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Autore: TheonlyNiallHoran    16/01/2016    1 recensioni
«Obbligo o verità?» chiese John, suo migliore amico da una vita.
«Obbligo» rispose Mia dopo aver bevuto un sorso della sua birra al doppio malto. Gli occhi di tutti i partecipanti al gioco erano rivolti a lei.
Il ragazzo fece per dire qualcosa ma una voce squillante lo precedette «Dovrai andare in giro per Sidney con una testa da animale e fermarti a parlare con la gente» trillò una Bethany alquanto ubriaca e felice della sua idea.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Obbligo o verità?» chiese John, suo migliore amico da una vita.
«Obbligo» rispose Mia dopo aver bevuto un sorso della sua birra al doppio malto. Gli occhi di tutti i partecipanti al gioco erano rivolti a lei.
Il ragazzo fece per dire qualcosa ma una voce squillante lo precedette «Dovrai andare in giro per Sidney con una testa da animale e fermarti a parlare con la gente» trillò una Bethany alquanto ubriaca e felice della sua idea.
«Cosa? No! Non sei tu a scegliere il mio obbligo!» ruggì l'altra sperando che il suo migliore amico l'ascoltasse una volta ogni tanto e non desse retta a quell'oca di Bethany. Era un anno che glielo ribadiva, doveva pensare con la sua testa e non farsi condizionare da quell'essere privo di cervello.
«Dal momento che fai così tante storie per questo obbligo lo farai. In più domani mattina io ti seguirò per assicurarmi che non succeda nulla di strano» gli sorrise malignamente l'amico. Stronzo pensò subito la ragazza, lo odiava quando faceva così.
«Oh, fantastico» borbottò alzando gli occhi al cielo ormai ricoperto di stelle mentre gli altri riprendevano da dove avevano lasciato il gioco. John si fermò un attimo per guardare la sua migliore amica che prontamente alzò il dito medio prima di alzarsi e andare nel cucinino a fare rifornimento di alcool.
Il resto della serata passò tranquillamente, a tal punto che Mia si addormentò su uno dei divanetti di casa Wellson, quella di John.




 

Il mattino seguente fu svegliata da un frastuono micidiale che le fece borbottare una serie di imprecazioni sconosciute alla razza umana. Ma non si diede per vinta e continuò a tenere gli occhi chiusi facendo finta di nulla.
«Oh, andiamo Mia! Sono le dieci di mattina, svegliati!» le urlò contro una voce che, dopo qualche istante, riconobbe come quella di John.
«Fanculo!» gli borbottò contro stropicciandosi un occhio con la mano sinistra mentre l'altro era impegnato a fulminare l'amico. Il rumore che l'aveva svegliata in precedenza era stato provocato dallo sbattere di due pentole, opera del moro non c'è che dire. Lui e le sue stupide idee.
«Non potevi lasciarmi dormire ancora un po? E' solo sabato e sono le dieci! Dannazione potevo dormire un'altra oretta!» constatò dopo aver preso il telefono dalla tasca posteriore dei jeans
«No che non potevi. Non so se ti sei dimenticata ma hai già un impegno per questa mattina» gli sorrise beffardo l'amico.
«Il sabato lo passo sul letto a crogiolarmi nei dispiaceri della vita da single. Non faccio nient'altro» rispose prontamente la mora. Nella sua testa si ripetevano le immagini dei sabati precedenti: film, pop - corn, band e fazzoletti. Semplicemente perfetti.
«Oh, ma noi due abbiamo in programma una bella passeggiatina per il centro di Sydney» ghignò l'amico.
E solo in quel momento tutti gli avvenimenti della notte precedente ripercorsero la mente della giovane. E, ahimè si ricordò anche dello stupido obbligo che gli aveva assegnato il suo stupido amico e la sua stupida sgualdrina da due stupidissimi soldi. Aveva già detto che tutto ciò era tremendamente stupido?
« Ricordami che dovrò ucciderti» sbuffò alzandosi dal divanetto.
« Vieni, ho già tutto pronto» gli disse l'amico cercando di farsi seguire. La giovane lo seguì senza fare tante storie, anche perchè sapeva che se lei non sarebbe andata con Jo di sua volontà, il ragazzo ce l'avrebbe portata di peso. Entrarono nella stanza del moro dove, sopra il letto, alloggiava un'enorme scatola di cartone.
« Tutta tua» disse dando due colpetti alla parte superiore che copriva la scatola.
Con mani tremanti Mia l'aprì. Al suo interno ci trovò un'enorme testa da unicorno dai colori sgargianti quali il rosa shokking e l'azzurro fluo, il corno, posto al centro della fronte, era ricoperto di brillantini che ti accecavano alla vista. Insomma assomigliava tanto ad uno di quelli stupidissimi unicorni dei cartoni animati che guardava sua sorella qualche anno prima.
«Devo proprio?» chiese non appena la prese tra le mani e constatò che era davvero enorme, più enorme di come appariva all'interno della scatola.
«E' un obbligo» sorrise malignamente.
«Dio, quanto ti odio» borbottò rimettendola nella scatola e portandosela dietro fino all'auto di John, quella che avrebbero usato per raggiungere il centro di Sidney.
«Non è vero, tu mi ami» rise il ragazzo mettendo su, subito dopo, il broncio.
«Si, certo. Ti amo così tanto che ti staccherei la testa come fanno le mantidi religiose con i propri mariti».
Il viaggio in auto fu abbastanza silenzioso, Mia era ancora arrabbiata con l'amico, insomma e se l'avesse vista qualcuno della sua scuola? Che razza di figura ci avrebbe fatto? E se, dopo essere andata in giro per la città proprio il suo migliore amico, o quella stronza della fidanzata avessero deciso di sputtanarla facendogli una foto o chissà che altro? Ovviamente se John avesse fatto l'ultima cosa non lo avrebbe mai e poi mai perdonato.
«Sei pronta?» chiese parcheggiando vicino al parchetto.
La ragazza sbuffò lievemente annuendo per poi prendere la scatola ed estrarre la testa. Se la rigirò un attimo tra le mani notando anche i più infimi particolari.
« Ma dimmi una cosa» si voltò a guardare l'amico che osservava la testa «Perchè avevi una testa di un unicorno in casa?» chiese esponendo i suoi dubbi.
«Vedi io e Bethany avevamo già organizzato da due o tre giorni questo obbligo solo non sapevamo a chi affibiarlo. Poi a Beth è venuta l'idea ieri sera, ed ora, eccoci qui» alzò le spalle.
«Si, ma come hai fatto a procurartela?» chiese ancora.
«Dimentichi una cosa. Sono il presidente del corso di teatro della scuola, posso prendere il materiale quando voglio »sorrise fiero delle sua parole.
«Avete fatto una rappresentazione sugli unicorni?» chiese inarcando un soppracciglio, chi diamine andrebbe mai a guardare una rappresentazione del genere?
«Una decina d'anni fa, in una commedia comica avevano fatto fare una comparsa ad un unicorno. Poi, circa quattro anni fa, non so se lo ricordi ma avevano messo in scena Ercules e al posto di usare un pegaso avevano usato un unicorno multicor che difendeva le persone con il potere del suo corno» finì di parlare abbastanza emozionato per l'ultimo spettacolo da lui citato.
La ragazza ora lo stava guardando male, come faceva ad eccitarsi tanto per uno stupido spettacolo?
«Oh, andiamo. Non guardarmi così! Alla fine era uscito molto bene» disse notando lo sguardo della giovane.
«Ora infila quel coso che dobbiamo compiere un obbligo» gli sorrise malignamente questa volta. 
Mia sbuffò per l'ennesima volta nell'arco di quella giornata appena iniziata, e finalmente si decise ad infilarsi la testa dell'unicorno. 
Vide subito che nonostante non ci fossero dei veri e propri buchi per gli occhi riusciva a vedere la luce del giorno grazie agli occhi dell'animale fatti solo da un velo di carta trasparente colorato d'azzurro. Ci vedeva del tutto se non fosse stato per i colori storpiati. Si girò verso John che la guardava con un sorriso strafottente sul volto. Alla vista dell'amico tutto azzurro che assomigliava ad uno di quei piccoli animaletti dei cartoni animati soffocò una risata. L'unica cosa che gli mancava per essere un vero Puffo era un cappello bianco a coprirgli i capelli.
«Che hai da ridere, Raibow Dash?»Chiese.
La ragazza smise di scatto di ridere ma lo fulminò con lo sguardo ricordandosi solo successivamente di avere in dosso una maschera e perciò non poter essere vista.
«Facciamo questa cosa così finirà prima» annunciò aprendo lo sportello e mettendo un piede fuori.
Appena scese del tutto notò come fosse strano vedere il mondo in azzurro e non con i colori normali. 
«Allora, tu dovrai passeggiare per il centro e chiaccherare con i passanti, tutto chiaro?» rispiegò le regole dette anche la sera prima.
«Tutto chiaro» alzò un pollice in su, com'era suo solito fare.
«Io starò qui, tra due ore o poco più verrò a cercati e avrai completato l'obbligo, potrai togliere il copricapo solo quando ti avrò trovato» le disse nuovamente. 
Mia alzò un sopracciglio, si aspettava che l'amico la seguisse per assicurarsi che nessuno la importunasse. Ma si sbagliava. 
Mosse la mano in un saluto e si avviò verso la sua strada.
Aveva messo le mani nelle tasche dei suoi skinny jeans neri e calciava con i suoi anfibi neri alcuni sassolini che le intralciavano il passaggio.

Appena si immettè nella via centrale le occhiate iniziarono a farsi sentire. 
La via era molto affollata, cosa molto normale per una mattina di ottobre, specialmente se era un sabato mattina.
Chi più, chi meno guardava Mia passeggiare incurante degli sguardi. Lo sapeva che la stavano guardando ma non voleva pensarci, stava immaginando che stesse facendo un giretto con un paio di amiche, peccato che non ci fossero le amiche.
«Mamma! Perché quella persona ha una testa d'unicorno?» sentì chiedere una bambina alla madre.
«Stai buona Mandy, non vedi che sono al telefono?» Le rispose la donna al proprio fianco. 
Tuttavia la bambina non smetteva di guardare Mia e questo lo notò anche lei. Le si avvicinò notando l'emozione negli occhi della piccola.
«Ciao!» Le disse non appena si fu inginocchiata per essere alla stessa altezza della bambina. 
Essa mosse la mano a destra e a sinistra in un saluto dicendo poi: «Io sono Mandy, tu?» con tanto di manina portata in avanti. 
«Mia» Rispose stringendogli la mano dalle piccole dimensioni. 
«Perchè hai una testa da unicorno?» Andò dritta al punto.
Mia ridacchiò prima di rispondere «Un mio amico mi ha sfidata e per questo ho dovuto indossarla » spiegò le cose in modo semplice modificando la storia. Alla fine che ne sapeva una sconosciuta della verità?
«Uh capisco» disse la piccola con una nota di delusione nella voce, forse sperava in qualcosa di più magico.
«Sai mantenere un segreto?» chiese a quel punto Mia.
La bambina mosse il capo velocemente su e giù facendo capire che di lei si poteva fidare. Mia le fece cenno di avvicinarsi.
«In verità in giro c'è un altro unicorno, proprio come me ed io lo sto cercando»
«Davvero? » chiese la piccina allontanandosi per guardarla negli occhi azzurri unicornosi. 
«Davvero».
La madre di Mandy la tirò via da Mia rimproverandola sul fatto che non bisognava parlare con gli sconosciuti.
«Spero che troverai mister unicorno» le urlò la bambina prima di essere allontanata maggiormente.
Mia sorrise per l'innocenza di quella bambina, avrebbe tanto voluto portare a termine ciò che aveva detto alla bambina ma, come trovare un unicorno a Sydney?
Inconsciamente le aveva detto una cosa letteralmente impossibile. Già gli unicorni non esistono, in più le aveva detto che se ne aggirava uno da quelle parti. Era stata una pazza, ma aveva fatto spuntare un tenero sorriso nel visino di Mandy. Un gesto dolce, forse il più dolce che avesse mai fatto nei confronti di uno sconosciuto.
Riprese a camminare per la via scrutando con divertimento le facce sconvolte e orripilate dei passanti. Ovviamente erano tutte rivolte alla sua fantastica testa d'unicorno. Arrivò in prossimità della zona popolata da bar e presa dalla curiosità guardò l'ora sul suo telefono. Le prese un colpo quando la luce luminosa proveniente dall'apparecchio segnò solamente le 12.45 di quel lungo sabato mattina. Come se il suo stomaco avesse risposto alla vista dell'orario borbottò per la fame. Vide il primo caffè che la ispirò particolarmente e vi entrò.
Subito un aroma di caffè tostato entrò nelle sue narici inebriandola di quel dolce profumo. Andò verso la cassa che doveva essere di un legno pregiato con in basso una luminosa scritta in neon con su scritto 'Black Day', il nome del locale. Aveva un aria molto carina e, ci avrebbe scommesso anche due soldi, che i colori fossero altrettanto piacevoli alla vista. Ma era costretta a vedere tutto in azzurro per colpa di quella stupidissimi testa.
«Salve, in cosa posso aiutarla? » chiese una voce maschile leggermente acuta.
Mia si risvegliò dai suoi pensieri e guardò negli occhi indefiniti il ragazzo dietro il bancone che le rivolgeva un dolce sorriso tutto fossette.
«Uh, ehh » disse impacciatamente perdendosi ad osservare il ragazzo di fronte. Aveva al massimo una ventina d'anni, poco più grande di lei e una folta chioma riccia sbarazzina che gli circondava un volto squadrato ma dolce. I lineamenti che dovevano essere duri rendevano il ragazzo solo tremendamente dolce.
«Non sai cosa prendere? » le chiese dopo qualche secondo sentendo che la ragazza non era riuscita a dire nulla oltre a quelle due parole balbettate.
«Si, è la prima volta che entro qui dentro e non ho la più pallida idea di quali specialità abbiate ma sono affamata » rispose in imbarazzo. La scusa della 'prima volta in quel bar' le aveva parato il culo. Che figura ci avrebbe fatto se avesse risposto 'Oh no, mi ero incantata a fissarti, solo una domanda. Quale balsamo usi?'? Sarebbe stata decisamente una figura di merda colossale.
«Tranquilla » gli rispose il ragazzo rimettendo in mostra le fossette.

'Giuro che se mi sorride ancora così me ne vado' pensò tra se e se la ragazza.

«Vai al tavolo, ti porto qualcosa io»
Mia si limitò ad annuire per poi fondarsi in uno dei numerosi tavolini tondi di quel locale. Si sedette dalla parte della poltroncina così da avere la visuale di tutto ciò che succedeva al di fuori dal locale. Un uomo che chiedeva le elemosina, un ragazzo dai tratti asiatici come dogsitter ed infine un ragazzo dalle gambe lunghe come un grattacielo vestito di tutto punto che correva. 'Ritardatario' pensò Mia trovando buffo il mondo al di fuori . E poi, ciliegina sulla torta, un ragazzo vestito da Hot Dog. E lì non riuscì proprio a trattenere le risate.
«Ridi di John il barbone o Mike il salsicciotto ambulante? » le chiese il riccio di prima. Era già tornato al tavolo con un vassoio con patatine, bibita e un panino. Alla ragazza si illuminarono gli occhi, peccato che il ragazzo non potesse vederli, gli si sarebbe scaldato il cuore. 
«Decisamente il salsicciotto » disse alzando la maschera fin sopra il naso così da riuscire a vedere un poco il mondo e riuscire ad assaggiare tutta quella roba che aveva un aspetto molto invitante. 
Iniziò così ad assaggiare il panino.
«Mhh » disse estasiata dal gusto «potrei venire » si ricordò solo successivamente che davanti aveva un perfetto sconosciuto e che aveva appena fatto una figura di merda. 
« No, Ehm io non, cioè si ma » fu interrotta da una risata stridula.
« Tranquilla lo so che faccio i panini migliori del mondo. Non avrebbero ingaggiato Mike per farli conoscere più velocemente ». Accennò una risata « Poco modesto vedo ».
« Non sono modesto, affermo solo l'ovvio. Comunque, io sono Ashton ma chiamami Ash » da quel che poté vedere il ragazzo le aveva posto davanti una mano enorme.
« Mia » disse ricambiando la stretta. 
« Cavolo amico. Sei per caso Big Hands? » chiese prendendo un sorso della limonata che gli aveva portato.
Parlarono per un altro po prima che Ashton fosse costretto a tornare al lavoro. Si scambiarono i numeri di telefono promettendosi di incontrarsi qualche volta, ovviamente senza la testa. Così, appena l'aria di quella mattina di ottobre le solletico il viso, rabbrividì per l'assenza di un giubbotto, anche se leggero per coprirla. Riprese a camminare non avendo una vera e propria meta e sapendo che era ancora troppo presto per chiedere a John dove fosse. Si fermò così in un parchetto del centro. Osservò attentamente la zona notando quante poche persone ci fossero in un posto così grazioso. 
Si sedette su una panchina vicino ad un salice piangente. Prese il telefono dalla tasca ed iniziò a smanettare per far passare il tempo più velocemente.
« Billy! » sentì una voce chiamare. Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere un enorme pastore tedesco saltarle addosso seguito poi da un cucciolo di San Bernardo. I due iniziarono a leccarle la testa e per la prima volta nell'arco di quella giornata si ritrovò ad adorare quell'affare. 
« Calmi calmi!» cercò di allontanarli da se senza risultato.
« Billy! Cad! » esclamò una voce maschile prima di allontanare i due cani dalla ragazza.
« Cazzo scusami è che hanno prima visto un chiosco di gelati e mi sono scappati e poi non so perché siano venuti qui da te. Scusami ».
Mia si sistemò meglio sua panchina prima di parlare « Stai tranquillo amico » . 
Alzò gli occhi per vedere che il ragazzo che le aveva appena parlato, era lo stesso che aveva visto dal bar con i cani. Si perse ad osservarlo meglio notando che nonostante avesse gli occhi leggermente a mandorla non aveva per niente l'aria da cinese. Con i capelli molto probabilmente corvini e gli occhi del medesimo colore visto che non c'erano differenze cromatiche nella gamma azzurra. Le spalle possenti e i muscoli definiti potevano farlo sembrare un duro ragazzaccio di quartiere ma il cappellino da escursionista per ripararsi dai raggi solari smontava questa figura.
« Scusa ancora ma vedi anche tu che Cad » indicò il pastore tedesco « è alquanto massiccio perfino per me ».
« Hey tranquillo! Alla fine avevo questa che mi ha salvato » disse dando un colpetto alla testa d'unicorno. 
« Per fortuna » sorrise il ragazzo.
« Scusa se sono invadente ma perché hai quel coso in testa? » chiese subito dopo.
« Uhm vedi ieri sera, ad una festa un mio amico mi ha fatto l'obbligo al gioco 'obbligo o verità' » e così spiegò per la terza volta in quella giornata il perché della sua maschera.
« Sei Dosen? Mia Dosen? » chiese questo.
« Si, ma tu » stava per chiedere quando fu bloccata dal ragazzo.
« Sono Hood, Calum Hood » si presentò « Sono nella squadra di basket con John e mi hanno detto del tuo obbligo » si stupì di come le notizie volassero da bocca a bocca in così poco tempo.
« Tu invece? Perché Dog Sitter? » chiese questa volta la ragazza.
« Devo comprarmi un basso nuovo e mi servono soldi » spiegò Calum.
« Ora devo andare, Billy deve fare il suo riposino di bellezza » portò i palmi delle mani sotto il viso facendo una faccia buffa che molto probabilmente indicava la bellezza. 
Così si salutarono e Mia tornò a guardare il suo telefono notando che erano già le 14.58.
Sentì uno sbuffò provenire da una panchina li vicino, si girò per vedere chi fosse lo sventurato. Vide il ragazzo che prima correva, quello dalle gambe chilometriche. 
« Hey tutto bene? » gli urlò notando la sua faccia sconvolta. 
Lo stagnone si girò nella sua direzione ed accennò un sorriso forzato prima di alzarsi e sedersi di fianco alla ragazza.
« Male, va tutto male » disse allentandosi la cravatta con le dita.
« E perchè? » chiese Mia volendo sapere di più vista la sua curiosità.
« Mio padre vuole che il sabato lavori con lui quando non ho neancora finito le superiori, cazzo! Quell'uomo é pazzo! » si prese il labbro forato da un labret tra i denti.
« Forse lo fa per il tuo bene, vuole che ti costruisca un futuro degno»
« Si lo so ma vorrei anche godermi la mia vita »
« Ad esempio? Cosa vorresti fare?» chiese la ragazza.
« Vorrei andare alle feste del venerdì e non solo a quelle del sabato » scherzò il biondo.
« Così indosseresti una testa da unicorno? » il ragazzo accennò una risata soave e Mia capì che gli aveva fatto tornare il buon umore.
« Apparte gli scherzi cosa vorresti fare? Intendo se non farai il ferma porte all'ufficio di tuo padre ».
« Ho una band con dei miei amici e vorremmo diventare famosi ».
« Sei il secondo musicista della giornata » ridacchiò Mia.
« Hai incontrato Cal? » Mia annuì 
« Da questo deduco che pure tu vieni alla mia stessa scuola, ma il tuo nome qual'è? »
« Luke Hemmings »
« Mia Dosen »
« Ah, la ragazza che dovevamo presentare a Mike »
Mia si girò a guardarlo sconvolta. 
« Tranquilla, è che piacevi ad un mio amico e volevamo farvi conoscere » gli sorrise rassicurante. 
Il ragazzo guardò l'ora nell'orologio ed imprecò sotto voce alzandosi di scatto.
« È stato un piacere conoscerti Dosen ma ora devo scappare o posso dire addio a quel poco di vita sociale che ho » e corse via senza aspettare un saluto da parte della mora. 
Anche Mia decise di alzarsi, ormai il suo culo stava prendendo la forma della panchina. Le sarebbe dispiaciuto rovinare il suo fondo schina per cui aveva sudato tanto. Pop corn e letto nei giorni di festa, questo si che è un duro lavoro. 
Iniziò a fischiettare il ritmo di una sua canzone preferita, How you remind me. Così assorta nelle parole della canzone che non notò il giovane che le venne addosso. Se fosse stato in una coincidenza normale una caduta sarebbe stato il massimo ma con un corno sulla testa i rischi sono più alti.
« Porca troia » imprecò il ragazzo colpito sulla fronte dal corno.
Mia barcollò all'indietro ma con suo grande stupore non cadette, in compenso le braccia di un ragazzo erano avvolte alla sua vita minuta.
« Scusa, non stavo guardando dove stavo andando » disse il ragazzo con un sopracciglio forato da un piercing lasciando la presa sui fianchi di Mia.
« Scusami tu, in fin dei conti non sei stato tu a infilzarmi con un corno » indicò il mezzo della sua fronte.
Gli occhi del ragazzo si illuminarono « A proposito! » fece un saltino in aria portandosi il dito indice sulla fronte « Dove hai trovato quella maschera » .
La mora scoppiò a ridere per la buffa faccia che fece il ragazzo.
« È una lunga storia » disse semplicemente. 
« Ed io ho tempo » ammiccò il giovane.

 


 

« Ecco qui il tuo muffin » disse il ragazzo dopo essere tornato dalla cassa del bar di prima. Appena erano entrati Ashton aveva salutato Mia e Michael, il nome del ragazzo.
« Grazie » sorrise la mora alzando di poco la maschera per mordere il dolce. 
« Dio che buono » disse in estasi.
« Quì fanno anche dei panini buonissimi » disse il ragazzo.
« Lo so, prima sono venuta qui a mangiare » disse ricordandosi del panino buonissimo mangiato qualche ora prima.
« Io sono l'uomo Hot » si pavoneggiò.
« Uomo Hot? » chiese riacchiando.
« Oh, lo so che sono tremendamente bello e che non mi si può resistere ma io intendevo quello vestito da Hot Dog, ma per te posso essere anche quello hot » le fece l'occhiolino.
Appoggiò il muffin al tavolo tavolo e si sporse verso Michael 
« Oh si, tremendamente Hot da andare addosso alle persone » disse con voce suadente cercando di sedurlo.
Vide io pomo d'adamo di Mike andare su e giù. Aveva raggiunto il suo scopo.
A pensarci bene era proprio carino con quelle labbra carnose al punto giusto e quelle guance leggermente paffutte contornate da un leggero strato di barba. Per non parlare del naso dritto che dava il suo tocco all'opera d'arte.
« Allora Mikey » diede un morso al dolce al cioccolato per distrarsi da quei pensieri poco casti «Perché un hot dog? »
« Diciamo che ho bisogno di soldi e Ash mi ha aiutato a trovare questo lavoro » alzò le spalle.
Ripensò un attimo ai due ragazzi che aveva incontrato nell'arco della sua giornata. Quel Luke le aveva accennato ad un certo Mike e se fosse stato lui quel Michael che provava qualcosa per una Dosen lei gli avrebbe concesso un opportunità. Infondo era sia simpatico che un bel ragazzo, e si stava rivelando aveva che di compagnia.
« Fammi indovinare, musicista?» chiese con un ghigno sul viso.
« Ma come? » chiese il ragazzo con una faccia che esprimeva la sorpresa. Questo vleva dire che era lui quel 'Michael'.
« Luke e Cal » alzò le spalle.
« Hai incontrato anche loro? » chiese sbigottito. Si chiedeva come avesse fatto a conoscere tutti nell'arco di una giornata.
« Si, Luke mi aveva accennato ad altri 3 amici che facevano parte della band quindi ora mi manca il quarto. Chi è? » chiese curiosa, visto che i tre frequentavano il suo stesso istituto e magari valeva anche il quarto. Anche se ripensandoci bene lei non li aveva mai visti quei tre ragazzi prima di oggi, non li aveva nemmeno sentiti nominare.
« Davvero non ci arrivi » alzò un sopracciglio. La mora scosse la testa facendogli capire che non aveva la minima idea di chi potesse essere il quarto membro. Michael gli indicò qualcosa oltre le sue spalle facendo girare la ragazza.
« Lui?» disse spalancando gli occhi, ma il ragazzo non lo seppe.
Si limitò a fare su e giù con la testa sorseggiando il suo te alle erbe. 
« Ma con quella voce stridula non lo vedo come cantante» disse rigirandosi a guardare Ash alla cassa, alle prese con una vecchietta isterica.
« Infatti lui sta alla batteria » alzò le spalle.
Se la scoperta di prima aveva lasciato sorpresa Mia, questa l'aveva letteralmente spiazzata.
« Quindi se lui è alla batteria e Calum al basso, chi canta?» chiese ora più curiosa che mai.
« Diciamo che il cantante principale è Luke, mentre io e Cal siamo le voci di supporto »
« Tu sapresti cantare? » gli chiese Mia ancora più stupita. 
Senza preavviso Michael si scaldò la voce intonando una canzone.

 

'Throwing rocks at your window at midnight
You met me in your backyard that night
In the moonlight you looked just like an angel in disguise
My whole life seemed like a postcard'




Il cuore di Mia prese a battete all'impazzata. Le parole della canzone erano estremamente romantiche e dolci nonostante l'intonazione fosse di stile rock. La sorprese che non conoscesse la canzone, insomma lei passava la maggior parte del suo tempo a drogarsi di canzoni ma questa non l'aveva mai sentita. In più la voce melodica di Michael era un abbinamento mortale per quelle parole. Una voce roca e decisa al punto giusto.
« Che canzone è? » si ritrovò a chiedere con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo fece un sorriso sbieco - Wrapped around your finger »
« Non l'ho mai sentita » ammise Mia.
« Ci credo, l'ho scritta io » fece un altro sorriso malinconico. 
« Tu? »
« Io. L'ho scritta in un momento di follia per una ragazza della mia scuola a cui vado dietro da molto tempo ma lei non sa nemmeno della mia esistenza ».
A Mia si spezzò il cuore, qualsiasi ragazza avrebbe amato quella canzone, poi sapere che qualcuno l'ha scritta apposta per te quando tu nemmeno lo conoscevi ci stai male. Capisci che quella persona ha sofferto per colpa tua.
Mia volle provarci, provare a conoscerlo senza che lui sapesse la sua vera identità per una giornata. Che lui non sapesse che la persona che gli piaceva l'aveva proprio davanti agli occhi.
« Ha un testo molto bello e sono certa che quella Dosen, così mi ha detto Luke, appena la sentirà ne rimarrà folgorata » gli sorrise anche se il ragazzo non poteva vederlo veramente così per fargli capire che lei c'era gli strisce una mano. Una scarica elettrica attraverso i corpi dei due ragazzi. La presero come la solita scossa elettrica che si prende comunemente ogni giorno o quando si toccano gli oggetti metallici e non ci diedero molto peso.
« E credo inoltre che questa ragazza sia molto fortunata, insomma ha il ragazzo Hot e non solo nel senso di bello ma anche nel senso che è un Hot dog. Gente questo uomo è da amare! » urlò l'ultima frase così da procurarsi più occhiate di quelle che già non si procuravano per via della testa 'fatata' e dei capelli del giovane. Ma Mia non sapeva di che colore fossero, indossava ancora la nascerà che alterata i colori naturali. 
« Grazie anche se con lei non ho molte speranze »

Fidati ne hai moltissime pensò la ragazza.

Finirono di parlare all'interno del bar dove ormai Ashton aveva finito il proprio turno e al suo posto era arrivata una ragazza dai capelli ricci e pomposi. 
Uscirono e passeggiarono tirando fuori un sacco di argomenti che non centravano nulla tra di loro.
I due si trovavano bene con la compagnia dell'altro, avevano una certa sintonia che andava ben oltre ai numerosi gusti in comune.
« Sai, vorrei sapere chi si nasconde sotto quella maschera » affermò deciso Michael. 
« Ed io vorrei vedere il mondo con i suoi colori naturali ma non si può avere tutto dalla vita » calciò un sassolino che si trovava nella sua strada.
« Quando potrai toglierla? » chiese dopo qualche minuto il ragazzo riferendosi sempre al copricapo. 
« Quando troverò Joh...Josh » si corresse subito. Se era vero che al ragazzo che aveva di fianco piaceva la mora allora conosceva anche John. Mia non voleva farsi riconoscere, voleva dimostrargli che, bhe non sapeva bene cosa volesse dimostrargli ma a fine giornata gli avrebbe rivelato la sua vera identità. Voleva provarci senza che fosse condizionato dal suo essere 'Mia Dosen'.
« E quando arriverà? » chiese ancora. Si poteva notare che era curioso ed avrebbe voluto colmare i suoi dubbi con un volto ancora incognito. 
« Non lo so » alzò le spalle facendo finta di niente quando interiormente si stava corrodendo. E se Michael stesse iniziando a fare due più due? Come avrebbe reagito alla scoperta prima del tempo?
« Dimmi solo una cosa » si girò per guardarla nel 'volto', stava per dire qualcos'altro quando qualcuno li interruppe. 
« Mia! Finalmente ti ho trovato! » disse John andandogli in contro.
« Oh ciao Clifford » salutò il ragazzo.
Michael si girò a guardare Mia che si stava togliendo la maschera liberando la chioma castana. 
Poi si perse finalmente a guardare il ragazzo in tutta la sua bellezza. Così Mia vide per la prima volta quel colore indecifrabile degli occhi del rosso. Erano un misto tra l'azzurro quasi trasparente e il verde che la fece rabbrividire. Le sopracciglia di un chiare che stavano a rappresentare il suo colore naturale ed capelli tinti di un rosso acceso che gli donavano un'aria dal retro gusto punk rock. La pelle chiara che faceva risaltare le labbra rosee che formavano una smorfia sorpresa.
Michael si sentì profondamente umiliato, non solo lui gli aveva confermato che provava qualcosa per una certa Mia Dosen ma lei lo aveva anche appoggiato. Fece un passo indietro sentendosi sempre più stupido. E dire che si era trovato bene quel pomeriggio in sua compagnia, ma forse era stata tutta una menzogna.
« Michael aspetta! » disse la ragazza pronta a fermarlo, non voleva che se ne andasse, doveva spiegargli delle cose. Molte cose, ma soprattutto voleva dargli quella famosa opportunità.
« No, non osare fare un altro passo » quasi cadde inciampando sui suoi piedi « Non fare un altro fottuto passo » urlò con le lacrime pronte ad uscirgli. 
« Mike aspetta io » le cose stavano degenerando e lei doveva riuscire a sistemarle prima che si complicassero maggiormente. 
« Tu cosa? Mi hai preso per il culo, mi hai dato false speranze. No perché illuminarmi, non so che altro tu abbia fatto in tutta questa giornata. Anzi no, non voglio sentire le tue stupide scuse da bambinetta viziata » e così si voltò completamente correndo in una direzione.
Mia si girò trovando l'amico a guardarla con compassione, non sapeva cosa fosse successo ma sapeva di sicuro che era una cosa grave per rendere la sua amica in quelle condizioni.
« Ho fatto un casino Jo » piagnucolò sulla sua spalla dopo qualche minuto lasciando che le lacrime scendessero silenziose sul suo viso.

 

 

I giorni erano passati molto velocemente e in quella settimana Mia cercò in tutti i modi di mettersi in contatto con Luke e Calum per poter chiarire con Michael. I suoi tentativi risultavano alquanto vani dato che appena Mia entrava in un corridoio nel quale c'erano uno dei due essi venivano travolti da una forza della natura che aveva già cambiato colore di capelli. Con Ashton era un po meglio, poteva chiedergli le cose di persona ma i due non avevano gli stessi orari e per telefono a Mia non piaceva, ma doveva farselo accontentare. 
Tramite lui si era fatta dire la condizione di Mike. Inutile dire che il ragazzo ne era rimasto molto deluso, insomma gli aveva mentito sapendo la verità, ma lei lo aveva fatto in modo positivo. Si era fatta conoscere per come era veramente e ne era felice anche perchè anche lei aveva conosciuto una persona. Una persona simpatica e buona d'animo. Gentile ma buffa, generosa ma maliziosa, una persona che quando la si trova bisogna tenersela stretta.
Quel sabato pomeriggio si preparò con tutto l'occorrente che gli avevano procurato. Lo stereo era già pronto, il cd al suo interno e il testo era al suo posto. Bisognava solo aspettare che arrivasse la sera così da trovarsi e mettere in atto il piano. 
Alle sette in punto sentì un clacson suonare e prendendo tutto si catapultò fuori dalla porta. Entrò nei sedili posteriori salutando i tre ragazzi che erano all'interno dell'auto.
« Hai imparato la canzone? » le chiese Calum che si trovava al suo fianco. 
« Si, non riesco neancora a capacitarmi che l'abbia scritta per me » 
« Sai, gli piaci molto. Era devastato questa settimana, anche se non gli hai fatto chissà cosa lui si sentiva un idiota ».
« Lo so, ma volevo che lui mi guardasse come Mia e non per quello che è Mia Dosen ». 
« Lui non si fermerebbe mai al tuo aspetto, sappilo »intervenne Luke dai sedili anteriori.
« Ora lo so » fece un mezzo sorriso prima di portare lo sguardo fuori dal finestrino.
Dopo un buon quarto d'ora l'auto si fermò davanti ad una casa sui toni dell'arancione con un ampio giardino sul retro.
« La sua stanza è quella con il terrazzo, questa sera sarà a casa da solo quindi potete fare pure casino dopo » ammiccò Calum ricevendosi subito dopo un pugno sul braccio.
« Usate le precauzioni, non voglio diventare zio così presto» disse Ashton. 
« Ma volete piantarla? Non faremo niente! » urlò la mora sentendo le guance diventare sempre più rosse. 
« Aw che carina! Vuole anche smentire la loro scopata » esclamò Luke con una faccia da Fangirl. 
Mia sbuffò e scese dall'auto avvandosi con tutte loro e cose nel punto che le avevano indicato. 
Collegò lo stereo alla presa portatile che le aveva procurato Ashton. Alzò un po il volume e fece partire la base.
Subito una musica lenta fatta principalmente da chitarra e basso con un tocco di batteria riempì l'area circostante raggiungendo perfino la camera del rosso. 
In quel momento era disteso sul suo letto, un cartone di pizza a fianco e la chitarra sul grembo. Non aveva voglia di mangiare così stava provando a comporre qualcosa su un blocco di carta. 
Appena sentì quelle note familiari aggrottò le sopracciglia andando alla finestra e spalancandola.
« Che diamine ci fai qui? » urlò a Mia che stava per cominciare a cantare. Era stonata ma se questo sarebbe servito a farsi perdonare, lo avrebbe fatto.
« Voglio farmi perdonare » urlò di rimando.
« Va a casa Dosen. Non voglio perdonarti, mi hai preso per il culo ».
« Non è vero Mike. Io- » cercò di dire in un disperato tentativo.
« Non voglio sapere niente, va via» le lacrime minacciavano di scendere lungo il volto del giovane.
« Non me ne andrò così facilmente! Rimarrò qui tutta la notte se possibile » era una cosa che aveva sempre, la testardaggine non l'avrebbe abbandonata neanche quella volta.
« Fa come vuoi » disse velocemente prima di chiudere la finestra. Un altro secondo e gli sarebbe scoppiato a piangere in faccia. Con la manica della sua felpa asciugò le poche lacrime che erano scese e cercò di far finta di niente fallendo miseramente.
Quando Mia vide la finestra della stanza chiudersi sospirò, sarebbe rimasta li tutta la notte se sarebbe servito. Lo sapeva, doveva solo aspettare; Mikey era troppo buono per lasciare una ragazza tutta la notte fuori.
Si appoggiò con la schiena all'unico albero presente nel giardino della casa.
Iniziò a pensare che in poco tempo quel ragazzo l'aveva fatta impazzire, nel vero senso della parola. Ma se lo meritava, si disse tra se e se, perché infondo non era nulla se paragonato a ciò che lei aveva fatto a lui. Lo sguardo si posò sul foglio che teneva in mano. Ashton le aveva procurato il testo originale, quello con tutte le annotazioni di Michael e i vari scarabocchi. 
Sorrise passando il dito sopra una parola che era stata scritta come titolo per poi essere cancellata. Il suo nome era stato scritto con quella calligrafia disordinata e piccola ma risultava bellissimo ai suoi occhi. In più nel testo c'erano un sacco di riferimenti a lei come la parete di cartoline nella sua stanza. Non sapeva se fosse solo una semplice coincidenza o se lui lo avesse scritto apposta.
Si alzò più determinata che mai prendendo alcuni sassolini. Iniziò così a lanciarli alla finestra, come c'era scritto nel testo della canzone che stava iniziando ad amare.
Continuò fin quando non vide la tenda della finestra spostarsi. Credeva che finalmente Michael l'avrebbe ascoltata mentre l'unica cosa che fece il ragazzo fu attaccare un foglio con su scritto 'Smettila di fare la bambina'.
E lo sapeva che le parole del ragazzo erano state scritte solo per farla intristire e abbattere ma ci rimase male lo stesso. Insomma lei cercava un modo per rivedere da vicino quegli occhi verdi e quelle labbra rosee che desiderava assaggiare. E nella sua testa si faceva spazio l'idea che molto probabilmente non le avrebbe mai assaggiate.
Si ri sedette nello stesso posto di alcuni minuti prima e prese il telefono, era ormai mezzanotte passata e faceva molto freddo. In più il tempo non era uno dei migliori, già dal mattino si aggiravano per il cielo dei nuvoloni. Sperava solo che avrebbero retto per qualche altra ora.
Sbadigliò sonoramente, era stanca di quella giornata e non vedeva l'ora che fosse il giorno successivo. Anche se tecnicamente era già l'indomani. Si addormentò con quei pensieri e dei capelli rossi per la testa.
Era già 1.40 e Michael non aveva neancora chiuso occhio. Continuava a girarsi e rigirarsi in quel letto che gli sembrava troppo scomodo per una sola persona. Non osava spostare la tenda per verificare se la ragazza fosse ancora lì fuori, non l'avrebbe smessa di guardare. 
Gli vibrò il telefono che aveva accanto e svogliatamente lo prese. 
La notifica di un messaggio lo colse alla sorpresa.

Da: Ashtonio
Falla entrare.

Come diavolo sapeva che Mia era fuori, nel suo giardino? 
Ma certo! Doveva arrivarci prima. Come avrebbe fatto se no ad ottenere la base e il testo della canzone che le aveva scritto?

A:Ashtonio 
Sei uno stronzo, perchè lo hai fatto?

Digitò velocemente, voleva sapere perché proprio uno dei suoi migliori amici lo aveva tradito in questo modo. La risposta non tardò ad arrivare.

Da: Ashtonio 
Perché le piaci.

Non poteva credergli, non voleva. Era accecato dalla rabbia che non riusciva a vedere la realtà. Rabbia che con le ora si era trasformata e ora era verso se stesso. Rabbia per non essere stato capace di tenere la bocca chiusa. non voleva dirlo ai suoi amici, lo avrebbero spinto da Mia e, anche se poteva sembrare una bella cosa, lui ci avrebbe fatto la figura dell'allocco. Insomma era un minimo di dignità, doveva mantenere quella poca che gli era rimasta.
Un bagliore irruppe nella sua stanza e subito dopo sentì un boato. Si alzò dal letto per vedere cosa stesse succedendo al di fuori della sua stanza. Scostò, finalmente la tenda. 
Fuori l'acqua scendeva a catinelle senza badare alla povera ragazza che si trovava appisolata alle radici della quercia di casa Clifford. 
Michael non pensò al fatto che fosse in maglietta a maniche corte o che indossasse un paio di pantofole. Corse il più velocemente possibile al piano di sotto con il nome della ragazza per la testa. Spalancò la porta d'entrata e si recò sul retro.
« Mia! » urlò non appena vide la ragazza ranicchiata su se stessa ai piedi della quarcia, stava visibilmente tremando dal freddo. Il ragazzo le corse affianco prendendola in braccio.
« Mike io.. » non finì la frase che fu colta da uno starnuto.
« Dannazzione » imprecò Michael tra se e se, un'altra manciata di minuti e la ragazza avrebbe preso chissà quale male.
« Stringiti a me, va bene? » chiese conferma e senza aspettare una vera e propria risposta corse verso casa. L'acqua e il vento gli fecero socchiudere gli occhi ma cercò di fare il più presto possibile anche se bene o male doveva percorrere dieci metri.
Appena entrarono nella casa chiuse con un calcio la porta e si affrettò a portare Mia nella propria stanza. Al momento lei era l'unica cosa che gli importava.
La fece sedere nel letto per poi constatare che aveva tutti i vestiti fradici, così cercò alla rinfusa qualcosa che non le fosse troppo grande da indossare. Trovò un suo paio di pantaloni della tuta che usava due o tre anni prima, ora gli erano troppo piccoli; prese anche una delle sue felpe preferite e glieli porse.
« Tieni, è meglio se metti questi » disse non osando guardarla negli occhi color del cielo che amava tanto.
Mia dal suo canto voleva incontrare quel verde che la stava facendo impazzire da più di una settimana. Sospirò vedendo che il ragazzo non accennava a guardarla.
« Scusami, ora me ne vado. Non voglio essere un peso » come avrebbe fatto a restare in quella casa sapendo di non essere la benvenuta? Insomma il rosso non riusciva neanche a guardarla in faccia, come avrebbe fatto a condividere la stessa stanza per chissà quanto tempo?
Fece per alzarsi ma una mano la rispinse sul posto delicatamente. E fu allora che il verde si scontrò con l'azzurro.
« Non ti lascerò uscire di qui con quel tempo. Ora vado a preparare del te, tu cambiati » accennò un sorriso ed uscì dalla stanza.
Appenna arrivò in cucina mandò un messaggio ad Ash per chiedergli un consiglio, tanto sapeva già la posizione della ragazza.

A: Ashtonio
E' qui. Cosa devo fare?

Si torturò le mani sperando che quel benedetto bandanaro si sbrigasse per una buona volta a mandare un messaggio. Peccato che non fosse così, Ashton era nella sua casa, sotto un bel piumone a dormire sogni profondi.
Sbuffò vedendo che il te era già pronto e il riccio non gli aveva neancora risposto. Risalì le scale ed entrò nella sua camera, vide che Mia era seduta tutta composta sul suo letto con indosso i suoi abiti che, gli costava ametterlo, stavano meglio a lei.
« Tieni, ti aiuterà a riscaldarti » le porse una delle due tazze con dentro il liquido.
Iniziò a sorseggiare il suo prima di proferire parola: « Michael io. Non so come dirlo, mi ero preparata mille discorsi per questo momento ma, ora, non ne ricordo nenache uno » il ragazzo ridacchiò alla tenerezza della mora.
« Non volevo mentirti, Sabato scorso ho incontrato per la prima volta Luke che dopo esserci presentati mi ha affibiato il nome di 'quella che piace a Mike'. Poi ti ho incontarto e non avevo la più pallida idea che fossi tu quel fantomatico ragazzo di cui mi aveva parlato. Ora non ti sto dicedo che dopo non ci sono arrivata, anche perchè mentirei ma volevo darti un opportunità, volevo darmi un opportunità. Volevo provare a piacerti per quella che sono relamente e non solo per quello che tu o altri possano reputare un bel faccino e come la gente mi descrive. Non mi ero rivelata solo per questo, a fine giornata mi sarei tolta la maschera e ti avrei chiesto di uscire con me ».
Alcuni attimi di silenzio alleggiarono per la stanza circondati dal suono quasi lontano della pioggia.
« Sai » abbassò lo sguardo sulle proprie mani prendendo a giocare con queste « Io non sono più arrabbiato con te, forse non lo sono mai stato ».
« Ma? » intervenì Mia.
« No, lasciami finire dopo potrai pure dirmi che sono un coglione ma voglio prima dirti anche la mia » la ragazza fece un cenno con la testa come per fargli capire che lo ascoltava.
« Non ho mai avuto nulla contro di te, come potrei mai essere arrabbiato con te? Dovevo solo prendermela con qualcuno perchè, diamine che razza di coglione sono stato? Sono andato a spifferare i miei fatti ad una sconosciuta, ero troppo orgoglioso per ammettere che la colpa era mia e non tua ».
Mia sorrise e gli si avvicinò abbraciandolo e annusando quel dolce profumo che gli apparteneva.



 

« E' strano sai » disse Mia dopo aver passato qualche ora nel letto del rosso. Erano l'uno nelle braccia dell'altro, la ragazza impegnata ed accarezzare quei capelli ribelli e lui perso ad imprimere nella sua testa quelle emozioni che stava provando tutte in una sola volta.
« Lo scorso sabato, quando ci siamo incontrati, ho trovato una bambina » si fermò per constatare per la milionesima volta che quei capelli erano di una morbidezza assurda.
« E la tua folle avventura sta in questo? » chiese con un tono canzonatorio il rosso.
« No scemo. Abbiamo iniziato a parlare e le avevo detto che stavo cercando il mio unicorno, all'inzio mi pentì subito delle mie parole, ma ora ne sono molto fiera » sorrise al ricordo di Mandy.
Si scambiarono un'occhiata e si persero negli occhi dell'altro. I volti si avvicinarono e i respiri si fusero in un unica miscela. Le loro labbra si toccarono per la prima volta in tutta la loro misera vita e in un modo calmo e delicato, erano troppo presi ad assaporarsi per pensare ad alto. Le loro lingue iniziarono a cercarsi bisognose procurando così del sonori sciocchi all'interno della stanza ormai perfetta per due persone.
« Vorresti essere il mio Unicorno?» chiese la mora staccandosi di poco dalle labbra rosee del rosso.
« Non aspettavo altro » ammise quest'ultimo prima di far ricombaciare le loro labbra.


Spazio d'autrice :

Hey Everybody!

Spero che vi sia piaciuta questa one shot come è piaciuta a me,sono oltre le 7000 parole e ammetto che ci ho messo un po a scriverla cnhe tra gli impegni vari. L'idea mi era venuta ancora quest'estate quando ho visto una ragazza con un pigiama da unicorno grovagare per la mia città però sono riuscita solamente nel mese di novembre a mettere in pratica questa cosa ed ora eccomi qui a mettere fine alla storia di Mia e Michael. Questa è la prima one-shot che pubblco qui su efp ma ho anche un profilo wattpad dove ho molte più storie, si chiama allo stesso modo TheonlyNiallHoran mentre su Twittah mi chiamo @Nelloilcapitano.

Adios amigas!

  
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