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Autore: FromTheBeginningChallenge    12/01/2016    1 recensioni
Il mondo di Blaine Anderson è stato frammentato da un avvenimento inspiegabile. Una porzione della popolazione del villaggio di Olimpide, si è volatilizzata nel nulla, provocando lo sconcerto della restante parte che è stata costretta a mantenere le proprie sembianze umane per il resto dell'eternità. Anche l'ambiente circostante ha subito una variazione.
Le dimore maggiormente decorate hanno lasciato il posto alle loro macerie.
All'improvviso gli esseri umani iniziano a scomparire, rapiti dagli omïri, anime dei vecchi abitanti che si credeva fossero svaniti tempo prima.
Quello che gli omïri vogliono è riprendere possesso dei loro corpi mortali, privando gli esseri umani del loro aspetto.
Blaine Anderson si ritroverà diviso in una lotta che lo condurrà sullo stesso sentiero di Kurt Hummel, sovrano omïri. I due si conosceranno e scopriranno che tra le loro due specie, la differenza è sottile.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Klaine

Prompt:Principe!Spia

Elemento opzionale: Dystopic Universe

Raiting: Giallo

Genere: Avventura, Fantasy

Trama: Il mondo di Blaine Anderson è stato frammentato da un avvenimento inspiegabile. Una porzione della popolazione del villaggio di Olimpide, si è volatilizzata nel nulla, provocando lo sconcerto della restante parte che è stata costretta a mantenere le proprie sembianze umane per il resto dell'eternità. Anche l'ambiente circostante ha subito una variazione. Le dimore maggiormente decorate hanno lasciato il posto alle loro macerie. All'improvviso gli esseri umani iniziano a scomparire, rapiti dagli omïri, anime dei vecchi abitanti che si credeva fossero svaniti tempo prima. Quello che gli omïri vogliono è riprendere possesso dei loro corpi mortali, privando gli esseri umani del loro aspetto. Blaine Anderson si ritroverà diviso in una lotta che lo condurrà sullo stesso sentiero di Kurt Hummel, sovrano omïri. I due si conosceranno e scopriranno che tra le loro due specie, la differenza è sottile.



Alcuni individui sostengono che la vita sia una sorta di ruota.
Una ruota che domina l'esistenza di un uomo, imponendo il continuo riscatto degli errori commessi.
Altri credono che l'avvenire sia causato solo dall'inesorabile legge di causa ed effetto, che s'imprime nella quotidianità di ognuno, variandola irreparabilmente. Nonostante la presenza di differenti opinioni a proposito dell'equilibrio universale, non fu possibile fornire una spiegazione valida a proposito di ciò che accadde quel giorno. Gli uomini rimasero a fissare attoniti il cielo terso. Notarono le divergenti posizioni adottate dalle nuvole, la differente consistenza acquisita dall'aria e si scrutarono con particolare attenzione, osservando gli occhi delle persone intorno a loro mutare colore. Una piccola parte di essi aveva acquisito una colorazione argentea, bianca attorno all'iride. Le membra del corpo erano crollate pesantemente a terra, facendo sì che lo spirito di alcuni perdesse peso e si librasse nell'aria con estrema lentezza e movimenti leggiadri. Era quasi impossibile distinguere la loro gradazione corporea dal resto dell'ambiente. Dopo essere stati forniti di un colore neutro, scomparvero improvvisamente, rifugiandosi in luoghi sconosciuti alla popolazione allora esistente. Un'altra parte d'individui aveva percepito il proprio cuore perdere più battiti, il corpo era stato ancorato al terreno, le mani che afferravano convulsamente la superficie, con la speranza di ristabilire l'equilibrio. Molti passarono una mano dinanzi agli occhi, notando con orrore una loro parte venire giù, depositandosi sul palmo della mano.
Poi seguirono le urla.
Un timore sconosciuto si fece strada nell'animo degli abitanti della cittadina.
Le madri corsero ad abbracciare i propri figli, i loro capelli cadevano davanti agli occhi, oscurando le lacrime agli sguardi indiscreti. I bambini, d'altro canto, rispondevano all'abbraccio con caloroso affetto, stringendo convulsamente le piccole braccia attorno al corpo delle madri, aggrappandosi a loro come se fossero consapevoli del crollo delle proprie certezze. Gli uomini chiamavano a gran voce le loro famiglie, nella speranza di radunarsi e mettersi in salvo. Alcuni non erano stati abbastanza forti da resistere alla mutazione, gli occhi, ormai vacui, si riversarono all'indietro. Le guance si scavarono nel tentativo di inalare una boccata d'aria e le membra si sgretolarono all'istante. Il petto dei loro consanguinei era stato scosso da violente urla, colme di dolore che straziarono le orecchie degli ascoltatori. In quella cacofonia di suoni, il piccolo Blaine Anderson rimaneva ancorato al braccio della madre, gli occhi colmi di lacrime, con il terrore che ne stravolgeva l'espressione. Lo sguardo vagava da un angolo all'altro del villaggio di Olimpide, alla ricerca della figura paterna che gli era stata portata via con prepotenza. Il suolo continuò a tremare e Blaine ebbe talmente paura di crollare con esso, che si aggrappò maggiormente al braccio della madre, conficcando le unghie nella sua pelle e lasciandosi cullare dalle sue parole rassicuranti. Poi avvenne quella che in seguito sarebbe stata chiamata Separazione. Gli accoglienti boschi di Olimpide, le abitazioni precarie, che avevano ospitato una considerevole parte della popolazione, e gli edifici di riferimento della cittadina, sfumarono irreparabilmente. Le migliori parti di esse, ornate e costruite con estrema cautela e dedizione, si elevarono lasciando il posto alle loro degradanti macerie, e furono portati via da un impercettibile soffio del vento. Il prato, che adornava il territorio circostante, perì accompagnato da rose e primule, l'unico segno della loro presenza fu rappresentato da uno stelo, annerito dal tempo. Era come se l'intero mondo fosse sfumato, lasciando il posto all'ombra della sua miseria, che aveva sovrastato l'antica bellezza, danneggiandola totalmente. Alcuni provarono a porre fine alla loro vita. Sguainarono le spade, si trafissero l'uno con l'altro, lanciandosi sguardi, per la prima volta, privi di malizia o cattiveria, e colmi di compassione quasi desiderassero alleviare il dolore delle persone intorno a loro. La spada, però, squarciava le membra ma non provocava la morte. Era come se tutti fossero stati costretti a soccombere in quel mondo di sofferenze, senza la possibilità di fuggire. Molti urlarono di trovarsi all'Inferno. Altri barcollarono, si aggrapparono all'individuo accanto a loro e scoppiarono a ridere, prima che le risate fossero sostituite dalle lacrime in un impeto d'isteria. Quello che nessuno immaginò, fu che il tempo continuasse a scorrere e che loro fossero intrappolati in quel misero luogo per l'eternità. Pareva quasi impossibile pensare che la loro immutabilità fosse ancora scandita dal trascorrere del tempo.
Come dei vecchi ingranaggi in un orologio danneggiato, per i quali il tempo si era arrestato, eppure il resto del mondo andava avanti, si evolveva, mentre gli uomini rimanevano incatenati ad un passato che non apparteneva loro, nella speranza di ritrovare un appiglio logico in una situazione che di per sé non lo era. Nessuno intravide più le anime degli individui che erano sfumati nel cielo. Li chiamavano omïri. Un termine ebraico che indicava lo stato di un individuo in lutto, il cui congiunto non era stato ancora sepolto. Alcune volte dei turisti passavano nei pressi del villaggio. In ogni occasione portavano degli abiti differenti, dialogavano in lingue che parevano lo spettro d'idiomi passati e le loro fragorose risate giungevano alle orecchie della popolazione di Olimpide, che li scrutava con invidia, a causa della loro incapacità nel produrre quel suono. Molti, mossi dal rancore, tentavano di ghermirli e di trascinarli sull'orlo del baratro. I turisti, però, continuavano a gioire, quasi come se non avessero percepito la gravità della situazione. Una considerevole parte della popolazione impazzì. Il pensiero di essere così vicini alla libertà ma di non poterla raggiungere fu talmente frustrante che essi decisero di rifugiarsi in quelle che erano le ombre delle loro precedenti abitazioni. Tutti gli elementi sfiorati dagli uomini, perivano nell'instante stesso in cui il gesto era compiuto. Nel corso degli anni furono diffuse una serie di leggende che si ponevano l'obiettivo di illustrare le cause dell'avvenimento. I più arditi ipotizzavano che quell'ambiente fosse il loro eterno supplizio, a causa dei regimi dispotici che avevano instaurato nei loro regni.
I più speranzosi, invece, si destavano ogni mattina nella speranza che il mondo tornasse nelle condizioni antecedenti all'avvenimento.
Blaine non vide più suo padre.
Una parte di lui sperava che avesse trovato la pace, che fosse diventato uno degli omïri e si fosse ricongiunto alla sua vita passata.
L'altra parte, temeva che fosse semplicemente scomparso, dissolto nel nulla. Per il piccolo Blaine fu particolarmente arduo. Crebbe visibilmente, accompagnato dalle amorevoli cure di sua madre e scoppiò a piangere quando si rese conto che la sua crescita si era arrestata all'età di diciassette anni mortali. L'idea di vivere per sempre lo terrificava incredibilmente, eppure una piccola parte della sua anima non riusciva a darsi per vinta, era quasi come fosse alla ricerca di un qualcosa, un piccolo frammento che potesse farlo sentire adeguato dopo tante sofferenze.
Blaine tendeva ad isolarsi negli angoli più remoti di Olimpide, fissava il lago situato nei pressi della sua antica abitazione e notava sconsolato le sue acque nere come la pece. Alcune volte sua madre lo accompagnava nelle sue piccole escursioni, lo guardava attentamente e, scostandogli i capelli dalla fronte, gli sussurrava:

"Non aver paura Blaine, tu sei diverso." C'era stato un tempo in cui Blaine continuava a chiedere a sua madre la motivazione che l'aveva spinta a condividere quella piccola deduzione. Sua madre si limitava a sorridergli e a dirgli con una minuscola emissione di voce:

"Lo leggo nei tuoi occhi." Il Blaine di una volta gonfiava il petto e guardava orgoglioso la madre. Il nuovo Blaine, invece, si limitava a rivolgerle uno sguardo sconsolato e a puntare altrove gli occhi. Solo dopo diversi anni gli uomini iniziarono a sparire. La speranza di porre fine alle sofferenze terrene travolse la popolazione donando ad essa una luce nuova, prima di essere sostituita dall'orrore. Era una fresca mattina d'estate quando un'esplosione aveva destato il sonno degli abitanti di Olimpide, inducendoli a recarsi in piazza. Blaine era stato trascinato giù dal letto da sua madre. Ricordava ancora il suo sguardo afflitto e la sua voce composta quando gli aveva chiesto di svegliarsi. Blaine aveva afferrato una maglietta e l'aveva indossata freneticamente, precipitandosi fuori dall'abitazione con la mano stretta a quella della madre. Quando giunsero nel luogo di ritrovo, s'immobilizzarono, i respiri spezzati e lo sguardo che vagava tra le macerie della piazza. Le rovine erano ancora lì, ma il palco in mogano era dominato da entità prive di corpo materiale. Quella era stata la prima volta che Blaine aveva intravisto Kurt. Era rimasto attonito quando aveva compreso l'origine di quel frastuono. Gli uomini in precedenza scomparsi avevano gli arti conficcati nella superficie del legno, ferite profonde solcavano loro le guance e gli sguardi rassegnati donavano una nuova espressività al volto. Ognuno di essi era affiancato da un omïri. Questi ultimi erano presenti in gran quantità, donne, uomini, bambini sorridevano pacificamente, i tratti che apparivano quasi angelici. L'attenzione di Blaine fu richiamata dalla figura di un omïri in particolare. Era l'unico tra essi a possedere degli occhi che assumevano una connotazione cerulea. I capelli erano perfettamente composti, il capo adornato da una corona costituita da arbusti che s'intrecciavano l'uno con l'altro donando colore alla sua figura. Il corpo era fasciato da una tunica bianca e malconcia, caratteristica degli schiavi di un tempo, che si contrapponeva alla severità del volto stesso. All'improvviso la donna accanto a lui si schiarì la voce.
Aveva un corpo flessuoso, le mani morbidamente adagiate sui fianchi e lo sguardo fisso davanti a sé, intento a scrutare la folla, alla ricerca di un elemento agli altri sconosciuto, socchiuse con delicatezza le labbra e rilasciò una minuscola emissione di voce, che attraversò le orecchie degli ascoltatori, accarezzandole e richiamandole all'attenzione. Le parole sgorgavano precipitosamente dalla sua bocca, quasi non volesse arrestarne il flusso e, seppur gli ascoltatori non fossero capaci di comprendere il significato dei termini da lei proferiti, fu impossibile distogliere lo sguardo. Ogni singolo fattore in lei appariva soggiogante, dalla pelle del collo lasciata scoperta dall'abito che indossava, fino ad arrivare alle sue caviglie sinuose, ornate da un sottile strato di edera che ne ridefiniva il contorno. L'attenzione di Blaine, però, era totalmente riservata all'omïri dagli occhi cerulei. Blaine spalancò con leggerezza la bocca e osservò ogni minimo dettaglio del corpo del ragazzo, come volesse imprimerselo sulla retina degli occhi. Egli rivolse un minimo cenno del capo a Blaine, socchiudendo gli occhi per osservarlo meglio, prima di limitarsi a volgere il capo verso l'artefice del discorso. Dei gemiti di dolore provenienti da alcuni prigionieri, riscossero la popolazione dall'inebriante discorso, lasciando che le parole volteggiassero in aria, disegnando dei cerchi concentrici e svanissero immediatamente. Un cipiglio di preoccupazione solcò il volto della donna che si rivolse al ragazzo dagli occhi cerulei alla sua destra, bisbigliando al suo orecchio. Il ragazzo in questione osservò la scena davanti a sé perplesso, prima di rivolgere alla donna un leggero cenno del capo, in segno di conferma. Per un solo istante Blaine pensò che l'intenzione degli omïri fosse di dialogare per trovare una soluzione comune e porre fine al supplizio che aveva afflitto gran parte della popolazione per secoli. Si ricredette solo dopo aver notato l'espressione disgustata di Kurt, manifestata da un suo labbro leggermente contratto e dal nervosismo che traspariva dai suoi movimenti. L'omïri si avvicinò con estrema cautela al primo uomo, che reggeva tra le mani quello che pareva un vecchio ritratto, aveva gli occhi socchiusi e le labbra tirate in una linea sottile, tentava di evitare che le lacrime iniziassero a sgorgare, nel timore che non potessero più arrestarsi. Il cuore di Blaine fu scosso da un'emozione sconosciuta che il ragazzo identificò come pena. Il suo unico desiderio era di azzerare la distanza, accovacciarsi vicino all'uomo e slegare le sue mani, così da poter restituire ad egli la libertà di cui era stato privato. Blaine era così stanco delle costrizioni, che dovette stringere le mani in un pugno, al fine di non portare a termine il suo iniziale intento. L'uomo sollevò per un impercettibile istante il suo sguardo verso Kurt, che con prontezza sguainò un ramo dalla punta aguzza e gli tagliò la gola con un movimento fluido ed esperto. Gli occhi rivolti altrove. Blaine si portò una mano alla bocca e osservò stupito sua madre che gli strinse la mano e se la avvolse al petto. Il resto degli abitanti esplose in una serie di boati ed esclamazioni che aumentarono in maniera esponenziale quando anche il secondo prigioniero fu ucciso. Blaine fissò attentamente Kurt, sciolse la presa dalla mano di sua madre e avvolse gli arti intorno al suo corpo, quasi volesse assicurarsi che esso non cadesse in pezzi a causa dei violenti tremiti che lo scuotevano. Molti tentarono di intervenire, urlando e scagliandosi contro gli omïri. Il loro corpo fu avvolto da una spirale dorata che causò il momentaneo mal funzionamento degli arti, impedendo loro di portare a termine il loro intento e immobilizzandoli sul posto. Blaine spalancò leggermente la bocca e sgranò gli occhi, quando comprese l'origine della sorgente luminosa. Era uno spiraglio di luce solare che, incanalato nel corso degli anni, avvolgeva interamente il corpo degli attentatori. Gli occhi degli abitanti furono rivolti al terreno scabro. Delle leggere macchie cremisi ne macchiarono la superficie, inizialmente a tratti ridotti e in seguito sostituite da un movimento copioso, che raggiunse le estremità degli uomini presenti. Blaine si allontanò, mosso da un sentimento di ribrezzo e fu attratto da un bisbiglio comune. Al suo fianco apparse l'omïri dagli occhi cerulei, e Blaine si limitò a fissarlo intontito prima di comprendere l'intenzione di quest'ultimo. Con un movimento fluido, la creatura si avvicinò a sua madre, sfilando con cautela l'arma dalla tunica e incidendole il polso, prima di unire le loro mani. Blaine spostò il suo peso corporeo in avanti, e si rese conto dell'esistenza di un fattore esterno sconosciuto che ne ostacolava il movimento. Le lacrime iniziarono a sgorgare abbondantemente dagli occhi, impedendogli di avere una chiara visualizzazione dell'ambiente esterno. Blaine diede un colpo saldo alla superficie invisibile e poté quasi avvertire essa dissolversi nell'aria, come non fosse mai apparsa. Gli occhi di Kurt si rivolsero a Blaine, mentre un cipiglio di preoccupazione stravolgeva il suo volto.
Blaine si avvicinò a sua madre, ignorando deliberatamente lo sguardo della creatura e si aggrappò al suo braccio, come aveva fatto tanti anni prima, durante lo svolgimento della Separazione.
Gli occhi della madre erano neri e cupi, eppure era possibile intravedere la stretta catena di lacrime che minacciavano di riversarsi da un momento all'altro.
Per un istante Blaine temette di dover dire addio al genitore e fu avvolto dalla devastante sensazione di non poter vivere senza di lei. Tutta l'infelicità di Blaine era stata avvolta dai confortanti abbracci di sua madre che alleviavano le sue afflizioni e facevano sì che una minuscola parte di lui non perdesse la speranza. Kurt allentò la presa e rivolse un ultimo sguardo a Blaine prima di avviarsi a grandi falcate verso il palco. Gli omïri si dissolsero nel nulla, causando un sentimento di confusione nell'animo degli uomini. Questi ultimi si osservarono intorno straniti, prima di avvicinarsi al luogo che aveva ospitato i corpi dei defunti e notare con orrore la scomparsa dei suddetti. Una luce avvolgente investì gli occhi di Blaine, che la osservò stupefatto, riconoscendola immediatamente. La luce del sole generò un leggero formicolio che si espanse sulla sua pelle. Egli chiuse gli occhi e respirò profondamente, godendo appieno dell'invitante sensazione del sole che gli accarezzava la cute. Gli altri uomini portarono una mano dinanzi al volto, quasi come se la luce li ferisse, infliggendo loro una sofferenza tale da esortarli a sperare che il fenomeno si esaurisse. Con orrore di Blaine sua madre cadde rovinosamente a terra, provocando un tonfo che risuonò nelle antiche memorie del bosco. Blaine si accasciò al suo fianco e iniziò a piangere, osservando sua madre rivolgergli un timido sorriso prima di precipitare nell'oblio.

*

Erano trascorse esattamente quattro settimane dalla comparsa degli omïri e quel breve periodo era stato sufficiente per far sì che in Blaine nascesse una sensazione di ribrezzo al solo pensiero dell'accaduto. La popolazione viveva nel terrore. Da quel preciso istante gli omïri avevano preso possesso del territorio degli uomini. Le vittime venivano reclamate ogni due mesi, un sempre maggiore numero di persone era ucciso davanti agli occhi della popolazione, facendo sì che ognuno di essi fosse dilaniato dal pensiero di non poter intervenire e allo stesso tempo terrificato all'idea di poter essere il prossimo. Blaine aveva semplicemente smesso di assistervi dopo la terza volta.
Si era rifugiato in prossimità del laghetto e aveva lasciato che il fragore, provocato dallo scontro delle masse d'acqua e le rocce, avvolgesse i suoi pensieri e gli impedisse di rivolgerli alla condizione del resto dei suoi concittadini. Si erano susseguite riunioni in maniera esponenziale. Alcuni rappresentanti, familiari degli individui uccisi, avevano assunto il comando di un gruppo di abitanti che si opponeva al dominio degli omïri. Tutto il processo era inutile poiché gli omïri diventavano sempre più forti e spietati. Non si limitavano a catturare una determinata fascia della popolazione ma si dimostravano senza scrupoli nella scelta. Alcuni di loro avevano sottratto un bambino a sua madre e avevano fatto sì che la gola della donna andasse in fiamme a causa delle urla, che gli occhi e le guance fossero invasi di lacrime e che il suo corpo precipitasse a terra prima di porre fine alle sue sofferenze. Attentare alla vita degli omïri pareva un obiettivo irrealizzabile. Più volte gli uomini avevano tentato di attraversare la barriera che li separava da loro, ma le loro azioni erano rese vane da un minuscolo cenno della mano. I loro bulbi oculari erano colmi di una sostanza bizzarra, simile al fumo che permetteva agli omïri di terminare il loro processo prima di lasciare che l'individuo in questione avesse nuovamente pieno possesso del suo corpo. La situazione non era migliorata per la madre di Blaine, Kaelie. Quest'ultima era costantemente adagiata sulla morbida superficie del triclinio e Blaine entrava nella sua camera tutti i giorni, le riservava l'accenno di un sorriso e le raccontava le sue vicende. Il cambiamento della figura materna fu, con grande stupore di Blaine, graduale. Il colorito olivastro che l'aveva sempre resa simile al figlio iniziò a sbiadire, per cedere il posto ad una colorazione talmente pallida da apparire quasi trasparente agli occhi di un estraneo. Il suo viso era adombrato da un'espressione esausta, e con il trascorrere del tempo, anche i suoi sorrisi divennero maggiormente tirati, come se le costasse uno sforzo immane compiere quel gesto. Solo in seguito arrivarono gli incubi. Avvenivano nel pieno della notte e Blaine si avviava a grandi falcate nella stanza della madre, tentando di alleviare le sue afflizioni, ma l'unica cosa che poteva fare era stringerle la mano e sperare che il fenomeno passasse con rapidità. Blaine soffriva terribilmente quando notava Kaelie in preda alle convulsioni, che si aggrappava alla coperta, facendo sì che gli arti diventassero quasi bianchi e che stringeva gli occhi, come se desiderasse aprirli e svegliarsi, ma allo stesso tempo non ci riuscisse. Totalmente demoralizzato, Blaine si rifugiava nell'unico luogo capace di alleviare le sue sofferenze, il lago stesso. Il ragazzo non era ancora riuscito a spiegarsi quale elemento di quell'ambiente avesse la capacità di rassicurarlo. Le acque erano talmente scure da impedirgli di visualizzare il fondale adornato di conci.

Una volta, Blaine aveva provato ad allungare la mano, con l'obiettivo di esplorare il fondale del lago, ma essa si era intorpidita e, non appena aveva sfiorato le acque, aveva iniziato a bruciare. Blaine, terrificato, aveva deciso di tornare a casa, con l'intento di non mettervi più piede. Dopo alcune settimane di assenza, però, la sensazione di sconforto era tornata, e per Blaine era come se un masso si fosse posto sui suoi polmoni, ostacolando la respirazione. Blaine vagava per il villaggio e alla fine senza rendersene conto, si era ritrovato seduto su uno dei tronchi maggiormente vicini alla superficie della distesa d'acqua. Quel giorno il ragazzo si limitava a ruotare tra le sue mani il ramo appuntito che l'omïri dagli occhi cerulei aveva utilizzato per ferire sua madre, provocando dei tagli netti sui polpastrelli delle dita. Blaine osservava l'oggetto come se quest'ultimo potesse rivolgersi a lui e riferirgli quali provvedimenti adottare per variare la situazione in paese. Alla fine si allontanò dal ramo con un sospiro esasperato e si avviò sulla sponda del lago. Le acque erano tetre come sempre eppure qualcosa era diverso quel giorno, poiché l'attenzione di Blaine fu attirata dalla presenza di un minuscolo bagliore di luce. Blaine avvicinò la mano alla superficie dell'acqua, affondò l'arto in profondità e provò a sfiorare l'oggetto luminoso. Il tocco di Blaine fece sì che il bagliore triplicasse d'intensità e ricoprisse totalmente il fondale del lago. Il ragazzo sgranò gli occhi, mentre un sorriso sorpreso gli si dipingeva sul volto. Sollevò gli orli dei pantaloni e immerse i piedi nell'acqua prima di piegarsi e avvicinarsi ulteriormente. Con stupore di Blaine l'acqua non era fredda come la ricordava, ma si presentava come incredibilmente calda, il solo tocco era capace di trasferire strane sensazioni al suo intero corpo. Gli abiti di Blaine s'impigliarono ad una roccia nelle vicinanze e il ragazzo tentò con tutte le sue forze di spostare il peso del corpo dalla parte opposta con l'obiettivo di liberarsi. Provò a stringere il pantalone tra le dita e a tirare con prontezza, ma le dita scivolavano sulla stoffa bagnata e in un momento di debolezza Blaine precipitò in profondità. Le mani si muovevano convulsamente nella speranza di raggiungere al più presto la superficie. La corrente spazzò via il corpo di Blaine e il ragazzo avvertì la ruvida consistenza delle rocce che gli graffiavano la guancia. Per un istante Blaine ebbe il timore che quella potesse essere la sua fine, si diede mentalmente dello sciocco per essersi rivelato così ingenuo da non credere che l'intera situazione fosse una trappola. Chiuse gli occhi e fu in procinto di prendere una boccata d'aria con rassegnazione prima di provare a darsi un'ultima spinta e ad attendere che la forza di gravità facesse i suoi frutti. La superficie dell'acqua fu squarciata dalla figura di Blaine che iniziò a respirare in maniera affannosa, prima di cominciare a spingersi verso a riva. Blaine approdò e afferrò il terreno più forte che poté, attendendo che i tremiti del suo corpo si arrestassero. Il ragazzo era intento a compiere dei movimenti circolari con la mano quando i polpastrelli rivelarono qualcosa di morbido e delicato che era adagiato sopra di essa. Blaine identificò nell'immediatezza la figura di un fiore e ne accarezzò con dolcezza i bordi, quasi avido di avvertire la sua piacevole consistenza. Il ragazzo sollevò lo sguardo e all'improvviso i suoi tremiti si arrestarono per cedere il posto ad una strana ma appagante sensazione di stranezza. Blaine notò con sorpresa di essere adagiato su una morbida coperta di erba, i cui fili gli solleticavano leggermente la schiena e con lo sguardo rivolto al cielo terso. Il prato era adornato dalla presenza di fiori di tutte le tipologie, le loro tonalità variavano dal bianco immacolato al rosso più sgargiante. Anche la consistenza dell'aria appariva notevolmente differente rispetto ai suoi luoghi abituali. Pareva che quest'ultima penetrasse a fondo nei suoi polmoni e accompagnasse i suoi movimenti, con l'obiettivo di agevolarli rendendoli più leggeri. Anche il piccolo lago situato nell'angolo destro dell'ambiente aveva subito una variazione. Le acque erano limpide ed erano rese ancora più meravigliose dalla collisione della loro superficie con le particelle solari. Esse facevano sì che l'acqua del lago splendesse, come se migliaia di costellazioni fossero dipinte sopra di essa. Blaine avvicinò il palmo della mano al volto e inspirò. Desiderava imprimersi il profumo del fiore nella mente, così da richiamare quel ricordo, nelle situazioni più disperate. Un leggero scricchiolio si levò dal terreno alle sue spalle e Blaine si voltò, stringendosi le braccia intorno ai fianchi nel desiderio di proteggersi dall'ignoto. Una figura si fece strada nella sua visuale e Blaine fu piacevolmente stupito di scoprire che si trattava dell'omïri dagli occhi cerulei. Era a qualche centimetro di distanza da lui e sembrava immerso in un sonno profondo. I capelli gli ricadevano morbidamente sulla fronte e sul volto era dipinta un'espressione corrucciata. Le labbra erano socchiuse e rilasciavano minuscoli accenni di aria calda che s'infrangevano sul braccio di Blaine provocandogli milioni di scosse che si propagandavano sul suo tessuto cutaneo. Blaine avvicinò sperimentalmente la mano all'arto dell'omïri, sfiorandola e stupendosi ulteriormente. Aveva sempre creduto che gli omïri fossero come fantasmi, che a loro non fosse possibile sfiorare le persone, che fossero come delle anime alla ricerca del loro corpo, per ritrovare la pace. Eppure la mano non era stata affondata in una superficie priva di materiale, ma aveva trovato un corpo caldo e mosso dal respiro sommesso esattamente come il suo. Gli occhi dell'omïri si spalancarono rivelando a Blaine una colorazione cerulea che gli irretì i sensi per qualche istante.
L'omïri arretrò con un movimento brusco e raggiunse la posizione eretta prima di puntare i suoi occhi in quelli di Blaine, rivolgendogli un'occhiata sospettosa. Blaine abbassò lo sguardo, le guance visibilmente arrossate e iniziò a prendere boccate d'aria con la bocca. "Fantastico.", proruppe l'omïri sprezzante, con le braccia rivolte verso il cielo.
"Effettivamente mancava a questa meravigliosa giornata l'adorabile presenza di un figlio di Maeli, nel mio territorio." Blaine alzò improvvisamente lo sguardo e spalancò la bocca. "Un cosa?" disse con la voce ridotta a un sussurro. "Chi ti ha mandato?" continuò l'omïri avvicinandosi a Blaine e assumendo una posizione minacciosa. Blaine scosse il capo, confuso e si rivolse direttamente all'omïri.
"Non mi ha mandato proprio nessuno." Io-io non so neanche dove diamine mi trovo. Sono caduto nel lago e- e pensavo di morire, e poi c'è stata quella corrente ed è stato tutto terribile ed io non so... " Una mano posta sulle sue labbra aveva impedito a Blaine di continuare il suo sproloquio, l'omïri lo fissava scocciato. "La cerimonia è tra due mesi, ti riporterò indietro e tutto si sistemerà. Tu non parlerai di tutto ciò con nessuno o potrei farmi sfuggire- ecco per puro caso il tuo nome con Amalie e tu saresti il prossimo umano a morire. Sono stato sufficientemente chiaro?", concluse l'omïri con espressione seria e un tono così calmo che fece rabbrividire Blaine.
"Chiarissimo, vorrei contestare solo un punto del tuo formidabile piano. Tu non conosci il mio nome.", rispose Blaine in un improvviso atto di coraggio, con le braccia incrociate al petto perché lo sguardo dell'omïri era quasi in grado di perforarlo e Blaine non riusciva a tollerare la sensazione di freddo emanata dalla postura rigida dell'altro. "Potrei fartelo confessare con la forza." borbottò l'omïri con risolutezza.
"Se avessi voluto farmi del male, mi avresti consegnato agli altri individui della tua specie."
"Bene.", disse l'omïri a denti stretti, sollevando una mano e allontanandosi dal corpo dell'altro. Blaine approfittò dell'occasione per portare avanti una richiesta.
"Io ti dico il mio nome se tu mi dici il tuo."
L'omïri lo osservò sconvolto prima che il suo tentativo di rispondere fosse interrotto dalle parole di Blaine. "Ascolta-disse con voce incredibilmente calma- io voglio andarmene da qui, ma devo essere sicuro che una volta tornato a casa tu non riferirai il mio nome ad A-qualcosa. Il tuo nome è una garanzia, ognuno di noi ha qualcosa da usare contro l'altro, no?"
"Va bene." sputò fuori l'altro.
"Ma se fai un solo passo falso, ne pagherai le conseguenze."
"Okay." rispose Blaine con tono sommesso.
Quando quel giorno scoprì il nome dell'omïri, provò una strana sensazione. Arrotolò sperimentalmente le r sulla lingua per prolungarne il suono e rimase stupito dall'effetto sortito. Quando anche Kurt pronunciò il suo nome, Blaine pensò di non aver sentito mai niente di più bello.

*

Il resto della giornata passò tranquillamente, Blaine rimase steso in prossimità del lago, approfittando della sensazione di libertà che l'intera radura aveva suscitato in lui. Con le braccia incrociate sotto il capo, e un occhio semichiuso a causa del contatto diretto con la luce solare, posava lo sguardo sulla figura di Kurt, intento a parlottare tra sé e sé. Poco prima che il sole tramontasse Kurt si avvicinò a Blaine con un atteggiamento talmente furtivo da farlo sussultare. Blaine non aveva ancora compreso cosa provare nei confronti di Kurt. Una parte di lui era terribilmente e irrimediabilmente infuriata con l’omïri, a causa del danno che aveva provocato a sua madre. Un'altra parte era restia a fidarsi, sempre sull'attenti, come se Blaine dovesse attendere un attacco di Kurt da un momento all'altro. Poi c'era un'altra parte ancora. Una porzione dei suoi pensieri che lo stesso Blaine non riusciva a spiegarsi, che lo induceva a provare quasi compassione nei confronti dell'altro ragazzo. Perché Kurt non poteva desiderare il peggio per le persone. Perché-continuava a ripetersi Blaine- era davvero impossibile che un ragazzo il cui aspetto era tanto simile a quello di una creatura ultraterrena, potesse compiere delle soverchierie. Eppure la voce di sua madre continuava a farsi strada nella mente di Blaine, riportando a galla antichi ricordi. Kaelie un giorno aveva sottolineato a Blaine, come a volte fossero le persone di cui è impossibile sospettare a portare a termine i peggiori propositi per gli individui che avevano intorno. Così Blaine convinto dall'idea di sua madre, distoglieva lo sguardo, puntandolo al terreno e tentando di impartire un ordine ai suoi pensieri, per evitare che essi rimanessero focalizzati sulla figura di Kurt. Quest'ultimo lo aveva condotto all'interno di una radura particolarmente spaziosa. Gli occhi di Blaine si posarono sulla piccola parte di terreno che gli era stata indicata da Kurt prima che quest'ultimo dicesse in modo intenzionalmente burbero:
"Puoi dormire qui, è un posto isolato e impedirà agli altri omïri di vederti nel caso dovessero trovarsi da queste parti." Blaine si limitò ad annuire, mordendo un labbro tra i denti per evitare di scoppiare a piangere. Perché improvvisamente l'idea di dover trascorrere una notte lontano da sua madre e dai suoi incubi, non gli appariva meravigliosa come aveva creduto in precedenza. Avrebbe desiderato tornare indietro nel tempo, per evitare di cadere nel lago ed ebbe il travolgente timore di non ritrovare Kaelie al suo ritorno. Kurt parve accorgersi dell'umore di Blaine poiché quando quest'ultimo sollevò gli occhi al cielo e gli rivolse uno sguardo, il respiro di Kurt si arrestò con un movimento brusco e le sue spalle persero rigidità gradualmente. Kurt avrebbe continuato a ripetersi che si trattava solo di una coincidenza, perché alcune volte, dare delle giustificazioni irrisorie per comportamenti adottati offre l'invitante sensazione di tranquillità e la consapevolezza di avere ancora qualche istante prima di dover affrontare la realtà.

*

Era passata una settimana dall'arrivo di Blaine.
Il ragazzo trascorreva le sue intere giornate in compagnia di un Kurt silenzioso, che rivolgeva lo sguardo al lago e sembrava immerso in quella che dall'esterno poteva essere considerata una sorta di meditazione. La mancanza di sua madre dilaniava Blaine e i suoi sentimenti non erano avvantaggiati dall'evidente mutismo di Kurt. L'omïri posava un numero limitato di volte lo sguardo sulla figura di Blaine e ogni volta che ciò accadeva, rimaneva stupito dal suo aspetto malandato e dalle occhiaie che contornavano i suoi occhi, facendoli risultare più dorati di quanto fossero realmente. Il malessere di Blaine era provocato, inoltre, dal fatto che il ragazzo non riuscisse a trovare riposo. Ogni giorno, al tramonto, si recava nel luogo indicatogli da Kurt, provava a chiudere gli occhi, a concentrarsi sull'oscurità delle sue palpebre e attendeva che il sonno lo cogliesse, ma poi una sensazione di gelo gli si diffondeva per tutto il corpo e faceva sì che il ragazzo rabbrividisse. In quei momenti i pensieri di Blaine rimuginavano su avvenimenti passati. Ricordava della sua abitudine da bambino, di rifugiarsi nel triclinio di sua madre ogni volta che il gelo lo coglieva. Suo padre lo rimproverava malamente, ma la madre continuava ad accarezzare i suoi capelli ricci, a rivolgergli un sorriso rassicurante e ad avvolgere le mani di Blaine tra le sue per poterle scaldare. Blaine si lasciava andare ad un sospiro estasiato, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi avvolgere dal confortante riparo offerto dai suoi sogni.

*

Stavano per scadere le due settimane dall'arrivo nella terra degli omïri quando Blaine scoppiò in lacrime definitivamente. La radura aveva ormai perso il suo aspetto rigoglioso, cedendo il posto ad un ambiente scarno e quasi del tutto privo di vegetazione e Blaine se ne sentiva pienamente responsabile. Il ragazzo aveva avvolto le braccia intorno al suo corpo, con l'obiettivo di scaldarsi e di trovare conforto in un minimo di calore umano quasi nullo in confronto all'immutabilità dell'ambiente circostante e le lacrime iniziarono a sgorgare senza che lui se ne rendesse conto. Il petto era scosso da forti singhiozzi e il volto era affondato nella superficie del terreno. Blaine quasi non avvertì i passi di Kurt che si collocò con estrema cautela al suo fianco. "Blaine?" Sussurrò Kurt con voce sottile prima di adagiare la sua mano sulla sua spalla. Il ragazzo gli rivolse un sorriso acquoso prima di chiudere gli occhi e asciugare con prepotenza le lacrime. Il movimento delle sue mani fu arrestato dalla salda presa di Kurt, che chiuse gli occhi e respirò profondamente. I tremiti nel corpo di Blaine si arrestarono e il ragazzo fu avvolto da un rassicurante assopimento privo di sogni, che non lo aveva accompagnato per una considerevole quantità di tempo. Inutile sottolineare che da quell'episodio, Kurt si spostò silenziosamente più vicino a Blaine, prima del tramonto, abusando della giustificazione di avere una migliore visione del territorio da quella prospettiva. Una mattina Blaine allungò le braccia con l'obiettivo di riacquistare la sensibilità degli arti e si avviò a grandi passi in prossimità del laghetto. Kurt gli si stagliò davanti, con un cipiglio preoccupato stampato sul volto. "Stai bene?" Domandò a Blaine evidentemente interessato. Il ragazzo gli rivolse un sorriso prima di rispondere. "Grazie, per tutto quello che stai facendo Kurt, dico sul serio... Non so-non so che fare per dimostrarti quanto ti sono grato."
"Puoi sdebitarti con me accettando il mio invito." Disse Kurt con risolutezza.
Blaine lo osservò confuso.
"Quale invito?"
"Ci terrei a farti vedere il resto del paese, insomma- continuò Kurt gesticolando- sei qui da quanto? Due settimane? Mi sento in dovere di farti comprendere la superiorità del nostro territorio rispetto al vostro." Blaine sorrise all'atteggiamento impacciato di Kurt.
"Risponderai a qualche domanda?" Chiese Blaine curioso.
"Solo se risponderai alle mie domande anche tu." Ribatté Kurt.

*

Quel giorno Kurt lo condusse in un luogo popolato da omïri di tutte le età e le categorie. Alcuni di essi erano nascosti da grandi bancarelle, ornate da fiori e frutti di ogni tipologia. Altri gesticolavano animatamente, intenti a spiegare un concetto che con ogni probabilità ritenevano complicato. L'intero paesaggio era avvolto da una tale cacofonia di suoni e di colori che Blaine si spaventò quasi quando avvertì la mano di Kurt che gli sfiorava con delicatezza la spalla. Blaine diede una rapida occhiata a Kurt, misurando con attenzione le sue parole, prima di rivolgersi direttamente all'omïri.
"Come reagiranno loro alla mia presenza?"
"Non ti vedranno se tu non vorrai farti vedere.", rispose Kurt, cercando con gli occhi lo sguardo di Blaine per rassicurarlo in qualche modo.
"Giuro che funziona, tante volte-insomma prima di progettare ecco... Un-un attacco abbiamo osservato la situazione e... " Kurt era in evidente difficoltà, con lo sguardo rivolto verso il cielo, questa posizione permetteva a Blaine di scorgere le emozioni che popolavano il suo volto. Blaine lo interruppe con un sorriso, e rivolgendosi a Kurt disse:
"Allora... che bancarella visitiamo per prima?"
Kurt ridacchiò, coprendo la bocca con una mano quasi per soffocare la sua risata. Blaine avrebbe desiderato azzerare la distanza tra i loro corpi e liberare la bocca dalla presa della sua mano, per far sì che quel suono si librasse nell'aria, venendo intercettata chiaramente dal suo udito.

*

Da quel momento, Kurt accompagnò Blaine a visitare il villaggio e gli fece scoprire così tante cose che il cuore di Blaine perse un battito al pensiero delle poche settimane rimaste da trascorrere con Kurt.

*

Fu solo dopo alcuni giorni che Kurt regalò a Blaine un fiore.
"Per cos'è?" Domandò Blaine desideroso di conoscere la risposta. "Non che non mi piaccia, anzi è così carino... ma- insomma non hai ricoperto di fiamme la radura, costringendomi a dormire sulla sponda del lago, vero?" Kurt rise prima di accarezzare il fiore, sfiorando di conseguenza il dorso della mano di Blaine.
"Ci sono tanti petali e puoi- ecco puoi usare ogni petalo per comunicare con tua madre. Ho capito che ti manca quindi... Basta sussurrare il tuo messaggio e lasciare che il petalo sfiori la superficie del lago, arriverà al destinatario in poco tempo."
Gli occhi di Blaine erano leggermente lucidi e il ragazzo si gettò tra le braccia di Kurt, prima di sfiorare i capelli dell'omïri con la punta delle dita.
"Kurt-io non so che dire." Sussurrò nell'incavo del suo collo, inspirando profondamente.
Kurt strinse più forte Blaine, qualche secondo prima di allontanarlo per potersi trovare a pochi centimetri dal suo volto ed esordire il discorso con: "Presto tornerai a casa ma-credo che a tua madre farebbe piacere sapere che stai bene. Mi dispiace pensare che io non abbia avuto il coraggio di aiutarti prima." Blaine sorrise a Kurt, facendo brevemente il conto di quanti sorrisi l'omïri gli avesse rubato. Si avvicinò al volto di Kurt e lo strinse un’ultima volta prima di lasciarlo andare.

*

"Non scenderò lì sotto, Kurt" borbottò Blaine, con un piccolo broncio dipinto sul volto e le braccia incrociate al petto. Quel giorno si trovavano in prossimità di una piccola cascata e Blaine era rimasto semplicemente stupefatto ad una prima occhiata. Aveva stretto la mano di Kurt in un moto di ringraziamento, prima di comprendere la reale intenzione dell'omïri. Le cascate erano estremamente alte. La parte inferiore era caratterizzata da una grande quantità d'acqua che si scontrava contro il suolo, levando, a causa dell'impatto, un ammasso di schiuma tale da parere quasi una nuvola. Kurt aveva intenzione di raggiungere la cima della cascata e, per fare ciò, era indispensabile arrampicarsi su grandi ammassi di rocce e Blaine era semplicemente terrificato dalla prospettiva.
"Insomma, io-io lo sai che potrei cadere perché non sono molto ferrato nell'atletica" continuò mimando dei vaghi gesti con le mani.
"Sei terribile nell'atletica, Blaine." rispose Kurt voltandosi nella sua direzione, le sopracciglia leggermente arcuate e un'aria divertita.
"Ma pensavo che la mia presenza potesse infonderti un po' di coraggio."
"Facile a dirsi quando non si può morire, scaraventandosi contro il terreno" proruppe Blaine, sussurrando a bassa voce e parlando velocemente, come se non volesse farsi sentire. "Farò finta di non aver sentito Anderson. Continua così e potrei rivalutare l'ipotesi di sgozzarti con quel papillon." Blaine volse lo sguardo al cielo, con un sorriso divertito dipinto sul volto. "Sono confuso-bisbigliò - porti qui spesso le tue conquiste per ucciderle? Insomma non c'è anima viva in questo posto, farmi fuori non sarebbe così complicato."
"Ti sopravvaluti, Anderson" rispose Kurt, arrestando il passo per rivolgere lo sguardo al suo compagno di sventure.
"Uccidere te sarebbe immensamente più facile. Sai, credo che riuscirei a farlo anche in un luogo pubblico, basterebbe chiederti per favore di non urlare" continuò Kurt ridacchiando sommessamente. "Sei proprio un-un... " tentò di spiegare Blaine gesticolando animatamente.
"Un...?" ripeté Kurt leggermente scocciato, con il sopracciglio inarcato e le labbra distese in un sorriso. "Un idiota, io-ecco, l'ho detto" borbottò Blaine, assumendo una posa indignata, con le braccia incrociate dinanzi al petto.
E Kurt non poté fare a meno di ridere. Prima di guardare Blaine con dolcezza, afferrare con una presa salda la sua mano e sussurrargli "Prometto di non farti cadere." Blaine lo osservò con attenzione, sospirò rumorosamente e acconsentì con un impercettibile cenno del capo. "E poi-disse Kurt, evitando le rocce e intrecciando la mano a quella di Blaine- tu ancora respiri, quindi tecnicamente qualcuno di vivo c'é." Il ragazzo strattonò in braccio dell'omïri e gli disse:
"Ma fai sul serio?"
Kurt si lasciò andare ad una risata liberatoria e l'espressione fintamente indignata di Blaine fu sostituita dalla sorpresa, perché Kurt non aveva mai riso in quel modo e Blaine si augurò di poter sentire quel suono un innumerevole numero di volte nel corso della sua esistenza. Alla fine ne era valsa la pena. Anche se i solchi nei palmi delle mani di Blaine non erano dello stesso parere.

*

"Quindi-iniziò Blaine, giocherellando con un filo d'erba-voi omïri siete-uhm- come dire vivi?"
"Quindi-uhm-secondo te- lo scimmiottò Kurt- i morti parlano".
"Dai Kurt-lo rimproverò Blaine, strattonando il suo braccio per richiamarne l'attenzione- c'è qualcuno che sta cercando di essere serio qui." Kurt alzò gli occhi al cielo, prima di affiancare Blaine, di modo che le loro spalle si sfiorassero leggermente. Quando era vicino a Blaine, una strana sensazione lo pervadeva. Era quasi come se il suo corpo formicolasse e tentasse di modellarsi meglio a quello dell'altro ragazzo. Come se una forza immaginaria avesse voluto avvicinarlo a Blaine, per far sì che Kurt si acquisisse una maggiore familiarità con il corpo dell'amico.
"Siamo vivi sì-disse Kurt- e al contrario degli appartenenti alla tua specie, noi possiamo lasciare questo posto."
"Tu lo faresti?" chiese Blaine curioso, accarezzando il dorso della mano di Kurt.
"Blaine, per farlo dovrei essere stato esiliato per alto tradimento." rispose quest'ultimo semplicemente, prima di stringere le dita di Blaine tra le sue.
"Non sarebbe una buona idea? Farsi esiliare, intendo. Poter abbandonare tutto e ricominciare ancora una volta?"
"Non lascerò questo posto senza aver riavuto la mia vita, che esistenza sarebbe questa?" pronunciò l'ultima parola con particolare enfasi, allargando le braccia per indicare la vastità del luogo. Blaine s'irrigidì all'improvviso e ritrasse la mano, fingendo di interessarsi a un fiore dai colori sgargianti. Kurt parve rendersi conto dell'accaduto e avvertì l'inarrestabile esigenza di rimediare alle sue parole, di catturarle quasi, prima che potessero giungere alle orecchie di Blaine.
"Comunque-disse rivolgendo lo sguardo a una delle catene montuose nelle vicinanze- la mia vita è diventata più allettante da quando ci sei tu. Insomma, solo per fartelo-ecco-sapere."
Blaine lo guardò attentamente, sorridendo del goffo tentativo di Kurt.
"Non pensavo che un omïri potesse essere così." Kurt si limitò a sbuffare con leggerezza.

*

"Cosa ti rende diverso?", sussurrò Kurt rivolgendosi a Blaine.
"Adesso puoi dirmelo, no? Siamo amici. Sai che-tu sai che non ti tradirei mai vero?", continuò appoggiando la testa alla spalla dell'amico.
"Tralasciando la mia straordinaria bellezza, la mia incredibile intelligenza e la mia altezza suprema? Niente suppongo."
"Andiamo Blaine, sai di che parlo."
"No, non lo so." borbottò Blaine, sfiorandosi con aria pensierosa il mento.
Kurt si voltò verso di lui, per rivolgergli un'occhiata confusa.
"I tuoi occhi."
"I miei occhi?" ripeté Blaine. Kurt si stese sul terreno morbido, con i fili d'erba che gli solleticavano la schiena e lo sguardo indirizzato al cielo terso.
"Gli occhi degli esseri umani sono color onice, i tuoi sono-beh dorati in un certo senso. Com'è possibile?" chiese più a se stesso che a Blaine, giocherellando con un fiore nelle vicinanze.
"Io-rispose Blaine sedendosi vicino a lui- non lo so. Mia madre continuava a ripetermelo da bambino ma credevo tentasse di consolarmi." Kurt lo scrutò con attenzione.
"Suppongo che sia uno dei tanti misteri di questo mondo." sussurrò con una minuscola emissione di voce.
"Suppongo di sì." concluse Blaine stringendosi le ginocchia al petto e appoggiando la fronte ad esse.
*
Nel corso della quarta settimana Kurt rispose ad alcune domande di Blaine.
Gli illustrò la situazione degli omïri e la loro esigenza di eleggere un rappresentante ufficiale.
Kurt confessò a Blaine di essere considerato dagli omïri una sorta di principe.
Blaine lo aveva osservato sorpreso prima di sfiorare la spalla di Kurt giocosamente.
"Andiamo, Kurt- cosa ti rende diverso?" Disse facendo un riferimento alla conversazione che avevano avuto qualche giorno prima.
"Noi omïri-iniziò Kurt- possiamo controllare delle cose nel nostro mondo. Ognuno di noi ha delle caratteristiche specifiche, c'è chi può controllare il vento, chi l'aria... io-io posso controllare qualcosa di più astratto."
"Cosa nello specifico?" chiese Blaine con le sopracciglia inarcate, avvicinandosi al volto di Kurt per sentire meglio.
"Posso manipolare i sogni." ribatté Kurt velocemente, come se avesse fretta di terminare la conversazione. Blaine sgranò gli occhi e si avvicinò a Kurt prima di domandargli:
"Perché questa capacità è privilegiata rispetto alle altre?"
"Sottovalutare i sogni non è mai stata una buona idea, Blaine. Manipolarli è paragonabile al tentativo di introdursi nei pensieri di un individuo, modificandoli a proprio piacimento. Tutte le caratteristiche che lo distinguono dagli altri, tutti i suoi desideri più celati, possono essere controllati attraverso le elucubrazioni mentali."
Kurt si affrettò a continuare prima che l'altro ragazzo potesse rispondere. "C'è anche un'altra caratteristica che mi ha reso un sovrano per gli omïri. Io-sono una sorta di controllore, conduco gli omïri ad Olimpide e impedisco agli umani di entrare nel nostro territorio."
Blaine spalancò la bocca, mentre giocherellava con la punta delle dita di Kurt. Si prese qualche secondo per assimilare le informazioni che l'amico gli aveva riferito e chiese con sincero interesse: " Come ho fatto ad arrivare qui, allora?"
"Mi sono addormentato.", rispose Kurt con una scrollata di spalle. "Ho abbassato la guardia e ho lasciato il passaggio tra i nostri territori aperto, tu l'hai notato e sei arrivato in questo posto. "
"Di conseguenza... puoi aprire passaggi per il nostro mondo quando preferisci ?"
"Non proprio- cioè posso farlo ma ogni passaggio mio gesto è esaminato con rigore da Amalie." Kurt si osservò intorno con circospezione prima di continuare.
"Con ogni probabilità sapranno di te presto. Per questo motivo dei rimanere qui Blaine, okay? Ti accompagno io ovunque tu voglia andare ma che non ti venisse in mente di andare in giro da solo di tua spontanea volontà, se tu lo facessi, ti ucciderebbero nell'arco di tre secondi."
"Perché- disse Blaine con esasperazione- per quale motivo dovete assassinarci? E soprattutto perché proprio adesso? Perché non prima?"
Kurt passò la mano sulla fronte di Blaine, per scostare alcuni capelli che si erano depositati sopra di essa.
"Stiamo cercando di scoprire come tornare umani. Deve essere qualcosa- un elemento assente prima della Separazione. Credevamo che la risposta fosse la convivenza civile, così abbiamo trascorso secoli ad osservarvi, ad esaminare le vostre scelte, a ponderare le vostre decisioni eppure nulla è variato. Abbiamo iniziato a credere che quello che mancava fosse la vendetta, così abbiamo deciso di uccidere gli individui della vostra specie, come voi avete fatto con la nostra in passato, ma- come puoi capire, non sta esattamente funzionando."
"Allora perché non smettete e basta?" continuò Blaine confuso.
Kurt gli rivolse un sorriso mesto.
"Perché rimanere fermi ad attendere una soluzione è snervante, convincersi che la propria intuizione sia corretta fa sì che ognuno di noi si senta meno inutile di fronte a tutto questo."
Kurt si alzò e offrì la mano a Blaine, e il ragazzo comprese il desiderio dell'omïri di porre fine alla conversazione

*

Quel pomeriggio Blaine commise un'azione di cui si sarebbe immensamente pentito nelle settimane seguenti. Prese tra le mani il fiore che Kurt gli aveva donato qualche settimana prima, e ne estrasse un petalo. Lo tenne tra le mani per qualche secondo e riferì con un minuscolo soffio di voce il resoconto che Kurt gli aveva fornito quel pomeriggio. A denti stretti lasciò che il petalo si depositasse sulla superficie del lago e sparisse dalla sua visuale. Quando Kurt tornò da lui quel pomeriggio, offrendogli un sorriso enorme e stringendo la mano del ragazzo tra la sua, Blaine barcollò quasi, avvertendo un macigno posto sul petto che gli ricordava costantemente il suo tradimento nei confronti di Kurt. Quella stessa notte si sentì quasi un vigliacco al pensiero di poter approfittare del profumo di Kurt e del calore del suo corpo accanto al suo. Blaine fu in procinto di riferire a Kurt ciò che era accaduto qualche ora prima, e questo aveva destato la preoccupazione dell' altro. All'improvviso nella sua mente fu proiettata l'immagine dell'uomo che reggeva tra le mani l'antico ricordo di famiglia prima di essere ucciso e Blaine si morse il labbro inferiore, per arrestare l'uscita delle parole che desiderava pronunciare.

*

L'umore di Blaine peggiorò ulteriormente quando Kurt gli diede la notizia del decesso della madre. L' omïri gliel'aveva comunicato a capo chino, stringendo le mani in un pugno e conficcando le unghie in profondità, ferendosi i palmi. Blaine era scoppiato a piangere all'improvviso e Kurt allora aveva alzato lo sguardo puntandolo in quello dell'altro ragazzo, inclinando la testa per rivolgergli uno sguardo di scuse. Kurt si allontanò con cautela per consentirgli di rimanere solo, quando il suo braccio fu intrappolato dalla presa ferrea di Blaine che lo trascinò accanto a sé per stringerlo in un abbraccio. In quel momento, realizzò Blaine, non gli restò nient'altro che Kurt, così si aggrappò con maggiore forza a lui, lasciandosi trasportare dalle lacrime e continuando ad avvertire le scuse dell'altro, sussurrate direttamente all'interno del suo orecchio.

*

L'ultimo istante di tranquillità tra Kurt e Blaine si svolse in una serata di Dicembre. Mancavano pochi giorni prima dello svolgimento della cerimonia e Blaine tentava con tutte le sue forze di godere appieno della presenza di Kurt. L' omïri era in procinto di accompagnare Blaine all'abituale radura e di stendersi al suo fianco per conciliare i suoi sogni, quando un minuscolo frammento di neve cadde dal cielo e si depositò sulla spalla di Kurt. I due si scrutarono reciprocamente prima di sorridere e avviarsi al laghetto, per approfittare di quell'avvenimento inusuale. In pochi secondi l'interno territorio fu invaso da una distesa così bianca da apparire immacolata e Blaine si avvicinò maggiormente a Kurt per scaldarsi.
"Nevica.", sussurrò Kurt all'orecchio di Blaine, prima di immergere il suo naso nell'incavo del collo dell'altro. Blaine rabbrividì allo sfregamento del naso di Kurt contro il suo collo, prima di rivolgere un impercettibile sorriso all'altro ragazzo. La neve aveva portato con sé anche dei microscopici esseri-Blaine li identificò simili a lucciole- che si depositarono sulle cortecce degli alberi, si adagiarono sul terreno e ricoprirono totalmente la superficie del lago. L'oscurità della notte era stata spazzata via dalla loro presenza e Blaine distolse lo sguardo solo per un momento, con l'obiettivo di osservare indisturbato la figura di Kurt.  Lasciò che i suoi occhi vagassero sulla sua mascella definita, illuminata dall'intermittenza di luci emanate dalle creature attorno a loro, soffermandosi sull'espressione esterrefatta dell'altro le guance arrossate dal freddo e le sue labbra piene e rosee che improvvisamente annebbiarono la mente di Blaine. Il ragazzo pensò alle settimane trascorse con Kurt, alla loro abitudine di dormire al tramonto, alla sensazione suscitata dal tocco della mano di Kurt, al sorriso del ragazzo stesso ogni mattina e pensò che non ci fosse momento più giusto di quello per azzerare l'onerosa ed effimera distanza che li separava. Così toccò la mano di Kurt per richiamarne l'attenzione e poi, senza riflettere, appoggiò le sue labbra su quelle dell'omïri, in un timido sfregamento. Kurt s’immobilizzò leggermente, prima di ricambiare la stretta del ragazzo accanto a lui, e i due iniziarono a muovere in maniera sperimentale le labbra dell'altro. Si allontanarono solo quando la loro riserva di ossigeno si esaurì . Blaine accarezzò la guancia di Kurt prima di separarsi dalle labbra dell'altro, con riluttanza. Kurt fu certo di non aver mai avuto una maggiore percezione del battito accelerato del suo cuore, che premeva contro la cassa toracica, minacciandolo di fuoriuscire da essa con prepotenza. I due sorrisero ancora una volta, Blaine aveva le mani di Kurt strette tra le sue e lo guardava con un'espressione di consapevolezza dipinta sul volto. I suoi occhi avevano una luce differente quella sera- costatò Kurt- così volle approfittarne appieno prima che il tempo li riportasse bruscamente alla realtà.

*

Blaine era angosciato quel giorno, per una motivazione a lui stesso sconosciuta. La situazione degenerò in maniera definitiva quando un rumore di passi risuonò per l'intera radura. Kurt si era avvicinato a Blaine e con un cipiglio dipinto sul volto, gli aveva raccomandato di nascondersi.
"Ricorda quello che ti ho detto- gli aveva ricordato Kurt- possono vederti solo se tu desideri che lo facciano."
Avevano a malapena avuto il tempo di salutarsi quando il corpo di Kurt fu scaraventato contro una delle pareti nelle vicinanze. L'omïri fu trattenuto da due braccia imponenti che appartenevano a individui della sua stessa specie e Kurt rivolse un ultimo sguardo a Blaine prima di essere trascinato in paese. Blaine lo aveva seguito, a grandi falcate e il timore di essere scoperto era stato sostituito dalla preoccupazione riservata alla tutela dell'incolumità di Kurt. Condussero quest'ultimo all'interno di una piccola cella di vetro di forma ovale, chiusa ad entrambe le estremità e delimitata da una ristretta cerchia di guardie. Blaine provò ad oltrepassare la soglia, ma fallì miseramente. Trascorse il resto della serata ad attendere il cambio della guardia. L'attesa era snervante e Blaine era così stanco che per un secondo fu sul punto di addormentarsi, fu solo un sonoro vociare a riscuotere la sua stanchezza e a richiamare la sua attenzione. La donna che assisteva alle cerimonie, Amalie, si fece strada nella cella ovale e rivolse un'occhiata sprezzante a Kurt. Aveva assunto una posa rigida, che le conferiva un'espressione regale e che riuscì ad incutere timore a Blaine, esortandolo a distogliere lo sguardo. Fu solo dopo che Amalie entrò e intraprese una conversazione con Kurt che Blaine assistette al cambiamento d'espressione di quest'ultimo. Blaine provò quasi un dolore fisico quando notò l'atteggiamento fiero e altezzoso di Kurt lasciare spazio all'ira e alla delusione . La donna parlava in maniera concitata e si rivolgeva a Kurt come se desiderasse evidenziare elementi risaputi. Quando Amalie uscì dalla cella, Blaine sgattaiolò dentro e si dispose al fianco di Kurt, si concesse solo qualche istante per riprendere fiato e per osservarsi intorno con circospezione, assicurandosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, prima di proferire con una sottile emissione di voce il nome di Kurt. L'altro ragazzo lo osservò e si allontanò da lui, i tratti del volto contratti in un'espressione severa. Blaine si morse il labbro inferiore per trattenere le lacrime e provò ad avvicinarsi a Kurt , quando egli gli rivolse uno sguardo imperscrutabile.
"Kurt, puoi-solo- ascoltarmi?" , disse Blaine, scrutando Kurt, in attesa di una reazione.
"Sei venuto qui per quale motivo esattamente?", sbottò Kurt con rabbia.
"Tanto non hai più nessuna informazione da estorcermi, per i tuoi adorati amichetti."
"Estorcerti?”, domando Blaine confuso.
"Mi hai riferito tutto maniera spontanea, non ho fatto niente per convincerti a dirmelo."
Kurt lo osservò con attenzione, le labbra serrate e i muscoli contratti in una posizione difensiva.
"Mi sono fidato di te e tu mi ripaghi così. Ti ho ospitato nel mio territorio, mi sono preoccupato per te, ti ho-dannazione Blaine- ti ho baciato." Kurt rivolse lo sguardo altrove e si allontanò ulteriormente da Blaine.
"L'ho fatto solo perché il pensiero di non poter fare nulla per aiutare mi straziava, Kurt, non potevo continuare a vedere gente morire davanti ai miei occhi, non volevo metterti nei guai... Io- io mi consegnerò, è stata colpa mia no? Mi consegnerò , dirò quello che é successo e ..."
"Amalie voleva solo una scusa per occupare il mio posto, sei un idiota se credi che il tuo piano cambierà le cose, ormai è tutto inutile, siamo condannati." Continuò Kurt sprezzante.
"Cosa significa questo?" Domandò Blaine, la voce più acuta del solito a causa della preoccupazione.
"Mi hanno sollevato dal mio incarico, mi esilieranno e io dovrò vivere per sempre in questo stato.”, disse Kurt indicando la sua figura e ponendo la testa tra le sue ginocchia per fare sfogo ad un pianto liberatorio. Blaine non aveva mai visto Kurt piangere e i singhiozzi dell'altro ragazzo gli entrarono nella mente, offuscandola totalmente.
"Okay.", proruppe Blaine con tono risolutivo. Estrasse dalla tasca tutti i rifornimenti che aveva prelevato prima di partire e tra di essi trovò un piccolo frammento di legno, abbastanza appuntito per portare avanti le sue intenzioni. Graffiò il palmo della sua mano, prestando particolare attenzione, con le sopracciglia corrucciate mentre tentava di arrestare il tremore che avvolgeva la sua mano. Blaine tenne il suo labbro incastrato tra i denti per limitare il dolore. Poi si rivolse a Kurt e si limitò a dirgli:
"Dammi la tua mano."
Kurt lo scrutò sconvolto e quando comprese le intenzioni di Blaine ritrasse con un movimento brusco la mano, scuotendo la testa e abbandonando la sua postura difensiva.
"Sei forse idiota?" Disse Kurt provando ad apparire il più distaccato possibile.
"Siamo all'interno di una cella, io non mi muoverò da qui, tu non ti muoverai da qui, loro arriveranno, ti esilieranno e uccideranno me, non vedo nulla da perdere." , continuò Blaine con decisione.
Kurt scosse la testa, mentre le lacrime continuavano a solcargli il volto.
"No." Proruppe in maniera categorica.
"No-continuò- non farti vedere e si risolverà tutto. Sai che puoi farlo."
"Per cosa?" Domandò Blaine concitato. "Per aspettare che mi uccidano loro? Kurt se il mio destino è morire voglio essere io a decidere in che modo farlo." Disse Blaine, avvicinandosi all'omïri e baciando le sue labbra. Kurt rispose immediatamente al bacio e si aggrappò alle braccia di Blaine, il suo interesse fu attratto da una superficie ruvida intenta a solcare il suo palmo della mano. Ebbe appena il tempo di vedere la mano di Blaine incastrarsi alla sua, prima che il corpo dell'altro svanisse nel nulla.
Kurt ricordava in maniera indefinita quello che avvenne in seguito. Ebbe un chiaro ricordo delle lacrime che seguirono la morte di Blaine e rimembrò il momento dell'esilio.
L' ultimo sguardo che Blaine gli aveva rivolto, era impresso nella sua mente. Ogni volta che Kurt chiudeva gli occhi, poteva avvertire la consistenza della mano dell'altro ragazzo e il calore del suo corpo. Kurt tentò di scacciare quel ricordo doloroso viaggiando.
Visitò innumerevoli quantità di luoghi, riempì la mente di nuovi ricordi, di nuovi volti e di nuove emozioni. Eppure ciò che aveva provato con Blaine era una sensazione che lo avvolgeva con una prepotenza tale da destabilizzarlo.
Un giorno si ritrovò in un antico edificio, dal soffitto a sfera trasparente, che un tempo doveva essere stato adibito per soddisfare richieste scolastiche. Era diventato il suo posto preferito dopo la morte di Blaine, gli infondeva la sicurezza necessaria per andare avanti. Si dispose su alcuni gradini e scorse le figure attorno a lui quando il suo sguardo fu calamitato da un paio di occhi dorati che Kurt credeva non avrebbe mai più rivisto. Il ragazzo-che assomigliava incredibilmente a Blaine- si avvicinò a lui e rivolse uno di quei sorrisi caldi che solo il suo Blaine sapeva dedicargli. Kurt si ritrovò a stringere tra le mani il corrimano della scala e pensò di essere diventato matto quando la voce di Blaine gli invase le orecchie, privandolo della sensazione d’inettitudine che lo aveva avvolto in seguito al decesso dell'altro ragazzo.
"Ti prego, non dimostrarti troppo entusiasta di rivedermi."
A quel punto Kurt scoppiò in lacrime e si avvicinò a Blaine, stringendolo tra le braccia e inspirando profondamente, per verificare la sua reale identità.
Kurt ebbe appena il tempo di stendere le labbra in un sorriso prima che Blaine continuasse a parlargli.
"Collaborazione -disse- era questo l'elemento mancante, la collaborazione. Sottovalutata a volte, ma importante a quanto pare. Fondamentale oserei dire."
Kurt lo osservò stupito prima di comprendere.
"Quindi..." Iniziò prima di essere interrotto da Blaine.
"Torna a casa, riprenditi il tuo corpo e poi andiamo via, insieme salvo che tu non abbia progetti migliori s’intende."
Kurt strinse la mano dell'altro e gli rivolse un sorriso talmente luminoso da abbagliarlo.
"Comunque-disse con il suo solito atteggiamento scherzoso- sei stato una completa delusione come spia. Io sarei stato nettamente migliore di te. Insomma ti sei fatto scoprire dopo quanto ? Hai addirittura confessato, offrendomi le tue scuse, senza provare a difenderti."
Blaine ridacchiò prima di rispondere alla stretta di Kurt.
"Non sapremo mai come sarebbe andata eh?", continuò reggendo il gioco a Kurt.
"Non credo proprio."
I due scesero le scale insieme, stringendo convulsamente la mano dell'altro e consapevoli di non dover lasciare la stretta per ancora molto, molto tempo.
Quello che entrambi non sapevano era che un giovane Kurt Hummel, un giorno, avrebbe fatto da spia per il suo gruppo di amici , si sarebbe ritrovato sulla stessa scala, intento a scrutare tra la folla e i suoi occhi sarebbero stati calamitati da Blaine Anderson, le loro mani si sarebbero strette ancora una volta e i due avrebbero riscritto la loro storia.

*

As if  in every lifetime you and I have  ever lived, we've chosen to come back and find each other and fall in love all over again, over and over for all eternity.

   
 
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