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Autore: Blablia87    15/01/2016    4 recensioni
DAL TESTO:
"Venti minuti fa, cosa? Concentrati, per l’amor del cielo.
Come sono arrivato fin qui? A osservare uno sconosciuto con… cos’è questa? Paura? No. Invidia? No. Quali altre emozioni sono abituato a riconoscermi senza minare troppo la mia idea - piuttosto artefatta, ma d’altronde ci ho lavorato su per anni! - di me stesso?
Ah, già.
Ira."
E se Sherlock non fosse riuscito a dedurre davvero tutto di John Watson, il giorno in cui si sono incontrati? E se il passato del soldato tornasse a far loro visita?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Thompson si rigira la pistola tra le mani.
È andato a prenderla poco dopo aver letto il messaggio di John.
 
Subito dopo aver sfogato la sua frustrazione su di me.
 
Il sopracciglio destro si è spaccato dopo il terzo pugno.
Sangue, ancora.
Secco.
Tira la pelle.
Inizia ad essere ripetitivo.
 
 
È seduto a terra.
Ruota l’arma tenendola per il grilletto.
Gioca.
 
Quanto tempo sarà passato?
Vorrei poter guardare l’orologio.
Davvero molto divertente, Sherlock.
 
 
 
Un colpo. Secco.
Vicino.
 
Il vento è qui.
Lui, è qui.
 
Thompson si alza.
Muove la testa, fa scrocchiare le spalle.
 
“Lo sapevo, sai?”
Mi guarda.
“Che sarebbe venuto qui. Trova sempre un modo, maledizione! Ma lo sapevo…Dovevo essere io a chiudere questa storia.”
 
Punta la pistola verso la porta.
Si prepara.
Sembra riflettere.
La sposta su di me.
 
Un altro colpo.
La porta cede, si apre con una schianto.
 
Luce.
 
John.
John.
 
Gli occhi bruciano.
Luce diretta su pupille dilatate.
Non ha importanza.
Devo guardarlo.
 
John entra nel stanza con passo lento ma sicuro.
 
La pistola nella sinistra, la destra a sostegno.
La tiene puntata su di lui.
 
“Tu.” Dice.
Nessuna sorpresa nella voce.
Solo una mera constatazione.
 
Dio, quanto mi è mancata la tua voce.
 
“Ciao Johnny!”
Risponde Thompson.
Fa un cenno di saluto con la mano libera.
 
E John…
John ha uno sguardo…
 
È in guerra.
Il mio capitano.
 
Fa scorrere gli occhi lungo il braccio teso dell’uomo.
Si sofferma un attimo sulla pistola.
 
Alla fine, volta del tutto la testa e posa lo sguardo su di me.
 
Ehi.
Ciao John.
Mi sei mancato così tanto.
 
 
Posso sentire il suo respiro spezzarsi anche da qui.
Socchiude le labbra, lo sguardo diventa quasi…
Spaventato.
 
“Butta la pistola, o lui muore.”
La voce di Thompson è piatta, quasi annoiata
 
Occhi. Quelli di John.
Mi passano su ogni centimetro di pelle.
Attenti. Veloci. Caldi.
Casa.
Casa mia.
 
Deglutisce.
Senza distogliere lo sguardo, si china, lento.
Posa a terra la pistola.
 
Che diavolo stai facendo?!
 
“No…!” è l’unica cosa che riesco a dire. Poco più di un sussurro.
La quarta costola di sinistra preme fastidiosamente contro un polmone, dopo gli ultimi colpi.
 
John mi sorride appena. Tiene per un attimo gli occhi nei miei.
 
È triste.
 
Distoglie lo sguardo, torna su di lui.
Marziale.
Implacabile.
 
“Tu.” Ripete.
Ed io non riconosco l’oscurità che macchia la sue voi.
 
“Sorpresa!” L’altro alza le spalle.
“Immagino che sia strano per te scoprire che il povero piccolo idiota soldato Thompson sia capace di cose del genere!”
Indica con la mano libera i monitor, poi me.
 
John tiene gli occhi fissi su di lui.
Apre e chiude i pugni. Strofina indice e pollici della mano sinistra.
 
Lo fa spesso.
È il suo modo di pensare.
Quindi lo sai.
Io…Credo di averlo sempre saputo.
 
 
“Non ho mai pensato che non fossi in grado di fare qualcosa.” Risponde John.
Scuro.
 
Gutturale.
 
“Al contrario. Ho sempre temuto cosa saresti stato capace di fare, senza un adeguato controllo.”
 
Una risata. Finta, forzata. Malata.
 
“Ma se non hai fatto altro che richiamarmi per tutta la missione! Sempre addosso, sempre a sbraitare ordini!”
La pistola vibra, nella sua mano.
 
John muove gli occhi sulla canna per un secondo, poi torna sul suo viso.
 
Valuta.
 
Analizza.
 
“Cercavo solo di non farti espellere. O peggio, finire davanti alla Corte Marziale.”
 
Thompson inclina la testa, sembra soppesare le sue parole.
Scuote la testa, fa spallucce.
 
“Oh beh. Credo che non abbia più molta importanza adesso, giusto?”
 
La pistola si sposta su John.
 
È troppo vicino.
Lo ucciderà.
 
 
John, che diavolo stai facendo?
 
 
John non si muove. Non arretra, non stacca gli occhi da lui.
 
“Il Capitano John Watson. L’uomo in grado di schivare i proiettili.”
Ride, Thompson. Ancora.
 “O dovrei dire “l’uomo che ERA in grado di schivare i proiettili”. Sasha mi ha raccontato che ti sei menomato da solo la tua piccola mente eccelsa!”
 
Gli occhi di John si fanno più stretti.
Un solo secondo.
 
Si sente tradito.
Non gli importa.
 
“A quanto pare, è arrivato il momento di terminare il lavoro iniziato anni fa! A proposito, come va la spalla?”
 
John inclina la testa.
 
Non sembra sorpreso.
No.
Non lo è.
 
“Magnificamente.”
 Sorride. Freddo.
Non sembra quasi umano.
 
Mi ricorda qualcuno.
John non è così.
Oh, neanche quel qualcuno lo è.
 
“Ne sono felice. Davvero.”
Metallo su metallo.
Ha caricato il colpo.
 
Guardo John.
 
Va’ via, ti prego.
 
Da quando supplichi?
Da quando ho pensato che non lo avrei più rivisto.
 
Silenzio.
Lungo.
Innaturale.
 
Devo riuscire a liberare questo dannato polso!
 
Un altro colpo, e trancerai i tendini.
IRRILEVANTE!
 
“Vediamo se sei ancora in grado di schivare i proiettili…”
Io…
 
Non c’è tempo.
Non c’è mai stato tempo.
 
 
 
Il frastuono del colpo rimbalza contro le pareti, e per un attimo penso che non l’abbia colpito.
John resta in piedi, solo leggermente inclinato rispetto alla posizione in cui si trovava fino ad un attimo fa.
 
Una singola goccia di sangue, poi due, tre…
Scendono dalla sua tempia,
macchiano il
pavimento.
 
“JOHN!” grido.
Il dolore esplode da qualche parte, nel mio corpo, nella mia testa, ma non importa.
 
Quante gocce di sangue di sangue ci sono, Sherlock?
CHE IMPORTANZA HA?!
 
Potresti contarle.
Dovrei dimenticarle.
Puoi sempre demolire una parte della tua mente.
 
Un tonfo.
Sordo.
 
John è a terra, il volto lontano da me.
Vedo solo i suoi capelli.
 
Io…
 
 
 
 
Se questo è amore, chiedo solo il mio proiettile.
 
 
 
 
Thompson lascia cadere la pistola a terra.
No. Non. Ancora.
Devo essere sicuro che ci sia ancora un colpo.
Per me.
 
“Tu…” rantolo, la voce avvolta da un singhiozzo di dolore.
“Tu…”
 
Prendi quella maledetta pistola e finiscimi.
 
Come sempre guardi, ma non osservi.
 
 “Tutti questi anni passati a immaginare questo momento…e…e ora? Tutto qui?”
Si guarda le mani.
Tremano.
 
“Era davvero così facile?”
Delusione.
 
Dovresti osservare, Sherlock.
Lasciami in pace.
 
Il sangue racconta tante cose, sai?
TACI!
 
Ad esempio, quando hai finto il tuo suicidio, c’era decisamente troppo sangue.
Esageratamente troppo.
Non…
 
Il sangue Sherlock.
Cosa c’è che non va, con il sangue?
 
Io…
 
Quante macchie di sangue. Quante?
Non… posso.
 
Quante, SHERLOCK!
 
POCHE!
Troppo…
 
Troppo poche!
 
 
 
Un colpo di pistola, di nuovo.
 
Thompson si piega in avanti.
 
Urla.
 
Il suo ginocchio destro è completamente distrutto.
 
 
Sgrano gli occhi.
 
Troppo poche. Cosa possiamo dedurne, quindi?
Una…
Una ferita superficiale.
 
John!
 
John è ancora a terra, ma si puntella sul gomito destro per mantenere il busto alzato.
Nella sinistra la sua pistola. Ferma.
Si siede, lentamente.
Un sospiro profondo. Un gemito.
Il sangue continua a scendere dalla ferita, ma ora posso vedere la sua esatta posizione, appena sopra la tempia
 
Non mi guarda.
Si mette in piedi.
 
Va verso di lui, seduto a terra.
Una pozza di sangue si sta allargando sotto la sua gamba tesa.
 
Quanto sangue?
Una quantità adeguata.
Sempre meno di quanto meriti.
 
John gli appoggia la canna della pistola alla fronte.
Ha lo sguardo di un animale selvatico che deve proteggere la sua tana.
 
“Immagino che te ne debba ancora uno, per essere pari.” Sibila, chinandosi un po’ su di lui.
Thompson sorride, un sorriso carico di disprezzo.
 
“Tu non sei così.” Dice. Sa che è vero.
E ha ragione. John non è così.
 
Tu potresti esserlo.
Se servisse a proteggerlo, certo.
 
John lo guarda.
John.
Non sei così.
 
Serra la mascella. Deglutisce.
Lascia cadere la pistola, la allontana con un calcio.
 
Mi sfugge un lamento, che è insieme dolore e liberazione.
John si volta verso di me.
 
Andiamo a casa, John.
Ti prego.
 
Un’ombra nera gli attraversa lo sguardo.
Furore.
Protezione.
La più atavica forma di possesso.
 
 
“Oh, hai ragione.” Ringhia.
“Non sono così.”
 
Mi osserva.
Sta memorizzando.
Memorizzando cosa?
 
“Sono peggio di così.”
 
Un attimo.
Il tempo di staccare gli occhi da me.
Un pugno, mirato, calibrato, rompe il labbro dell’ex soldato Thompson.
Un altro apre una ferita sul suo sopracciglio.
Un colpo, secco, e posso sentire le sue costole spezzarsi.
 
Mi sta…
Vendicando.
 
Lo sta ripagando.
 
C’è qualcosa di… spaventoso e allo stesso tempo strabiliante, nel vedere John colpire qualcuno per vendicarmi.
È…
Protezione.
La più ancestrale dimostrazione d’amore.
 
Eccellente, fratellino.
 
Ha finito.
 
L’uomo sotto di lui geme, rannicchiato in posizione fetale.
John si china su di lui.
Di nuovo.
Ma non lo sfiora.
 
“Osa solo pensare di toccare, anche solo di sfiorare, un’altra volta chi amo, ed io ti giuro su Dio che dovrai implorarmi di lasciarti morire.”
Sibila, lento.
Calibra ogni parola, aspetta di vederle depositarsi nella consapevolezza dell’uomo che si muove sotto i singhiozzi.
 
 
 
Oh, John…
 
 
 
Voci.
Lontane.
Si stanno avvicinando.
 
John si stacca da lui.
 
John…
 
Si avvicina a me.
 
 
Un gruppo di suoi uomini entra nella stanza, altri li sento muovere in quelle attigue.
 
“John… che… che diavolo è successo?!”
Riconosco la voce: Lestrade.
 
 
John lo ignora. Si china accanto a me, mi passa una mano sul viso.
 
Ciao, John…
 
Appoggia la fronte contro la mia.
Piano.
Dolce.
Sa di casa.
 
“Come…” provo. Ma i suoi occhi sono troppo vicini, e le costole premono ancora contro i polmoni.
 
“Ti racconterò tutto, ma non ora.”
“Mi…” Mi dispiace John.
“Zitto. Non parlare.” Dice piano.
Stacca la fronte dalla mia.
 
Non voglio.
 
“GREG!” urla, voltandosi verso la porta.
“Mi serve qualcosa per aprire queste manette!”
 
Torna a guardarmi.
Osserva il sopracciglio.
Poi le labbra.
 
“Ho pensato di averti perso.”
Anche io, John.
 
Mi poggia una mano sul petto.
 
“La spalla posso sistemarla adesso. Ma per il resto dobbiamo andare in ospedale.”
Mi passa una mano sui capelli.
 
Una carezza.
 
Lestrade si avvicina, porge a John qualcosa.
 
“Cristo, Sherlock!” esala, a mezza voce.
Guarda me, poi John chino sulle manette (così vicino che sento il suo respiro sul collo), infine si gira a guardare l’uomo che stanno spostando su una barella.
Sa.
 
Un click metallico.
Il mio polso è libero.
John lo tiene un attimo tra le mani, lo osserva.
Ha di nuovo quello sguardo.
 
“Ho capito.” Lestrade da una pacca sulle spalle a John, rapido.
“Passa domani alla centrale a firmare la dichiarazione. La faremo passare come legittima difesa, ok?”
Si china un po’ di più, abbassa la voce.
“Per… per tutti e due i ”Casini”.”
 
Torna in posizione completamente eretta.
Si allontana. Impatisce ordini.
John lo segue con gli occhi per un po’.
 
Gratitudine.
 
“John…” Provo.
 
Devi spiegarmi alcune cose, John.
Devo dirti delle cose, John.
 
“Non.” Alza una mano. Imperativo.
“Non azzardarti a parlare. Dobbiamo andare in ospedale.”
 
Due paramedici si avvicinano.
Faccio cenno di no.
“Andiamo…a casa…” Comincio. “Per…favore”.
 
“Non se ne parla, dobbiamo fare dei controlli. Potresti avere una commozione celebrale, delle emorragie interne… Andiamo in ospedale e basta!”
Ha la voce dura, ma gli occhi morbidi.
 
Le sue mani ancora sui miei capelli.
 
Resta qui John. Non lasciarmi.
 
Sospiro.
 
Va bene John. Come vuoi tu.
Sempre, come vuoi tu.
 
“Solo…i…controlli.”
So che capirai.
 
Sospira a sua volta. Stende la bocca in un sorriso tirato.
 
“E va bene, Sherlock. Come vuoi tu. Sempre, come vuoi tu.”
 
 
Nota dell’autrice:
Ho poco da aggiungere, se non i soliti ringraziamenti a tutti voi per il sostegno, la lettura, i commenti meravigliosi. Manca ormai pochissimo (uno, due capitoli massimo). Grazie per la bellissima esperienza che mi state regalando, non avrei mai sperato in così tanto. :)
 
C’è un’unica cosa che mi va di sottolineare: per me il “Come vuoi tu. Sempre, come vuoi tu” tra Sherlock e John, in questo capitolo come negli altri, è la loro versione del famoso (e dolcissimo!) “ai suoi ordini” della “Storia fantastica” (alias “The Princess Bride”).
Chi di voi l’ha visto sa a cosa mi riferisco.  ^_^
Chi non l’ha mai visto…CORRA A VEDERLO!
   
 
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