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Autore: Ciulla    12/01/2016    5 recensioni
Questa nuova fanfiction su Whis e Beerus riguarderà una questione particolare: la tipica “cotta” dell’allievo per il maestro ed il temuto rifiuto.
Metto yaoi negli avvertimenti, ma di fatto la coppia non c’è.
One-sided Beerus/Whis.
“Allibito, Beerus si alzò in piedi e lo bloccò afferrandolo per un braccio. Whis si divincolò facilmente, ma il gatto fece in tempo ad urlare un’accusa al maestro. “Io ti dico che ti amo e questa è tutta la tua reazione? Ti sono così indifferente?”
L’alieno azzurro si bloccò e si voltò a scrutare il gatto con occhi furenti. Avvicinandosi a lui, lo afferrò per le braccia e lo spinse contro il muro, fino a incombergli sopra con aria minacciosa. “Dopo tutto quello che ho fatto per lei, non osi più dire di essermi indifferente”.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lord Bills, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
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Le riflessioni più profonde, le realizzazioni più sconvolgenti, le rivelazioni più stupefacenti avvengono proprio nei momenti più assurdi ed impensabili.
Lord Beerus, giovane gatto antropomorfo, aveva solo 19 anni quando ebbe esperienza di tale realtà. Era comodamente disteso nella vasca, sommerso dall’acqua e dalla schiuma, e fissava curioso il proprio maestro che, in piedi sul bordo dell’immensa piscina, lo informava pedissequamente di tutto ciò che era avvenuto nell’universo durante il suo pisolino di 4 mesi. Gli occhi di Beerus rifulgevano di ammirazione mentre fingeva di ascoltarlo, sorridendo e muovendo la testa in segno affermativo. Quel giorno non riusciva proprio a prestargli attenzione: i suoi occhi luminosi, la sua figura alta e slanciata che si rifletteva nell’acqua, la sua voce melodiosa che riecheggiava tra le pareti di quella stanza... Tutto di lui lo affascinava e lo distraeva. Non sapeva come mai non se ne fosse mai accorto prima, ma il suo maestro Whis era un essere veramente stupendo.
“Lord Beerus? Mi sta ascoltando?” Chiese Whis, interrompendo i suoi pensieri con uno stizzito schiocco di dita. 
”Io... Veramente...” Lord Beerus balbettò qualche secondo imbarazzato, poi si ricompose. In fondo era un essere divino, era necessario che mantenesse un briciolo di contegno in ogni situazione, anche quando colto sul fallo. “No, Whis”, rispose. “Non ti stavo ascoltando, perdonami. Ero troppo preso ad ammirare il tuo... fascino”.
L’alieno azzurro scoppiò a ridere. “Non cambierà mai, vero Lord Beerus? Anche quand’era piccolo mi ricopriva di complimenti se combinava una marachella”. Il maestro gli sorrise dolcemente e poi posò un asciugamano e dei vestiti puliti sul bordo della vasca. “Riprenderò più tardi il mio rapporto. Lei si vesta e mi raggiunga appena vuole”. Detto questo si allontanò con calma ed eleganza, lasciando uno sconsolato Beerus a sguazzare nella tristezza. 
Come poteva far chiarezza su questo nuovo sentimento che stava covando se il maestro lo vedeva ancora come il piccolo bambino che era quindici anni prima? Ormai era un gatto cresciuto. Sul suo pianeta, il rito di passaggio all’età adulta avveniva all’età di sedici anni, e da allora incominciava la vita vera: la scelta del lavoro, la costruzione della casa... I primi flirt...
A questo pensiero, Beerus arrossì. Sul suo pianeta i rapporti tra uomini erano all’ordine del giorno, comuni come quelli tra individui di sesso opposto, eppure lo imbarazzava e lo metteva a disagio il fatto che non appena aveva pensato ai flirt la sua mente era volata a Whis. Lui era stato come un padre per lui, era il suo maestro e il suo assistente, non era... Professionale pensare a lui in quel modo.
Eppure non poteva farne a meno. Mentre usciva dall’acqua e si asciugava non riusciva a dimenticare il suo corpo snello che si muoveva agile nell’aria mentre schivava rapidamente i suoi colpi, lentissimi al confronto. Mentre si rivestiva, la sua mente era invasa dal suo volto sorridente e dai suoi capelli vellutati. Si ricordò di quando da piccolo si arrampicava su di lui e si divertiva a spettinarglieli. Si era sempre chiesto come facessero a rimanere così soffici, considerando i chili di gel che doveva usare per far sì che mantenessero quella posizione. Incredibile a dirsi, il maestro era perfetto anche in questo.
Sospirando distrattamente, si sedette per terra e disegnò con un artiglio il buffo simbolo che Whis chiamava la sua ‘firma’. Gli uscì un po’ tremolante: nessun paragone con quello perfettamente curvilineo del suo maestro.
Più pensava a lui, più il suo stomaco si contraeva. Qualcosa lo stava corrodendo dall’interno, spingendo per uscire, per palesarsi ai suoi occhi, e Beerus non aveva più voglia di lottare: lasciò che nella mente si formasse ben chiara quella parola, la mormorò più e più volte, dando pugni al suolo, sconfitto, ma allo stesso tempo ridendo con gioia, come un folle che non sa bene cosa provare di fronte a questa realtà tanto temuta e attesa allo stesso tempo. 
L’amore.
“Lord Beerus, è sicuro di stare bene?”
Sollevando appena lo sguardo, Beerus vide davanti a sé le gambe del suo maestro, ricoperte da quella buffa veste porpora che aveva tanto preso in giro e che ora avrebbe voluto stringere tra le dita per avvicinarsi di più al suo proprietario. Con un sospiro il gatto si rizzò in piedi, premurandosi di nascondere il simbolo di Whis con un piede; senza guardare in volto il suo maestro per timore che i suoi occhi gli leggessero dentro quello che non osava dire a parole, rispose alla sua domanda preoccupata. “Sto bene, Whis. Non dovevi tornare indietro”.
“Ho sentito dei rumori strani e ho voluto controllare”. Whis guardava scettico i segni dei pugni di Beerus sul pavimento, sbuffando innervosito. L’allievo evitava il suo sguardo, imbarazzato, e il non capire cosa stesse accadendo lo irritava non poco. Doveva prendersi cura di lui, ma come poteva farlo decentemente se Beerus gli teneva nascoste le sue ansie?
“Ho solo visto un insetto, maestro. Volevo scacciarlo”, rispose il gatto ridendo forzatamente. 
“Beerus, guardami”. Intimorito, il giovane dio della distruzione sollevò gli occhi per fissarli in quelli di Whis, e un’ondata di sentimenti lo invase. Sentiva di voler annegare in quel lilla lucente, di voler baciare quella pelle azzurra e accarezzare i bianchi capelli che gli stavano davanti. Si trattenne appena, ma le mani gli tremavano. Vide gli occhi del maestro socchiudersi con aria interrogativa, poi aprirsi in un’espressione preoccupata. “La prego”, mormorò. “Mi dica cosa la affligge”.
Lui abbassò nuovamente lo sguardo e chiuse gli occhi, racimolando il coraggio per parlare. “Siamo qui su questo pianeta da soli, tu sei solo da milioni di anni... Non hai mai sentito il desiderio di... Amare qualcuno?” Sospirò. “Non parlo di amore nel senso di... Amici, o di allievi... Intendo... Qualcuno che condivida la vita con te per sempre, qualcuno che ti baci, abbracci, accarezzi... Che ti faccia sentire a casa dovunque tu sia”. Il dio concluse la sua frase rosso in volto ma con lo sguardo determinato. Sentiva che le sue domande erano legittime ma sapeva che il maestro avrebbe facilmente intuito dove stava andando a parare, e temeva una sua reazione negativa.
Whis sorrise, intenerito al pensiero che il suo piccolo Beerus stesse crescendo. “Lei pensa a qualcuno in particolare, vero? È sempre in giro a distruggere pianeti e ha trovato il tempo di farsi una fidanzatina?”
L’irascibilità di Beerus si fece fortemente viva a quell’infelice scelta di termini; stava solo cercando di fare un discorso serio, da uomo, e Whis lo trattava come un poppante di sei anni. Il gatto, nervoso, sprigionò la sua aura sradicando un paio di alberi lì vicini. “Smettila! Non sono più un bambino, non trattarmi come tale!”
Whis, nonostante tutta la potenza del gatto, non si era mosso di un millimetro, i capelli in perfetto ordine e gli occhi sbarrati dalla sorpresa per una tale reazione. Guardando il suo stupore Beerus si calmò appena, per paura di averlo offeso, ma tale paura fu accompagnata da una profonda tristezza al pensiero che se il maestro lo vedeva ancora come un bambino, allora i suoi sentimenti sarebbero stati inutili, infantili e sgraditi. Corrucciando lo sguardo e stringendo i pugni per trattenere la delusione che provava, decise di non finire il discorso e, scusatosi per la sua irruenza, si allontanò lasciandosi alle spalle un Whis perplesso e pensieroso.


Qualche ora dopo Beerus sentì bussare alla porta della sua camera, ma non rispose. Sperava che Whis se ne andasse credendolo addormentato, ma le sue speranze furono deluse. “Lord Beerus? Lo so che è sveglio, lo sento dalla sua aura. Mi faccia entrare. Vengo in pace”.
Sbuffando, il gatto si avvicinò alla porta e vi appoggiò la mano, esitante. La tentazione di lasciarlo fuori era forte, ma sapendo così vicino l’oggetto dei suoi desideri il suo cervello aveva cominciato a prendere le decisioni da solo; tempo pochi istanti ed era fuori dalla porta, ad abbracciare il suo maestro stringendoselo forte al petto.
Questi ridacchiò. “Accetto le sue implicite scuse, Lord Beerus. Posso entrare?”
Il gatto lo fece accomodare e si sedettero entrambi sul letto circolare, a gambe incrociate e uno di fronte all’altro, come avevano sempre fatto quando c’era qualcosa di serio e personale di cui discutere. In quella posizione la veste di Whis lasciava scoperte la parte inferiore delle gambe, fasciate da un paio di collant aderenti dello stesso color porpora che li copriva. I collant gli mettevano in risalto la muscolatura non particolarmente possente, ma equilibrata e definita, perfetta, come ogni altra cosa nel suo corpo. A Beerus si bloccò la salivazione e chiuse gli occhi per concentrarsi su qualcosa che non fossero quelle gambe stupende o qualunque altro elemento del fisico del maestro.
Non era cambiato nulla da quando lo aveva visto quattro mesi prima. Perché solo ora si rendeva conto di certi particolari?
Fortunatamente Whis cominciò a parlare, appoggiando una mano sulla testa dell’allievo. “Mi scuso per prima, Lord Beerus. Ha ragione, l’ho trattata ingiustamente come un bambino... È che mi sembra passato così poco tempo da quando l’ho trovata. Per un essere come me quindici anni sono meno di un istante ed è strano vederla già così... Adulto, quando poco fa era niente più che un cucciolo. Ma lo riconosco, e lo rispetto. Mi perdoni”.
Beerus non seppe fare altro che annuire. Era felice, perché il maestro aveva capito che non era più un bambino, ma anche agitato per dove stava andando a parare la conversazione. Perché sapeva che Whis, costante nel suo compito di prendersi cura di lui, avrebbe cercato di farlo stare bene in tutti i modi, insistendo per riprendere la conversazione di prima...
“Quindi, mio signore? Questa ragazza chi è? Di che pianeta è? Come l’ha conosciuta?” Whis sorrideva curioso, dondolandosi avanti e indietro sul letto.
Beerus sollevò lo sguardo sul maestro e gli sorrise. “Non è una ragazza... E ci siamo conosciuti quando avevo quattro anni. Lui mi ha trovato e mi ha salvato. Non so immaginare la mia vita senza di lui e vorrei poterlo amare con tutto me stesso”.
Il volto di Whis si era fatto da curioso a preoccupato e il suo sorriso si era spento, lasciando al suo posto un’espressione triste e pensierosa. Scosse piano la testa. “In effetti penso che non sia saggio parlarne, sai?”
Beerus rimase di sasso. “È... È tutto quello che hai da dirmi?” Chiese incredulo.
“Sì”. Il volto di Whis, che fino a poco tempo prima era stato così espansivo ed aperto, era ora una maschera indecifrabile. “Ho dei compiti da svolgere. Con permesso”. Whis si inchinò piano e si accinse ad andarsene dalla stanza. 
Allibito, Beerus si alzò in piedi e lo bloccò afferrandolo per un braccio. Whis si divincolò facilmente, ma il gatto fece in tempo ad urlare un’accusa al maestro. “Io ti dico che ti amo e questa è tutta la tua reazione? Ti sono così indifferente?”
L’alieno azzurro si bloccò e si voltò a scrutare il gatto con occhi furenti. Avvicinandosi a lui, lo afferrò per le braccia e lo spinse contro il muro, fino a incombergli sopra con aria minacciosa. “Dopo tutto quello che ho fatto per lei, non osi più dire di essermi indifferente”. 
Facendo un passo all’indietro liberò il dio, che rilasciò con un sospiro l’aria che gli era rimasta bloccata nei polmoni per la paura. “E non pensi”, aggiunse Whis, “Che questa dichiarazione mi sia entrata da un orecchio e mi sia uscita dall’altro. Ho solo bisogno di tempo per pensare”.
“Pensare a cosa?” mormorò il gatto abbassando lo sguardo. “Se mi ami o no?”
Intenerito, Whis scosse la testa e abbandonò la forma di cortesia, come sempre richiedeva la conversazione su certi argomenti delicati. “No, mi dispiace. Quello lo so già. Per quanto la mia mente possa riconoscere il fatto che tu ora sia un adulto, il mio cuore ti vede ancora come il piccolo gattino che mi rubava il gelato e mi chiedeva di asciugarlo dopo un bagno. Non posso amarti... Non ora, non così”.
Beerus incassò ogni parola con gli occhi chiusi, cercando di resistere alla tentazione di tapparsi le orecchie e scappare via. “Dovevo pensare a come farti capire che questo, per quanto triste, è normale. Io vivo in funzione di te, per servirti ed insegnarti tutto quello che so. Da quando sei piccolo mi hai visto come il tuo mondo, come una costante e come qualcuno di irraggiungibile. Mi dicevi che volevi diventare come me, e questa ammirazione quasi sconfinata che ora senti dipende da quello. È normale prendersi una cotta per il proprio maestro... L’ho visto e sentito accadere migliaia di volte. Vedi... Tu pensi che sia amore perché è la prima volta che provi qualcosa del genere... Ma con ogni probabilità non lo è”.
“Ma se lo fosse?” Mormorò il gatto. 
Whis sorrise. “Se lo fosse resisterebbe a tutto, al tempo, alle difficoltà. Se fra qualche milione di anni proverai ancora questi sentimenti sarò pronto ad ascoltarti sapendo che sono veri”.
Qualche milione di anni... Si parlava di un sacco di tempo. È vero, lui era un dio e sarebbe vissuto plausibilmente in eterno, salvo che qualcuno lo uccidesse prima... Ma era comunque un sacco di tempo.
Eppure voleva aspettarlo. Voleva dimostrargli che sapeva quello che voleva, che non era un semplice capriccio di un allievo che ammira il maestro, che era qualcosa di più. Ne era certo e sapeva che prima o poi lo avrebbe capito anche Whis.
Beh... Più poi che prima. “Fra qualche milione di anni... Può darsi che ricambierai?” Chiese determinato.
Whis rise con la sua voce cristallina. Era tornato l’essere spensierato di sempre, e Beerus ne gioì. Adorava la sua risata.
“Chi lo sa, Lord Beerus? Tutto può essere”.







   
 
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