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Autore: marta_bilinski24    10/01/2016    2 recensioni
Tratto dal primo capitolo: “Derek non sapeva come fosse potuto accadere. […] si ritrovava prigioniero del suo stesso corpo, senza la più pallida idea di come recuperare le sue normali funzioni umane. […] Derek era diventato un lupo completo e non sapeva più come tornare un uomo.”
Se non vi bastasse un wolf!Derek aggiungeteci un dogsitter!Stiles e state a vedere cosa succederà!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quasi non ci credo, ho partorito la mia primissima long! La storia è già completa quindi, a meno che non ci siano cataclismi o asteroidi che cadono sulla mia casa, la pubblicazione dovrebbe proseguire regolarmente senza intoppi :D Vorrei ringraziare il mio cane e le sue passeggiate che mi hanno ispirato questa storia. Ma soprattutto vorrei dedicare questo mio primo lavoro a cassie_hale, che mi ha fatto conoscere Teen Wolf, che mi ha fatto innamorare dello Sterek, che è la prima persona che legge le mie storie e che è la mia prima sostenitrice, anche quando qualcosa non mi convince. Non andrei da nessuna parte senza il tuo aiuto, grazie di tutto! <3

 

Avvertimenti: Questa storia si ambienta in una Beacon Hills dove la famiglia Hale è una potente famiglia di licantropi, e il loro segreto è conosciuto solo dai cacciatori della città, gli Argent, che trovano il modo di sterminarli. I due soli sopravvissuti alla strage, Derek e Cora, hanno rispettivamente diciotto e quindici anni al momento dell’incendio. Il fulcro della storia si svolge tre anni più tardi. Scott non è stato trasformato da Peter e Stiles è completamente all’oscuro della comunità sovrannaturale di Beacon Hills, anche se non per molto.

Nota a margine: prima che ve lo chiediate, il colore degli occhi dei licantropi, in questa storia, non segue la regola della serie originale (gli occhi blu dovrebbero rappresentare l’uccisione di un’anima innocente). Inserire la storia di Paige avrebbe portato la storia lontana da ciò su cui volevo focalizzarmi; semplicemente a me Derek piace con gli occhi blu.

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di MTV e Jeff Davis; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

 

CAPITOLO 1: Sii il tuo lupo

 

Derek non sapeva come fosse potuto accadere. Un attimo prima sembrava tutto sotto controllo e un attimo dopo il suo corpo non rispondeva più. L’allenamento era stato graduale, lui e Cora non si sarebbero mai permessi di improvvisare una cosa del genere. Avevano passato settimane a studiare la situazione, a capire come rendere tutto più naturale. Eppure questo non era bastato e Derek si ritrovava prigioniero del suo stesso corpo, senza la più pallida idea di come recuperare le sue normali funzioni umane. Come invertire un processo del genere?

 

Derek era diventato un lupo completo e non sapeva più come tornare un uomo.

 

«Sai che Laura sapeva farlo. E anche la mamma.» Cora appoggiò una mano sul tavolo di legno della cucina, sospirando. Cos’aveva fatto di male per ritrovarsi un fratello così testardo e poco propenso ai consigli di una splendida sorella come lei? «Per l’ennesima volta, Cora, mamma era un Alpha e Laura lo sarebbe diventata. Cosa non ti entra in testa di questo concetto?» ormai era una settimana che Derek finiva per litigare con sua sorella per questa questione: avevano due punti di vista diametralmente opposti e nessuno dei due voleva piegarsi alle idee dell’altro, a costo di scannarsi vivi. Derek si sedette al bancone, strofinandosi una mano sugli occhi, nemmeno quella notte era riuscito a dormire bene. Dopotutto questa idea di Cora lo intrigava, non poteva negarlo, ma non si sentiva pronto e il dilemma lo stava portando a consumarsi fisicamente. Aveva bisogno di un caffè e ne aveva bisogno immediatamente, possibilmente in vena. «Ma tu sei un Beta speciale!» ribatté Cora raggiante appoggiando davanti al fratello la sua tazza, quella che recava la scritta “Non parlatemi…stamattina mordo!” con il disegno di un terribile lupo nero che metteva in bella mostra i suoi canini. Avrebbe fatto tremare chiunque e quello era lo scopo che Derek voleva raggiungere quando l’aveva comprata. Ma come poteva Cora essere di buon umore a tutte le ore del giorno, soprattutto di prima mattina? Il ragazzo tirò a sé la tazza, alzò solo un sopracciglio verso la sorella e con uno sguardo indicò la scritta sulla tazza: quella sarebbe stata una risposta eloquente per chiunque ma non per la piccola, impertinente e testarda Cora. Era una Hale anche lei, cosa si aspettava Derek, che mollasse l’osso? Oh no, lei non era la pacata e conciliante Laura, che con le sue filippiche poteva vendere anche la neve agli eschimesi e che se vedeva che la persona davanti a lei era troppo fissata lasciava perdere; lei non era nemmeno Talia, che con lo sguardo comprensivo e tutta la pazienza che solo una mamma poteva avere riusciva a convincere di una cosa e del suo opposto senza alcuna difficoltà. Cora era la piccolina di casa, abituata ad essere la più viziata, quella a cui veniva concesso tutto e quello che non poteva avere lo otteneva sfoderando occhioni nocciola da cerbiatta o torturando la gente con la sua parlantina fino allo sfinimento. E questa ultima tecnica era quella che utilizzava sempre contro il suo scontroso e sociopatico fratello maggiore.

 

Era difficile per tutti ricordare Laura, la mamma, il papà…a Cora faceva troppo male per dirlo a voce alta ma li pensava tutte le notti prima di addormentarsi e per ognuno di loro versava una calda lacrima che le solcava il viso fino ad asciugarsi sulla federa del suo cuscino. Non lo diceva mai a Derek, perché sapeva di far crescere in lui lo stesso dolore; nemmeno lui era il tipo da aprirsi, soprattutto quando si parlava di sentimenti. Erano rimasti loro due e non valeva la pena perdere il sorriso per crogiolarsi nel dolore. Nonostante fossero passati più di tre anni, la notte dell’incendio era ancora un ricordo troppo fresco nella mente di entrambi i fratelli, l’impotenza che avevano provato quando si erano ritrovati di fronte alle fiamme che stavano divorando la loro casa, i loro ricordi e i loro familiari, senza via di scampo. Quella notte Cora aveva fatto un brutto sogno ed era corsa a rifugiarsi nel letto caldo e accogliente di Derek. Lui le aveva ringhiato nel sonno, ma lei si era lo stesso creata uno spazio tra il bordo del letto e il fratello, che nel frattempo si era girato dandole le spalle. Ma questo a Cora non bastava: i mostri che l’avevano inseguita in sogno sembravano sbucare da ogni angolo nella stanza di Derek, da sotto la finestra, dalla libreria, dall’angolo in cui era sistemata la scrivania. Derek aveva provato a riaddormentarsi, ma era stato difficile, soprattutto dopo che Cora aveva cominciato a tremare come una foglia al vento. Con uno sbuffo si era girato verso di lei e l’aveva abbracciata dolcemente, passandole una mano tra i capelli. A quel punto Cora si era sentita in dovere di parlare, a valanga, senza mai fermarsi fino a spiegare nei minimi dettagli com’erano fatti i mostri che aveva visto in sogno e che continuavano a cercare di prenderla anche in quella stanza. Decisamente quando Derek l’aveva accarezzata l’ultima cosa che voleva era che partisse a parlare in quel modo, spezzando del tutto l’ultima possibilità di riaddormentarsi. Aveva dunque deciso di fare quello che faceva lui quando si ritrovava a fare un incubo e a svegliarsi terrorizzato nel pieno della notte. Poteva sembrare un controsenso, ma in quelle situazioni Derek alzava piano la finestra evitando di svegliare tutta la casa e correva nel bosco. Casa Hale si trovava al limitare di una riserva naturale perfetta per una famiglia di licantropi e offriva un ottimo posto immerso nella natura dove schiarirsi la mente. A quella proposta Cora sembrava ancora più terrorizzata, allontanarsi dal letto caldo e dalle braccia protettive di Derek e addentrarsi nella foresta sembrava davvero una follia ma si era lasciata convincere. Derek l’aveva presa per mano e l’aveva incoraggiata a correre più veloce delle ombre che la terrorizzavano. Il vento sferzava i capelli di lei, raccolti in una coda sistemata in maniera scomposta alla base della nuca mentre la corsa per sfuggire dai mostri diventava più una sfida atletica tra i due licantropi. Cora andava per i quindici anni e Derek aveva appena superato la maggiore età ed erano stati allenati fin dall’infanzia a tenersi in forma correndo nei boschi, ma mai la ragazza l’aveva fatto dopo il tramonto del sole. La paura iniziale si era trasformata ben presto in un’ondata di adrenalina che aveva spinto entrambi al limite, fino a che si erano fermati al centro di una radura per riprendere il fiato e ridacchiare lanciandosi occhiate complici. Avevano un rapporto molto speciale e molto stretto, poiché erano cresciuti quasi in simbiosi, a soli tre anni di distanza, mentre Laura era abbastanza più vecchia e aveva tutt’altro carattere. Lei non sarebbe mai uscita di notte per correre, era ligia alle regole o, come la canzonavano spesso i suoi fratelli, “un po’ bacchettona”. Mentre si incamminavano verso casa sorridenti li avevano raggiunti le urla, l’odore di bruciato, le luci del fuoco. L’immagine della casa divorata dalle fiamme e le urla lancinanti, Derek e Cora quelle cose non se le sarebbero mai tolte dagli occhi e dalle orecchie. In pochi secondi la loro vita era andata in frantumi come un bicchiere di vetro contro il pavimento e loro ne avrebbero pagato le conseguenze, le schegge sarebbero rimaste per sempre a far sanguinare il loro cuore. La polizia non aveva mai stabilito con certezza i colpevoli, tutto era stato classificato come un incendio qualsiasi, dovuto ad una dimenticanza dei proprietari della casa. Ma Cora e Derek sapevano che gli Argent, o quantomeno gli esponenti più estremisti di quella famiglia di cacciatori, puntavano a liberare la città dai licantropi. I due fratelli, distrutti dal dolore, avrebbero potuto scappare, scappare dai cacciatori e dagli incubi che affollavano le loro notti. Avevano deciso invece di restare, avevano un altro appartamento in città, molto più in centro e molto più moderno della casa di famiglia. E da lì, sostenendosi l’uno con l’altra, si erano ricostruiti pian piano una vita, raccogliendo i cocci infranti delle loro esistenze. Per ricordare sempre la sua famiglia, Cora aveva deciso che avrebbe fatto così: una lacrima a notte, perché nessun defunto va dimenticato, ma durante il giorno avrebbe vissuto la sua vita con la serenità che i suoi cari avrebbero voluto vederle negli occhi. Era un patto, una promessa fatta a se stessa e a loro. E poi lo doveva a Derek, che la sopportava e la proteggeva come il fiore più prezioso al mondo.

 

Anche quella mattina Cora avrebbe passato tutto il suo tempo nel disperato tentativo di convincere il fratello, che sembrava ormai irremovibile. «Posso bere il mio caffè prima di dover ascoltare il tuo disco rotto per l’ennesima volta?» chiese Derek dandole le spalle e armeggiando per accendere la macchina del caffè. «Tanto ormai mi sono arreso all’idea che continuerai all’infinito e oltre» concluse sconsolato il ragazzo. «Il problema è che tu non prendi davvero in considerazione le mie idee solo perché sono la sorellina minore che non capisce mai nulla. Se invece mi ascoltassi, io ho visto come loro si allenavano…» Cora non aveva intenzione di mollare la presa, avrebbe insistito fino alla morte, sentiva che questa cosa li avrebbe avvicinati a Laura e alla mamma e lei non voleva perdere nessuna occasione per sentirle più vicine. Non aveva avuto la possibilità di salutare nessuno di loro e cercava spasmodicamente qualsiasi cosa la potesse avvicinare al loro ricordo, era terrorizzata all’idea di poter dimenticare tutti. Stentava a ricordare le loro voci, la delicatezza delle carezze della mamma, il tono che assumeva Laura quando la rimproverava bonariamente, nascondendo sempre un sorriso dietro quella facciata arrabbiata, il timbro di voce delle raccomandazioni del papà. Le faceva male e tentava in tutti i modi di ricordare ogni particolare, ogni dettaglio di vita vissuta insieme, arrivando a schiacciarsi le tempie fino a farsi male. E quella possibilità che aveva Derek era un legame diretto con la loro famiglia, un filo che Cora non voleva a nessun costo tagliare. Ancora una volta Derek guardò la sorella e poi la tazza. «Nessuna goccia di caffè è ancora entrata in circolo nel mio corpo. Dammi tregua un attimo, Cora» esalò il ragazzo, tornando a prepararsi l’unica bevanda che lo avrebbe tenuto in piedi in quel combattimento estenuante con la sorella. Cora si sedette di colpo su uno sgabello, mettendo il muso e affondando il viso in una mano, mentre l’altra prendeva un biscotto e lo intingeva nel latte che si era appena finita di scaldare. «Manda la tua civetta ad avvertirmi quando sarai pronto a riparlarne» disse mentre masticava rumorosamente e un po’ seccata, anche se sapeva che quel comportamento non avrebbe fatto troppo effetto al fratello, lui conosceva bene le tecniche che lei utilizzava per instillare il senso di colpa nelle persone e aveva imparato a conviverci senza darle soddisfazione.

 

Derek deglutì piano, per assaporare il sapore del caffè che lui amava amaro, nero come la notte. Nero come un lupo. Il pensiero gli balenò in mente così, improvviso e involontario, mentre osservava le piccole bollicine d’aria formatesi sulla superficie della bevanda nella sua tazza. Una bevanda nera, oscura e misteriosa, che poteva nascondere qualsiasi insidia. Era così che vedeva la proposta di Cora: ignota e tenebrosa, non sapevano nemmeno loro dove si sarebbero potuti spingere, nessuno aveva davvero insegnato loro come era possibile farlo. Era vero, Cora aveva seguito alcuni allenamenti di Laura con Talia, ma l’aveva fatto di nascosto e questo non faceva di lei una persona esperta e tanto meno competente in materia. Questo non rassicurava di certo Derek, anzi lo faceva ancora più desistere dall’idea di assecondare sua sorella. Ma come poteva negare a se stesso che Cora da un lato aveva ragione? Come si sarebbe sentito se avesse potuto fare quel passo? Sarebbe stato come avvicinarsi a sua madre in una maniera che in quel momento non gli era più possibile: questo lo allettava e lo attirava, ma cercava di non darlo a vedere, poiché anche una minima speranza avrebbe dato a Cora il doppio della forza per insistere. Ponderò bene le parole prima di rivolgersi alla sorella, in trepidante attesa, aggrappata sulla sedia come un canarino sul suo trespolo. «Devi capire, Cora, che io non mi sento pronto per questo passo…» cominciò Derek. «Sì, ma…» lo interruppe subito la ragazza. «No, ora lascia parlare me» continuò lui pacatamente. «So quanto soffri ancora per mamma, papà e Laura» fece una pausa per sforzarsi di deglutire, per ricacciare nello stomaco il nodo che gli era salito in gola e che non poteva permettersi di sciogliere davanti a Cora, perché lui non aveva mai pianto e non poteva farlo ora. «E, credimi, nessuno sa meglio di me cosa abbiamo passato e cosa stiamo tutt’ora vivendo. Credi che non veda come ci guarda la gente in paese? Ogni volta che entriamo in un negozio o in un bar la gente si gira, ammutolisce, chi parla lo fa per bisbigliare il nostro cognome al vicino di tavolo…pensano che possiamo non accorgercene!» strinse così forte il pugno che le unghie cominciarono a segnare in più punti la pelle, arrivando a ferirla. Ma ogni ferita guariva più velocemente di come era arrivata. «Ci guardano come fossimo cani abbandonati e io non posso più sopportarlo. Ma questa è la città dove siamo nati e cresciuti, non tradirei mai Beacon Hills, sopporterò questi sguardi per tutta la vita piuttosto che darla vinta agli Argent. Gli Hale c’erano prima e ci saranno sempre. Però questa tua idea mi sembra troppo azzardata, non credo di essere all’altezza, non mi sento degno di ricalcare le orme di Laura, lei era brava, seguiva tutto con attenzione e scrupolo, lei era adatta a queste cose, lei non io» concluse deluso Derek. Deluso da se stesso, dal non poter nemmeno onorare la sua famiglia con questo gesto, onorarne la memoria. Tutto quello che riusciva a fare era sopravvivere con quello che era rimasto loro dopo l’incendio, l’assicurazione gli aveva portato molti soldi ma a lui questo non interessava. Nessuna cifra gli avrebbe ridato il calore di una famiglia, una famiglia che non fosse a pezzi e completamente sulle sue spalle. Così aveva cercato lavori saltuari, aveva lavorato come aiuto meccanico, in un bar e in un ristorante come cameriere, come magazziniere, ma nulla lo aveva mai appassionato e si era regolarmente licenziato dopo i tre mesi di prova. In quei giorni vagava per la città alla ricerca di annunci e avvisi di offerte di lavoro, convinto che nulla lo avrebbe mai coinvolto davvero, dopo quella notte aveva perso la maggior parte della passione per la vita che lo contraddistingueva da piccolo. L’unica cosa che lo continuava a spingere avanti era Cora, lei e la sua vitalità. Quella ragazza aveva vitalità per due persone, forse per un esercito intero, era forte come una roccia, anche se Derek sapeva che questa ostentazione nascondeva dieci dubbi, cento preoccupazioni, mille paure. La ragazza non lo aveva mai lasciato per un momento con lo sguardo, aveva fissato i suoi occhi vispi sulla labbra di Derek e aveva accennato una lacrima all’inizio del discorso e un sorriso alla fine. «Ho sentito fare lo stesso discorso a Laura, un giorno. Ero rientrata prima da scuola e mi ero intrufolata di soppiatto in cucina, dove lei e mamma parlavano animatamente. Laura diceva che non era all’altezza della mamma, che era troppo giovane e inesperta, che aveva paura e che non sarebbe mai riuscita a farlo. Sapevo che gli allenamenti erano cominciati da diverse settimane ma dopo i primi progressi nostra sorella era in un punto di stallo. O riusciva a fare il salto di qualità in quel momento o sentiva che non l’avrebbe mai fatto. Sai cosa le disse la mamma? Le disse “Il lupo che è in te si nutre dei tuoi sentimenti. Più ti sentirai inadatta a lui, meno saprai controllarlo. Sei nata per essere un animale fiero e maestoso, padrone della foresta, protettore dei più deboli, cacciatore dei nemici. Devi essere il tuo lupo. Sii il tuo lupo, Laura”. Non ti sentirai mai completo se non sarai il tuo lupo, Derek» e questa volta Cora puntò sicura i suoi occhi in quelli verdi di Derek, che stavano lampeggiando di blu. Le parole di Cora avevano sortito l’effetto desiderato, avevano mosso qualcosa nel ragazzo. Derek li chiuse istintivamente, consapevole del cambiamento di colore e di quello che significava: Cora era riuscita a entrargli nella parte più recondita del cuore, dove Derek non lasciava entrare nessuno, e a toccare come sempre il tasto giusto. Perché in realtà lui voleva essere un lupo, lo voleva da sempre, fin dalla sua prima luna piena aveva voluto imparare a dominare il suo potere per diventare il lupo maestoso che era nato per essere. «Questi occhi non lo meritano» mormorò sottovoce. Cora gli prese il viso tra le mani, gli accarezzò la barba ispida e sfatta e gli disse con dolcezza «Apri gli occhi Derek. Sono bellissimi, come te» e lo abbracciò con prepotenza, senza lasciargli la possibilità di ribellarsi, se non di ricambiare con affetto la stretta. «Eeeee…fine pausa smancerie-Hale! Ne ho già le scatole piene e sono solo le nove di mattina! Passiamo alle cose serie: quando cominciamo gli allenamenti?» disse Cora slacciandosi dall’abbraccio e sfoderando uno dei suoi sorrisi più perfidi: il sorriso di chi sa di avere la vittoria in tasca.

 

Derek non era mai stato così agitato in tutta la sua vita: odiava buttarsi in qualcosa che non era stato definito, che non aveva un vero progetto e che non aveva idea di dove l’avrebbe portato. Ma era abituato a Cora e con lei queste esperienza erano all’ordine del giorno. Un po’ lo offendeva il fatto che lei, la sorellina minore, insegnasse a lui; i fratelli maggiori dovrebbero essere l’esempio, il libro delle risposte, tutto ciò che si deve sapere i fratelli maggiori lo sanno perché l’hanno già vissuto. La situazione era quindi quanto meno strana e particolare, ma Derek alla fine si fidava abbastanza di Cora. E anche non fosse stato così, ormai le aveva dato un tacito via libera e non poteva più tirarsi indietro. Come c’era da aspettarsi, Cora aveva proposto di cominciare quella mattina stessa, Derek aveva proposto di posticipare al giorno dopo e alla fine avevano concordato per il pomeriggio. Il luogo stabilito per gli allenamenti era il seminterrato del nuovo appartamento Hale, creato a prova di licantropo. Questo includeva pareti insonorizzate e imbottite e kit di pronto soccorso a portata di mano in caso la situazione fosse sfuggita al loro controllo. Cora era seduta a gambe incrociate per terra slacciando e riallacciando i nodi alle scarpe da ginnastica quando Derek aprì piano la porta del seminterrato. Aveva indossato la solita canottiera grigia, che lasciava in vista la forte muscolatura delle braccia, delle spalle e della schiena e un paio di pantaloncini da basket che gli arrivavano all’altezza del ginocchio. Era teso e Cora lo sapeva benissimo: poteva leggerglielo in volto, percepirlo dal suo odore e sentirlo dal suo battito cardiaco leggermente accelerato. Cora si riallacciò la scarpa per l’ultima volta ed esitò un attimo prima di alzarsi. «Sei sicuro di volerlo fare? Non vorrei essermi fatta prendere la mano, sai come sono fatta…» Cora alzò lo sguardo e lo puntò in quello limpido di Derek solo dopo aver concluso la frase. Il ragazzo accennò un sorriso «Non ti avrei mai lasciato decidere per me. Voglio almeno provarci. Da cosa partiamo?». Cora sorrise dolcemente e cominciò a riordinare i ricordi degli allenamenti a cui aveva assistito clandestinamente. «Mamma diceva sempre che bisogna saper dividere il lupo dall’umano prima di poter mescolare le due cose correttamente. Per prima cosa faceva allenare Laura a trasformarsi parzialmente e a ritornare umana, alternando i momenti a intervalli di tempo sempre più ravvicinati. Ora, per esempio, tira fuori gli artigli» ordinò Cora. Derek la guardò dal basso, alzando un sopracciglio. «Fai davvero? Questa è la prima cosa che ho imparato, lo si insegna ai Beta quando gli si spiega il concetto di licantropia» ribatté il ragazzo, quasi offeso dalla richiesta della sorella. «Allora, mettiamo subito in chiaro una cosa» Cora alzò il tono di voce di almeno due ottave «hai deciso di affidarti a me, hai accettato di allenarti sotto il mio controllo e la regola è questa: quello che ti dirò dovrai farlo, senza se e senza ma, anche se ti sembra una cosa stupida. Non prendere sotto gamba nulla, nemmeno la preparazione, ogni minimo particolare deve essere ordinato nella tua testa prima che nel tuo fisico» concluse con un’espressione serissima in viso che Derek non le aveva mai visto. Lui annuì senza ribattere nemmeno una parola, aveva capito che su questo punto Cora era irremovibile. Piegò con calma il gomito fino a fletterlo a novanta gradi, girò il polso e lo rivolse con il palmo e le cinque dita verso il soffitto; abbassò lo sguardo sulla mano per un secondo e poi, con un gesto rapido e secco, ridistese il braccio lungo il fianco. Prima ancora di rialzare lo sguardo sulla sorella, un sorrisetto gli spuntò sulla labbra: anche se non poteva vederli, aveva percepito gli artigli scattare a comando, senza alcuna difficoltà. «Togliti quel sorrisetto idiota, Derek Hale, non hai fatto niente di più speciale di un Beta alle prime armi. Non serve gonfiare il petto in quel modo» lo rimproverò Cora. Derek abbassò di scatto le spalle e cercò di darsi un contegno, dissimulando l’orgoglio infantile che aveva provato: Cora aveva ragione, quella era una cavolata, doveva concentrarsi sull’obiettivo finale. «Ritira gli artigli e passiamo alle orecchie. Ma solo le orecchie, non dovrai modificare nessun altro tratto del viso» proseguì la ragazza. Derek ritirò immediatamente le unghie e rialzò gli occhi sulla sorella che aspettava la sua prossima mossa. Chiuse gli occhi e si concentrò, stringendo le palpebre e la mascella. Sentì subito le punte delle orecchie crescere e affilarsi, mentre una folta peluria spuntava sul bordo del padiglione auricolare. «Niente viso, Derek!» Cora ruppe il silenzio che era calato sulla stanza. Il ragazzo aprì di colpo gli occhi, che erano diventati di un blu intenso, rendendosi subito conto che tutto il suo viso stava seguendo la trasformazione delle orecchie. Le sopracciglia si erano unite e rialzate, la base del naso si era allargata, le basette erano cresciute fino a lambire l’osso della mandibola e i canini si erano allungati e gli solleticavano il labbro inferiore. Non appena Derek se ne rese conto, tutto venne ritirato nel giro di qualche secondo, anche le orecchie: l’esercizio era fallito. «Concentrati, fai un respiro e riprova» disse Cora, riprendendo la calma necessaria a far impegnare il fratello.

 

Proseguirono per tutto il pomeriggio, alternando trasformazioni parziali ed estenuanti esercizi che sfibravano Derek non tanto nel fisico quanto mentalmente. Non si aspettava di trasformarsi il primo giorno ma non aveva nemmeno immaginato di tornare all’inizio del suo allenamento da licantropo. Era in effetti un po’ deluso, anche perché quegli esercizi, che dovevano risultargli elementari dopo tutti quegli anni da lupo mannaro, lo mandavano facilmente in crisi e non era raro che si ritrovasse un corpo che non rispondeva ai suoi ordini. Frustrante, quella situazione era tremendamente frustrante per un tipo come Derek che avrebbe voluto tutto e subito. In fin dei conti però quello era un esperimento, si ripeteva il ragazzo, anche non fosse andato a buon fine chi l’avrebbe criticato? Sapeva benissimo, tuttavia, che il primo a criticarlo sarebbe stato il suo io interiore. Non doveva permettersi di fallire, sarebbe stata l’ennesima delusione della sua vita e non sapeva come avrebbe potuto rialzarsi quella volta.

 

Derek si appoggiò alla parete e scivolò giù fino a sedersi a terra. La canottiera era completamente bagnata di sudore e si era incollata alla pelle del licantropo: decisamente aveva bisogno di una doccia, per rinfrescarsi il corpo e la mente. Cora si sedette accanto a lui, appoggiando la testa dolcemente sulla sua spalla. Chiuse gli occhi e inspirò forte dal naso. «Ti ricordi il profumo dei muffin al limone che faceva mamma?» Derek chiuse gli occhi e inspirò a sua volta, come se volesse visualizzarli e incamerarne l’odore. «È per caso possibile dimenticare un pezzo della nostra infanzia?» «Io sentivo quell’odore ancora prima che lei aprisse il forno. Li cucinava quando le cose andavano così così con gli allenamenti di Laura. Era il suo modo per tirarsi su di morale, la sua coccola speciale per i suoi cuccioli» Cora tirò su col naso, ma questa volta il profumo dei muffin non c’entrava. Derek fece scorrere un braccio intorno alla spalla della sorella, mentre lei improvvisamente si attaccava alla sua vita, rischiando di stritolarlo. Nascose il volto al centro del petto di Derek, cercando di mascherare i singhiozzi forti che le scuotevano il corpo. «Farò di tutto per farcela, lo farò per te e per lei» promise Derek «Lavorerò duramente e mi affiderò completamente a te. Sai che non mi affiderei a nessun altro» concluse scoccandole un bacio tra i capelli arruffati e costringendola ad alzarsi in piedi. «Sei un licantropo, dovresti sentire più di tutti quanto puzzo!» disse scoppiando a ridere e contagiando subito anche Cora, che si staccò piano da lui passandosi una mano sotto il naso per asciugarselo.

 

Derek si spogliò svogliatamente, mentre l’acqua scorreva già da qualche minuto nella cabina doccia. Sfilandosi i pantaloncini e i boxer, allungò una mano sotto l’acqua e sentendo che aveva raggiunto la temperatura giusta entrò nel box chiudendo le ante. Rimase lunghi secondi sotto il getto d’acqua, sperando di lavare via anche i pensieri che lo affannavano. L’acqua gli scorreva addosso e rinfrescava il corpo caldo per lo sforzo, mentre le sue mani passavano a strofinare i corti capelli corvini con lo shampoo. Massaggiò i muscoli indolenziti per la tensione degli esercizi col doccia schiuma, senza mai aprire gli occhi, ma continuando a beneficiare delle gocce che tracciavano ogni curva del suo corpo statuario. Solo uscendo dalla cabina di rese conto che aveva completamente dimenticato il mondo intorno annullandosi sotto la forza depuratrice dell’acqua. Non si era nemmeno accorto che dalla cucina saliva un profumo di passato e di amore: Cora aveva appena sfornato dei muffin al limone.

 

Per tutta la settimana i due fratelli furono occupati nella preparazione fisica alla trasformazione completa in lupo, tra alti e bassi, alcuni successi e tanti muffin al limone. Derek aveva ormai imparato a distinguere le diverse parti del viso, aveva imparato a far crescere le orecchie ma a non le basette, a sfoderare le zanne ma non gli artigli. Si era reso conto di poter incrementare in pochi secondi la quantità e il colore dei peli sulle braccia e un giorno era riuscito addirittura a trasformarli in una vera e propria pelliccia, anche se solo per qualche secondo. Non era raro, però, che Derek passasse pomeriggi interi a concentrarsi su un certo movimento e non riuscisse a replicarlo come un vero lupo. Erano quelli i momenti in cui Cora doveva stare più attenta e in cui doveva soppesare molto bene le parole: Derek era più fragile e anche un gesto poteva rovinare tutti gli sforzi che stavano compiendo. Era capitato più di una volta che Derek avesse ringhiato frustrato, minacciando di lasciare tutto, dicendo che non era adatto e che non era all’altezza della situazione. Con estrema pazienza Cora si trovava a dover bilanciare una certa risolutezza con una buona dose di comprensione: atteggiamento molto complesso, per cui era successo anche che Cora abbandonasse la sessione di allenamento per una corsa e un ruggito liberatorio nel bosco, lasciando Derek ai suoi pensieri. Quando però i due fratelli si ritrovavano a cena insieme, discutevano sempre apertamente della giornata di lavoro, valutando i lati positivi e quelli negativi, sempre alla ricerca della maniera migliore per proseguire.

 

Dopo più di due settimane i progressi erano stati molti, sentivano che bisognava cogliere il momento e provare a svoltare la situazione ma qualcosa li bloccava ancora, la parte successiva alla trasformazione era un’incognita per entrambi. «Oggi ti trasformi Derek» esordì Cora entrando nel seminterrato e chiudendo di colpo la porta. «Ieri abbiamo detto di non correre, avevamo deciso di…» Derek si girò di scatto, non si aspettava quella proposta dalla ragazza. «Prima o poi dobbiamo farlo e dopotutto i tuoi miglioramenti sono stati notevoli. Almeno proviamo a capire come farlo» ribatté lei decisa, non lasciando nemmeno per un secondo gli occhi del fratello. «Facciamolo» disse allora Derek, strizzandole l’occhio e stemperando un po’ la tensione che si era creata di fronte a quella proposta. «Facciamo così» riprese Cora «tu ora ti siedi lì in quell’angolo, io mi metto in quello opposto. Mettiti comodo, come preferisci, e chiudi gli occhi» continuò, seguendolo con gli occhi mentre ubbidiva ai suoi ordini. «Immagina il tuo lupo. Non un lupo qualsiasi, Derek, il tuo lupo, immaginati lupo» proseguì quindi la ragazza. Derek non era molto convinto che quello fosse il metodo giusto ma non aveva nessuna intenzione di contraddire sua sorella e poi fino ad allora seguirla era stata la scelta giusta. Appena chiuse le palpebre e le strinse leggermente per concentrarsi meglio, un’immagine gli si materializzò nel cervello. Un maestoso lupo camminava a pochi metri da lui, avanzava senza fretta, per dargli il tempo di ammirarlo in ogni minimo particolare. Era completamente nero, il pelo luccicava nonostante lo scenario fosse buio, perché era il lupo stesso ad emanare una luce soffusa. Non era molto grande, aveva le zampe sottili e le orecchie ritte, pronte a cogliere qualsiasi pericolo nella vicinanze. Ma la cosa che più catturava l’attenzione di Derek erano gli occhi, blu come il mare in tempesta, come le profondità oceaniche, dimora di creature magnifiche e terribili, sogni e incubi, speranze e paure. Il lupo si sedette a pochi passi da lui, muovendo a destra e sinistra un paio di volte una coda folta e lunga. «Quello sei tu, devi solo crederci, Derek» la voce di Cora gli era giunta come da lontano, inserendosi perfettamente in quel gioco di sguardi che non si era mai interrotto da quando il maestoso lupo nero era arrivato camminando piano verso di lui. Cora vide il ragazzo irrigidire i muscoli e serrare la mascella, mentre un tremore gli scuoteva le membra. «Sii lupo ma resta umano, Derek, ricorda quello che ci siamo detti» il tono della ragazza tradiva un po’ di nervosismo, non sapeva cosa sarebbe potuto succedere se la parte animalesca avesse avuto il sopravvento, forse il fratello avrebbe anche potuto non riconoscerla. Derek intanto non aveva mai lasciato il contatto visivo con l’animale, che continuava a rimanere pacificamente seduto, in attesa. In attesa di cosa? Derek voleva raggiungerlo, interrogarlo, ma si sentiva bloccato e impotente.

 

Improvvisamente Cora vide gli artigli scattare, le orecchie crescere e spuntare i canini. I peli sulla braccia e sulle gambe, scoperte dai soliti pantaloncini corti, aumentarono in numero e divennero più scuri e lunghi. In un attimo la fisionomia umana scomparve, lasciando spazio ad un animale nobile e fiero nel suo portamento. Il lupo aprì gli occhi e li puntò in quelli di Cora, che nel frattempo si era alzata di scatto, portandosi la mano alla bocca, colpita dalla bellezza e dalla magnificenza dell’animale, che incuteva timore rispetto allo stesso tempo: erano un paio di occhi blu, blu come quelli di Derek, belli come quelli di Derek e se possibile anche di più. «D-Derek?» balbettò la ragazza senza fiato. In risposta il lupo alzò il muso verso il cielo, intonando un lungo e profondo ululato, un ululato di soddisfazione e orgoglio, dimostrando che in quel corpo di lupo l’umano era ancora presente e vigile. «Sei stupendo!!» urlò Cora, finalmente tranquillizzata, permettendosi di saltargli al collo per affondare le dita nel pelo folto e morbido. «Ok ok, tutto questo è grandioso, ora prova a tornare umano, dovrei avere qui i tuoi vestiti di ricambio…» proseguì lei, aggirandosi per la stanza alla ricerca della maglia e del pantaloni che tenevano per il giorno in cui Derek fosse riuscito a trasformarsi. Quando Cora si girò trionfante con i capi di vestiario in mano, si ritrovò davanti lo stesso lupo di prima. «Dai, Derek, dev’essere una figata essere lupo, ma per piacere torna tra gli umani e andiamo a festeggiare. Domani ci riproveremo, non affrettiamo le cose» disse abbassando il tono di voce, mentre un terribile presentimento aleggiava nell’aria. «Perché tu riesci a tornare umano, vero Derek??» chiese alzando il tono di voce Cora. Ma la domanda cadde nel silenzio della stanza, mentre il lupo vi si sedeva al centro, abbassando le orecchie e chiudendo piano gli occhi, per poi puntarli di nuovo in quelli di Cora, come in una silenziosa e disperata richiesta d’aiuto. «N-Non è possibile…» disse la ragazza, trattenendo a stento in gola un singhiozzo.

 

Derek era diventato un lupo completo e non sapeva più come tornare un uomo.

   
 
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