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Autore: Antonio Militari    15/01/2016    1 recensioni
Dimentica, Alessandre. Il sapere ti porterà solo dolore. Conoscere significa soffrire.
Quando Alessandre incontra Layla, le loro vite cambiano drasticamente... nel bene e nel male...
La storia ha partecipato al contest: Cavalieri di Draghi, organizzato da Najara87, classificandosi sesta.
Il seguito della storia, "Ricorda, Layla", si può raggiungere dalla pagina dell'autore.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia ha partecipato al contest: Cavalieri di Draghi, organizzato da Najara87, arrivando sesta. Nel contest era richiesto di inserire nella storia tre elementi:
un immagine: (Claude Monet - La passeggiata, donna con parasole)
una citazione: ("Oh no! Non vi permetto di spararmi quella merdaccia verde!" Indipendance Day)
un elemento: (Una lettera)
Ovviamente doveva essere anche presente il rapporto Cavaliere-Drago.
Buona lettura!

“Messere DeFrance, è arrivata una lettera per voi” Il ragazzo gli consegnò la lettera, quindi si voltò e scappò via correndo, richiamato da qualche mansione da sbrigare in casa.
L'uomo si passò la busta tra le mani: era impossibile non riconoscerla. Layla utilizzava sempre la carta più pregiata per imbustare le proprie lettere, una carta leggermente ruvida al tocco, ma che all'occhio dava la sensazione di stringere tra le mani una carta fatta di nuvole, o di lana. La voltò e, sul diritto della lettera, vide il marchio della dama, come si aspettava: una testa di drago con una rosa in bocca.
Si sorprendeva sempre per quel sigillo, che la dama si era fatta fabbricare. Era elaborato in maniera assurda e complicata, eppure si vedeva in tutti i suoi dettagli, dando alla massa di ceralacca l'aspetto di una piccola scultura. Sopra, nel carattere elegante e preciso della donna che amava, una sola riga:

A Messere DeFrance, con tutto il mio affetto.

La rigirò tra le dita ancora una volta, indeciso se aprirla o meno, osservando ogni singola lettera dell'intestazione, temendo di perderne anche solo un trattino.
 
Quando ormai si trovava all'altezza della torre, si piegò sulle ginocchia e mise il peso del corpo sulla gamba sinistra: l'animale rispose prontamente e virò in quella direzione con eleganza. Da sotto, Alessandre sentì il rumore scrosciante di un applauso. Tirò leggermente le redini e il drago si impennò verso l'alto, mentre continuava la virata, dando vita ad un elegante piroetta. Altro applauso dal basso. Con poche manovre ben eseguite, Alessandre lasciò scendere l'animale, planando a pochi metri da terra, fino ad atterrare vicinissimo al gruppo che banchettava sul prato.
Un ennesimo applauso lo accolse mentre lasciava le redini in mano allo scudiero di turno.
“Messere DeFrance, la vostra bravura è qualcosa di abbacinante” Esclamò giuliva la contessa Marlen.
“Un connubio perfetto di forza ed eleganza” Commentò il Barone Von Kilber.
“Siete troppo buoni, signori, si tratta solo di esercizio” Si schernì il nobile, in realtà gloriandosi intimamente per le lodi ricevute.
“Avete ragione, si tratta solo di esercizio” A parlare era una ragazza che Alessandre non aveva mai visto prima. Era sotto il gazebo, con una tartina in mano, vestita di un tiepido abito azzurro, con relativo parasole abbinato, e lo guardava con un'espressione ironica sul volto “Un esercizio continuo ed estenuante a cui quel povero animale viene sottoposto ogni giorno”. Ci fu qualche mormorio di disapprovazione, ma la ragazza se ne infischiò, continuando ad osservare il nobile.
Alessandre la squadrò senza nascondere un'espressione sorpresa: non era una dama come le altre, presenti o meno. A partire dai capelli, tenuti corti, come una donna maritata, mentre era evidente che non lo fosse; sotto, l'abito era quello di una signorina d'alto rango, ma lei lo teneva sbottonato sul davanti, facendolo sembrare l'abito di una comare, il parasole, chiuso, si curvava sotto il suo peso, nonostante il galateo vietasse una posa così poco conveniente, ed infine la donna parlava mentre stava ancora masticando la tartina, che teneva in mano invece di usare le forchettine adibite all'uso, perfettamente allineate sul tavolino.
“Madame, non vi sembra un giudizio troppo severo nei confronti del nostro caro duca?” Ad intervenire era stato il vecchio marchese del Ferro, che di nobiltà conservava solo il titolo, avendo perso ogni avere a causa dei figli. Era tuttavia tenuto ancora in considerazione tra gli alti livelli, a causa della sua grande saggezza e cultura.
“Severo un corno” Ribatté quella senza spostare lo sguardo “Quella povera bestiola fatica e lui si prende tutto il merito” Come a voler firmare quelle parole, di fronte alle stalle il drago si sollevò sulle zampe posteriori, emise un leggero gemito e uno sbuffo di fiamme, che suscitarono un mormorio di stupore e piacere tra i nobili presenti. Solo la dama e Alessandre continuarono a fissarsi, senza distogliere lo sguardo.
“Suvvia Milady, dovete riconoscere una certa bravura in chi cavalca il drago, non si tratta certo di una bestia docile” Continuò il marchese.
La donna fece una smorfia, continuando a fissare il giovane “E voi? Continuate a fissarmi in silenzio? Non avete altro da aggiungere alle parole del vostro avvocato?”.
La cosa punse un poco Alessandre, che si mosse per prendere una sedia, rispondendo “Milady, non rispondo per timore di offendervi. Considero, infatti, le vostre accuse degne della bocca di un bambina, e non di una dama d'alto rango”. Sperava di averla colpita, senza smettere di sfoggiare un sorrisetto accondiscendente sul volto. La ragazza, d'altro canto, non si spostò di un centimetro, fisicamente e mentalmente.
“Una bambina dite: e sia. Ammettiamo che io sia ancora una bambina: come potete spiegare una tale barbarie ad una bambina?” disse indicando con una mano gli stallieri lontani, che stavano stuzzicando il drago affinché entrasse nella stalla.
L'uomo si voltò, più per prendere tempo che per osservare la scena. Come poteva una donna pensare tanto rapidamente?
“Barbarie dite? Io non vedo nulla del genere” disse mentendo per primo a se stesso, e poi alla donna.
“Non vedete nulla del genere? Poverino! Dovete essere cieco, provvederò io a descrivervi la scena: Cinque uomini tengono legato un animale, che si lamenta e si dimena, con lo scopo di farlo entrare in un luogo buio ed evidentemente stretto per la statura dell'animale stesso; per portare a termine il compito, non si risparmiano punture e percosse, che aumentano ancor di più i gemiti dell'animale. Non vi sembra una barbarie questa?”.
La grassa contessa Marlen si mosse a disagio sulla sedia, evidentemente commossa dalle parole della ragazza. Così non va bene. Pensò Alessandre. Questa mi rovina la reputazione.
 
Tornato in casa posò la lettera ancora chiusa sul tavolino del salotto, togliendosi la giacca da caccia e spostandosi verso il caminetto. Come era potuta succedere una cosa del genere? Seduto sulla poltrona si mise a fissare la busta come se fosse uno strano animale pericoloso e affascinante. Se l'avesse aperta avrebbe saputo, avrebbe finalmente conosciuto la realtà, ma era sicuro di voler sapere? Gli avrebbe portato qualche giovamento? Si spostò sulla poltrona cercando di distrarre la mente. Cercò di immaginarsi sopra le nuvole in sella al proprio drago, ma questa volta, sulle nuvole, ci incontrò Layla.


Avevano continuato a battibeccare per tutto il pomeriggio, senza curarsi del parere degli altri nobili che, comunque, iniziarono ad andarsene uno alla volta, campando in aria scuse, spesso inverosimili.
Lei era stata la prima a tirar fuori un turpiloquio degno di una scaricatrice di porto o di una sarta di paese, evidentemente appreso dalle serve della casa; lui aveva risposto con il linguaggio che ogni uomo apprende frequentando bettole e taverne con gli amici. Presto la cosa era degenerata fino a quando lei, stufa, gli aveva gettato addosso una tartina al burro e salmone, che aveva lasciato una macchia ben visibile sul bavero della giacca da caccia del nobile.
Dopo qualche istante di silenzio, in cui il marchese del Ferro, unico rimasto, soffocò una leggera risata, Alessandre si pulì distrattamente con un fazzoletto preso dalla tasca, si guardò attorno e infine dichiarò “Milady, qualcuno dovrebbe insegnarvi un poco di educazione” E aveva iniziato a rincorrerla. Era iniziato come una vendetta puerile, con lui che la inseguiva con il decanter del vino, cercando di versarglielo addosso, mentre lei gli lanciava tartine gridando oscenità, ed era finito come un gioco tra bambini, con i due a ridersi in faccia insulti scherzosi e gettandosi nell'erba a vicenda, lei aveva strappato con i denti un ciuffo d'erba, quindi si era voltata verso di lui con le guance gonfie, sputandogli un grumo di erbetta masticata.
Lui lo schivò per un soffio “Oh no! Non vi permetto di spararmi quella merdaccia verde!” Rise, e la annaffiò con il vino rosso, facendole mancare il fiato e sporcandone tutto l'abito. Ridendo, lei riuscì a liberarsi dalla presa e strofinò le poche tartine che aveva ancora in mano contro la camicia bianchissima del giovane.
Il marchese del Ferro, sorridendo come chi l'avesse vista lunga, si congedò senza una parola, allontanandosi in silenzio.
 
Neanche a letto era riuscito a smettere di pensare a lei. Si rigirava sotto le coperte tentando di addormentarsi, ma la lettera, che aveva spostato sul comodino senza una vera ragione, lo fissava come in agguato. Si diede dello stupido distogliendo lo sguardo: come può una lettera fissarti?
 
La prima volta che riuscì a convincerla a salire sul drago dovette faticare molto per farla avvicinare all'animale, dopo di che dovette caricarla di peso sulla sella, con l'aiuto dello stalliere. Quando erano partiti, a lei era presa una mezza crisi di panico, che passò solo dopo che Alessandre, cingendola con le braccia, la invitò a guardare l'orizzonte. Dalla loro posizione sollevata l'orizzonte appariva leggermente curvato, enorme, senza alcun ostacolo a bloccare la vista; con il sole che iniziava l'arco discendente del suo percorso, le nuvole apparivano soffici come se fossero fatte di lana. Lei rimase a fissare lo spettacolo estasiata, abbracciata al petto di Alessandre, che poteva sentirne il calore del corpo. Fu un volo breve, e i due scesero in fretta dal drago in imbarazzo. Lei, rossa in viso, gli chiese di poter volare ancora insieme.
 
A mezzanotte decise che non poteva dormire in quelle condizioni. Si alzò in fretta e si diresse con passo svelto nelle cucine del palazzo; posò la lettera su un tavolo da lavoro -Non ricordava di averla presa, ma evidentemente lo aveva fatto- e si versò un bicchiere d'acqua da un catino messo lì apposta. L'acqua era tiepida, e gli sciacquò la bocca e lo stomaco, ma lo rese ancora più sveglio di prima. Con rabbia gettò via il bicchiere, che si infranse contro il pavimento spaccandosi in mille frammenti. Come poteva un oggetto così piccolo angosciarlo così tanto?
 
Dal gioco all'amore il passo è breve, e i due iniziarono a vedersi sempre più spesso, in occasioni di feste e banchetti, e sempre finivano per discutere di temi spinosi, lei irritata dalla sua visione antiquata e lui sorpreso per la sua capacità di discorrere, capacità rara in una donna. Sempre più spesso i due aspettavano fino alla fine delle feste, per andarsene, in modo da potersi lasciare andare a comportamenti 'poco ortodossi' che avrebbero scandalizzato gli altri nobili.
Ben presto si iniziò a chiacchierare su di loro. Ben presto loro approfittarono della situazione per farsi più audaci. Ben presto lei si lasciò crescere i capelli. Ben presto i due si unirono a nozze.
 

Il giorno dopo Alessandre si alzò dal letto con i capelli arruffati e le borse sotto gli occhi. Era riuscito a dormire un paio d'ore, ma non aveva riposato per niente, sognando di trovarsi in un castello buio, correndo per i corridoi, inseguito da una lettera gigante che cercava di mangiarlo. Scosse la testa in preda al sonno, ma ormai doveva alzarsi. Senza pensarci, prima di andare nei bagni, afferrò distrattamente la busta posata sul comodino.
 
Era rimasta incinta subito, tanto che le malelingue parlavano di un matrimonio di riparazione, e dopo i soliti nove mesi di routine, nacque un figlio maschio.
“Non ci credo, tu che hai dato alla luce un maschietto. Che ne è del tuo severissimo femminismo?” L'aveva schernita lui, mentre lei era ancora stesa nel letto della genitrice, con il bimbo in braccio.
“Questo bimbo crescerà come un principe, che si ergerà contro i villani come te a proteggere le belle donzelle in pericolo” Aveva risposto a tono lei, dopo avergli scoccato un bacio sulle labbra.
 
Il volo nei cieli più alti aveva sempre la capacità di svegliarlo e di fargli passare qualsiasi cattivo pensiero, ma questa volta, nel freddo della mattina, non riusciva a pensare ad altro che a quella lettera. Mise una mano nell'interno della giacca da caccia, strofinando le dita contro la carta ruvida della busta. Fece girare il drago in una lenta virata, osservando i suoi possedimenti che si estendevano sotto i suoi occhi. Possedeva una tenuta enorme, ma ora gli appariva tutto vuoto e inutile, compreso il volo del drago. Con una smorfia di dolore, fece scendere l'animale, ritornando alle stalle.
 
I problemi non erano usciti durante i primi anni, anzi. Il giovane Gardien cresceva forte e intelligente per essere un ragazzino, e spesso si intrometteva nelle discussioni a tavola per chiedere informazioni e spiegazioni circa un argomento o una persona. Alessandre si era fatto più aperto di mentalità e Layla si era fatta più accomodante. I suoi vestiti erano sempre perfettamente curati, l'inseparabile parasole non si era più rotto sotto il suo peso inelegante, e i corti capelli da sposa erano acconciati in una capigliatura all'ultima moda tra le nobili signore.
Avevano abbandonato il linguaggio scurrile in pubblico e di fronte al figlioletto, avevano fatto voto di discutere sempre civilmente, almeno quando si trovavano alla presenza di qualcuno e desideravano ardentemente un altro figlio.
Erano cambiati profondamente, ma erano rimasti gli stessi innamorati del primo giorno: conservavano quell'amore che era sboccato il giorno in cui si erano incontrati al picnic, e che non accennava a diminuire. Solo una cosa non era cambiata, a parte l'amore: il drago.
 
Aveva lasciato le redini allo stalliere ed era rientrato in casa. Per un momento gli sembrò di sentire la voce della moglie, in salone, che lo intimava a togliersi quella casacca puzzolente prima di sedersi a tavola, ma non udì nessuno. Si sedette con la giacca, senza cambiarsi e consumò lentamente il cibo, senza sentirne il sapore, nonostante fosse evidentemente cucinato dai migliori cuochi nelle vicinanze.
Dopo aver finito di mangiare, tirò fuori la busta dalla tasca e la posò di fronte a sé, contro il bicchiere, rimanendo poi a fissarla con la schiena premuta sulla sedia.
 
Raramente Layla accettava di salire sul drago, nonostante fosse stata proprio lei, in un primo momento, a proporre nuovi voli. In quelle rare occasioni, comunque, Alessandre si sentiva l'uomo più felice del mondo. Spingeva il drago verso i confini della magione, dove si trovava, in mezzo al bosco, una piccola radura. Faceva fare qualche giravolta al drago, assaporando il momento in cui sentiva il calore del ventre dell'animale sotto le gambe e quello della moglie contro il petto. Dopo poco scendevano, e lui e la moglie si amavano sotto l'albero al centro della radura, sotto il profumo degli alberi, sopra l'erba fresca, con il canto leggero degli uccellini e il mugghiare potente del drago a fargli da colonna sonora.
 
La voce gli rimbombò nella testa, calda, soffice, ma nello stesso tempo dura e autoritaria: Sei sicuro che vuoi sapere?
Era già qualche tempo che gli succedeva. Quando si avvicinava al drago, tendeva a proiettare sull'animale i propri dubbi, con il risultato che lo sentiva parlare, anche se era evidente che fosse impossibile. Sei sicuro che lo vuoi sapere?
Mise una mano in tasca e prese, per l'ennesima volta la lettera, scrutando attentamente la busta chiusa.
Sei sicuro che ciò che leggerai non ti ferirà ancora di più?
 
Era successo improvvisamente, senza alcun motivo, almeno apparentemente: Layla si era fatta più cupa, parlava poco, sorrideva meno. Non era più lei... Che cosa era successo? Aveva iniziato a frequentare più spesso la stalla. Alessandre l'aveva vista più volte, durante le ore più improbabili, entrare o uscire dal locale con aria furtiva, cercando di non farsi vedere in giro... Che cosa stava succedendo?
Non avevano mai avuto un segreto, tra di loro, ma questa volta, per qualche motivo, Alessandre aveva paura a chiedergli di quelle visite strane. Che cosa stava succedendo?
 
Ti ha tenuto segreto qualcosa, vero? Non ti ha detto nulla; ti ha mentito.
Era vero? Alessandre non sapeva più cosa pensare. Posò la schiena contro il fianco caldo dell'animale, e lo sentì tremare, quando la voce tornò a rimbombargli nella testa.
Tu l'amavi e lei ti ha mentito. Ti ha portato via ciò a cui tenevi di più. Ti ha distrutto la vita, vero? Ma tu continui ad amarla, vero?
"Certo che la amo" Si era ritrovato a parlare ad alta voce, senza alcun motivo particolare.
E lei... Ti ama?
La lettera che aveva davanti agli occhi, ancora chiusa, gli sembrava una lama affilata.
 
Quella notte non aveva sentito niente, era successo tutto nel silenzio. Il giorno dopo aveva vagato per la magione deserta, senza riuscire a trovarli. Nessuna spiegazione, nessun motivo: Layla era fuggita di casa.
 
Dimentica, Alessandre.
L'animale girò il volto verso di lui, gli occhi tristi, tipici dei draghi, la bocca semi aperta, il colore del fuoco in fondo alla gola.
Dimentica, Alessandre. Il sapere ti porterà solo dolore. Conoscere significa soffrire. Conoscere significa morire. Dimentica, Alessandre. Lascia che il mondo ti scorra sulla pelle. Dimentica.
Come in trans, Alessandre allungò il braccio, e la lettera sparì nelle fauci dell'animale. In lacrime, il duca salì sulla schiena dell'animale, portandolo verso l'esterno della costruzione. Al servo che stava sulla porta, l'animale parve sorridere sadicamente.


"ma mère? Andiamo?" Sulla cima del colle, Guardien era impaziente di iniziare quella che la mamma chiamava la nuova avventura, e scalpitava per muoversi. Poco indietro, Layla si era voltata verso la magione, osservandola tristemente.
"Papà ci raggiungerà, vero?" Ormai era un ometto, e il comportamento della madre gli sembrava strano. Layla si asciugò una lacrima.
"ma mère?"
"Si, mon cher... Papà ci raggiungerà presto" E si voltò, lasciandosi alle spalle il passato.

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