno stratega, io. -
- Se ti azzardi a muovere un dito senza esserti consultato con gli altri imperatori, giuro che.. -
- Oh, che paura. Mi tagliereste fuori, forse? Beh, tanto meglio, non ho bisogno di nessuno. -
Così come apparve, era scomparso. Durbe tirò un sospiro e si affrettò a correre in direzione di una grotta poco distante. Si immerse nuovamente nella lettura, quando una pioggia acida cominciò a cadere.


Non ho bisogno di nessuno



Stette in equilibrio, fino ai tre metri, poi per poco non cadde. Fu proprio sul punto di cadere, quando le braccia della compagna la sorressero.
Due proiettori tascabili caddero da uno degli scatoloni per poi finire a terra. La stessa compagna, si premurò di raccoglierli.
- Accidenti Mirai, per poco non finivi a gambe all’aria davanti a tutti! -, esclamò, mentre riponeva i proiettori a loro posto.
Mirai si nascose dietro uno degli scatoloni, imbarazzata. Una cosa del genere, se fosse successa nel mezzo del cortile della scuola, le avrebbe rovinato l’adolescenza.
- Grazie Rio.. -, sospirò, portandosi dietro l’orecchio, con la mano libera, una ciocca color lampone.
- Ehi, è a questo che servono le compagne di classe! Dai qua, che ti aiuto -, si offrì la ragazza.
- Ma non c’è bisogno -, non ebbe tempo di finire la frase che Rio prese due scatoloni. - Tu sì che sei forte, beato chi ti sposa. -
- Sono i miei amici a darmi forza, senza di loro non sarei niente. -
- Mi piacerebbe avere una forza simile. -
- Nessuno di noi brilla di luce propria, sono parole della mia defunta madre. Troverai la tua fonte di luce, un giorno. -
- Tu come l’hai trovata? -, domandò Mirai, interessata.
Rio sospirò. - Spesso ho come l’impressione che tale luce mi illumini da lontano. -
Una voce, registrata e riprodotta, riempì il cotile: - Rio e Ryoga Kamishiro sono desiderati nell’ufficio del preside. -
Sulla faccia della ragazza dai capelli azzurri comparve una smorfia. - Accidenti, ogni volta che quell’imbecille combina qualcosa, sono ingiustamente chiamata in causa. Scusa Mirai. -
Restituì il peso alla compagna, malvolentieri. Si salutarono e si avviò, lasciandola nel mezzo del cortile.
Il ripostiglio, fortunatamente, era più vicino. Si fece coraggio ed avanzò, quando una voce familiare la chiamò: - Senpai Rondo! Senpai! -
Si girò, facendo attenzione al carico che portava. - Ciao Rei. -
Il ragazzo le sorrise. - Ti vedo in difficoltà, vuoi una mano? -
- Grazie, ma non occorre, sono arrivata. -
- Lascia almeno che ti accompagni. -
- Sei gentile. -
Rei saltellò fino alla porta del ripostiglio e la aprì. - Dopo di lei, signorina. -
Gli sorrise, ringraziandolo tacitamente, ed entrò. Proprio quando gli scatolini toccarono terra, la porta si chiuse alle sue spalle.
Si girò di scatto e notò che Rei stava appoggiato alla porta, mani affondate nelle tasche della camicia e sguardo perso nel vuoto.
- Sai, senpai, io ti ho sempre ammirata, dal primo giorno. Sei una persona così gentile, tant’è che mi chiedevo se.. -
Il cuore prese a martellarle nel petto. Avvertì una strana sensazione. Cos’era, una confessione?
- .. ecco io, mi vergogno tanto, ho dimenticato il mio bentou a casa e ho tanta fame. Potresti darmi il tuo? -

- Ha detto questo?! -, sbottò Rio, dall’altra parte del telefono. - E tu che hai fatto? -
- Gliel’ho dato, non potevo lasciarlo morire di fame -, rispose Mirai, rotolandosi dall’altra parte del letto.
- Tu sei troppo buona. Comunque, cosa ti aspettavi? Una dichiarazione da parte di Shingetsu? -
La ragazza stette in silenzio, riflettendoci, imbarazzata com’era. Rio allora continuò: - Non dirmi che ti piace? -
- N..no, non è così. In ogni caso, non sono che un punto di riferimento per lui. Quando si sarà ambientato, non verrà neanche a cercarmi. -
Giusto, era solo un punto di riferimento. Rei era nuovo, non era mai stato ad Heartland City. Al suo arrivo in istituto, nessuno degli studenti anziani si era preso l’impegno di fargli da tutor. Tutti credevano che fosse una persona strana. Così si era fatta avanti Mirai. Si erano visti un paio di volte, dopo la scuola, al solo scopo di studiare, per fargli recuperare le materie che gli mancavano.
Pian piano le stava recuperando. Man mano si era fatto degli amici. Presto o tardi, non le avrebbe più rivolto la parola.
- Ti dispiacerà? -
Quella domanda rimase nell’aria. Si era molto affezionata a Rei, quindi sarebbe stato normale dispiacersi per non averlo più accanto.
- Sai, ho voglia di fare una passeggiata. -
- Allora vai, io finisco di preparare i biscotti. -
Riattaccarono entrambe. Mirai scese dal letto, si vestì e legò i capelli in una coda alta. I suoi genitori erano fuori, di conseguenza non avrebbe avuto impedimenti: indossò il cappotto, gli stivali e uscì di casa.
L’aria fresca della notte non poté che farle bene. Respirò profondamente e procedette affondando le mani fresche nelle tasche del cappotto. Le strade sembravano essere tranquille, anche troppo. Un qualcosa di tetro, dava l’idea che ogni persona presente in quel luogo fosse sospetta. Silenzio.
Girò l’angolo, poiché sperava che vi fosse qualcuno, ma non trovò nessuno. Tornò indietro, constatò che la via era vuota. Non c’era anima viva.
Stava diventando tutto inquietante. Ansante, si diresse dalla parte opposta. Ancora una volta, imboccò una via deserta. Dal camminare, passò al correre, sempre più velocemente, come fosse inseguita da un’entità misteriosa.
- Yuma, ti prego di non dire niente. -
La voce proveniva da dietro la pila di scatole che era poco distante da lei. Smise di correre e si avvicinò.
- Però, Rei, dopo quello che ho visto oggi, non mi sembra il caso fingere di non sapere di fronte ad Astral. -
- Ascoltami: l’unico modo che abbiamo per catturare Vector è questo, che ti piaccia o meno. Ti prego, fallo per il tuo amico! -
Vector.
Senza volerlo, si era messa ad ascoltare. Rei era circondato da un’aura strana. Era serio. Aveva uno sguardo che non gli apparteneva.
- Ancora non riesco a credere che tu non sia umano. -
Le ultime parole pronunciate dal ragazzo che era con lui, la confusero. Rei non era umano?
- La polizia di Barian conta su di te. -
Un sorriso accennato comparve sul suo viso. Stava scherzando? Non poteva essere vero.
Quando il ragazzo se ne andò, si avvicinò lentamente. Dapprima, Rei non si accorse della sua presenza; continuò a fissare il punto in cui Yuma era scomparso, in direzione del porto.
A cosa stai pensando?
- Ti distruggerò -
Mirai sussultò all’udire quelle parole. Quella voce non era la sua. Era roca, maligna. Fece un passo indietro, con l’intento di andarsene e dimenticare ciò che aveva visto e sentito, ma urtò uno dei bauli contenenti sale che ogni giorno venivano accumulati nel porto.
Il lieve rumore che l’urto produsse parve assordante, alla ragazza.
Il bariano, accortosi di lei, si girò di scatto. I suoi occhi luccicavano d’odio ed erano ridotti a fessure.
Incuteva timore, ma aveva anche uno strano fascino. Quel ragazzino vispo che incontrava ogni giorno a scuola sembrava così diverso dal Rei che aveva di fronte. E, così come quel ragazzino, egli aveva qualcosa che l’attraeva. Che la spaventava.
- Oh, senpai! -, si affrettò ad esclamare, mentre il suo sguardo tornava quello di sempre.
- Re..rei -, balbettò, non sapendo cos’altro dire.
Lo sguardo di Shingetsu tornò a farsi cupo. - Cos’hai sentito? -
Era totalmente paralizzata. Le braccia lungo i fianchi e gli occhi spalancati.
Un sorriso malizioso comparve sul volto del bariano. - Quanto mi piace, quello sguardo. Se non tenessi a freno i miei istinti, a quest’ora ti avrei soffocata di baci. -
Si avvicinò pericolosamente a lei, con la mano protesa verso la sua figura. Non sapeva cosa fare, nemmeno cosa dire. Il suo destino era nelle mani di Rei.
Si aspettava di essere tirata verso di lui con la forza, per essere soffocata di baci; forse lo sperava.
Ma la sua mano calda si andò a posare su una delle gote arrossate della fanciulla. La accarezzò con una delicatezza tale da riuscire a stravolgere la sua stessa esistenza. Tutto le parve niente se paragonato a quel tocco.
Mai in vita sua era stata toccata in quel modo. Mai aveva provato dei sentimenti così forti per persone che non fossero i suoi genitori.
- Buonanotte -, sussurrò Rei Shingetsu, prima di sparire tra le ombre della zona portuale, lasciandola lì, immobile.


- E non puoi immaginare che occhi! Ti scrutano attenti, come a non volersi perdere nulla di te! -, commentò Arito, perso nelle sue fantasie.
Gilag lo ascoltava da un’ora. Si rallegrava del fatto che anche l’amico avesse trovato l’amore della sua vita.
Una persona qualunque, li avrebbe scambiati per due comari di paese, dal momento che, esaltati com’erano, si comportavano come tali. Sarebbe stato difficile a chiunque credere che quei due fossero i bariani più forzuti del gruppo.
- Amico mio, da esperto quale mi dichiaro, ti darò un consiglio: non essere timido, và da lei e dimostra di essere un uomo! -
- Credimi, ci ho provato -, disse amareggiato il bariano rosso: - ma quel ragazzo punk e il suo amichetto dai capelli color carota fanno di tutto per ostacolarmi. -
Gilag non capì subito – colpa della descrizione poco dettagliata o del fatto che il suo cervello fosse in tilt per via della sua adorata cantante – che il punk fosse in realtà il suo più grande nemico. Riconobbe tuttavia il ragazzo carota.
- Quello ha un’aria piuttosto inquietante -, aggiunse.
- Poco importa, non deve mettersi tra me e il mio ang.. -
- Vi sembra questo il momento di perdervi in chiacchiere? -
I due si voltarono nella direzione ove proveniva la voce che aveva parlato. In quel punto, si aprì un portale, dal quale fuoriuscì la figura incappucciata che tanto speravano di non vedere, almeno quel giorno.
- Perché siete qui? Avete una missione, se non sbaglio. -
- Senti, se credi che siamo degli incapaci, perché non vai tu sulla Terra?! -, urlò Gilag, stanco dei continui rimproveri dell’imperatore.
- Non ho mai detto che siete degli incapaci. Se proprio devo essere sincero, invidio il vostro compito. A me tocca controllare le mosse di quel folle; a confronto, la vostra missione è una passeggiata. -
- Ora che ci penso, è da un po’ che Vector non si fa vivo. Cosa starà tramando questa volta? -, osservò Arito.
Durbe scosse il capo. - Non ne ho idea e la cosa non mi piace per niente. Ora, tornate a svolgere il vostro compito. -

Le lezioni erano state sospese per via dei preparativi dell’assemblea d’istituto. Gli studenti non addetti ai lavori se ne stavano tranquilli in classe o vagavano per i corridoi con in mano cibarie o bevande fresche.
Mirai preferiva stare sola, all’ombra di un albero piantato in cortile. Faceva e disfaceva una coda di cavallo, lamentandosi timidamente ogni volta che il codino le sfuggiva di mano. Si vergognava a morte per i pensieri che aveva fatto la sera prima, riguardanti il compagno di scuola.
Dopo che se ne era andato, era rimasta ferma per secondi, forse anche minuti. Invidiava una senpai dell’ultimo anno, bella, dai capelli corvini e gli occhi violacei. Se al suo posto ci fosse stata lei, avrebbe sicuramente preso l’iniziativa e, quest’ora, sarebbe in compagnia del suo innamorato.
No no!
Scosse violentemente la testa, arrossendo ancor di più rispetto la sera prima.
Cosa gli avrebbe detto? Egli cosa avrebbe detto? Si sarebbero visti? Sarebbe andato a cercarla? Ella sarebbe andata a cercarlo?
E mentre ci rifletteva, un suo compagno di classe iniziò ad osservarla. Quella dolce e delicata creatura, intenta a legarsi i capelli, non avrebbe di certo notato il desiderio del compagno.
Quanto vorrei poter..
- Ehi tu. -
Si voltò di scatto. Una figura muscolosa occupava per intero la sua visuale. -E tu chi sei? -
- Gilag -, e con quella risposta, lo immobilizzò, usando la sua carta bariana.

La nuvola in cielo prese la forma di una buffa carota. Avrebbe potuto trasformarla in un drago sputa fuoco, se i suoi poteri glielo avessero consentito. In quella dannata forma umana, non riusciva a far nulla, nemmeno modellare gli oggetti o le nuvole. Pensava e ripensava al suo piano da ore, ma ancora non era giunto ad una conclusione. Cos’avrebbe fatto dopo? Di certo, il prossimo passo verso la conquista dei mondi sarebbe stato sottomettere gli altri imperatori, prima che quel rompiscatole fosse riuscito a far resuscitare – come non lo sapeva nemmeno lui – il Boss e la sorellina adorata.
- Scusa! Shingetsu! -
Quando si sentì chiamare, fece il possibile per nascondere il fastidio che quel disturbo gli aveva recato. - Buongiorno senpai Kamishiro. -
La ragazza dai capelli dalle mille sfumature blu e azzurre gli si avvicinò con aria preoccupante.
- Cos’è successo? -
- Hai visto Mirai? Poco fa, era in compagnia di un nostro compagno: Akito. Non mi fido molto di quel ragazzo, e faccio bene, infatti non risponde neanche alle mie chiamate. -
Ghignò all’udire il nome di Akito. Quel tipo non piaceva nemmeno a lui. Faceva il possibile per sottrargli Mirai ogni santo giorno e, se c’era una cosa che odiava più dell’onestà – che considerava da sempre cosa inutile – era quando qualcuno metteva le mani su ciò che gli apparteneva.
Senza farselo ripetere una seconda volta, corse come una furia nella direzione del cortile. Si guardò intorno più e più volte, ma da ciò non ottenne nulla. Si imbucò in un vicolo piuttosto stretto, il classico luogo di un delitto – anche il suo preferito – e continuò a correre finché non udì la sua voce.
- Lasciami andare! -
Il senpai la teneva stretta da dietro con entrambe le braccia, la testa appoggiata sulla sua spalla. La spalla che solo egli aveva il diritto di sfiorare. Solo egli!
- Dannato bastardo, lasciala! -
Gli diede un pugno talmente forte e violento da costringerlo a mollare la presa e cadere a terra.
- Senpai, stai bene? -
La ragazza, sconvolta da ciò che aveva visto, si limitò a scuotere il capo.
- Vai via -, le consigliò.
Mirai face come la aveva consigliato e corse via, quando Akito si alzò da terra. I suoi occhi si illuminarono di un rosso acceso e sulla fronte comparve il sigillo della mente che un bariano, sicuramente, gli aveva apposto.
- Ah sì? Vorresti farmela? Non ci riuscirai, babbeo! -, esclamò Vector.

Correre correre correre.
Non doveva tornare indietro per nessun motivo, doveva pensare a correre.
Rei..
Si fermò di scatto. L’aveva lasciato solo con quel colosso. Il giovane studente non avrebbe avuto speranze contro di lui. E, se era finito in quella situazione, la colpa era sua e di nessun altro.
L’avevano avvisata che il compagno faceva su di lei strane fantasie, ma non era riuscita a dirgli di no nel momento in cui egli le aveva chiesto di aiutarlo a cercare il suo deck, che probabilmente aveva smarrito in un vicolo.
Non si era mai avvicinato a lei con quelle intenzioni. Pur essendo alquanto malizioso, era un tipo piuttosto timido. Non pensava sarebbe successo ciò che era successo.
Cambiò direzione e tornò in quel vicolo, ma ciò che vide non corrispose a ciò che si aspettava di vedere.
- Speravi di battermi a duello, povero illuso! -
Ancora quella voce, roca e spaventosa.
Akito era disteso a terra; aveva intorno al braccio e all’occhio l’attrezzatura che tutti i duellanti erano soliti utilizzare durante i duelli.
Un qualcosa che aveva sulla fronte si ruppe in mille pezzi.
- Ih ih quell’imbranato di Gilag avrà molto di cui discutere con Durbe. -
La figura che stava innanzi a lui, vista da dietro, aveva due ali grandi e nere e un corpo di uno strano colore grigio o viola.
No, non poteva essere lui. Non doveva essere lui!
- Rei. -
La figura si irrigidì, poi però si decise a voltarsi.
- Che cosa ci fai tu qui? Ti avevo detto di andare via. -
Non fece in tempo a guardarlo in faccia, che una luce rossa lo avvolse a da essa ricomparve il suo Rei.
- Non ci voglio credere. Allora era tutto vero -, era.. triste? Delusa? Non riusciva a capirlo.
- Dillo -, fece Vector, con uno sguardo che non seppe decifrare: - che sono un bugiardo. -

Bramava quel trono più di ogni altra cosa al mondo. Si sedette sopra di esso ed osservò la sala piena di cristalli rossi. Suo. Sua.
Tutto gli sarebbe appartenuto, presto o tardi. Anche quelle lacrime salate che tanto avrebbe voluto baciare. Anche quel volto triste e deluso e quelle bellissime gambe che per poco non la facevano crollare a terra.
Sarebbe andato a prenderla, dopo aver portato a termine il suo piano.
- Ti vedo pensieroso, non è da te. -
Quella voce lo richiamò e lo costrinse a voltarsi verso di lui.
- Non ti ci mettere anche tu, sono di pessimo umore. -
Mizar continuò a fissarlo, senza dire una parola, richiamando nuovamente la sua attenzione. - Insomma, cosa vuoi? Mi sono beccato l’ennesimo rimprovero di quel rompiscatole grigio poco fa, ti ci vuoi mettere anche tu? -
A stento il bariano giallo riuscì a trattenere la rabbia. - Sei andato in missione sulla Terra senza permesso e hai distrutto il piano di Gilag, un rimprovero è il minimo! -
- Se il piano di quel procione consisteva nello stuprare una ragazza innocente, allora non vedo perché non avrei dovuto fermarlo; sono un gentiluomo, io. Che razza di piano era poi?! -
Mizar spalancò gli occhi colmi di rabbia. - Il piano consisteva nell’estorcere informazioni riguardanti Yuma Tsukumo! Noi non ci abbasseremmo a tanto, come invece avresti fatto tu al posto nostro. -
Vector si mise comodo, cercando di calmarsi.
- Scendi da quel trono, non ti appartiene. -
- Stai calmino -, disse il bariano, mentre scendeva dal trono e si avviava verso le scale: - adesso ho da fare, devo risolvere una questione urgente, posso o devo chiedere il permesso? -
Quell’ultima, ironica, domanda fece irritare ancora di più il Padrone dei Draghi.
Un attimo e Vector scomparve.

Mirai dormiva apparentemente tranquilla, nel suo letto stretto e vicino alla finestra dalla quale penetrava la luce della Luna.
Le gote erano leggermente arrossate – probabilmente per via del pianto – e gli occhi dalle sfumature rosee chiusi. Le lunghe ciglia nere apparivano luminose, poiché qualche lacrima era rimasta in esse, alla luce del corpo celeste che non brillava di luce propria.
Nessuno brilla di luce propria. Troverai la tua fonte di luce.

Vector la contemplava nell’ombra in uno degli angoli della stanza, forse il più distante dal suo letto.
Era una visione bellissima e avrebbe voluto godere di essa per l’eternità.
L’avrebbe fatto, solo che avrebbe dovuto aspettare ed egli era una persona poco paziente.
Aveva preso una decisione. La trappola per attirare Yuma e compagni era ormai pronta. Presto ci sarebbe riuscito. Avrebbe raggiunto il suo obiettivo e sarebbe venuto a prenderla. Da solo.
Perché lui non aveva bisogno di nessuno .


Come già ho scritto in descrizione, l’OC Mirai Rondo appartiene a stardust94, che mi ha dato l’opportunità di scrivere questa piccola (non poi tanto piccola..) fic.
Era da tempo che non mi divertivo a scrivere: sarà stata la presenza di Vector/Rei - immancabile in qualsiasi mia opera riguardante Zexal, finora solamente citata - in qualità di coprotagonista ad avermi spinto ad andare oltre le tremila parole, cosa che raramente riesco a fare.
Ho già in mente non una, non due, ma tre one shots per questo fandom! Per il momento, non ho intenzione di pubblicare long fic, anche perché ne ho già una in corso.
Più avanti, però, potrei pensarci seriamente.
Ringrazio stardust94 e mi scuso nuovamente per il mostruoso ritardo con il quale ho pubblicato <3
Alla prossima!
   
 
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