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Autore: SabrinaPK    14/01/2016    6 recensioni
Due anni dopo essere fuggito in Europa, Castle vuole rivedere Kate.
Ma rivedendola si ritroverà con una sorpresa che non si aspettava…
Storia di rubbert.
Datele un'opportunità.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Salve a tutti! É la prima volta che faccio una cosa del genere, quindi spero vada tutto bene. Sono nuova qui e confesso di aver già curiosato tra tutte le vostre storie, ma non ho mai avuto il coraggio di lasciarvi una recensione o di fare qualcosa.

Oggi vi presento la traduzione di una bellissima storia scritta da rubbert, un’autrice spagnola, la quale è stata così gentile da permettermi di tradurla e pubblicarla qui.

Spero le diate un’opportunità perché, ve lo assicuro, ne vale davvero la pena.

Detto questo, buona lettura! :)



Cammino immerso nei miei pensieri. Penso a tutto quello che mi ha detto mia madre: vederla non mi farà per niente bene. So che è vero, vederla mi farà solo del male ed ho già sofferto abbastanza in questi due anni. Ma non posso farne a meno, voglio vederla, ho bisogno di sapere che sta bene. Vorrei toccarla, accarezzarle il viso, dirle che la amo ancora e baciarla, ma nonostante io sappia che tutto questo non accadrà sento ancora il forte bisogno di vederla. Per questo adesso mi sto dirigendo verso il suo appartamento, senza sapere se vive ancora lì o se, una volta arrivato, incontrerò Josh.

Ricordo l’ultima volta che l’ho vista. Con le lacrime agli occhi e l’espressione più triste che avessi mai visto, con la quale mi disse di essere incinta di Josh. Il ricordo del dolore che ho sentito quando me lo disse mi ritorna in mente. Lascio andare un sospiro. Questi due anni non sono stati per niente facili. Dopo la confessione di Kate sono fuggito, sono scappato dal suo appartamento sbattendo la porta e senza guardarmi indietro. Non ho risposto alle sue chiamate, ho anche cambiato telefono, e sono andato a vivere in Europa per un po’ di tempo. Ho passato la maggior parte del primo anno senza scrivere niente, odiando Kate per tutto quello che era successo.

Finché non ho capito quanto la amassi ancora e che questo sentimento non sarebbe mai cambiato. Anche se non l’avrei più rivista o non avrei più saputo niente di lei, Kate sarebbe rimasta per sempre l’amore della mia vita. E mi pento di non esserle rimasto accanto, di non aver cercato di capirla. Magari avremmo potuto educare suo figlio insieme, anche in presenza di Josh, era un prezzo che sarei stato disposto a pagare pur di rimanerle accanto. Ma non era quello che pensavo due anni fa, ho reagito in un altro modo e ora dovrò pagarne le conseguenze.

Quando arrivo al suo indirizzo, avanzo con decisione verso il portone, ma mi fermo prima di arrivare. La vedo a qualche metro di distanza. Cammina con difficoltà verso il portone perché porta in braccio suo figlio o sua figlia. Lo tiene solo con un braccio mentre nell’altra sostiene una scatola di pannolini. Non ci penso due volte e mi avvicino correndo per aiutarla. Quando mi vede, tarda qualche secondo a riconoscermi ma poi si paralizza. Il sorriso sul suo volto scompare. Penso sia ancora arrabbiata con me, non credo che potrà perdonarmi per averla abbandonata così come ho fatto. Ma non sembra arrabbiata, anzi, il suo sguardo sembra riflettere una sorta di paura.

‘Kate’ dico avvicinandomi a lei. ‘Lascia che ti aiuti.’

Senza aspettare il suo permesso, prendo la scatola di pannolini dalla sua mano, liberandola dal peso. Lei non dice niente e stringe ancora di più il corpo di suo figlio contro il proprio. Adesso vedo che è un bambino. Non riesco a vedergli bene il viso, e neanche la testa, visto che fa freddo e indossa un cappottino che gli ricopre la testa con il cappuccio, ma capisco che è un bambino dai pantaloni e le scarpe che spuntano da sotto il braccio di Kate, la quale continua a reggerlo con forza. La testa del bambino è appoggiata sulla spalla destra di lei, così deduco stia dormendo. Calcolo mentalmente la sua età e immagino che abbia almeno sedici mesi.

‘Castle, che ci fai qui?’

Una sensazione strana mi percorre tutto il corpo al risentire il suono della sua voce. Sembra ancora sorpresa, ma dura.

‘Io…’ dubito qualche secondo, sicuramente non vorrà saperne niente di me, ma alla fine mi decido a parlare. ‘Volevo sapere come stavi, volevo rivederti.’

Lei mi guarda, vedo la diffidenza nei suoi occhi. Quegli occhi verdi che mi sono tanto mancati. Di certo non capirà perché sono tornato proprio adesso, dicendo di volerla rivedere, dopo il modo in cui me ne sono andato e dopo aver tagliato qualsiasi tipo di contatto con lei.

Rimaniamo in silenzio per qualche secondo, finché il bambino comincia ad agitarsi tra le braccia di Kate. Lei riesce subito a calmarlo sussurrandogli qualcosa all’orecchio in tono dolce e accarezzandogli la schiena, e il bimbo sembra tranquillizzarsi di nuovo. Mi sembra tremendamente strano vedere Kate con un bambino, soprattutto con un bambino che non è mio.

‘Posso salire?’ dico io alla fine, rompendo il silenzio, mentre indico il suo appartamento.

‘Non so se è una buona idea.’

‘Per favore.’ la supplico. Non posso andarmene senza dirle che mi dispiace, senza chiederle scusa. Non ora che sono così vicino.

Lei gira la testa verso suo figlio, pensandoci, ma alla fine annuisce controvoglia, facendosi strada verso il pianerottolo.

‘Grazie.’ le dico io. Non le piace per niente il fatto che io sia qui, ora che si sarà sicuramente rifatta una vita e sarà felice con Josh, che adesso è parte della sua famiglia.

Saliamo in silenzio in ascensore, lei si separa da me. La guardo e noto che è nervosa. Quando si accorge che la sto guardando stringe ancora di più suo figlio e, per qualche strano motivo, sento che sta cercando di proteggerlo da me, come se potessi fargli del male. Elimino subito questo pensiero dalla mente, si sta solo comportando come una madre normale che abbraccia suo figlio.

Quando le porte dell’ascensore si aprono lei esce per prima e si avvicina alla porta di casa per aprirla. Quando mi posiziono dietro di lei riesco a intravedere il viso del bambino. Ha delle guanciotte piene. Riesco a vederlo appena, ma direi che le labbra e il naso siano uguali a quelli di sua madre. Mi stupisco al vedere un piccolo ciuffo di capelli spuntare dal cappuccio, visto che l’avevo immaginato con i capelli neri, proprio come Josh, quando invece sono castani chiari. Molto più chiari di quelli di Kate.

Una volta entrati nell’appartamento, noto come tutto è cambiato. In giro ci sono tutte le cose del bambino. In salone c’è un tappetino per i giochi, un girello ed altri giochi sparsi sul divano. In cucina c’è un biberon e una piccola borraccia dei cartoni animati sopra il tavolo. 

All’improvviso, mi rendo conto di essermi perso tra i miei pensieri e che Kate mi sta chiamando, indicandomi la scatola di pannolini con la mano libera.

’Scusa, cosa?’ le dico, ancora confuso.

‘Dammi la scatola.’ dice lei, ripetendomelo più lentamente.

Dubito qualche secondo, vorrei dirle che potrei portare io la scatola in camera di suo figlio o in qualsiasi altro posto voglia lei, ma capisco di aver invaso già abbastanza il suo spazio e che lei ha già fatto abbastanza lasciandomi salire. Ma prima di porgerle la scatola, il bambino si muove di nuovo tra le braccia di sua madre e stavolta solleva la testolina. Kate s’irrigidisce immediatamente.

’Nonno’ dice il piccolo con una voce dolce.

’No, tesoro, sei con la mamma adesso’ gli dice Kate stringendolo ancora di più. Se non fosse perchè si tratta di Kate e di me, che sono decisamente molto confuso, direi che sta cercando di impedire al bambino di voltarsi verso la mia direzione. 

‘Vado a…’ dice, facendo un gesto verso dove ricordo si trova la sua camera da letto. Io annuisco.

Ma quando si gira in direzione della camera da letto, il bambino volta la testa verso di me e la scatola, che ancora sostenevo, mi cade dalle mani. Kate si ferma di colpo, senza voltarsi, mentre il piccolo guarda la scatola di pannolini sul pavimento per poi emettere una sonora risata, mostrandomi un sorriso di minuscoli denti da latte.

Il mio cuore batte forte, talmente forte che sono costretto a sedermi. Mi dirigo verso il divano e mi siedo. Vedo con la coda dell’occhio Kate togliere il cappottino al bambino e posarlo a terra. Lui comincia a gattonare velocemente verso il suo tappetino dei giochi e si siede lì, balbettando cose che per me, in questo momento, non hanno alcun senso. Perché in questo momento niente ha un senso, non può essere vero. Ma quello che ho visto è decisamente reale, gli occhi azzurri del bambino sono esattamente identici a quelli che vedo quando mi guardo allo specchio. Adesso capisco perché il bambino ha i capelli castani chiari, né di Kate né di Josh, ma miei. Perché questo bambino è mio figlio, e non c’è alcuna ombra di dubbio dopo aver visto i suoi occhi e il modo in cui sorride. 

Non so da quanto tempo sono qui seduto, senza dire niente, né so in quale momento Kate si sia seduta accanto a me, ma alzo la testa quando la sento tremare e singhiozzare. Sono ancora molto confuso, ma non posso vederla così. Mi avvicino a lei e la circondo con le braccia, stringendola forte contro di me. Lei singhiozza sulla mia spalla per alcuni secondi, io cerco di farla calmare ma invano, così comincia a balbettare delle cose, le ripete più volte, ma non riesco a capirla.

’Ti prego’ è l’unica cosa che riesco a capire quando solleva la testa dalla mia spalla e mi guarda, supplicandomi, con gli occhi arrossati e gonfi, mentre le lacrime le scorrono lungo le guance, perdendosi poi nel bordo del mento.

‘Kate, non ti capisco. Calmati e parla più lentamente’ le dico io, cercando di calmarla.

’Non togliermi Allan, ti prego, non portarmelo via.’

Guardo il piccolo, capendo che questo è il suo nome. Allan. Ma poi sposto di nuovo lo sguardo su Kate. In quel momento capisco perché è scoppiata a piangere, capisco la sua paura di potermi avvicinare al bambino e scoprire che era mio figlio. Ma non è così che mi sento. Un figlio con Kate è una cosa che ho sempre desiderato. Sono molto confuso perché non so come sia successo, fino a due anni fa ero assolutamente sicuro che fosse figlio di Josh, e anche Kate avrà dovuto crederlo visto che è stata lei a dirmelo. L’unica cosa che voglio in questo momento è sapere la verità, sapere come può questo bambino essere mio figlio e se lo è, occuparmi di lui, insieme a Kate, non separandolo da lei. All’improvviso ricordo che potrebbe esserci anche Josh, che forse gli sta facendo da padre, anche se non lo è veramente. Molti dubbi mi assalgono, ma so che la prima cosa da fare è tranquillizzare Kate, che continua a guardarmi supplicante e a ripetermi di non separarla da suo figlio.

‘Non lo farò’ le dico. Lei mi guarda confusa, ma non credo abbia capito quello che le ho detto, così lo ripeto ‘Non ti separerò da lui.’

Altre lacrime cominciano scorrerle sulle guance e improvvisamente avverto le sue braccia attorno al mio collo, e la sento sussurrarmi un sincero grazie all’orecchio.

La allontano un po’, ho bisogno che mi chiarisca le idee.

‘É… mio figlio’ dico io, con appena un sussurro, mentre io cerco di abituarmi all’idea.

Lei volge lo sguardo verso il piccolo, che sta giocando con un piccolo camioncino sul pavimento, lontano da noi. Quel piccolino è nostro figlio, mio e di Kate.

 

Angolo:

Allora? Che ne dite? Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo tanto da continuare a seguire tutta la storia.

Ringrazio, anche a nome dell’autrice, tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno e, per chiunque volesse leggere la storia in lingua originale, vi lascio qui il link https://www.fanfiction.net/s/10296601/28/Pap%C3%A1-por-Sorpresa.

Grazie mille e ¡Hasta pronto! :)

   
 
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