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Autore: Lo spirito del ravanello    16/01/2016    1 recensioni
Ho participato a un progetto di scambio con dei ragazzi di una scuola di Sarajevo. Questa è una riflessione sull'esperienza e la città
Genere: Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Dopoguerra
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Sarajevo, città multiforme. Sì, perché fin dai primi momenti in cui l’ho vissuta, ho camminato per le sue strade, ho incontrato gli sguardi della sua gente l’ho vista eterogenea, diversificata e in silenziosa comunione tra le sue parti. La città, fisicamente, è commistione di differenti stili architettonici, diversi negozi, diversi bar, diversi edifici e strutture per il culto religioso. È il chiaro risultato di una precisa storia, popoli che si sono susseguiti, culture che si sono integrate e modificate vicendevolmente, uomini e donne che hanno fatto crescere questa città nella sua bellezza unica, nella sua natura così variegata. Questo desiderio di bellezza e unità credo sia stato uno dei motivi grazie ai quali tutti i popoli, gli elementi, le culture sarajevesi seppur in contrasto tra loro hanno saputo silenziosamente vivere pacificamente nella stessa città, fino a prima della guerra tra gli anni ’92 e ’95.

Come una famiglia, i cui membri una volta cresciuti, consolidati nella loro indipendenza entrano in conflitto l’uno contro l’altro, dividendosi, separandosi e allontanandosi l’uno dall’altro per costruire nuovi nuclei familiari, nuovi insiemi di individui ancora una volta omogenei, ma destinati alla divisine, ancora, perché la separazione, la diversità è l’elemento che crea un gruppo, una molteplicità, altrimenti ci si troverebbe di fronte a serie di cloni portatori delle stesse idee, delle stesse ideologie e opinioni, negando qualunque possibilità di una qualsiasi discussione, di un qualsiasi dialogo tra parti, negando e impedendo il progresso e il miglioramento della realtà. La staticità, l’omologazione non portano a nulla., nulla di buono; portano soltanto al vizio e al lento degrado della comunità. È la varietà invece a dar voce alprogresso, la discussione ad aprire le porte al futuro, a un futuropositivo. È ora necessario che quella gente, i giovani, gli adulti, i più anziani coltivino e comprendano l’importanza delle differenze che sono proprie della città stessa. Serve che essi assecondino il naturale ordine delle cose, della realtà della città, fermandosi davanti all’odio e all’ostilità nei confronti del diverso, rinunciando alla catastrofica volontà di prevalere su tutto e tutti “gli altri”, per evitare altri conflitti, altre stragi e altra sofferenza, scontrandosi sulla ricchezza di questo luogo, la sua natura composita.

Io questo dialogo, questa diversità l’ho percepita a Sarajevo. Mi è stata trasmessa grazie alla famiglia da cui sono stata accolta e ospitata con enormi disponibilità e allegria e grazie agli amici, alle persone che ho incontrato e conosciuto, mettendomi a confronto con loro, partecipando al loro spirito gioioso, festaiolo e fraterno che mi ha fatto tornare a casa contenta e soddisfatta, seppur rattristata dal dovermi allontanare da loro. Ho sentito questa città come un rifugio felice nel quale come ho già fatto una volta, so che tornerò, perché so che manterrò questo legame saldo che son felice di aver creato. Anch’io ora mi sento piccola parte di questa multiforme città combattuta, bella e malinconica.

   
 
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