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Autore: lady hawke    13/03/2009    6 recensioni
Con la definitiva conclusione della guerra magica contro Voldemot è impossibile pensare che le vite di Narcissa Malfoy e Andromeda Tonks non si siano più incontrate. Ma che possono ancora dirsi due donne che hanno scelto strade e percorsi di vita diametralmente opposti?
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Teddy piangeva quella sera. Singhiozzava disperatamente tra la braccia della nonna come se, ancora neonato, avesse intuito la gravità della situazione. Andromeda non riusciva a nascondere il desiderio di volersi abbandonare alle lacrime a sua volta; ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Lei era forte, lo era sempre stata. Non aveva pianto quando se era scappata di casa, dopo le furibonde liti con i suoi genitori; non aveva reagito quando le erano arrivati i commenti sprezzanti che avevano fatto in pubblico le sue sorelle, accontentandosi dell’abbraccio di Ted; aveva trattenuto le lacrime per tutte le volte che aveva ricevuto notizie di Sirius, l’arresto, la fuga e infine la morte; si era morsa le labbra quando suo marito…
Qualcosa che nemmeno lei sapeva di avere l’aveva trattenuta da una qualsiasi reazione, quando le avevano detto della sua unica figlia e suo marito erano stati assassinati. Si era messa a tremare, quando Harry Potter in persona le aveva riferito che parte del merito andava a Bellatrix. Nemmeno per lei aveva proferito parola.
E in tutto questo intorno c’erano solo estranei pronti a complimentarsi per la sua forza d’animo. Il più onesto era Teddy, con quei suoi semplici pianti concreti: aveva fame, aveva sonno, voleva essere cambiato. Non mentiva; e se lui, orfano, poteva farcela, lei non era da meno.
In fondo non era cambiata affatto da quando, ragazzina, era obbediente e buona, si comportava bene, senza mai dare fastidi. Nessuno infatti sembrava mai essersi accorto di lei, almeno non fino al giorno in cui aveva pestato i piedi. In quel momento sì che c’erano stati contrasti, e molto forti anche.
Mentre pensava a tutto questo cullava il bambino, passeggiando per la stanza; se il nipote era degno erede di sua figlia questo l’avrebbe facilmente calmato; e così fu. Pochi minuti dopo, rimanevano solo le lacrime ritardatarie su quel visino ora rilassato. Con dolcezza Andromeda lo pulì, senza smettere di passeggiare. Quando finalmente fu addormentato lo posò nel suo lettino, rimboccandogli con cura il lenzuolo.
Era stata nell’ordine una rinnegata, una moglie, una madre, una vedova, una nonna e ora sarebbe stata nuovamente una madre. Andromeda non se la ricordava più nessuno. Stancamente si passò una mano fra i capelli castani, uscendo dalla stanza. Negli ultimi due mesi si era comportata come un automa, e se ne vergognava. Tutto quello che stava vivendo sembrava scivolarle addosso, senza fermarsi; pensare ai morti era del tutto inutile. Eppure non ce l’avrebbe fatta da sola: era stanca, vuota e, per lei, il mondo era un insieme di estranei che, per quanto benevoli, non l’avrebbero mai capita.
Fu in quel momento che nella sua mente balenò il nome di Narcissa. Con amara ironia si rese conto che pensare a lei significava essere disperati. Da quando se ne era andata di casa era stato come se lei non fosse nemmeno esistita: se si era aspettata le violente relazioni di Bellatrix, non aveva mai pensato che la piccola Cissy potesse diventare così glaciale. Non aveva mai risposto a nessuna delle sue lettere. Eppure anche lei non era ormai che uno sbiadito volto del passato. Così com’era venuto, Andromeda fece in modo che quel nome scivolasse via dalla sua mente; non aveva bisogno di altri pensieri, in quel momento.

***

Narcissa aveva faticato a riprendersi dalla guerra. La caduta di Voldemort le aveva tolto un grosso peso dal cuore, ma non riusciva certo a nascondere il suo disagio per essere parte di una famiglia caduta in rovina. Lucius aveva dovuto subire l’onta di evitare di nuovo Azkaban grazie all’insperato intervento di Harry Potter, che aveva testimoniato in favore suo e di Draco, che si aggirava per Malfoy Manor, debitamente setacciata dagli Auror, quasi ancora temendo di incontrare dei Mangiamorte sul suo cammino. Aveva dovuto dare riposo al corpo di sua sorella Bellatrix praticamente di nascosto; non aveva pianto, mentre faceva in modo che le sue spoglie venissero messe accanto a quelle dei genitori. Aveva pianto troppo per troppo tempo, era tempo di cambiare. Era faticoso rendersi conto dell’odio e del disprezzo che gran parte della comunità magica covava nei confronti della sua famiglia, poichè che erano sfuggiti ad una condanna per un soffio, un cavillo, un errore.
La gente credeva a quello che voleva credere, nemmeno le parole di Potter in tribunale avevano valore: dopotutto sapeva di essere facile vittima, ormai. Eppure avrebbero dovuto provare un minimo di gratitudine per la sua menzogna che aveva ribaltato una sorte che pareva ormai segnata. Quella era certo una decisione di cui non si sarebbe mai pentita, e di cui andava fiera, anche se ora le veniva impedito di andarsene in giro a testa alta, come aveva sempre fatto. C’erano cose che non sarebbe stata disposta a sacrificare a nessun prezzo, prima di tutto la sua famiglia. A questo pensava mentre camminava spedita attraverso Diagon Alley, sperando di passare il più inosservata possibile. L’estate non era particolarmente calda, rievocava ancora gli echi dei mesi precedenti, ma le strade erano piene di persone felici di non aver più paura. Lei si sentiva estranea a tutto questo, e come tale attraversava la folla. Andromeda fu un’apparizione fugace nel suo campo visivo, tanto che la vide appena mentre le tagliava la strada con passo svelto. La seguì con lo sguardo per un attimo, prima di seguirla senza una valida ragione. Non aveva sue notizie dirette da anni, ma sapeva cosa le era successo negli ultimo periodo. Le afferrò la manica della veste non appena la raggiunse.
- Andromeda? – chiamò, imbarazzata.
La strega si voltò repentinamente e Narcissa la vide assumere un’espressione estremamente sorpresa, non appena posò l’attenzione sul suo viso. Pareva invecchiata di colpo, e la totale assenza di dolcezza nella sua espressione la rendeva tremendamente simile a Bellatrix. - Cosa vuoi tu da me? – ringhiò, feroce. Narcissa rimase interdetta e immobile, senza mollare la presa. Temeva che Andromeda ne avrebbe approfittato per sfuggirle via; non sarebbe stata nemmeno la prima volta, dopotutto.
- Sei invecchiata. – bisbigliò, capendo all’istante dell’indelicatezza della sua affermazione. D’altra parte l’aveva trattenuta per un riflesso condizionato più che per volontà.
- Che cosa vuoi, Narcissa? – ripetè Andromeda; la voce aveva tremato mentre pronunciava il nome della sorella. Erano anni che non osava parlarne ad alta voce e risentirselo sulla lingua era una sensazione sgradevole.
- So quello che è successo… - non andò oltre per paura di ferirla. Se Narcissa si fosse ritrovata al posto della sorella non avrebbe di certo retto il colpo come lei faceva.
- Non ho bisogno di te, Narcissa. Ne avevo bisogno anni fa, quando tu eri troppo presa dalle tue comodità per farci caso, ora lasciami andare. – con uno strattone Andromeda si liberò dalla debole presa della sorella e svanì fra la folla.
Narcissa rimase immobile, dimentica delle commissioni che l’avevano spinta fino a lì. Non riusciva a spiegarsi in alcun modo la totale sensazione di annichilimento che stava provando. La spiacevole sensazione non svanì facilmente, e Narcissa continuò a rimuginare su Andromeda per giorni. Era stato facile ignorare il suo dolore e la sua solitudine finchè era rimasto in piedi il muro dell’indifferenza, ma ora l’aveva vista e Andromeda stava male.
- Che cosa c’è? – le aveva chiesto il marito, una sera.
- Niente Lucius, niente. – non era nemmeno una bugia, in fondo. Solo che il niente la stava stritolando. Non era giusto che Andromeda rimanesse abbandonata a se stessa, non così. Le servì un’intera settimana per decidere il da farsi, anche perché non le piaceva lasciare Lucius e Draco soli troppo a lungo con i loro pensieri, ma doveva parlare con Andromeda, e l’unico modo era presentarsi a casa sua.
Arricciò inevitabilmente il naso quando si trovò davanti il portone laccato di rosso: era una casa così inadeguata per una Black, così misera, babbana a vedersi e poco elegante. Rimase sulla soglia qualche minuto, incerta, prima di bussare quasi con timore. Trattenne il fiato, quando la vide aprirsi lentamente.
- Ancora tu! – sbottò la strega, vedendola. Andromeda era sinceramente sorpresa; perché Narcissa continuava a voler parlare con lei? Narcissa intanto faticava davvero a riconoscerla: così sbattuta, dura… pareva aver perso tutta quell’innata dolcezza che l’aveva sempre contraddistinta da ragazza. Non ebbe il coraggio di dire nulla sul momento, creando un imbarazzante momento di silenzio. Andromeda la osservò un attimo con sufficienza, poi fece per richiudere la porta.
- Non chiudermi la porta in faccia, ti prego. – supplicò la signora Malfoy, posando la mano sul legno verniciato. – Voglio parlarti.
Strana richiesta, detta da una donna che l’aveva evitata per anni. – Tuo marito sa che sei qui? La domanda fece irrigidire Narcissa come quando, da bambina, veniva colta in fallo. – In realtà no…
- Perfino ora non sei capace di prenderti la responsabilità delle tue azioni. – rispose Andromeda, per nulla sorpresa. Narcissa era stata sempre debole di carattere, sempre disposta a non recar dispiaceri: era stata così lei stessa, molti anni fa. Trattenne a stento una risata di scherno.
- Non sono qui per farmi denigrare da te.
- Che ti aspettavi, Cissy? Che mi commuovessi per il nostro riavvicinamento? Che ti invitassi a prendere il tè una volta a settimana di nascosto da tuo marito?
In quell’istante si sentì provenire il pianto di un neonato dall’interno dell’abitazione.
- Il figlio di Ninfadora? – domandò timidamente Narcissa.
- Già. – bisbigliò Andromeda, voltandosi repentinamente e sparendo dalla vista della sorella. Nella fretta non chiuse la porta, e la signora Malfoy ne approfittò per insinuarsi in casa, chiudendola delicatamente dietro di sé. Sentì i passi della sorella al piano di sopra e poco dopo il pianto del bambino attenuarsi.
Narcissa rimase immobile nel corridoio, vicino alla porta. La casa le pareva ancora più piccola e soffocante, dall’interno. Davanti a lei poteva vedere solo la scala che portava al piano superiore e uno stretto corridoio che portava invece al soggiorno. Le pareti chiare non l’aiutavano a non provare una spiacevole sensazione di soffocamento. In quell’istante sentì poi nuovamente i passi della sorella; in un attimo comparve sulle scale, che scese con molta calma. Tra le braccia portava quello che doveva essere Teddy; un piccolo fagottino dai radi capelli di un colore improbabile.
- Così è lui. – mormorò, cercando di essere il meno d’impiccio possibile, schiacciandosi contro la porta. Andromeda la fissò con aria gelida, ma non disse nulla sul fatto aver trovato Narcissa in casa sua. Teddy ora era sveglio, e succhiava avidamente il suo ciuccio.
- Sì chiama Teddy Lupin, lo sapresti se tu fossi veramente mia sorella. – replicò freddamente Andromeda, passandole davanti e dirigendosi verso la cucina. – Volevi parlarmi… avanti fallo, dovrai starmi dietro, però. – le disse, continuando a camminare.
Senza ribattere Narcissa seguì timidamente la sorella maggiore, attraversando un soggiorno che lei considerava a dir poco dozzinale. Credeva che vi avrebbe trovato un cimitero di fotografie dedicato al marito, alla figlia e al genero, ma si sbagliava. Un paio di foto di Ninfadora da bambina con e senza i genitori, la foto del matrimonio col lupo mannaro e Teddy appena nato. Accelerò il passo e raggiunse la sorella in cucina, che aveva già sistemato il nipote nella culla e si stava affaccendando a riordinare e a ripiegare dei vestitini minuscoli.
- Ti ascolto.
- Perché ti sei ridotta così, Andromeda? – le chiese a bruciapelo, con voce triste. Sapeva che era una donna cambiata, rispetto agli anni della gioventù, ma non pensava in maniera così totale. L’interpellata si voltò a guardarla, sorpresa. Con che coraggio osava ancora giudicarla?
- Avrei dovuto fare come te? Farmi sposare da un uomo per il suo nome e i suoi soldi? Sei fiera di te Cissy, per quello che hai fatto? A che ti ha portato la tua smania di sangue puro? Ti ho vista a Diagon Alley, camminavi come una fuggiasca per paura di farti riconoscere. – avrebbe alzato la voce, se non fosse stato per il nipotino accanto a lei.
Quelle parole ferirono Narcissa molto più di quanto lei stessa avrebbe mai ammesso. Osservò il volto della sorella distrutto dal dolore e dalla stanchezza. – Io e Lucius abbiamo commesso degli errori, è evidente, ma pensavamo fosse la via migliore. Volevamo e vogliamo solo il meglio dalla vita per Draco, e continueremo a desiderarlo sempre.
- E’ così che giustifichi il tuo voltafaccia? Non sei nemmeno stata capace di seguire fino in fondo le tue scelte, e se non fosse stato merito di Harry Potter forse saresti ad Azkaban, e non qui. – incredibile la capacità che Narcissa aveva di manipolare le persone. Come poteva solo osare a voler passare per la buona della situazione, proprio lei?
- Non essere ingiusta come me, te ne prego. Sai che una madre farebbe qualsiasi cosa per il proprio figlio, in questo siamo uguali. – Narcissa fece una pausa. Possibile che tra lei e la sorella ci fosse un muro così insormontabile?
- Davvero lo sai? Ci stavi pensando mentre eri al funerale di Bellatrix? Pensavi a quello che mi ha fatto? – sbottò Andromeda con la voce incrinata.
- Essere lì era un mio dovere, era mia sorella… - tentennò.
- Già, ma sei anche mia sorella, Narcissa, anche se te ne ricordi solo ora, quando la tua vita è così vuota che devi per forza guardarti indietro in cerca di un cordone ombelicale a cui aggrapparti. – Andromeda si sedette sulla prima sedia accanto a lei e si portò una mano alla fronte.
- Non credere che sia così egoista, non essere così orgogliosa e testarda. Solo che ora la guerra è finita e non c’è alcun motivo per restare separate, e tu sei sola, molto più di me. Non credo che potrei sopravvivere nelle tue condizioni. – le disse Narcissa, posandole timidamente una mano sul braccio.
- Non è così semplice, mi hai deluso troppo.
Fu l’ennesima coltellata, per la signora Malfoy, ma sapeva di meritarsela. – Mi hai deluso anche tu Andromeda, anni fa. – sospirò profondamente, prima di parlare. – Bellatrix non è mai stato il genere di confidente ideale; era troppo dura ed inflessibile, e completamente arida.Tu sei sparita senza dirmi nulla e il tuo continuo cercarmi per un paio d’anni mi era sembrata una presa in giro. Immaginavo che se avessi voluto parlare con me avresti dovuto farlo prima della tua fuga.
- Non dire altro Narcissa, per favore. – l’implorò lei.
- Mi sentivo abbandonata, non avevo voglia di leggere quelle che sapevo sarebbero state scuse. E poi tu hai smesso di scrivere, e ognuna di noi ha continuato la sua vita. Non credere che io non abbia mai sentito la tua mancanza…
- Hai imparato a farne a meno, come ho fatto io. – disse Andromeda. Non parlarono per diverso tempo, consapevoli di non avere nulla ormai da dirsi ancora. L’unico sottofondo che ebbero fu Teddy, che ogni tanto si concedeva un lieve gorgoglio.
- Pensi di farcela a tirarlo su da sola? – le chiese Narcissa, sporgendosi a guardare il bambino. Aveva delle guance soffici e tonde, come Draco quand’era piccolo.
- Teddy è fortunato, ha un padrino giovane ma responsabile, avrò sempre qualcuno a darmi una mano. – Andromeda la vide storcere il naso, come quando da bambina le veniva messo nel piatto qualcosa che non voleva mangiare, ma non disse nulla. – Forse è meglio che tu vada, si sta facendo sera, tuo marito potrebbe chiedersi che fine hai fatto.
Lievemente imbarazzata, Narcissa diede ragione alla sorella, e si apprestò a congedarsi. Andromeda l’accompagnò sulla soglia. – Rimetti insieme i pezzi della tua famiglia, ora che puoi. – le disse.
- Lo sto facendo anche ora. – rispose Narcissa, voltandosi a guardare la sorella. Benché più grande e più forte di lei le pareva fragile, stanca e delicata. Ebbe l’impulso di abbracciarla, ma si trattenne, sapendo che sarebbe stato completamente fuori luogo. Sparì un attimo dopo, Smaterializzandosi. Andromeda la vide scomparire sotto il suo naso, pensierosa. Era strano averla rivista, aver parlato di nuovo con lei. Narcissa le era divenuta completamente estranea, ma entrambe avevano avuto bisogno di quel contatto doloroso; sapeva che c’era ancora, nonostante tutto. Andromeda fu investita dalla tiepida aria di fine giugno. Per una qualche stupida ragione, quel lieve vento che le muoveva i capelli la fece sentire meglio; un secondo dopo era di nuovo in casa, da Teddy.

Note: Probabilmente è una storia sospesa, magari anche un po' vuota, ma non riesco ad immaginare diversamente il rapporto, o il non rapporto, tra due persone che ormai non si conoscono praticamente più. Grazie per aver letto ^^
  
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