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Autore: Iaiasdream    15/01/2016    1 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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42 Capitolo: LO SCONUSCIUTO PIACERE
 
 
Anche se la tentazione di vedere mio figlio e dirgli tutta la verità mi sta divorando, decido di non seguire Rea; la vedo allontanarsi lentamente e non accenno alcun movimento.
<< Così, Etienne è tuo figlio? >> chiede Alain distraendomi dai miei pensieri. Mi volto verso di lui e lo guardo con espressione seria.
<< L’avevo immaginato, sai? >>aggiunge incrociando le braccia dietro la nuca.
<< Smettila, mi stai dando sui nervi! >> lo minaccio.
<< Che cosa sto facendo? >>
<< Non mi piace il tuo comportamento da “non è successo niente”. Non puoi continuare a fare l’indifferente per sempre. Con le tue manie da spaccone hai messo nei guai Rea; se sua zia non chiuderà un occhio e cercherà di salvarla, sarà rovinata! >>
<< Non succederà, sta tranquillo >>. Quel suo atteggiamento mi fa scattare, così mi avvicino minacciosamente prendendolo per il colletto e avvicino il suo viso al mio << Sei solo un piccolo presuntuoso! >> digrigno infuocandolo con gli occhi, << Che cazzo ti passò per la mente quel giorno, quando la baciasti? >>, lui sorride poi afferrandomi i polsi cerca inutilmente di farmi mollare la presa.
<< Ciò che passò a te, quando la facesti entrare nel tuo cuore >>, quelle parole dette così facilmente, mi fanno perdere le forze; lo lascio, facendo cadere le braccia lungo i fianchi; indietreggio di poco e scuoto la testa << Tu… ti sei innamorato di Rea? >>
<< Te lo dissi, quindi non fare quella faccia da idiota! >>
<< No, quel giorno tu scherzavi, non è così? >> chiedo convinto delle mie parole, ma Alain non mi asseconda, anzi scuote la testa sincero ed è quella sua strafottente sincerità a farmi perdere il lume della ragione: gli sferro un pugno in pieno volto lasciando che barcollasse all’indietro; riesce a trovare l’equilibrio e massaggiandosi la mascella, mi guarda nervoso.
<< Non azzardarti mai più >>
<< Io ti spacco la faccia! >>
<< Non puoi comandare i sentimenti degli altri, come io non posso comandare i miei! Non ci posso fare niente se la tua Rea è speciale… >>
<< Hai detto bene: la MIA Rea >> lo interrompo avvicinandomi ancora una volta, lo afferro per un braccio e lo strattono di poco << mettitelo bene in testa, Alain! >> la mia voce sembra voler crollare, ma riesco comunque a reggerla in maniera autoritaria << Rea è mia, e di nessun altro! >>
<< Lo so >> risponde sbuffando un sorriso << è per questo che ho deciso di aiutarla, non voglio che per i miei sbagli siate voi a pagarne le conseguenze >> aggiunge allontanandosi ancora una volta e voltandomi le spalle, prosegue << come ho già detto a sua zia, la ragazza nella foto non è lei >>
<< Come farai a fargliela bere? >> chiedo insicuro di ciò che sta dicendo.
<< Sarà chi le ha fatto del male a salvarla >>
Trasalisco guardandolo mentre prosegue il suo cammino lasciandomi solo, con la mente ricolma di dubbi e pensieri.
 
 
***
 
 
La cornetta del telefono mi trema tra le mani, mentre quel rumore d’attesta mi rende ansiosa, dopo aver assistito a quella scena, ho sentito qualcosa dentro di me logorarmi il cuore, non ci sono altre parole: ho dei rimorsi.
<< Pronto >> finalmente quella voce famigliare mi distrare dai miei pensieri.
<< Si-signora Charlotte, sono io, Melody… >> balbetto con voce tremante.
<< Ah, Melody! Cara, mi chiami per darmi buone notizie? >>
<< Ho fatto come voleva, signora; sua nuora… >>
<< Non chiamarla così! Non è mia nuora e non lo è mai stata. Quella puttana ha ingannato tutti, anche mio figlio si è lasciato abbindolare dal suo finto carattere! Ha cresciuto un bambino che non è suo! >>, la sento sospirare, e poi ritornare con voce calma << allora… cosa è successo a scuola? >>
<< Ha-hanno visto tutti il manifesto e… >>
<< E? >>
<< è accaduto ciò che aveva previsto >> rispondo tutto d’un fiato abbassando la testa afflitta. Lei dal canto suo scoppia in una risata isterica e continua a elogiarmi per il mio lavoro fatto bene. Ma come posso continuare ad assecondarla, se il mio cuore non lo sopporta? Ho fatto del male a Rea la preside del liceo, nonché a una mia amica di studi. No, non posso essere diventata così cinica per scopi, che so benissimo, non si potranno mai avverare.
<< Bel lavoro Melody… >> riprende la madre di Armin tutta contenta << …sapevo che potevo contare su di te; mi somigli molto, sai? >>
Trasalisco nel sentire quell’ultima frase << No! >>, e la negazione esce autonoma dalle mie labbra.
<< No, cosa? >>
<< I-io non sono come lei! >> balbetto presa dalla paura di ciò che sto dicendo ad alta voce. Per la prima volta nella mia vita, sto sfidando qualcuno che sta più in alto di me.
<< Beh era un complimento, non è certo un offesa se ho avuto la compiacenza di mettere una nullità come te al mio stesso livello… >>
<< Lei è cattiva! >> esclamo per interromperla, mentre il mio corpo inizia a darmi segni di nervosismo.
<< Non ho sentito bene l’ultima parola >> ribatte ghignando.
<< Ha capito perfettamente! >>
<< E sentiamo, perché sarei io la cattiva? >>
<< Mi ha ingannata e fatto fare una cosa spregevole… >>
<< Dici bene: hai fatto una cosa spregevole e tutto questo per cosa? Per avere un posto accanto al tuo amato Nathaniel che è salito di un grado in più al tuo, allontanandosi così dal tuo campo visivo… mia cara, sciocca Melody, la cattiva fra le due chi è? Se io l’ho fatto è per salvare l’onore che quella sgualdrina ha spudoratamente rovinato a mio figlio; ma tu perché l’hai fatto? Solo per controllare un giovane che non ti ha mai calcolato in vita sua; l’hai fatto per una cosa così banale?... avanti, dimmi chi è la cattiva? >>
<< Zitta! >> urlo tremando. Sono presa ormai dall’angoscia e allo stesso tempo dalla rabbia. << Io non sapevo le conseguenze di questo piano. Se l’avessi saputo… >>
<< Cosa avresti fatto, sentiamo!... ma non farmi ridere! >> esclama stizzita << Lo sapevi benissimo, ma eri talmente accecata da ciò che ti avevamo promesso, la signora Camille e io, che non c’hai pensato due volte. Ti basta la pronuncia “Nathaniel” per farti perdere il lume della ragione! >>
<< Mi avete solo usata >> mormoro con voce piangente.
<< Non parlare al plurale. Quest’impresa è nata solo da me… diciamo che la sovrintendente Camille mi è servita come ciliegina sulla torta per rovinare definitivamente Rea >>
Ascolto talmente allibita quel ragionamento, che mi ritrovo a fissare lo schermo del cellulare, poi come un lampo di genio, qualcosa di esso mi colpisce la mente. Inizio a sorridere sentendo che lentamente il mio cuore si sta rilassando, così senza aggiungere altro, riaggancio sibilando << Ti sei rovinata da sola mia cara Charlotte >>.
Esco velocemente dall’ufficio e mi guardo intorno: il corridoio è stato liberato dagli alunni anche se attaccato a quel muro odioso, troneggia ancora quel maledetto manifesto. Lo guardo con rabbia e stringo i pugni, poi presa da uno scatto d’ira mi avvicino minacciosamente e con un brusco gesto della mano lo strappo via distruggendo in mille pezzi l’immagine stampata.
Ansimo e piango ricordando sempre che questo rimorso non si cancellerà tanto facilmente dal mio cuore, poi decisa esco dal liceo e m’incammino verso casa di Rea.
Purtroppo per me, le sorprese e le angosce non sono ancora terminate.
Quella folla di giornalisti che si accalcano davanti il campanello della villetta, danno la prova che sarà difficile incontrarla, così afflitta mi volto indietro e prendo la via del parco. Non ce la faccio più a camminare; ho dei dolori che percorrono le gambe; mi sedio su una panchina vuota e affondo il viso fra le mani bollenti.
<< Perché l’ho fatto? >> continuo a ripetermi. Charlotte aveva ragione, mi basta sentire il nome di Nathaniel per farmi perdere completamente il senno << Non posso essere caduta così in basso solo per te, Nathaniel >>; lui mi ha sempre fatto capire che fra noi due non poteva esserci mai nulla e io ho continuato a farmi film inutili, rovinando la vita a chi non c’entra nulla.
Sospiro liberando il viso, poi distrattamente scorgo qualcuno da lontano avvicinarsi lentamente. Guardo con più attenzione, è Rea. il mio cuore inizia a palpitare con più forza; sto avendo un’altra possibilità. Mi alzo di scatto e la raggiungo chiamandola. Quando lei si accorge di me, non reagisce come mi sarei aspettata: si ferma guardandomi quasi con disprezzo. “Che abbia scoperto tutto?”, mi domando frustrata.
<< Che cosa vuoi? >> chiede rude.
<< Sono venuta a casa tua ma ho visto che ci sono… >> cerco di deviare il discorso, incapace di arrivare direttamente alla verità.
<< Che vuoi, Melody?! >> mi interrompe alzando la voce.
La guardo afflitta, comprendendo che i miei dubbi sono giusti. << Io, volevo scusarmi… >>
<< Di cosa? Tu non centri nulla in tutta questa storia, giusto? >>.
Non rispondo alla sua domanda, abbasso lo sguardo e lo scuoto lentamente. Perché lo faccio? Sto ancora mentendo? Dovrei dirle come stanno le cose; dovrei scusarmi e chiederle perdono e invece…
<< Ok, allora sparisci. Non voglio vedere nessuno. Avete ottenuto ciò che bramavate, anche se non so per quale motivo tu abbia deciso di accanirti contro di me >>, detto questo riprende il suo cammino lasciandomi sola.
<< Rea, perdonami >> sibilo con le lacrime agli occhi che bramano presuntuose di voler sgorgare e bagnarmi il viso.
Con passo mogio e la mente sconfitta, ritorno a casa. Mi accorgo che dalla finestra della cucina la luce è accesa, questo significa che mia madre è ritornata da lavoro. Quando entro la vedo seduta vicino al tavolo e sta parlando con qualcuno; mi sporgo meglio per vedere di chi si tratta e quando i miei occhi incontrano l’affascinante immagine di Alain, trasalisco sentendomi venir meno. Che cosa ci fa in casa mia?
Entro nella stanza continuando a fissarlo aggiungendo un lieve saluto.
<< Oh, cara, sei tornata? >> chiede mia madre alzandosi dalla sedia << ti stavo chiamando ma il tuo cellulare risulta irraggiungibile >>
<< L’ho spento >> rispondo come un automa senza distogliere gli occhi da Alain, il quale dopo avermi vista ha repentinamente cambiato la sua espressione, tramutando i suoi occhi in qualcosa che non ho mai visto in un uomo.
<< Questo ragazzo è un tuo amico >> interviene mia madre spezzando il silenzio << ti stava cercando >>
<< U-un mio… >> sibilo quella frase a metà non riuscendo a capire che cosa sta succedendo.
<< Oggi sei andata via e abbiamo lasciato quel lavoro a metà, Melody, ricordi? >> chiede lui sorridendo.
Strabuzzo gli occhi ancora con la mente fra le nuvole. << Di cosa… >>
<< Bene, allora posso ritornare al mio lavoro >> esclama mia madre afferrando la borsa dalla spalliera della sedia << Buona giornata ragazzi! >> conclude uscendo di casa.
Lo scatto della porta è l’ultimo rumore che sentiamo riecheggiare nell’abitacolo, dopo di ciò cala il silenzio.
Alain continua a guardarmi con quello strano sorriso impresso sul volto. Non sapendo come reagire e sentendo che la situazione sta diventando alquanto imbarazzante, almeno per me, accenno qualche colpo di tosse recandomi al frigorifero.
<< C-cosa vuoi da me, Alain? >> balbetto aprendo lo sportello.
<< Sai già cosa voglio, Melody… >>
<< Non so di cosa tu stia… >>, vengo interrotta; succede tutto in un millesimo di secondo: vedo la porta del frigorifero chiudersi; mi sento afferrare per un braccio; il tempo di vedere l’intera cucina roteare davanti ai miei occhi e mi ritrovo distesa sul tavolo, con il corpo di Alain parallelo al mio.
<< Che stai facendo? >> chiedo impaurita; ignara di tutta questa situazione, dato che nessun ragazzo nella mia vita, ha mai fatto una cosa del genere.
<< Andiamo, Melody. Sei troppo intelligente per non capire cosa voglio da te >>
<< Tu… tu… non mi hai mai… >>
<< Mai è una parola troppo grande per essere contenuta nel mio vocabolario >> sibila avvicinandosi all’orecchio sinistro e soffiando leggermente all’interno del padiglione. D’istinto mi ritrovo a piegare le gambe, ma lui sentendo quell’intoppo, affonda il suo ginocchio fra le mie divaricandole con forza.
<< A-Alain… >>
<< Cosa? Non dirmi che non ti piace? Ok, ho capito, vuoi di più… >> e detto questo lascia il mio polso e scende la mano verso i miei fianchi; sento la stoffa della gonna sollevarsi lentamente e le sue calde dita scivolare nell’entro-gamba.
<< No, Alain! Cosa stai… >> esclamo con voce spezzata da un gemito di piacere che fuoriesce presuntuoso dalle mie labbra.
Ora posso dare una spiegazione a tutto: queste sono le stesse sensazioni che provo quando vedo Nathaniel, quando lo sogno di notte e anche se per i miei principi è sbagliato, mi piace. L’unico problema è che chi mi sta facendo godere, non è il mio Angelo Nathaniel, bensì un estraneo, il ragazzo che mai avrei pensato potesse far parte della mia vita.
I suoi sensuali mormorii penetrano nelle mie orecchie sciogliendosi come dolce miele, mentre i miei sensi sono concentrati sul movimento della sua mano che continua indisturbata a giocare con la molla delle mutandine e mi solletica l’inguine.
<< N-non farlo… >> gemo girando la testa a un lato.
<< Perché no? Eppure quel giorno ti piaceva >>
<< C-cosa? >> lo guardo smarrita << Quale giorno? >>
<< Hai già dimenticato? >> chiede inchiodando i miei occhi con i suoi. << Nell’ufficio del preside, quando ci baciammo >>
<< Ma noi non ci siamo mai baciati… >>, frastornata da quelle incomprensibili parole, non ho neanche il tempo di terminare la frase, che lui si fionda sulle mie labbra e mi bacia con foga e trasporto.
Rimango  come un ebete, mentre i miei occhi sembrano voler fuoriuscire dalle orbite. Non ci posso credere, questo è il mio primo bacio e a darmelo non è la persona che ho sempre amato. Non riesco neanche a capire il motivo per il quale non lo respingo. Questo mascalzone si sta approfittando di me e io non sto facendo un bel nulla.
Poi ciò che pensavo fosse molestia, si interrompe di botto: vedo Alain distaccarsi e guardarmi con un sorrisetto vittorioso sulle labbra.
<< Adesso non puoi di certo dire che non ci siamo mai baciati >>, detto questo si alza e mi lascia distesa sul tavolo.
Mi ritrovo a fissare il soffitto ormai succube di quel piacere mai conosciuto fino ad ora.
   
 
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