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Autore: Kind_of_Magic    15/01/2016    4 recensioni
«Smettila» disse Wanda.
«Di fare cosa?» gli occhi di Loki lampeggiavano di divertimento «Di bloccare la tua mente? Vuoi davvero sapere cosa penso? Basta chiedere, te lo dico io: penso che non siamo così diversi come credi tu»
«Non è vero»

[Post AoU] [Clint/Natasha] [Wanda/Visione] [Loki/Bucky] [accenni a Steve/Bucky]
Un essere misterioso noto come K dichiara guerra ai Vendicatori e la squadra non si tira certo indietro. Questa volta, però, sembra che i loro metodi stiano varcando il limite.
Nick Fury si vedrà costretto a fronteggiare una situazione che non aveva calcolato: come difendere la Terra dai suoi Vendicatori?
Così, mentre Quicksilver si riprende dal coma, Loki cerca di capire perché la realtà sembri sul punto di andare a pezzi e la dottoressa Kim lavora su un progetto che le è stato ispirato da un sogno, il colonnello dovrà assemblare un nuovo team.
Nel frattempo, però, bisognerà scoprire cosa ha trasformato i Vendicatori in dei randagi, cosa li ha fatti deviare dall'obiettivo.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Loki, Nuovo personaggio, Pietro Maximoff/Quicksilver, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Sapore di miele


Parte I Gli uomini incuranti

Sapore di miele

Una luce mi tormenta.
Il suo ostinato spirito mi consuma
come lo stoppino di una candela,
ma non sono io la candela,
io sono solo una clessidra capovolta
senza più sabbia da offrire
al tempo tiranno,
senza più sabbia come tributo
al dio tempo
per un sorriso, un’ultima parola.

Me li hanno concessi, ho pagato l’ultima moneta,
mi sono votato al sonno
e desidero dormire.
Ma allora come può essere
questa luce che mi acceca?
Forse che non dormo?
Il tempo mi ha disdegnato la pena capitale
e ora giaccio qui in ergastolo
nel limbo degli insolventi debitori di sabbia
che se la contendono
come bambini al parco giochi.

Questa luce è la vita,
una nuova possibilità,
qualcuno ha garantito per me a quello strozzino,
oppure è la morte che accorre,
con la lentezza di colui che sa cosa accade,
con la fretta di chi vorrebbe essere altrove?

Sia respiro o apnea,
stasi o velocità
qualunque cosa mi si stia accostando,
giunga presto a liberarmi
da questa impietosa luce
che mi tormenta mentre qui giaccio in prigionia,
con in bocca soltanto
il sapore di miele della vita.

Aprì gli occhi. Li richiuse immediatamente perché la luce era troppo forte. Le sue orecchie erano tormentate da un rombo simile a quello delle cascate. Pietro ricordava quel suono: avevano fatto una piccola escursione per vedere delle cascate una volta, quando ancora andava tutto bene. Quando ancora non c’era la guerra. Quando erano loro quattro e non loro due. Non ricordava molto di quei tempi, ma ogni volta che ci ripensava gli tornava in bocca un sapore di miele. Sua madre adorava il miele, lo metteva in qualunque dolce facesse. Poteva ancora sentire i denti appiccicati come quando addentava il croccante di sesamo che la mamma faceva ogni anno per il loro compleanno. La sensazione era terribile, ma il gusto ne valeva davvero la pena.
Tentò di nuovo di aprire gli occhi, ma la luce era ancora insopportabile. Era così bianca. Una luce di un altro colore forse non gli avrebbe dato così fastidio, ma così bianca era l’essenza stessa della luce. I suoi occhi non erano decisamente pronti a tutto ciò. Nel frattempo, il rombo nelle sue orecchie si era attenuato al livello di un ronzio che non portava con sé nessun dolce ricordo ma era in compenso assai meno fastidioso. L’attutirsi di quel rumore di fondo gli permise di sentire un altro suono: il bip-bip di un macchinario. Si assopì per qualche minuto, cullato dal suo ritmo.
Quando si risvegliò, non era cambiato nulla: la luce non era meno bianca, il ronzio non era tornato un rombo, il macchinario non aveva cambiato ritmo. Il ricordo del suo sogno lo colpì più accecante della luce che stava appostata dietro alle sue palpebre. Vedeva un jet che sparava, Occhio di Falco con un bambino in braccio e la sua mente che come al solito pensava più veloce delle sue gambe. Spostare la macchina, coprire i due, salvare delle vite. Ma come al solito per pensare in fretta aveva dimenticato qualcosa: non aveva pensato che tra quelle vite non c’era la sua. L’ultimo saluto a Barton, Wanda che urlava nella sua testa e poi solo il buio.
E ora questa insopportabile luce bianca e questo bip-bip che da soporifero si stava lentamente trasformando in fastidioso. Pietro non dubitava che sarebbe poi diventato irritante e così via, fino a farlo impazzire completamente. Ma d’altra parte, forse era già pazzo, se era lì, convinto di essere morto. O magari era morto. Non che si sentisse morto, ma c’era da dire che, dato che non era mai morto, non poteva esserne certo. Quello di cui era sicuro era che non riusciva a muoversi. Poteva battere le palpebre, respirare e inumidirsi le labbra –cosa che fece più volte– ma i suoi muscoli del corpo, quelli che aveva imparato a usare alla massima velocità, erano completamente separati dalla sua volontà. Poteva ordinarsi di correre, di strofinarsi le palpebre, anche solo di piegare leggermente il ginocchio, ma non poteva fare fisicamente nessuna di queste cose. In effetti era una cosa che avvalorava l’ipotesi della morte.
Ma se era davvero morto, allora dov’era? In un qualche tipo di aldilà? E se era vivo, che gli era successo? E perché quella maledetta luce bianca?
Prima di cadere di nuovo in uno stato di incoscienza più profonda del sonno, pensò che aveva voglia di miele. E più precisamente di croccante al sesamo.
 
Dall'altra parte dell'oceano Atlantico, Wanda spalancò gli occhi nell'oscurità e si mise a sedere sul letto. Si voltò verso il proprio comodino: erano le tre e dodici. Era ormai abituata a svegliarsi per gli incubi che la tormentavano, ma era certa che non fosse colpa dell'incubo, quella volta. Sentiva l'assurdo bisogno di sorridere, cosa che non le era più successa da dopo la battaglia in Sokovia, da dopo la morte di Pietro. Le era capitato di sorridere, questo è vero. Tutti si erano impegnati moltissimo per riuscire a farle fare anche un mezzo sorriso, Visione per primo, ma quel bisogno impellente di sorridere senza motivo non era mai più tornato. E ora eccola lì, seduta nel proprio letto, perfettamente sveglia alle tre e dodici del mattino, sorridente come nessuno dei Vendicatori l'aveva mai vista.
Si alzò, uscì dalla propria camera e andò in cucina, ignorando il pavimento freddo a contatto con i propri piedi scalzi. Aveva chiesto a Stark di farle vedere dove fosse il miele solo qualche giorno prima, perciò lo ricordava bene. Quello che non aveva calcolato era che Stark era salito su una sedia per arrivare all'altezza della mensola dove si trovava il barattolo, e perciò lei la sfiorava solo con le unghie. Fissò per qualche secondo il miele, poi decise che se avesse seguito l'esempio del padrone di casa avrebbe fatto troppo rumore e perciò i suoi poteri erano la scelta migliore. Cominciò a spostare con la telecinesi il barattolo sempre più vicino al bordo della mensola, poi si fermò un attimo, temendo di star disturbando gli altri. Non sentendo nulla, continuò: aveva appena cominciato a far fluttuare il barattolo e stava per farlo scendere verso di sé, quando una mano lo afferrò.
Wanda si spaventò terribilmente, perché non aveva sentito Clint entrare. «Così è più facile, no?» sorrise l'uomo porgendole il barattolo. La ragazza non riusciva proprio ad arrabbiarsi, a causa della felicità immotivata che continuava a sentire dentro di sé. Prese il miele e ricambiò il sorriso di Clint, in silenzio. Poi gli indicò il tavolo e si sedette, rigirandosi il barattolo tra le mani.
«Hai fatto di nuovo un incubo?» le domandò Barton con un sospiro.
«Al contrario» rispose criptica Wanda, non smettendo di sorridere.
«Un bel sogno, allora?»
«Diciamo di sì, uno di quelli che a raccontarli si rovinano»
Clint aveva proprio intenzione di chiederle cosa avesse sognato e fece un lieve cenno con la testa per farle capire che il messaggio era arrivato.
«Ma perché il miele?» domandò invece
«Mi piace, mi fa tornare alla mente dei bei ricordi. E poi il sogno mi ha fatta svegliare con una voglia incredibile di prenderne almeno un cucchiaino» glielo offrì, ma l'uomo rifiutò e restò a guardarla mentre assaporava lentamente il miele, un cucchiaino per volta. Solo dopo un po' capì: «Si tratta di tuo fratello, vero?»
«Avevo detto che era uno di quelli che si rovinano a parlarne»
«No, se non è davvero un sogno. Wanda, è uno di quei vostri sogni?»
«Non lo so» confessò «lo spero, questo è ovvio, ma non ne sono certa. È la prima volta che lo sogno così, così... Come quando eravamo piccoli e facevamo i sogni insieme e poi ce li ricordavamo tutti e due. Ho sognato quello che sogno ogni notte, ma stavolta era diverso. Io credo che forse...»
«Wanda, io credo che forse tu stia cominciando ad accettare quello che è successo. Devi lasciarlo andare, ormai è passato abbastanza tempo perché tu lo capisca»
«No» sembrava una bambina impaurita, ma aveva la determinazione di un'adulta «No, non capisci. Pietro è vivo, io lo so e basta. Se lo lasciassi andare, lo abbandonerei proprio ora che forse ha bisogno di me»
«Non avrà più bisogno di te, Wanda, perché non mi ascolti?»
«Perché non mi ascolti tu? Tu lo sai cosa sento dentro? No, ed è per questo che non capisci. Tu credi di sapere cos'è la vita, l'amore, la morte, ma non sai e non saprai mai cosa c'è tra due fratelli come noi. Non puoi giudicare» richiuse il barattolo del miele e lo lasciò sul tavolo. Se ne andò, dopo avergli chiesto di rimetterlo a posto, augurando sottovoce una buonanotte, per quel che rimaneva della notte. Neanche quella breve discussione era comunque riuscita a spegnere la sua serenità e fu solo quando tornò nel letto che si accorse di non avere la minima idea del perché Clint fosse sveglio.
 
La dottoressa Helena Mazur entrò nella stanza senza preoccuparsi di non fare rumore, come invece faceva per altri pazienti: tanto il ragazzo non si accorgeva di nulla. Appena lo vide, però, si pentì dei propri pensieri, come faceva sempre. Il ragazzo dormiva, se si poteva chiamare dormire quello stato che era appena sopra quello comatoso. Il suo volto, incorniciato dai capelli biondi spettinati sempre allo stesso modo, aveva la solita espressione angelica di un bambino che sogna. Per la prima volta, però, la donna notò che sulle sue labbra era dipinto, incorniciato dai baffi e dal pizzetto, un lieve sorriso. Non se n’era mai accorta prima, eppure erano mesi che andava da lui ogni giorno per controllare la situazione. Si avvicinò al computer che era sul tavolo di fronte al letto e premette un tasto, con la sicurezza di chi ripete un gesto ormai abitudinario: sul video comparve il rapporto dei parametri vitali del ragazzo, insieme a tutto ciò che era successo durante l’assenza della dottoressa. Diede dapprima un’occhiata veloce: quella pagina era la stessa da mesi, ormai. Poi però qualcosa attrasse la sua attenzione e riprese a leggere dall'inizio. Si strofinò gli occhi e controllò ancora: era proprio così, non se l’era immaginato. Con pochi, rapidi comandi stampò cosa stava leggendo tramite la stampante di una sala non distante.
Pietro Maximoff si era svegliato alle nove in punto del mattino, appena qualche ora prima del suo arrivo. Aveva aperto gli occhi solo due volte e per brevissimo tempo, ma non c’era dubbio che fosse sveglio. Si era addormentato per qualche minuto e poi si era svegliato di nuovo. Circa dieci minuti dopo, alle nove e dodici, era piombato di nuovo in quello stato semi-comatoso in cui l’aveva trovato quel giorno, come tutti quelli prima. Helena non riusciva a crederci.
 
Il colonnello Fury non aveva mai ricevuto molte mail neanche quando era direttore dello S.H.I.E.L.D., perché c’erano un migliaio di controlli e uffici che si occupavano di tutte le faccende che non avevano bisogno di lui in persona. Ora ne riceveva meno che mai, in fondo per il mondo era morto. Fu perciò sorpreso quando vide arrivare una mail. Fu molto sorpreso quando vide il mittente. Fu estremamente sorpreso quando lesse l’oggetto. Inoltrò immediatamente alla signorina Mazur tutto il dossier che richiedeva e rimase a fissare lo schermo anche dopo averlo spento. Pietro Maximoff vivo? Era possibile? Era vero, lo aveva fatto portare in quella clinica in Polonia perché era d’accordo con Scarlet Witch che ci fosse una possibilità di sopravvivenza, ma non aveva mai davvero creduto che il ragazzo potesse uscire dal coma.
Non era veramente uscito dal coma, lo sapeva bene, Wanda lo aveva avvertito che le istruzioni che aveva lasciato prevedevano che venisse avvertito ben prima che si sapesse con certezza come stesse il ragazzo. Non doveva però trascurare il fatto che se già si erano verificate le condizioni perché la dottoressa lo contattasse voleva dire che le possibilità di un risveglio completo erano aumentate drasticamente. Come avrebbe gestito la situazione se fosse successo davvero? Per fortuna, pensò, Scarlet Witch si era preoccupata di lasciare quelle istruzioni. Inizialmente l’aveva lasciata fare perché la cosa la aiutasse a superare la perdita, ma poi leggendola si era reso conto che la lista era stata stilata con cognizione di causa e che sarebbe stata davvero applicabile nella possibilità che Quick Silver si svegliasse. E ora mancava pochissimo che succedesse davvero.
 
La dottoressa Helena Mazur leggeva la lista con gli occhi spalancati e le sopracciglia inarcate in uno sguardo scettico: la signorina Maximoff aveva indicato di chiamarla molto tempo dopo l’inizio dei miglioramenti di suo fratello e dava una serie di istruzioni che non avevano nulla di medico. Perché del miele spalmato regolarmente sulle labbra avrebbe dovuto aiutare il paziente a guarire? Che cosa pensava quella ragazzina, di essere un medico? Helena si irritò parecchio e stava per smettere di leggere, ma poi pensò che in fondo gli ordini del colonnello erano quelli e cambiò idea. Al fondo, dopo ringraziamenti e firma, c’era una nota:
“Per il medico che leggerà questo: lo so che non si tratta di indicazioni per trattamento medico e non pretendo di essere in grado di dirle cosa deve fare. D’altra parte, se Fury ha dato a lei l’incarico di occuparsi di mio fratello vuol dire che si fida delle sue capacità e così faccio anch’io. Non se ne abbia a male, quindi, se mi sono permessa di scrivere questa lista. Si occupi pure di tutti i trattamenti medici del caso, questo sarà qualcosa in più. Non ha bisogno di informazioni su Pietro perché ha già la sua scheda, che ho contribuito personalmente a compilare. Questo è qualcosa che le consiglierei io se fossi lì adesso che si è svegliato, ma per alcuni motivi è meglio che io non sia lì finché, come ho scritto, le sue condizioni non saranno migliori. La prego di fidarsi e fare ciò che ho scritto anche se dovesse sembrarle stupido o inutile. Ancora grazie perché si sta occupando di mio fratello.”
La donna sorrise leggendo le parole di quella ragazza e l’affetto viscerale che traspariva da quelle parole in apparenza così formali. Decise che, senza averla mai conosciuta (Wanda non aveva voluto), la signorina Maximoff le piaceva. Cercò quello che le serviva e poi rientrò nella camera di Pietro con più attenzione di quanta ne avesse mai fatta. Il paziente non si era mosso di un millimetro, il sorriso sul suo volto non aveva subìto il minimo cambiamento. La dottoressa si avvicinò e gli tolse i capelli da davanti al viso, poi gli spalmò le labbra di miele come indicato dalla signorina Maximoff e se ne andò.
 
Quella notte, alle tre e dodici Wanda Maximoff non si svegliò, ma sorrise inconsapevolmente nel sonno quando il suo incubo si tranquillizzò e tutto assunse una tinta argentea. Al mattino non ricordava nulla, ma era sempre più certa della sua sensazione: suo fratello era vivo, ormai era solo questione di aspettare che stesse abbastanza bene da richiedere la sua presenza. Spalmò il miele di acacia sulla sua fetta di pane e sorrise mentre faceva colazione: Visione la guardava di sottecchi.
«Vuoi finirlo in fretta quel barattolo!» scherzò l’androide.
«Mi piace» fu la semplice e serena risposta che ricevette. Visione le fece l’occhiolino, allegro. Wanda evitava sempre di pensarci, ma lo sapeva che qualcosa stava succedendo.
 
Il giorno dopo, la dottoressa Helena Mazur controllò i rapporti: il ragazzo si era svegliato alle nove e si era addormentato alle nove e dodici, di nuovo.
E il miele era sparito.




The Magic Corner:
Ehilà! Grazie per aver dedicato un po’ di tempo a questa fic che sinceramente non so proprio come mi sia venuta in mente. Lo so, in questo capitolo non si vedono gli Avengers e non si nota l’AU, ma date tempo al tempo! Vorrei dedicare questo capitolo alle mie sorelle, perché non so cosa farei io al posto di Wanda. L’intera fic, invece è dedicata a GreekComedy, perché è un po’ anche colpa sua se l’ho scritta (ma lei non lo sa) e perché finalmente può leggere qualche fic tra le mie sul Marvel Cinematic Universe senza spoilerarsi tutto. Un grazie infinito al mio consulente di fiducia sulla Marvel, che come al solito si dimostra fondamentale.

Inoltre, visto che mi piacerebbe mettere qualche altra ship oltre alla ScarletVision, vorrei sapere qual è quella che preferireste (se non avete tempo per una recensione, mandatemi anche solo un messaggio privato con il nome della/e ship). Metto solo qualche limite: le ship non possono coinvolgere Wanda o Visione (evidentemente), gli Avengers del primo film (Hulk, Capitan America, Iron Man, Thor, Vedova Nera, Occhio di Falco) si possono shippare solo tra di loro, tutti gli altri personaggi come vi pare. Se vi chiedete se un personaggio ci sarà oppure no, date per scontato che ci sarà. Potete scegliere anche una ship tra gli Avengers del primo film e una tra gli altri personaggi. Tenete presente che c’è anche un OC (Kim è il cognome, non ho ancora deciso se sarà un uomo o una donna) libero per le ship con tutti tranne gli Avengers. Non vorrei esagerare, quindi ne sceglierò due, al massimo tre.

Vi invito a farmi sapere cosa pensate di questo primo capitolo, anche perché (come tendiamo tutti a dimenticarci) le recensioni sono un sorriso regalato all’autore e non costano nulla!

Che gli dèi siano con voi!

-Magic

   
 
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