Turbinio di colori, di luci e giochi.
Turbinio di gente, di risi e sorrisi che raggiugono il cielo, aprendolo alla festa senza incontrare resistenza. Che meraviglia! Che splendore! Che spettacolo, la città in preda al furore!
Gente mascherata si rincorre per le strade; meri muri cementizi brillano, nobilitati!
Non ci sono ombre. Non c’è più buio.
La gente, libera e allegra si scatena rumorosamente nella piazza. Al bando il silenzio, la quiete, la malinconia! Che si dia il più caldo benvenuto all’euforia!
Non ci sono ombre. Non ci sono nascondigli.
Il buio, costretto all’estinzione, sguinzaglia i suoi neri figli davanti alla gente.
Orrore! Vergogna!
Nessuno può sopportare quel funereo e forzato trascinarsi.
Dove non si può celare, che si nasconda, allora! Che si neghi, perlomeno, la natura di quest’orrenda disavventura carnevalesca!
Non figli sono. Non più. Solo fantasmi. Meri fantasmi.
Squallide ombre che si ostinano a risorgere da un passato marcito, ombre che masticano cervelli in penne di plastica. Ombre che ne hanno ingoiati così tanti bocconi da non avere nient’altro dentro. Ombre costantemente svegliate da un rimpianto ricorrente. Ombre piene di se e di congiuntivi.
Ombre di plastica.
Ma i Fantasmi non sono forse persone ricordate con tanta intensità da persuadersi a tornare?
E queste Ombre, chi le ricorda?
Ma non preoccupatevi! La gente non vede –non guarda-. La gente riesce benissimo a scansare la morte –la bellezza- che le fiata sul collo. La gente non si scomoda –non si accorge- di aprire la porta a putrefazione e bruttezza.
La gente -non- pensa.
E per questo si salverà.
Chi le ricorda, queste anime?
Nessuno. E’ per questo che non esistono