Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ipernovae    13/01/2016    2 recensioni
"Ci pensi. Pensi seriamente alla risposta da dargli che, lo sai, sarà breve ma completa di tutte le parole a cui non riusciresti a dar voce. Ma non è un “sì” o un “no” ad uscirti dalle labbra.
-Non riesco a ricordare la sua faccia, Eren. Ne la sua voce. Ogni volta che penso a lui mi vengono solo in mente le sue dannate lentiggini.-"
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren, Jaeger, Jean, Kirshtein, Marco, Bodt
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Freckles like stars.




Fa freddo. Un freddo che si attacca alla pelle e poi la sorpassa, andandosi ad attanagliare alle ossa che, ad ogni movimento, scricchiolano nel ricordarti quanto tempo è passato dall'ultima volta che sei rimasto accampato vicino ad un fuoco. Quando ogni battaglia è stata vinta, l'umanità ha gioito delle vittorie, della libertà conquistata. Ma tu no. Non hai alcuna libertà, non mentale, almeno. E non hai alcun motivo di gioire per qualcosa che, forse troppo tempo dopo, ti sei accorto che ti manca.
Allunghi le mani verso il fuoco, alla ricerca di un briciolo di quel calore che, forse cominci ad esserne consapevole solo adesso, è da anni che è attaccato alle tue ossa. Non il freddo dell'inverno che si fa spazio e morde ogni cosa che incontra. Quello che provi tu è un freddo più aggressivo, più mordace e ti scava non solo la pelle e le ossa, ma anche l'anima. Ma non riesci a fare molto, se non sfregare le mani insieme sopra quel fuoco, sperando che il calore di esso vada a rincorrere il gelo per scioglierlo. Ma non è facile.
Dall'altra parte del fuoco, sta seduto Eren un amico che hai sempre preferito picchiare, piuttosto che trattare con gentilezza. Qualcuno di cui, in segreto, hai avuto paura, ma che hai stimato con ogni fibra del tuo essere. Non lo confesseresti mai, non lo hai mai fatto in tutti quegli anni, perché dovresti farlo ora? Così preferisci stare in silenzio e osservi il fuoco che scoppietta e mangia la legna con voracità. Una parte di te vorrebbe essere avvolta da quelle fiamme, vorrebbe essere quella legna.
Un sospiro ti abbandona le labbra quando finisci di concludere quel pensiero e una nuvoletta di condensa davanti a te, lo rende vivo. È in quel momento che Eren si decide ad alzare a sua volta lo sguardo e ti fissa. Il suo sguardo è indagatore, cerca qualcosa nei tuoi occhi che, non lo sai, ma c'è da anni. Inclina la testa, sfrega le mani sopra il fuoco e poi si schiarisce la gola.
-Ti manca?-
Una domanda semplice, diretta, senza troppi giri di parole. Hai sempre apprezzato la schiettezza di Eren, così simile alla tua e per questo hai sempre preferito scontrarti con lui che parlare con qualcun altro che,come tutti, avrebbe indorato la pillola.
Ci pensi. Pensi seriamente alla risposta da dargli che, lo sai, sarà breve ma completa di tutte le parole a cui non riusciresti a dar voce. Ma non è un “sì” o un “no” ad uscirti dalle labbra.
-Non riesco a ricordare la sua faccia, Eren. Ne la sua voce. Ogni volta che penso a lui mi vengono solo in mente le sue dannate lentiggini.-
Non sai come questa frase è potuta uscire dalle tue labbra prima che il cervello la filtrasse e la riducesse ad un semplice “sì”. Vorresti arrossire, perché quella sarebbe benissimo potuta essere una delle più grandi confessioni che tu, Jean Kirschtein, hai mai fatto in tutta la tua vita.
Ti aspetti che Eren, come minimo, ti scoppi a ridere in faccia o che ghigni con un sorrisetto malizioso. Ma tutto ciò che riesce a fare e mettere su un sorriso tranquillo, pacato. O, almeno, così sembra essere. Perché ti accorgi dopo che è solo freddo e distante, quel sorriso.
-Quando ripenso a Levi, mi vengono in mente le sue mani.-
Ed eccolo, il motivo per cui tu ed Eren siete diventati così uniti senza nemmeno deciderlo o volerlo. Entrambi avete perso qualcuno di importante. Qualcuno che, senza nemmeno rendervene conto, avete cominciato ad amare ancor prima di riuscire a confessarvi.
Vorresti dire qualcosa, qualsiasi cosa per confortarlo, ma capisci che il gelo non si è appropriato solo del tuo corpo ma anche di quello di Eren. Hai sempre dato per scontato di essere l'unico a provare quella sensazione di vuoto assoluto che ti portava a chiederti per che cosa valesse ancora vivere. Ma ti rendi conto, studiando Eren per qualche istante, che non sei mai stato solo. Che, probabilmente, ogni tuo compagno della Legione prova gli stessi sentimenti e questo ti fa sentire idiota, ma comunque meno solo.
-In un'altra vita, Jean.-
Le parole di Eren ti arrivano sconnesse e ti rendi conto di essere ritornato a guardare il fuoco quando lo sguardo incontra le mani di Jaeger lì a scaldarsi e sfregare per prendere maggior calore, quasi volessero catturarlo.
-Ho detto... In un'altra vita. Probabilmente li ricorderemo o incontreremo in un'altra vita.-
Rimani perplesso, indeciso se scoppiargli a ridere in faccia o rimanere serio e pensare davvero allo prospettiva di un'altra vita. Magari più felice. Magari diversa. Magari con Marco.
Stai in silenzio, non riuscendo a trovare le parole giuste da dire, perché tutte quelle che pensi ti sembrano così sbagliate, così fuori luogo che non riesci a dar loro voce. E, ancora una volta, è Eren a salvarti.
-Siamo destinati a morire soli, Jean. In questa vita il nostro destino è stato deciso così. Ma non in un'altra.-
La serietà con cui dice quelle parole, fa accendere nel tuo cuore una fiammella di speranza e un calore che non provavi da tempo, da vita ad un pensiero così folle da sembrarti stupido e geniale allo stesso tempo. Guardi Eren e capisci che non è convinto delle parole che ha detto, forse per la titubanza che mette nei suoi movimenti quasi goffi.
Assumi uno sguardo serio e lo fissi, intensamente.
-Cazzo, Jaeger. Almeno credici alle puttanate che dici. Non che fai sperare gli altri al posto tuo.-
Se c'è una cosa che in tutti quegli anni non è cambiata, è la tua indole ad attacar briga con lui. Ma, rispetto a tutte le altre volte, questa la fai per farlo credere in ciò che lui stesso sta dicendo. E, infatti, vedi il suo sguardo saettare nel tuo. Vedi la rabbia che se ne impossessa e con uno scatto segui le sue gambe alzarsi e raggiungerti.
Ti afferra la maglia, avvicinando il viso contratto in una smorfia di puro odio al tuo che, senza nemmeno accorgertene, porta un ghigno divertito a testimoniare quanto quella vecchia abitudine ti fa divertire.
-Sei un emerito coglione, Kirschtein. Cercavo solo di toglierti quell'espressione da cavallo bastonato.-
Ringhia mentre parla e non ci mette molto a far arrivare il primo pugno contro la tua guancia. Sai che non ci ha messo tutta la sua forza e, lo ammetti, non è poi così doloroso come ti aspettavi.
Non sai nemmeno come o perché, ma scoppi a ridere e tutta la voglia che avevi di tirargli anche tu un pugno per ricambiare il suo, è completamente svanita. Eren ti guarda stranito dal sentirti ridere e lo vedi provare a trattenersi, a non lasciarsi andare come un totale imbecille. Ma non ci mette molto a cedere e, cadete all'indietro, con la schiena contro al freddo terreno dell'accampamento. Il cielo è pieno di stelle e con le dita prendi a tracciarne nell'aria delle linee, come se stessi disegnando qualcosa lì nel cielo.
Ed è proprio in quel momento, mentre Eren fissa il cielo e ti sta facendo notare con ovvietà quante stelle ci fossero, che lo vedi. È come un lampo, un fugace e rapido attimo. Ma lo vedi. Lo ricordi. E ti manca il respiro.
Ora sai cosa hai tracciato tra le stelle, sai cosa stavi facendo.
-L'ho visto Eren.-
Si volta e ti guarda, mentre tu giri la testa quel tanto che basta per poterlo guardare e vedere la confusione nel suo sguardo quando incontra l'espressione felice che hai sul volto -e di cui un po' è invidioso.
-Che cosa?-
Lo senti chiedere, ma non è che una domanda ovvia, alla quale lo stesso Eren si da subito dopo una risposta. Non rispondi e cala il silenzio. Ma sempre in silenzio lo osservi e noti quanto la disperazione nel suo sguardo sta facendo da padrona, nel ricercare tra le stelle quello che tu hai trovato e lui non troverà mai.
-Levi è nelle tue mani.-
Eren alza un sopracciglio, lo vedi scattare in alto come se solo esso fosse in grado di formulare la domanda che fa lui subito dopo.
-Che cazzo dici, Kirschtein?-
Con prepotenza, vai a tirargli su le mani all'altezza degli occhi ed è in quel momento che Eren si fissa i palmi e capisce.
Non un grazie, non uno sguardo che provasse un ringraziamento per ciò che uno ha fatto per l'altro. Solo il silenzio e gli sguardi puntati in due direzioni diverse. Su cose diverse. Ma entrambi ricordate e un calore si irradia nel tuo petto. Ricordi la sua voce. Ricordi il suo sorriso. E segui con l'indice le lentiggini del suo viso.
Poi, sospiri e ti lasci andare ad un sonno dal quale speri di non risvegliarti mai.



Fa freddo. Fa freddo e hai lasciato la giacca più pesante a casa, precisamente sul divano dove Eren, il tuo coinquilino, probabilmente si sdraierà e la maltratterà per fartela pagare di qualcosa di cui non hai nemmeno memoria.
Hai il naso rosso e non senti più le dita delle mani, giuri anche di sentire le ossa scricchiolare ad ogni movimento.
Ma sei in ritardo e non c'è tempo per tornare indietro. Perciò continui a camminare nella speranza di scaldarti, affondi il viso nella sciarpa e la visiera del capellino ti oscura la vista, già messa sotto pressione da vento freddo che sbatte contro ai tuoi occhi.
Senti le macchine che sfrecciano vicino al marciapiedi su cui stai camminando e cerchi di schivare ogni passante così da non doverti liberare del calore della sciarpa per chiedere un rapido e poco sentito “mi scusi”. Ma la fortuna non è dalla tua parte e hai la sensazione che mai lo sarà, visto che la tua spalla va a sbattere contro il braccio di qualcuno e così sei costretto ad alzare il viso, ad allontanarti da quel calore che con tanta determinazione hai ottenuto.
-Mi scusi!-
La voce che ti precede è dolce, morbida e calda. È una voce che ti paralizza e ti fa tornare alla memoria ricordi così vecchi che nemmeno pensi siano appartenuti a te. Alzi lo sguardo e metti bene a fuoco chi hai davanti. La prima cosa che vedi sono le sue lentiggini, che si sono appropriate prepotentemente delle sue guance e del suo naso. Poi vedi i suoi occhi, le sue labbra e la sua mano che si appoggia alla tua spalla.
-Non... non è niente.-
Assicuri con le labbra che tremano, non per l'imbarazzo -che comunque un po' provi, ma per il freddo che man mano ti si attacca addosso. Il ragazzo lentiggini ti guarda, in un modo che sai di aver già visto e sai che anche tu lo stai guardando nello stesso modo, come se vi conosceste da una vita intera.
-Posso offrirti un caffé? Hai bisogno di scaldarti.-
Lo guardi per qualche istante, dove meraviglia e non sai bene quali altri sentimenti creano un'accozzaglia di pensieri che ti fanno andare a benedire qualsiasi pensiero malsano che ti possa portare a pensare che magari è un maniaco, che magari vuole ucciderti.
-Sì, con piacere.-
Rispondi senza esitazione, senza paura. Perché quel viso in qualche modo lo ricordi. Come se lo avessi visto nelle stelle ogni volta che ti perdevi a guardare il cielo dalla tua stanza.
-Io sono Marco.-
Allunga la mano verso di te, mentre cominciate a camminare per raggiungere la tavola calda più vicina. Per qualche ragione ti ritrovi non solo a stringergli la mano, ma ad aggrapparti il suo braccio coperto da un invitante e caldo giaccone. Marco ride, ma non dice niente, non si lamenta e non ti scaccia.
-Io sono Jean.-
Dici dopo un po' e ti senti scaldare dentro solamente a sentire quella meravigliosa risata.
-Forse dovevi prendere un cappotto, Jean.-
Lo guardi e incontri il suo sorriso divertito. Un sorriso che constati conoscere da molto più che quei dieci minuti. Ti ritrovi a ridere anche tu e annuisci.
-Se fossi tornato indietro, probabilmente non ci saremmo incontrati.-



   
 
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