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Autore: piccolimarcoakajohn    15/01/2016    0 recensioni
La mia pulsione a scrivere si è cristallizzata in questi momenti descritti che mirano ad essere espressione di realtà e verità
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- C'è chi scrive, chi ascolta, chi legge e infine chi parla. Azioni e voci verbaii. Sicuramente è possibile ricondurli ad un motivo, uno scopo, idea, forza vitale, spinta atavica al fare e al discernere. Prima di arrivare alle questioni sopra al bene, al male, ai massimi sistemi. E qui ci metto un bell'emoticon -.  Eccomi nel 1905 ad ascoltare con le mie cuffie da fighetta di alto profilo musica HC prodotta un secolo più tardi. Eccomi in treno. Seduto nella seconda fila. Il posto del finestrino lo ho lasciato alla mia valigia. Sono in largo anticipo rispetto all'orario di partenza. Sono arrivato in stazione consapevole di dover aspettare il primo treno disponibile non avendo alcuna rimembranza di orari di partenza e affini (il che include possibili noie dovute a suicidi, incidenti, scioperi, mal tempo). Il vagone, sostanzialmente vuoto, è inondato dalla telefonata di una signorina abbastanza appigliata nel più mesto cipiglio. Sempre più m'interesso, sorpreso come non mai, a quella conversazione che ad un antico sarebbe sembrata solipsistica se non adombrata da una puntina d'isteria non correttamente trattata. Si tratta di confidenze da donna a donna. Di questioni che prescindono una spiccata noncuranza, indifferenza e/o un'acuta confidenza verso l'omologazione globalizzata del farsi i cazzi sua, dell' e mmo' in solitaria me calo 'na bona traccia zarra in cassetta e dulcis in fundo del tanto quel dico è arabo per chi non conosce per intero la mia storia. Di questa situazione mi dispiaccio perché non posso concentrarmi sopra al libro che tanto volevo leggere, dato che il treno a me concilia la lettura e la concetrazione. Eppure dopo poco vengo trascinato nella foga del ricoscruire alla siessai un contesto a quegli oscuri, nonché seri, discorsi. Mi capita pure d'identificarmi con la persona di cui la tizia in questione parlava. Un ritratto in cui non posso non identificarmi. C'era una volta un ermafrodito che ha vissuto in terra almeno ventisei primavere, ventisei estati, ventisei autunni e ventisette inverni che trovandosi di fronte ad un bivio rimase pietrificato dall'indecisione. Tra Roma e Milano, a Verona in via Capuleti s'era fermato. Qui ad ammirare la statua con assidua frequenza si ritrovò la bella Fiona. Questa però iniziò a dubitare delle sue azioni. Decise di sospendere temporaneamente il giudizio e le sue conseguenti azioni/reazioni, in quanto incapace di sostenerne le conseguenze. Il dubbio non poté che sfogarsi sulla povera e malcapitata ancella che, poverina, per nascita umile serva non potè che sostenere le struggevolezze della principessina sua padrona.
E di qui s'interrupe la fantasia in quanto per mia sfortuna di fronte a me prese posto una frazione di scolaresca d'un femminil collegio, di ritorno dalla Venezia del sud. Da qui in poi sono riuscito a concentrarmi sulla lettura di tal De Sanctis. Ma ecco che l'esuberanza adolescenziale ancora una volta riesce a frenar i miei buoni propositi. Atteggiandomi da guardone consumato, con la visione laterale allenata, riesco a vedere, in quei due o tre millisecondi, il motivo del dubbio che adombrava una di queste frazioni sedute di fronte a me. Ebbene ha tentato la funambolica mossa del trucco al volo. L'indecisione si sofferma sopra al colore impattante ed inconsueto con cui decise di adornare i suoi labbri. Esatto, non è una svista, i suoi labbri e tutto questo per associazione figurata all'emorragia sonora conseguentemente, ed aggiungerei irritantemente, avvenuta. Risa sguaite, parole in codice, curiosità del terzo incomodo sollazzante, scambio di succosi zuccherini, ecco il seguito che mi portò a rimpiangere i momenti appena passati in cui incuriosito andavo a captare, ricomponendoli a mio gradimento, frammenti di vita familiari ma mai profondamente esperiti. Aumentano le mie occhiate oblique al finestrino per determinare la mia posizione, a quanto l'arrivo in stazione, a quanto potrò pranzare. Oggi ricorrono i festeggiamenti per la nascita di colei dal cui ventre mi estrassero più di due lustri fa (e meno di sei, aggiungo) perciò sono sicuro che le mie fauci incapperanno in succulenti preparati a base di raro pesce selvaggio. Con questo pensiero consolatorio mi appresto ad uscire dal vagone oggi-non-troppo-amico per inforcare il mio fidato e collaudato mezzo biruote, sicuro di aver passato una quantomeno soddisfacente mezza giornata.  
  
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