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Autore: Seth_    14/01/2016    1 recensioni
Dal testo:
"Lety aveva parlato di come le cose fossero rimaste le stesse anche durante la mia assenza. Di come tutti si erano fatti una ragione del mio improvviso trasferimento. Compreso lui.
Lui, che credevo disperato per la mia perdita, ora stava con una ragazza che nessuno aveva mai visto prima d’ora. Si chiamava Thaira, e secondo la mia "amica", non mi faceva onore. Diceva che si aspettava di meglio, del resto Victor, aveva sempre puntato in alto. A detta sua, lui aveva trovato me, e mi aveva presa. Senza nemmeno chiedere il permesso.
Io smisi di ascoltare a quel punto. Non credevo ad una sola parola di ciò che diceva, ed allo stesso tempo,mi sembrava troppo vero perfino da far male. Sapevo che lui lo avrebbe fatto, prima o poi, ma avevo sempre nascosto a me stessa il perché. Ora mi era chiaro.
Io non ero abbastanza.
E non lo sarei mai stata."
.
.
.
"And everything you love will burn up in the light
And every time I look inside your eyes
You make me wanna die"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Castiel, La zia/La fata, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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In anticipo, ringrazio @Sabrii_Lewis, per la lettura di tutti i capitoli, per la correzione, e per la continua enfasi che mi trasmette.
Mi fai bene Sabrina, ti ringrazio.

Inoltre, terrei dire ai lettori, di non prendere troppo alla leggera questa storia. Perché che voi lo crediate o meno, questa è la MIA storia. –letteralmente-
Qui dentro (in ordine sparso, ovviamente) ci sono persone vere, storie vere, veri problemi, veri stadi della mia vita che ho affrontato. E non solo. Amici di vecchia data, che ora non posso dire di conoscere più. False amiche. Vere amiche.
Alcol, droga, paura, sesso.
Abbiamo passato di tutto ed in tempi diversi.
Abbiamo solo diciassette anni. Chi poco più, chi poco meno.
E siamo ancora qui.
Quindi, per chiunque stesse passando un periodo difficile, voglio ricordare una cosa: NON ESISTE NESSUN CAZZO DI PRINCIPE AZZURRO O FATA MADRINA.
Non ha senso affidarsi completamente a qualcuno.
Prendetevi tempo, pazienza, un bel film….fate quello che volete.
Non guarirete in due giorni, in pochi respiri…
Sarà tutto lento ed estenuate.
MA potete farcela.
Se vuoi che tutta quella merda finisca, devi prima essere sicuro di una cosa. La vuoi ancora? No.
C’è un modo per uscirne?
Sì.
C’è sempre un modo.
SEMPRE.









 
Show me all the things that I shouldn't know.

“Che stagione l'adolescenza. Senti di poter esser tutto e ancora non sei nulla e proprio questa è la ragione della tua onnipotenza mentale.” 
EUGENIO SCALFARI






Era stato imbarazzante, il viaggio con la zia travestita da fata, il sorriso poco normale di mia madre alla sua cognata “credo” impazzita, e lo sguardo commosso di mio padre quando mi guardò andar via di casa.
- Vedrai, dove andremo noi non ci saranno bulletti a far del male alle giovani ragazzine come te! - disse lei dopo essersi messa la cintura.

Partimmo a tutta velocità.

- Zia, non hai capito.. - dissi sbuffando, mentre guardavo i lampioni che correvano velocemente fuori dal mio finestrino - Quello era il mio ragazzo, e non mi ha mai fatto del male! - 

Lei non si scompose , e continuò a guidare ignorando il mio tono rotto dal pianto. 

Non volevo ricominciare, eppure, ero quasi sul punto di farlo.

Sbuffai, per quella che doveva essere la centesima volta, e fu solo con un piccolo schiamazzo di mia zia che mi degnai di guardarla. Infondo lei non mi aveva fatto nulla di male (a parte trascinarmi contro volontà in un posto in cui NON volevo andare).

- Mi sono dimenticata di prendere la tua valigia! - strillò, guardandomi per un secondo e mettendosi la mano davanti alla bocca preoccupata.
- Stai scherzando, vero?! - sbottai io alzando la voce.
- Si, infatti. - rispose lei ridacchiando, ed io ricordai che la valigia era stata caricata in macchina da mio padre, mentre io ero rimasta sul divano a subirmi il resoconto delle mie “malefatte” da mia mamma a mia zia. 

Le scappò una risatina che, anche se nasale, mi fece sorridere un poco. 
Infondo non era tanto male mia zia (capelli rosa ed ali da fata a parte)
- Okay va bene, sorrido - mi arresi lanciando un sorriso a metà fra il forzato ed il naturale, lei mi diede una piccola pacca sulla gamba.
- Così ti voglio! - mi incoraggiò. 

Poi rimasi in silenzio per il resto del viaggio, e lei fece lo stesso, forse per non gravare sulla situazione o forse perché non aveva proprio nulla da dirmi. 

Ma mi sembrava strano.. Infondo non la vedevo da quando avevo sei anni.

- Però io lo amo.. - bisbigliai incerta. Incerta se parlarne con lei fosse la scelta giusta. Perché.. Cavolo! Ero in macchina con una donna con un ridicolo vestito da fata ed i capelli tinti di magenta! 

Una fata detta da mia madre “dell’amore”. Una che ne sa, insomma. Anche se non mi aveva mai detto perché. Lei mi guardò con uno sguardo a metà fra l’apprensivo ed il scocciato, ed iniziai a mordicchiarmi il labbro dal nervoso.

All’inizio non rispose, ed io tornai quindi, a concentrarmi sul paesaggio. Avevamo lasciato la mia città da molto tempo, ed ora, ci dirigevamo in una cittadina nei pressi di Parigi. S’intravvedevano nel buio, le luci dei lampioni, delle insegne al neon di ristoranti e negozi. 

Mia zia prese il primo incrocio e svoltò a sinistra. 

Stavamo passando davanti a tante piccole villette a schiera, quando si fermò.

- Tu credi di amarlo.. - mi rispose spegnendo la macchina e togliendosi la cintura. Per un attimo la guardai allibita, era stata in silenzio tutto quel tempo per… quale motivo?

Lei uscì dall'auto, ed io feci lo stesso – Ho visto le sue, e vostre foto - disse - C’è qualcosa di magnetico e pericoloso in lui - continuò, aiutandomi con le valigie – Credo che.. Tutto sommato, prima o poi doveva finire. -

Io non risposi. Presi le mie valige ed aspettai che lei chiudesse il bagagliaio prima di salire i gradini della villetta. Ecco! Un’altra sputasentenze come mia madre. 

Ma che ne volevano sapere loro di come io e lui stavamo insieme? 

Erano presenti quando mi ha chiesto di stare insieme? Erano presenti quando mi ha chiesto di sposarlo? Quando mi ha detto “ti amo”? NO!!

Arrivammo, dopo pochi gradini, sotto un portico color mattone. 

Mentre salivamo le scale per andare in camera mia - Hai solo diciassette anni.. Cosa credi di amare? Lui? Puoi amare i vestiti, le scarpe... Ma ciò che provavate voi non era amore. Era affetto, e lui.. No. Non ti amava se ti ha lasciata andare così - sbuffò contrariata. 

Io misi piede in camera già irritata da ciò che aveva appena detto

- Ma che dici! Non lo conosci nemmeno! - sbuffai mettendo la valigia vicino al letto.

- Lo conosco abbastanza per dire che non faceva per te! - disse alzando un poco la voce, cosa che mi irritò alquanto le orecchie. 

Era IDENTICA a quella di mia madre, e ciò non andava affatto bene! 

Sperai in cuor mio che fossero due persone totalmente diverse. 

Mi sedetti sul letto e lei mi raggiunse schiarendosi la voce. Aspettai che iniziasse la paternale, invece, mi sorrise caldamente. - Tesoro.. Uno che ascolta musica metal, che aveva tagli sulle braccia, e che appena ti hanno rinchiusa in casa; cosa che tra parentesi non accetto nemmeno io, ti ha tradita per un’altra.. - canzonò. 

Io guardai dall'altra parte. 

No! Non volevo dicesse quelle cose su di lui. Non dopo tutto l’amore che avevo riposto in lui.

- E' confuso -

- Sei confusa tu. - sentii la sua mano calda sulla mia guancia, altrettanto bollente per il freddo discordo a cui dovevo sopravvivere e mi ritrassi - Lo ami? Ami davvero uno che sembra ti abbia preso in giro e basta? - 

Sorrisi a quel “sembra”, che disse come se si stesse sforzando di vederla con i miei occhi.. Cosa impossibile, perché no! Non riuscivo ad immaginare un universo dove le sue parole non corrispondevano i fatti. 

Sì. 

Me lo immaginavo a casa sua, tutto preoccupato che controllava il cellulare nella speranza di un mio messaggio, dopo aver scoperto che avevo cambiato casa, e che sarei rimasta lì per i miei ultimi anni di scuola... 

''Non voglio che tu ti distragga con amorelli inutili'' aveva strillato mia madre.

- E' comunque amore, no?- dissi guardando finalmente mia zia negli occhi. Mi sentivo improvvisamente accaldata, come se avessi bisogno della pioggia gelida, che però non si azzardava a scendere. 

Mia zia mi sorrise amorevolmente, prima di alzarsi dal letto, sistemarsi il vestito, ed avvicinarsi alla porta della mia stanza con passi lenti.

- Non è quello che tu credi, però. - disse poco prima di aprire la porta, ed uscire silenziosamente. Io mi lasciai cadere sulle morbide coperte, piangendo silenziosamente. 


Mi faceva male ciò che sentivo. Era come aver il cuore ancora pulsante sotto il peso di mille elefanti. E come il mio sorriso si era spento, lo seguì anche il mio corpo, addormentandosi sopra le coperte.


Mi svegliai con un tremendo mal di testa, sullo stereo “Chalk outline” di Three days grace. 

Non ricordavo nemmeno di averlo messo, o forse lo avevo fatto per poi riaddormentarmi. 

Fatto sta che mi svegliai con i capelli sconvolti, il trucco così sciolto da sembrare un panda, i jeans a terra, come il resto dei vestiti, ed una presenza ancora assillante sul cuore. 

Non ce la facevo più. 

Guardai fuori dalla finestra, ancora quel maledetto sole, che per fortuna, stava per tramontare, illuminando il cielo turchese di colori violacei e rosa, colori dell’amore che si mischiavano con il blu calando quella sfera di passione.

No, era tutto troppo vomitevolmente felice per me. 
Richiusi gli occhi rimanendo in intimo sopra le coperte, fino a quando non fu tutto buio. E fu con mio immensa felicità che vidi la luna appena sorta, appena aprii gli occhi. 

Non era piena, anzi, era quasi un minuscolo accenno, ma è facile amare la luna piena, quando questa è ricolma di potere. Io l’ammiravo per essere bellissima anche senza tre quarti di se stessa. 

Ed io?

Non osavo guardarmi allo specchio se non per truccarmi, in me sentivo il vomito appena vedevo il mio riflesso. Brutta, sporca, orribile, incompleta.

Mi sentivo questo.

Ero piccola ed insignificante rispetto alla luna.

Sospirai, ad occhi lucidi, e mi alzai dal letto per andare alla finestra. 

Indossai velocemente una maglietta, e poi eccomi. Appoggiata alla scrivania rosa che sarebbe diventata la “mia scrivania” da domani mattina fino alla fine dell’anno.

Sperai passasse presto.

Mi sporsi, stringendomi nella maglietta, e guardai giù. 

Guardai cosa mi aspettava sotto la mia finestra.

C’era un giardino che rincorreva l’appartamento.. Era ben curato, e solo una siepe tagliata rettangolare, riusciva a separare l’altra parte del giardino, confinante con una secondo appartamento. Davanti alla mia finestra si trovava infatti una terrazza che buttava in una stanza. 

Mi chiesi chi potesse essere il mio nuovo “vicino”, dato che a nemmeno due metri c’era già la sua terrazza. 

Qualcuno bussò alla porta ed io chiesi chi fossi, ed ovviamente, mi diedi della stupida quando mia zia dall'altra parte della porta mi rispose un divertito “ma se siamo solo io e te!”. 

Misi i jeans e gli aprii.

Era tutta sorridente, portava un pigiama largo, con disegnati cuori rosa su uno sfondo glicine che però, tutto sommato, le donava.

- Cosa c’è? - le chiesi.
- Non sei scesa per cena, così volevo avvisarti che ti ho preparato una tazza di tisana, miele, e biscotti appena sfornati nel caso avessi fame - la guardai sbalordita.

Quando mai qualcuno aveva fatto qualcosa di così carino per me? Mi sentivo imbarazzata, ma l’abbracciai ugualmente. Aveva un buon profumo, frutto della passione e menta. 
Mi sorrise, e io sorrisi di rimando, prima di scendere entrambe in salotto, accendere la tv e commentare i modelli delle pubblicità, mentre bevevamo te' con miele e biscotti.
Forse la zia, dopotutto, non era così male.




Angolo dell’autrice:
Allora, non so mai bene come utilizzare questo spazio, quindi penso lo utilizzerò per spiegare i personaggi che si presentano mano a mano nel corso della storia.
Vi intessa? Vi annoia?
Fatemelo sapere nei commenti.
Allora, ho tenuto come traccia principale il fatto che la protagonista deve ancora arrivare a scuola e che si è trasferita da poco a casa di sua zia. Mi sarebbe piaciuto scrivere altro, ma è un po’ quello che è capitato a me un anno e mezzo fa…quindi..scrivere di lei che cambia casa e che deve ricominciare tutto da zero…era spaventoso e maledettamente familiare.
Boh, forse è una stupidaggine, ma a me è piaciuto. Non è mai facile cambiare scuola…e poi è Dolce Flirt! La trama è quella, mi sarei sentita un pochino discinta a cambiarla…poi…mmmmh…fatemi sapere voi.
Fault Moore: figlia unica, occhi azzurri, capelli ricci e castani. Ha una strana ossessione per la luna, la musica  e per il mare, ama il turchese ed ogni genere di film (predilige il genere horror)
Aghata Moore: zia della protagonista da parte di padre, occhi magenta, capelli marroni (ora tinti di viola) lunghi e lisci. Era una donna rispettabile, ma dopo il suo secondo matrimonio, è impazzita. Pratica il culto del dio “Cupido” e canta in macchina con i finestrini abbassati.

 
   
 
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