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Autore: _Akimi    16/01/2016    4 recensioni
[Aomine x Kuroko]
"Gli occhi celesti incontrarono di nuovo quelli più sottili, di quel blu notte in cui Tetsuya solea perdersi spesso, immaginando di galleggiare in una vasca colma di ricordi, momenti che la razionalità consigliava di dimenticare mentre il cuore continuava a preservare come se servissero al cestista ad alimentare quella pericolosa, agroldolce illusione in cui spesso si rifiugiava, fantasticando su qualcosa che poteva essere, ma semplicemente non era."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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End(less)
Aomine era sdraiato pigramente sulla panchina della palestra, la rivista settimanale di gravure idols poggiata al petto e l'i-pod che penzolava al fianco, con lo schermo illuminato da una canzone di Beenie Man.
Quel pomeriggio, a differenza degli altri giorni, era stato il primo ad arrivare per gli allenamenti extra, una scelta in buona parte non voluta, infatti, era stato un caso che fosse giunto in palestra prima del compagno e per questo si era ritrovato ad attenderlo, ammazzando il tempo con un po' di musica e con uno dei suoi giornaletti preferiti.
Non si stancava mai di vedere un paio di ragazze in costume, formose, decisamente formose; in qualche modo si rilassava nell'osservare quelle foto di donne ben posate, irraggiungibili per l'uomo medio giapponese, ma non per lui.
Oh no, Aomine Daiki pensava che si sarebbe fidanzato con una di quelle modelle, non voleva storie serie, tutto senza pretese, evitando le tipiche ragazzine in cerca di attenzioni: sapeva di avere una marcia in più degli altri, che fosse in ambito sportivo o in ben altri campi, non si preoccupava dei propri limiti, semplicemente perché era certo di non averne.
Si reputava un ragazzo fuori dagli schemi, il suo carattere brusco poteva piacere a qualsiasi compagna di classe, dato che, da quanto aveva capito della logica femminile, essere stronzi serviva ad attirare più l'attenzione.
Il suo era un talento innato, come nel basket, riusciva a trovare una risposta fulminea a qualsiasi provocazione, sapeva far imbarazzare ogni fanciulla con uno dei suoi commenti poco eleganti e la sua squadra, nessuno escluso, non si faceva scrupoli ad etichettarlo come un idiota.


Così, Aomine non trovava moralmente sbagliato farsi piacere i fisici sinuosi, le voci adulanti e le chiome fluenti che, come descriveva spesso all'annoiato Midorima, potevano ricoprire delle spalle piccole fino a raggiungere un bel fondo schiena sodo; sosteneva di non avere gusti particolarmente difficili, ma proprio per questo, non aveva intenzione di trovare una compagna durante i tre anni di medie.
Per quanto fosse un grande amante del corpo femminile, la sua prima priorità era la pallacanestro, uno sport che era riuscito a coinvolgerlo completamente, a farlo sentire vivo, a farlo sentire semplicemente... sé stesso.
Non aveva ancora ben compreso quale fosse l'elemento chiave di quella grande passione: forse l'adrenalina che gli percorreva le vene, il clamore del pubblico o l'impegno che metteva in ogni singola partita, per vincere, ovviamente.
Non mancava la popolarità acquisita grazie al Club scolastico, ma, nonostante fosse strano ammetterlo, Aomine non giocava per il semplice gusto di essere qualcuno, non aveva bisogno di quel genere di conferme e adorava il basket per quella genuina quanto essenziale emozione che lo pervadeva quando si riversava su un campo per giocare, solo lui, una palla e gli avversari.


Questo era il suo pensiero generale sulla pallacanestro perché, in fondo, ci era cresciuto, con una palla in mano, e il gesto di palleggiare era divenuto come una qualsiasi basilare attività.
Respirare, mangiare, dormire. Erano la stessa identica cosa.
Ormai si era sul serio arreso nel domandarsi che cosa amasse di più di quello sport, il basket era capace di conquistarlo completamente: il corpo, la testa, il cuore, non esisteva una parte di Aomine che chiedesse tacitamente di allontanarsi dalla palestra; con tutto sé stesso voleva rimanere lì, nel suo mondo, dove tutti lo comprendevano, lasciandosi alle spalle il suo brutto caratteraccio o i suoi modi fin troppo bruschi.
Nessuno criticava Aomine quando lo vedeva giocare, osservarlo muoversi nel campo era una sorta di redenzione; sì, perché Daiki brillava di luce propria quando schiacciava e brillava di luce anche quando esultava, una volta lasciata la presa dal canestro.
Tutti adoravano l'Aomine giocatore, quell'agile pantera che rubava palla agli avversari, che scattava e che proseguiva dritto, senza vedere nient'altro se non la sua stessa figura vittoriosa.
Per questo poteva facilmente ammettere di amare sé stesso perché, benché fosse in piena adolescenza, Daiki non aveva mai avuto gravi problemi riguardanti l'autostima o il semplice prendere scelte; non era un asso a scuola, ma sapeva mostrarsi anche un amico fedele - parole di Momoi - e il resto, a dire il vero, era per lui cosa di poco conto.
Non tutti concordavano con questa sua personale visione, ma c'era chi, senza sentire la necessità di dirlo - un po' per imbarazzo, ma anche per buon senso - , trovava l'ambiziosità e l'egocentrismo di Aomine proporzionati, assolutamente veritieri e meritati; c'era chi considerava la forte personalità di Daiki una fortuna e non era cosa assai rara vedere il ragazzo dai capelli zaffiro divenire un punto di riferimento per gli altri, principalmente in ambito sportivo.
Non mancava di carisma ed era proprio quest'ultimo a creare un'aura inspiegabile attorno ad Aomine, a renderlo così ammirato, ma al contempo dannatamente odiato.




Con quei pensieri nella testa, il ragazzo finì con l'addormentarsi completamente, poggiandosi sul lato, del tutto incurante se la rivista fosse scivolata veloce a terra, aperta su alcune pagine con giovani ragazze con costumi sgargianti e piuttosto aderenti.
Ormai nelle braccia di Morfeo, Aomine ignorò l'arrivo del tanto atteso compagno che, notandolo appisolato nell'angolo della palestra, si avvicinò a passo felpato così da poter sistemare il giornale di nuovo al fianco dell'amico, evitando, sebbene complicato, di lasciar cadere l'occhio sui visi sorridenti delle modelle.
A dire il vero, non gradiva quelle riviste come Daiki; era un amante di letture di tutt'altro genere e nessuna tra queste prevedeva donne poco vestite o in pose provocanti.
Trovava piuttosto naturale quel tipo d'interesse alla loro età, ma in verità, il più piccolo non riusciva a sentirsi del tutto a suo agio nell'osservare quelle foto ed evitava di immedesimarsi in Aomine quando lo vedeva in qualche negozietto, alle prese con le nuove uscite.
Era una passione - probabilmente - e in questo modo, Kuroko Tetsuya, cercava di biasimare il comportamento dell'amico quando si trattava di convincerlo a non alzare troppo la voce, sopratutto nel momento in cui lo sentiva litigare, lamentandosi perché le copie della sua rivista preferita erano già andate a ruba.
Aomine Daiki aveva un carattere opposto al suo: Kuroko era mite, fin troppo tranquillo e non era molto bravo a parlare, in particolar modo davanti a persone da poco conosciute. Non sapeva ancora se questo fosse dato da un'eccessiva timidezza o dal semplice bisogno dei propri spazi, ma qualsiasi fosse la risposta, Tetsuya poteva con certezza affermare che lui e Daiki avevano ben poche cose in comune.
Se non fosse stato per il basket, - ripensava spesso quando i suoi occhi color topazio incontravano la figura scura dell'amico - non avrebbero mai avuto modo di parlarsi, di conoscersi o di condividere un pranzo o un semplice ghiacciolo dopo scuola.
Anche se non se lo dicevano spesso, i due passavano più che volentieri del tempo assieme e la loro amicizia era andata ben oltre all'essere appassionati dello stesso sport, dettaglio che Tetsuya non allontanava mai dalla propria mente visto che era stato proprio Aomine, con un sorriso spavaldo e orgoglioso, a dirgli di non arrendersi mai e di tentare per poter entrare in squadra.


Giocare assieme.
Sembrava un qualcosa di poco conto, una sciocchezza, eppure Tetsuya, nell'ultimo periodo, aveva cominciato a desiderarlo sempre più ardentemente perché, sebbene non riuscisse a spiegarlo, la compagnia di Aomine era divenuta un elemento essenziale nella sua vita di banale e anonimo studente delle medie.
La scuola non lo annoiava del tutto, ma erano rari gli incentivi che permettevano di scuoterlo, di fargli sentire davvero il cuore battere nel petto, fino a straripare per colpa di un insieme confuso di forti sensazioni che ora lo confondevano ora lo facevano stare bene.
 
Aomine Daiki era divenuto, con il trascorrere delle settimane, la sua forte emozione.
Tetsuya aveva provato invano a spiegarsi quell'improvviso cambiamento, sapeva di dover essere oggettivo quando si trattava di discutere con o di Aomine, eppure, più passavano il tempo assieme, palleggiando pigramente o impegnandosi per migliorare le proprie tecniche, più Tetsuya si sentiva affogare da un senso di disorientamento, piacevole, ma anche doloroso.
Aveva imparato a vivere le proprie emozioni in un modo piuttosto particolare, non era solito esternare i propri sentimenti liberamente e, a dire il vero, nella scuola, il suo amico più stretto era proprio Daiki, motivo per cui si sentiva ancora più in gabbia, trattenuto dal dire la verità e dal celare il tutto con minuziosa attenzione.
Tetsuya era bravo a nascondere i segreti proprio come riusciva a nascondere sé stesso in mezzo alle persone; spesso queste ultime neppure lo notavano, si accorgevano della sua presenza dopo lunghi, lunghissimi minuti e questo suo essere invisibile lo faceva sentire in parte unico, anche se l'essere ignorato alle volte lo abbatteva, rendendosi conto che molti l'avrebbero sempre trattato come un ragazzo fantasma.


Lo stesso era valso con Aomine, durante il loro primo incontro: il ragazzo più alto non aveva fatto caso a lui, spaventandosi una volta voltatosi, osservando come fosse riuscito a comparire dal nulla; ma a dire il vero, Tetsuya era sempre stato lì e lì era ancora, perduto con lo sguardo nel guardare la figura di quel Daiki che pareva davvero un felino addormentato su un qualche ramo nel suo territorio.
Aomine sapeva essere aggressivo, ma con Kuroko non lo era mai; pareva quasi strano il modo in cui trattava il più piccolo e Tetsuya faceva tutto il possibile per non illudersi, credendo che Daiki fosse così espansivo con tutti e non perché ci tenesse particolarmente a lui.
Potevano certamente considerarsi amici, ma il ragazzo dagli occhi azzurri celava tacitamente quel desiderio proibito di essere un qualcosa di più, seppur di poco.
Non era mai stato bravo in quel genere di situazioni, ma non c'era ombra di dubbio: Daiki non sarebbe mai arrivato a vedere Kuroko in quel modo, non solo perché non pareva per nulla interessato ad avere una relazione, ma più che altro - dettaglio non da poco - perché Tetsuya non aveva nulla da poter offrire al ragazzo, nulla che potesse piacergli.
Era forse questo il motivo per cui si sentiva a disagio nell'osservare le figure sorridenti di quelle affascinanti donne, lui non aveva nulla di tutto questo, ma non se ne vergognava perché stava bene con sé stesso e sperava solamente che Aomine potesse accettarlo nel suo essere impercettibile e silenzioso.




«Woah!Tetsu, l'hai fatto ancora.»
Aomine spalancò gli occhi di scatto, incontrando, seppur per pochi attimi, quelli di Kuroko che, accortosi dell'aver osservato il compagno per troppo tempo, si allontanò disinvolto dalla panchina, dedicando la propria attenzione a qualsiasi altra figura nella palestra che potesse aiutarlo a riprendere la sua abituale compostezza.
Odiava il modo con cui Daiki riusciva a fargli perdere il controllo, anche se il cambiamento era così ben celato che il più grande non riusciva mai a notarlo, continuando a parlare con lui come se nulla di strano fosse mai accaduto.


«Aomine-kun, pensavo che questo bastasse per farti svegliare. Avevo ragione.»
Tetsuya abbozzò uno dei suoi sorrisi sinceri, ritornando ad osservare la figura di Daiki con curiosità scientifica, più che con uno sguardo da pacato innamorato.
Il suo più grande punto di forza risiedeva certamente nell'abilità di nascondere il vero, anche se questo portava al rischio di sembrare troppo impassibile.
Poco importava - si ripeteva spesso Kuroko- le emozioni erano fatte per essere provate, non necessariamente mostrate ad altri e questo era il metodo che avrebbe continuato ad adottare con Daiki.
Sii sincero con te stesso, per prima cosa. Il punto fondamentale della sua teoria era questo: rispondere al proprio animo era ciò che più contava per Tetsuya, o almeno, era quello a cui stava lavorando poco a poco; Daiki gli aveva dato inconsapevolmente una grande occasione, quella di poter controllare le proprie emozioni nel migliore dei modi, una volta per tutte.


«Da quanto tempo sei qui?»
Domandò il più grande, alzandosi di poco la canotta per potersi grattare goffamente il ventre.
Quel piccolo gesto bastò per distrarre di nuovo Kuroko che, senza neppure accorgersene, lanciò una breve occhiata verso lo stomaco dell'amico, intravedendo la carnagione color caffè che tanto lo caratterizzava: non era raro aver modo di osservare il fisico di Aomine, sopratutto dopo la fine degli allenamenti, ma capitava casualmente che Tetsuya perdesse la concentrazione solo per dettagli che dovevano sembrare, apparentemente, di poco conto.
«Sono appena arrivato Aomine-kun, vorrei allenarmi con te.»
Non era una richiesta e Daiki lo sapeva bene: Kuroko sapeva essere piuttosto insistente, in particolar modo nei giorni in cui lo vedeva fin troppo rilassato e, sebbene fossero passate non poche settimane dall'inizio di quell'allenamento speciale, il più piccolo sembrava resistere ai ritmi del compagno, senza evitare, tuttavia, di mostrare un po' di fatica nelle giornate in cui le esercitazioni si intensificavano.
Non gli dispiaceva sforzarsi più dei suoi standard, in fondo, aveva accettato volentieri l'aiuto di Aomine proprio perché doveva migliorare, raggiungendo il livello della prima squadra, obiettivo che Tetsuya non perdeva mai di vista, alternandolo ai pensieri rivolti a Daiki e a quei momenti di calma assoluta, quando non riusciva né a pensare al basket né alla compagnia del più grande.


«Andiamo Tetsu, è da settimane che ci stiamo allenando assieme, mi avevi promesso che saremmo andati a fare un giro, un giorno.»
Aomine si alzò di scatto dalla panchina, passandosi una mano tra i capelli che si spettinarono ancora di più, dandogli un aspetto piuttosto buffo e trasandato.
Nonostante ciuffi cobalto spuntassero impazziti sul capo del più grande, Kuroko si ritrovò a pensare che il compagno avesse un particolare fascino anche così, decisamente sbarazzino, ma magnetico, sempre se fosse corretto descriverlo con questa parola.
Poco dopo però, Tetsuya scosse la testa per scacciare quei fastidiosi e inappropriati commenti che balzarono all'improvviso nella sua mente; non voleva che Aomine arrivasse a sospettare qualcosa e il miglior modo per ristabilire la tranquillità era comportarsi naturalmente, senza forzare nessuna conversazione o gesto.
E' a fin di bene, Tetsuya. - si ripeteva spesso quando la sua testa iniziava ad essere meno lucida, colmandosi di immagini di Daiki che aveva ormai impresso non solo nella mente, ma anche in quel pulsante muscolo che era intenzionato a tenere sotto controllo quando stava in compagnia del più grande.


«...Hey, mi stai ascoltando almeno?»
Gli occhi celesti incontrarono di nuovo quelli più sottili, di quel blu notte in cui Tetsuya solea perdersi spesso, immaginando di galleggiare in una vasca colma di ricordi, momenti che la razionalità consigliava di dimenticare mentre il cuore continuava a preservare come se servissero al cestista ad alimentare quella pericolosa, agrodolce illusione in cui spesso si rifugiava, fantasticando su qualcosa che poteva essere, ma semplicemente non era.
Era la prima volta che sentiva la necessità di mentire a qualcuno, di nascondere una parte di sé, temendo forse di essere giudicato, allontanato, ma non solo; non voleva rovinare l'opinione positiva che Daiki aveva di lui e pensava che quel piccolo sacrificio fosse nulla a confronto della forte amicizia che si era ormai instaurata tra di loro.


«Io...sì.»
Lo sapeva, sapeva di essere stato troppo avventato nel rispondere: non aveva immaginato che Daiki fosse capace di annullare in quel modo ogni sua sicurezza ed era giunto a fallire miseramente, sembrando più preso dall'imbarazzo che dalla pacatezza che tanto lo caratterizzava.
Eppure, era troppo tardi, lo sguardo inquisitore di Aomine era ormai già su di lui, lo percepiva e più quelle iridi scure l'osservavano, più Kuroko avrebbe voluto scomparire perché, sì, era più semplice nascondersi che affrontare qualsiasi scomoda domanda da parte dell'amico che, per giustificato interesse, non si sarebbe trattenuto dal chiedergli se stesse bene o se ci fosse qualcosa che lo preoccupava.
Alle volte Kuroko non la capiva proprio, quella strana gentilezza che Aomine gli serbava; non comprendeva se lo facesse per prendersi gioco di lui, per sembrare falsamente interessato o se invece, nel più complicato e piacevole dei casi, fosse sul serio preoccupato della sua situazione, magari arrivando persino ad immaginare quale fosse la causa di quello sguardo perso che neppure Tetsuya sapeva di avere.


«Lo sai che...beh, puoi parlare, se hai problemi.»

Kuroko lo osservò voltare il capo, evitando di incontrare di nuovo i suoi occhi; sapeva che Aomine si comportava in quel modo quando imbarazzato perché, come in campo anche nella vita, era troppo orgoglioso per ammettere che, alle volte, non gli spiaceva scendere dal suo trono personale, sopratutto quando si trattava di aiutare Tetsuya, e di dedicarsi anche a qualcun altro, atteggiamento che era raro ritrovare in lui, ma erano proprio quegli occasionali momenti a rendere l'inusuale empatia di Daiki ancora più buffa, ma affascinante, dannatamente affascinante allo sguardo vigile dell'altro.


«E' gentile da parte tua Aomine-kun, ma sto bene, capita a tutti di distrarsi.»
Alle volte odiava essere così spudoratamente bugiardo, ma era un fastidio che avrebbe volentieri evitato, se avesse potuto. Eppure, si ritrovava a ringraziare il Cielo per la superficialità di Aomine, non che fosse una critica nei confronti del ragazzo, ma Daiki non era mai stato attento ai dettagli quanto lui e molte volte questi ultimi gli sfuggivano da sotto gli occhi, fermandosi a quel Kuroko che pensava di conoscere nella sua completezza.
Tetsuya si era abituato a recitare la parte di quel ragazzo taciturno, strano, che occupava i propri pomeriggi a palleggiare o a correre avanti e indietro, come se non ci fosse nessun'altra cosa a colmargli la mente.
Nessun altro pensiero, nessuna persona.
 
Se solo Aomine avesse saputo.
Alle volte Kuroko ci pensava, ingenuamente pensava che il loro rapporto potesse evolversi così, senza nessuno sforzo da parte di nessuno dei due, ma poi il lato più pragmatico di sé lo riportava alla realtà, facendogli comprendere che Aomine non avrebbe mai captato nessun messaggio, sopratutto dal momento in cui lo stesso Tetsuya non era intenzionato a fare nessuna mossa a riguardo, come se fino ad ora, non avesse fatto altro che mandare un paio di indizi a vuoto, senza nessun dato che potesse aiutare concretamente Daiki a capire quello che stava provando e che, in particolar modo, stava tenendo dentro di sé da molto tempo.


«Ok, ma ora non pensare a niente, non voglio che il tuo cervello vada in sovraccarico. Mi devi ancora un ghiacciolo, sai?»
Kuroko sentì le dita affusolate dell'altro sfiorargli la fronte, i capelli, fino a giungere sugli occhi, ostacolandogli la vista solo per invitarlo a chiudere le palpebre, immergendosi in qualcosa di surreale, così piacevole da provocare dolore.
Tetsuya si ritrovò a serrare gli occhi quasi involontariamente, assaporando quel momento come se l'avesse atteso da una vita, un breve contatto con Daiki e poi il Vuoto, quella visione scura che non lasciava trapelare nulla, né speranza, né dolore; percepiva solo il calore della mano dell'altro sul suo viso, il brusio dell'mp3 del compagno che era rimasto acceso, interrompendo sommessamente quel silenzio che pareva non lasciarlo fuggire.
Fu in quel momento che Kuroko comprese.
Quando Aomine si allontanò da lui, comprese che era ormai inutile scappare dai propri sentimenti, questi ultimi erano maturati, mettendo radici dentro a quel piccolo cuore che, invano, Tetsuya aveva preteso di poter comandare.
 
* * *


Aokuro2

 
Kuroko attese silenzioso nel piccolo parchetto, osservando per pochi attimi una panchina vuota e poi, senza neppure accorgersene, voltare il capo verso la figura di Aomine, del tutto ignaro delle occhiate fugaci che l'amico gli lanciava.
Daiki era impegnato a comprare dei ghiaccioli al chiostro dove erano soliti fermarsi dopo scuola e, nonostante non facesse estremamente caldo, il proprietario accolse il ragazzo con un sorriso cordiale, pensando che quella stramba coppia non si sarebbe mai annoiata di comprare gelati neppure in stagioni fredde.
Tetsuya concentrò la sua attenzione sulle labbra di Aomine, cercando di comprendere quali fossero le sue parole, ma, sebbene avesse messo tutto il suo impegno in quell'impresa, finì con l'abbassare lo sguardo non appena lo vide voltarsi dalla sua parte, tenendo in mano due coloratissimi ghiaccioli offerti gentilmente dall'uomo dietro al bancone.
Daiki non allontanò gli occhi zaffiro dalla figura minuta di Kuroko: il più piccolo se ne stava lì, immobile, con i piedi perfettamente allineati verso la sua parte; teneva il capo leggermente abbassato e con la mano sistemava la propria tracolla che, per quanto il ragazzo non si muovesse, scivolava lentamente dalla sua spalla.
Passarono pochi attimi prima che Aomine lo raggiunse, passandogli con un gesto fulmineo e liberatorio il ghiacciolo azzurro che, per via della sua sbadataggine, aveva già cominciato a gocciolare, bagnandogli parzialmente la mano sinistra.


«Quel maledetto deve avere dei problemi al refrigeratore, è impossibile avere dei dannati ghiaccioli sciolti ogni, fottutissima, volta.»


Kuroko allungò pigramente il braccio per afferrare lo stecchetto umido e accennò un brevissimo sorriso, non stupendosi dei modi fin troppo bruschi dell'amico: sapeva che Aomine non fosse una persona cattiva, semplicemente, molto spesso, era solito utilizzare un registro linguistico poco consono per uno studente, tutto dato dalla spontaneità e sicurezza in sé stesso; non era corretto, ma Tetsuya arrivava persino ad invidiare quella parte di Daiki, lo trovava un animo ribelle, fin troppo, ma il modo in cui riusciva ad affrontare qualsiasi situazione a testa alta rendeva Kuroko ancora più affascinato dalla sua figura, comprendendo, in ogni modo, quanto fosse importante imparare ad accettare sé stessi proprio come faceva il più grande.
Aomine, alle volte, gli serbava complimenti ben celati, limitandosi a dirgli che ognuno aveva le proprie peculiarità e che l'importante fosse dimostrarsi diverso dagli altri, con i propri difetti e i propri pregi; Daiki non provava mai troppo imbarazzo nell'esclamare che Kuroko fosse un ragazzo decisamente strano, ma quella sua pacatezza e misteriosità lo rendevano una persona interessante, con cui poteva divertirsi e sopratutto, su cui poteva fare affidamento.
Si rendeva conto di essere molto spesso sfuggente,ma, sebbene Tetsuya lo considerasse un ragazzo poco adatto ai dettagli, esistevano elementi che non mancavano neppure alla visione superficiale di Aomine; il ragazzo dalla pelle color caffè, infatti, non si era mai scordato di quei sorrisi appena accennati sul volto pallido di Kuroko, non si era perso il leggero tremolio delle sue iridi quando i loro sguardi si incontravano e neanche il lieve quanto raro imporporarsi delle sue guance quando, situazione che Daiki non aveva ancora ben compreso, Tetsuya cercava di evitare domande a cui non voleva dare risposte.
Aomine conosceva abbastanza l'amico da poter dire quanto fosse bravo nell'arte dell'evasione, in campo, ma anche nella vita perché, in moltissime situazioni, al più piccolo si era rivelato utile riuscirsi a nascondere dagli occhi di tutti, scomparendo non solo dal loro campo visivo, ma anche dalla loro curiosità, dalle domande che considerava spesso troppo personali, sentendosi soffocare dall'improvviso interesse che i suoi compagni mostravano nei suoi confronti; sebbene si fosse reso conto del bel celato imbarazzo dell'amico, Daiki si considerava luce e in quanto tale, non apprezzava mantenere segreti tra di loro, pensando che questi ultimi servissero solamente per creare un invisibile muro che, prima o poi, sarebbe stato capace di dividerli del tutto.


«Ti ha offerto i gelati, Aomine-kun, potresti essere un po' riconoscente.»
Daiki si era abituato alle critiche neutrali di Kuroko, il tono che spesso utilizzava lo faceva sembrare un ragazzo privo di emozioni, ma il più grande sapeva che non fosse così perché, Tetsuya non era altro che un vaso colmo d'acqua che - secondo l'ottica di Aomine - avrebbe raggiunto il limite, costretto a lasciar scivolare le proprie sensazioni, esternandole a chi si poteva fidare ciecamente.
Daiki era giunto al punto di pretendere una certa confidenza e complicità con lui, in fondo, si sentiva perfettamente a suo agio in compagnia di Kuroko e sperava che valesse la medesima cosa per quest'ultimo, nonostante avessero personalità differenti e i metodi con cui esprimevano le loro emozioni raramente combaciassero.
Probabilmente - pensò in quell'attimo Aomine - era proprio quella differenza a far funzionare il loro rapporto, ad averli resi così uniti, senza avere la necessità di dover parlare troppo di sé, come se l'essere l'uno accanto all'altro fosse bastato per comprendersi in profondità.
Daiki si aspettava che Tetsuya, in caso di problemi, si fidasse di lui, anche se si rendeva conto di non essere il miglior motivatore e ,sopratutto, consolatore dell'intera scuola Teiko, eppure, quando si trattava di Kuroko, Aomine metteva un impegno che non avrebbe dedicato mai a nessun altro; forse non avrebbe mai capito la mentalità dell'amico fino ad in fondo, ma c'era qualcosa in lui che, indubbiamente, gli diceva che lo stare assieme sarebbe servito ad entrambi, per migliorarsi e per imparare a condividere i propri problemi per alleviarne il peso.


«Ah, non me li ha fatti pagare semplicemente perché in questo periodo non li compra nessuno.»
Aomine si allontanò a passo rilassato dall'altro e si buttò contro la prima panchina libera, poggiando in mezzo alle gambe la borsa di scuola e facendo segno, con la mano sinistra non occupata dal ghiacciolo, a Kuroko di sedersi accanto a lui.
Tetsuya osservò le dita fini di Daiki carezzare il legno verniciato della panca e con un breve cenno della testa occupò il posto libero, evitando di guardare l'espressione impegnata di Aomine che, incurante se qualche goccia avesse raggiunto la tracolla a terra, stava impiegando tutte le sue energie per non lasciar colare nuovamente il ghiacciolo sulla mano.
Kuroko iniziava a trovare patetico il modo in cui, disperatamente, tentava di evitare la figura del più grande e il sentire il braccio del cestista dietro alla sua nuca, comodamente poggiato sulla testiera come se non avesse aspettato altro che quel momento di relax, lo portò a percepire un brivido lungo tutta la schiena, drizzandola per non destare ulteriore sospetti.
Aomine non se ne curò particolarmente, sapeva che Tetsuya non fosse solito sdraiarsi distrattamente, sopratutto quando in luoghi pubblici, e, a dire il vero, il modo composto con cui occupava la sua parte sulla panchina, fece ridere di gusto il più grande che, senza farsi nessuno scrupolo, scontrò la propria spalla contro la sua, esile, stringendolo in quello che parve più una presa mortale che un abbraccio - piuttosto - amichevole.


«Dimmi un po' Tetsu: immagina noi, nello stesso posto, tra cinque o dieci anni.» Daiki si fece ancora più stretto contro il più piccolo, le loro orecchie parvero quasi sfiorarsi e Kuroko, immaginando che Aomine non si rendesse conto dell'effetto delle sue azioni, finì con puntare gli occhi verso il parco davanti a loro, registrando le parole inusualmente profonde dell'altro come se fossero un messaggio di una segreteria, destinato a non ricevere nessuna risposta futura.


«Ho come l'impressione che non cambieremo un granché.»
Un leggero sospiro provenne dalle labbra socchiuse di Aomine e Kuroko poté percepirlo completamente, il respirare spensierato dell'amico, come se non avesse altra preoccupazione nella testa se non osservare e cercare vanamente di decifrare l'espressione impassibile di Tetsuya che provava, tentava, faceva di tutto per non lasciarsi scuotere da quelle parole apparentemente esclamate con superficialità.
Il più piccolo non aveva idea di dove volesse andare a parare l'altro, ma non trovava mai piacevoli i discorsi seriosi di Aomine perché, per quanto rari, erano capaci di abbattere qualsiasi misera speranza di quel Kuroko che subentrava ben poche volte in compagnia di Daiki, di quel Kuroko che si affidava alla fortuna, alla piccola possibilità che qualcosa tra di loro potesse cambiare, per il meglio.


«Matureremo, Aomine-kun, anche se ti può sembrare strano.»
In questo caso, neppure un sorriso di circostanza riuscì a salvare Kuroko dallo sguardo perplesso di Daiki; il più grande non smise di osservare l'espressione apparentemente indifferente di Tetsuya, ma erano pochi i dettagli che l'avevano convinto, all'improvviso, che qualcosa nelle parole appena pronunciate dall'amico non andasse bene.
Voleva sbagliarsi Aomine, nel pensare che Kuroko fosse così malinconico, sembrando contrario all'accettare un cambiamento nelle loro vite future, ma al contempo, una parte di lui, seguita da una sorta di titanismo passivo, lasciava scorgere il bisogno di cambiare, anche se Daiki non aveva mai domandato a Tetsuya se fosse realmente soddisfatto della sua vita in quell'esatto momento.


«E tu cosa ne pensi, hai voglia di maturare, Kuroko Tetsuya?»
Un ghigno divertito illuminò il volto di Aomine e non servì neppure uno sguardo per comprendere che stesse sorridendo; Tetsuya ne era sicuro, sapeva con certezza che voltandosi avrebbe trovato gli occhi scuri di Daiki irradiati da quella luce che gli riscaldava ogni volta il cuore, non aveva idea del motivo, ma era inutile prestare attenzione alla natura razionale dell'aura che Aomine era capace di emanare in sua presenza e Kuroko non aveva più forza - o meglio, voglia - di impegnarsi in incognite di cui non avrebbe mai trovato soluzione certa.
Aomine, in tutta probabilità, stava brancolando nel buio di chissà quali sue strane congetture, ma nonostante fosse altamente improbabile che avesse compreso i veri pensieri di Kuroko, non voleva lasciarsi scappare la grande occasione di scoprire qualcosa di più profondo del più piccolo, che andasse ben oltre alla semplice passione del basket, al leggere un paio di quei libri che Aomine trovava noiosi e di quella loro stramba tradizione di comprare ghiaccioli, ignorando il vento e le temperature basse.


Se lo aspettava, in fondo, di non ricevere una risposta pronta da parte di Kuroko; questo non lo portava ad avere un giudizio negativo nei suoi confronti, ma fu solamente la conferma di ciò che aveva pensato fino ad ora: Tetsuya aspettava un cambiamento, ma per quanto fosse certo del suo giungere, temeva di perdere quello che era ora il suo essere e Aomine non peccava di presunzione pensando di essere stato uno dei pochi, da quando avevano cominciato ad allenarsi assieme per raggiungere la prima squadra, ad accettare Kuroko così com'era, taciturno, schietto, ma gentile, fin troppo gentile paragonato al pessimo temperamento del più grande.
Daiki iniziava solamente ora a comprendere il tentennamento dell'amico perché, distrattamente o solo per ingenuità, aveva sempre immaginato che loro due si sarebbero ritrovati sempre assieme, seduti su una panchina a mangiare gelato o a condividere un campo da gioco, da soli, come se il tempo non li avesse mai potuti fermare.
Eppure, entrambi sarebbero giunti al momento in cui la strada percorsa non sarebbe stata più la stessa, le ambizioni sarebbero cambiate e la loro amicizia avrebbe preso un tono diverso, sempre se non si sarebbe dispersa con il passare del tempo.
Aomine non desiderava allontanarsi da un amico caro come Kuroko perché, sebbene non glielo avesse mai detto esplicitamente, la pazienza di quel ragazzo fantasma l'aveva aiutato a creare, poco a poco, una struttura stabile nella sua esistenza, un campanello che lo avvisava quando dalle sue labbra scappava qualche parola di troppo o quando, data la sua superbia, i suoi comportamenti finivano accidentalmente con il ferire qualcuno, senza che Daiki lo facesse con cattiveria o convinzione.


«E' come domandare di riparare qualcosa che si è già buttato via, Daiki.»
Erano rare le volte in cui lo chiamava per nome, ma quando capitava, Kuroko finiva sempre con il pentirsi di ciò che aveva detto.
Quell'affermazione era un chiaro indizio per tutto ciò che stava accadendo dentro di lui, del timore che storpiava il suo senso razionale, dei suoi occhi che avevano cominciato a vedere Aomine non più come un semplice quanto formidabile giocatore di basket d'ammirare, ma un qualcosa di più, una di quelle persone che toglieva l'aria dai polmoni di Tetsuya, che lo faceva boccheggiare in cerca di qualche altra piccola, miseramente piccola, particella di ossigeno, o di speranza, probabilmente.
Perché per Kuroko la differenza era ormai diventata minimale: la presenza di Aomine era divenuta così tanto costante da portarlo a domandarsi se fossero corretti, quei sentimenti che provava nei suoi confronti; pareva quasi un tradimento, sbucare dall'oscurità per rivelare che non esisteva più amicizia tra di loro, che pretendeva di più, ma in conclusione preferiva rintanarsi lì, in quel circolo di buio dove persino quegli occhi familiari color zaffiro non riuscivano ad arrivare.


La sua testa scappava da Aomine, il suo cuore guardava indietro, nella speranza di poter incontrare quello dell'altro.


«Quando si butta una cosa, molto spesso, è perché semplicemente viene sostituita da altro, Tetsu.»
Aomine sapeva di aver ragione, che il modo di Kuroko di estraniarsi dal mondo, alle volte, lo portava solamente a logorare sé stesso, perdendosi il piacere di arrabbiarsi, di essere triste, di sorridere, davvero, e non perché l'etica glielo consigliava.
Daiki adorava il sorriso di Tetsuya, forse per la sua rarità, o in alternativa, perché il più piccolo era capace di avere un modo tutto suo per esprimersi, ma spesso, gli sembrava di vederlo mentire davanti ad una verità già accertata, di quei momenti in cui era inutile nascondersi nella familiare oscurità perché la luce di Aomine sapeva essere talmente forte da riscaldarlo, ma anche di accecarlo, se avesse voluto.
«Però lo so a cosa stai pensando.» Daiki cominciò a parlare pacatamente, lanciando lo stecchetto del ghiacciolo ormai finito dentro al cestino poco distante da loro. Non si stupiva più della sua precisione nei tiri, anche se non poteva dire lo stesso quando si trattava di parlare di questioni delicate: in quei casi, le parole da lui utilizzate risultavano sempre poco consone, violente ed era piuttosto raro che si scusasse per essere stato insensibile, in fondo, non era da lui ammettere di avere sbagliato.
«Non tutto può essere rimpiazzato ed è per questo che cambiare fa paura, è questo quello che ti preoccupa.»


Aomine si era concentrato sulle labbra di Tetsuya, serrate per lunghi attimi, mentre la sua mente vagava in cerca di una risposta da dare a ciò che aveva appena udito.
Kuroko non trovava parole per replicare all'affermazione di Daiki, non poteva smentire, non poteva dargli completamente ragione ed era la sua persistente indecisione a portarlo ad alzare il capo verso di lui, facendo incontrare - finalmente - i suoi occhi celesti con quelli sottili e distratti del più grande, anche se, questa volta, le iridi di Aomine erano concentrate su di lui a tal punto da farlo rabbrividire, come se un semplice sguardo fosse bastato per mettere a nudo la sua mente, i suoi pensieri.
Forse era la poca distanza a confonderlo, forse il contatto del braccio dell'altro dietro alla nuca; Kuroko ancora non lo comprendeva, ma di un dettaglio poteva essere certo: Aomine era vicino, troppo vicino a lui e mentre lo spazio iniziava a divenire invisibile tra di loro, Daiki non smetteva di domandarsi se fosse qualche strano teorema fisico a far avvicinare Tetsuya, o forse, era proprio lui stesso a spostarsi verso la bocca del più piccolo, senza neppure accorgersene.


«Aomine-kun.»
Eccola, la voce tremante di Kuroko, quel tono che non fuoriusciva mai dalle labbra sottili del ragazzo, ma quando accadeva, Aomine sapeva che qualcosa era ormai perduta e non ci sarebbe stata nessuna magia per cancellare quell'errore, quel lampo di follia, contrastato dall'oscurità di quel Tetsuya che finì con l'arrossire vistosamente, percependo la mano fredda di Daiki allontanargli il viso.
Erano stati così vicini, eppure Kuroko non lo aveva assaporato, il gusto di un bacio amaro su quelle labbra color cioccolato, aveva solamente potuto immaginarlo e la sua fantasia non poteva raggiungere un dettaglio così sublime perché, sebbene avesse imparato a studiare al meglio la figura di Aomine, c'erano aspetti che non aveva mai potuto scoprire e nemmeno ora, per quanto il suo cuore avesse perso qualche battito per la sorpresa, aveva avuto modo di comprendere elementi nuovi, finendo con il mordessi le labbra in cerca di un contatto mancato.


«Io...» Daiki allontanò la mano dalla testiera e si alzò, di scatto, afferrando subito dopo la propria borsa per allontanarsi da lì, come se Kuroko non emanasse più la positività di cui aveva avuto bisogno, ma solo quell'alone di mistero che disorientò il più grande che, evitando di fare domande al compagno, non poteva invece allontanare fastidiosi quesiti dalla propria mente.


Kuroko lo stava per baciare? O era stato lui a volerlo?
Erano domande senza risposte, incognite senza chiave di risoluzione a cui, nonostante il sorriso spezzato di Tetsuya gli provocò una fitta al cuore, Aomine decise di astenersi, abbandonando qualsiasi indizio che l'altro ragazzo avesse potuto lasciargli.


«Devo andare Kuroko, ci vediamo...ad allenamento.»
Tetsuya non disse nulla, si limitò ad osservare la figura di Daiki farsi piccola, scomparendo dietro ai folti alberi che affiancavano i sentieri di ghiaia del parco; il petto gli faceva male, o forse era la testa a procurargli quel dolore, non tanto fisico, ma psicologico; non mancava, tuttavia, di concretezza, e così l'autocontrollo di Kuroko andò a sfumare, obbligandolo a nascondersi dagli occhi curiosi dei passanti che, in poco tempo, si dimenticarono di quel vivace cespuglio color topazio che occupava da solo la panchina, il gelato lasciato a metà, mentre il ghiaccio si era trasformato in acqua, scivolando copioso sulle mani pallide del cestista.
 
* * *

AoKuro3

 
Kuroko aumentò il passo, il cuore che palpitava nel petto e il fiato che iniziava a mancargli, obbligandolo a boccheggiare ad ogni centimetro percorso per raggiungere l'altro; aveva persino dimenticato il suo ricambio in palestra, riversandosi fuori dagli spogliatoi non appena Kise gli aveva detto di aver visto Aomine in giro che, ormai deciso a non partecipare agli allenamenti, preferiva girovagare da solo, facendo suonare a vuoto il cellulare ad ogni chiamata di Tetsuya e Momoi.
Per quanto volesse infuriarsi con lui, Kuroko non era riuscito a celare l'evidente preoccupazione nei confronti dell'amico, limitandosi ad accennare con la testa nell'udire le parole dell'impassibile Akashi che, impegnato solo per il prestigio della squadra, aveva permesso ad Aomine di fare ciò che più preferiva.
Eppure, sebbene fossero passati mesi dall'ultima volta che aveva visto Daiki sorridere sincero, Tetsuya era ancora fortemente convinto che un fuoco ardesse ancora nel petto del ragazzo più grande, che quest'ultimo amasse ancora così tanto il basket da provare persino dolore, nel rendersi conto che gli avversari affrontati si arrendevano alla sua potenza.
La luce di Aomine era divenuta troppo brillante, in poco tempo, non dando neppure la possibilità a Kuroko di stare al suo passo, ma non per questo si era arreso, anzi, considerò quella difficoltà un'ostica sfida da superare, non solo per l'amicizia di per sé fragile che lo legava all'altro, ma anche per sé stesso, volendo mostrare di essere migliorato con il passare dei giorni.


«Aomine-kun!»
Tetsuya alzò il tono di voce più che poté, afferrando il ragazzo dal maglione chiaro che indossava, non appena ebbe la possibilità di farsi più vicino a lui.
Allungò la mano e le sue dita strinsero tremanti il tessuto morbido degli abiti, andando, subito dopo, a scontrarsi contro la schiena di Daiki che, non del tutto incurante dei richiami, si era fermato all'improvviso.
Per quanto quel momento durò pochi attimi, Kuroko riuscì ad inebriarsi del rilassante profumo che emanava la divisa di Aomine: il ragazzo non era solito curare troppo il proprio aspetto, ma quel giorno - secondo l'ottica del più piccolo - Daiki aveva qualcosa di diverso che lo portava, pericolosamente, a non volersi allontanare dalla sua figura.
Affondò il capo contro la sua spalla e riprese lentamente a respirare, sentendo come le dita affusolate di Aomine raggiunsero le sue, allontanandole dagli abiti gentilmente, ma lasciando trapelare un senso di disagio e di fastidio che raramente aveva provato in presenza di Kuroko.
Sapeva quanto fosse inutile rifiutare la presenza di Tetsuya perché lui sarebbe rimasto sempre lì, appresso, insistendo su quello che era ormai un argomento giunto alla sua finale affermazione che comprendeva una scelta dolorosa per entrambi; Daiki non voleva più illudere l'amico, non poteva promettergli nulla che non avrebbe potuto portare a termine perché si conosceva abbastanza ed era sicuro che mentire a Kuroko fosse una delle cose che odiava più di sé stesso, forse perché gli occhi di Tetsuya l'osservavano sempre con quella velata sincerità che, nell'ultimo periodo, a dire il vero, procurava un dolore che Daiki voleva eliminare velocemente, dimenticandosi delle incomprensioni, delle risate e di quegli sciocchi gelati condivisi.
Aomine Daiki era cambiato e una parte di Kuroko non aveva ancora attutito quel colpo, sentendo una ferita aperta lacerarlo dall'intero, portandolo a stringersi troppo spesso il cuore tra le mani, come se non volesse perderlo per via di quell'improvviso cambiamento.
Eppure, lo stesso Tetsuya lo sapeva, Daiki aveva previsto tutto: il loro allontanamento, la vergogna di lasciare incontrare i loro sguardi e persino, l'imbarazzo di scambiarsi un paio di parole, non solo perché avevano avuto poche occasioni per incontrarsi, ma anche per colpa di quella lontana conversazione dove le loro labbra si erano fatte più vicine delle loro parole, rendendosi conto troppo tardi di che cosa avessero appena incrinato.
 
La loro amicizia era andata persa lì, in quel bacio mancato, in quello sguardo colmo di aspettativa e in quella mano che, bruscamente, aveva allontanato il volto di Kuroko per avvisare che "no, non poteva mai accadere qualcosa del genere tra di loro".


«Tetsu, non avevi allenamento?»
Il tono di Aomine era inusualmente gentile, tanto gentile da far sussultare Kuroko che, deciso a non perdere il proprio controllo e la propria dignità, si allontanò lentamente dall'altro, puntando le sue iridi azzurre sulla figura slanciata di Daiki.
Voleva rispondere che l'andare in palestra non avesse più lo stesso valore, che alcuni elementi avevano significato solo se congiunti assieme ad altri e che in nessun modo l'Oscurità poteva convivere priva di Luce, per quanto molto spesso il loro rapporto fosse stato difficile.
Tetsuya odiava ancora il cambiamento e, proprio come mesi prima, si domandava se la causa di quel conseguirsi di spiacevoli avvenimenti fosse solamente colpa dei suoi sentimenti, forse esternati troppo presto, forse in modo scorretto.
Eppure, sebbene fosse dispiaciuto della scomparsa di Aomine dalla palestra, Kuroko non era mai riuscito a rinunciare alle proprie emozioni: non voleva divenire un automa, dimenticandosi di tutto ciò che Daiki gli aveva donato, di tutto quello che si erano scambiati e di quello che aveva tenuto nascosto dentro di sé per così tanto, troppo tempo.
Non pretendeva che l'altro potesse comprendere, provando qualcosa di surreale, ma odiava dover allontanarsi da lui per un motivo che, per convenienza, ora preferiva definire come sciocco; ormai era abituato a nascondersi dagli occhi fini di Aomine, ma non per questo sembrava disposto a rinunciare a quello che avevano costruito, assieme.


«Saresti dovuto venire anche tu, Aomine-kun.»
La voce di Kuroko era ferma, non lasciava trapelare il vortice di emozioni che, invece, lo stava travolgendo, portando a far crollare tutte le sue sicurezze e il forte legame che aveva reso la compagnia di Daiki unica.
Sapeva che quello non fosse il momento più opportuno per discutere del loro rapporto come amici, in fondo, gli allenamenti dovevano interessarlo solo come compagno di squadra, eppure, Kuroko non riusciva a distinguere il dovere all'affettività perché giocare a fianco di Aomine significava unire questi due elementi, divertendosi assieme, per dimenticare la fatica degli sforzi fisici.
Tetsuya aveva creduto alle parole di Aomine la prima volta che si erano incontrati, che fosse giusto seguire i propri sogni e tentare di fare tutto il possibile per realizzarli ed ora che giocavano entrambi in prima squadra, Kuroko voleva essere egoista, pretendendo che Daiki non si allontanasse da quel canestro che li aveva fatti conoscere.


Senza basket, cosa sarebbe rimasto di loro?
Tetsuya temeva di trovare risposta a questo quesito e, senza neppure rendersene conto, allontanò lo sguardo da quello di Aomine, consapevole che un scontro era già divenuto inevitabile.


«E per cosa? Per imparare qualcosa che so già?»
Le parole di Daiki si fecero più aspre, ma Kuroko sapeva che gli occhi sottili del più grande non si fossero allontanati da sé; percepiva l'aura poco a poco più minacciosa di Aomine, ma non riusciva a temerla perché aveva conosciuto ogni lato dell'amico: l'aveva visto sorridere, emozionarsi e anche infuriarsi, anche se lui non era mai stato l'oggetto della sua rabbia.
«Il basket non è solo questione di imparare, lo sai bene, Aomine-kun»
Tetsuya si fece forza, mormorando tra sé e sé che qualsiasi successiva esclamazione di Daiki sarebbe stata dettata solamente dall'istinto, dall'ira del momento e per questo l'avrebbe perdonato, non volendo rovinare il loro rapporto per un'incomprensione.


«Non c'è niente altro, Tetsu. Non provo più niente, è diventato tutto così noioso.»
Il tono di voce di Aomine non celava nulla, il tedio aveva avuto la meglio su di sé e la sua mente andava poco a poco ad offuscarsi, cancellando i ricordi in cui poteva vedere il suo volto sorridere affianco a Kuroko e a tutti gli altri; tenere una palla in mano non gli procurava più nulla, nessuna scarica di adrenalina a fargli fremere e riscaldare i muscoli.
Era rimasto il Vuoto e questo suo annegare nel proprio ego l'aveva trasformato in una persona diversa, priva di ambizioni e persino la figura di Tetsuya aveva perso l'iniziale valore, pensando che, date le loro diversità, non ci sarebbero stati più momenti di complicità, in cui si sentiva libero di essere sé stesso.
Scorbutico, ironico, grezzo.
Ogni critica che aveva ricevuto da parte di Kuroko era stata di natura costruttiva, ma ora, vedendo di nuovo i loro occhi incontrarsi, Aomine aveva perso interesse anche nella parole del più piccolo, immaginando che assecondarlo adesso significasse solamente aiutarlo a sentirsi bene, anche se solo le menzogne avrebbero reso contento Tetsuya in quel momento.


«E' inutile insistere, lo sai, non ho più voglia di provare.»
Tetsuya osservò l'espressione cupa dipinta sul volto di Aomine, quello stesso viso che aveva spesso visto nell'oscurità ogni qualvolta si fosse ritrovato a chiudere gli occhi per riposarsi; non aveva mai dimenticato nulla dei lineamenti di Daiki, ricordava i suoi sorrisi ambiziosi, gli occhi impegnati a seguire la palla e la fronte che si corrucciava quando perplesso; Kuroko ricordava ancora tutto di Aomine, i buffetti amichevoli che gli aveva dato sulla guancia e che, ripensandoci una volta ritornato a casa, lo facevano arrossire come il ragazzino qual era, anche se spesso si era ritrovato a nascondersi dagli sguardi di tutti, compreso quello blu profondo in cui tanto si perdeva.
Eppure, ora non riusciva a riconoscersi in quegli occhi e più focalizzava l'attenzione verso Daiki, più gli pareva di aver davanti a sé una persona mai incontrata prima, che l'osservava come se nulla, mai realmente, li avesse tenuti vicino.


La confusione nelle iridi di Tetsuya venne percepita da Aomine che, a dire il vero, sentiva, ora più che mai, non poco disagio nell'incontrare le aspettative del compagno; si era reso conto di ciò che avevano lasciato in sospeso e il loro improvviso incontro quel giorno, non stava solamente ad indicare l'allontanamento dalla squadra di Daiki, ma anche l'evidente intenzione di dimenticare tutto ciò che si stavano per scambiare in quel parco, in una qualsiasi giornata che Aomine aveva valutato come anonima.
Non voleva deludere Tetsuya, ma non poteva, prima di tutto, mentire a sé stesso e sapeva che Kuroko fosse abbastanza saggio da comprendere che quella sensazione di Vuoto non fosse data dalla loro situazione, ma riguardava il basket solamente.
Nulla di personale - Gli avrebbe voluto dire il più grande, ma il suo buon senso, almeno per una volta, gli consigliò di tacere e solo poco dopo, sentì bisbigliare delle parole che non capì immediatamente, costretto a guardare Kuroko accigliato.


«E ora?»
Domandò Tetsuya cercando una risposta negli occhi di Aomine che tardò ad arrivare perché il più grande era visivamente confuso e pareva voler evitare quella conversazione per non rendere quell'allontanamento più difficile di quanto già non fosse.
«Come?»
Ribatté lui, nascondendo le mani nelle tasche con quel fare indifferente che, senza nemmeno rendersene conto, feriva Kuroko più di qualsiasi altra cosa: sapeva che fosse infantile non accettare la scelta dell'altro e iniziava a domandarsi se quell'insistenza fosse data dalla sua razionalità, in quanto suo compagno di squadra, o semplicemente per il fatto che Aomine gli piacesse e non c'erano altri modi, se non attraverso il basket, per farglielo capire.


«Intendo dire, ora cosa farai, Aomine-kun?»
La domanda di Tetsuya fu accompagnata da un'attesa assordante, di quelle sensazioni che lasciavano Aomine senza possibilità di fuga perché sì, lo sapeva, per Kuroko era facile metterlo alle strette, anche se il suo raro cinismo fuoriusciva solamente quando arrabbiato e Daiki era consapevole che le sue scelte non avrebbero influenzato nessun altro della squadra, ma non lui, non Tetsuya.
La preoccupazione e le attenzioni che gli aveva sempre dedicato avevano fatto crescere spropositatamente il suo ego, ma l'ammirazione era stata, fin dal primo momento, reciproca perché, per quanto non fosse spesso sincero quanto l'altro, anche Aomine era dispiaciuto nell'osservare quell'espressione spezzata sul viso di Kuroko; odiava vederlo chiudersi in sé stesso, sapendo che sarebbe arrivato a dire che non c'era nulla che lo faceva realmente stare male, ma Daiki non era sempre così sciocco ed era del tutto naturale provare dolore, anche se Tetsuya, per non sentirsi vulnerabile, era abituato a nasconderlo agli occhi di tutti.


«Continuerò a giocare, in fondo Kise e gli altri vogliono ancora vincere, no?»
L'inespressività nel tono di Aomine era disarmante, trasmetteva un nulla assoluto in cui Kuroko non riusciva a trovare porta d'uscita e sapeva che Daiki non sarebbe mai riuscito ad allontanarsi da quella situazione, non da solo, ma era troppo orgoglioso per ascoltare ancora le parole del più piccolo e dal momento che il mondo aveva variato moto di rotazione, il basket aveva iniziato a perdere valore, raggiungendo una quota così bassa da non permettere ai due di comprendersi, né con le parole né con taciti sguardi.


«Ti scagiono Tetsuya, non hai colpe, ma non posso continuare così.»
Era l'inerzia a far proseguire Aomine, il dovere di portare avanti ciò che aveva iniziato, ma l'intenzione ormai era scomparsa, andata distrutta in quella Supernova che era divenuta la sua forza, troppo potente per essere fermata persino dall'oscurità di Kuroko che, nonostante quelle affermazioni, sembrava non voler lasciare andare.


Eppure, le sue parole non si accordarono con il cuore e se una parte di lui sentiva la speranza morire solitaria, l'altra aveva già iniziato a farsi forza, ripetendosi che era giusto così e che sarebbe stato da stolti proseguire per una strada ormai rivelatasi vicolo cieco.
«Non mi sento in colpa Aomine-kun, non mi pento di nulla.»
Alludeva a tutto ciò che li aveva uniti: i sorrisi, i pomeriggi passati in palestra, i ghiaccioli offerti e anche quel bacio mancato, così vicino, ma mai schioccato.
Kuroko non provava rancore verso sé stesso perché le emozioni non erano una scelta e avrebbe continuato a conservarle come ricordo, tre anni di una compagnia che difficilmente sarebbe stata sostituita in futuro ed era proprio con questo pensiero che avrebbe proseguito oltre.


In quel momento, il silenzio parve parlare per loro, in un tacito patto che prevedeva una tregua decisa da ambo le parti, una contrattazione che vedeva lesi entrambi, ma a cui,per buon senso, saggezza e orgoglio, nessuno dei decise di opporsi.
Nel campo visivo di Aomine, la figura di Kuroko si fece piccola in poco tempo, i suoi capelli topazio spiccavano tra le chiome scure che occupavano il marciapiede ma bastò poco, pochi attimi - che per Daiki durarono un eternità - per osservare la figura del ragazzo scomparire dalla strada, ritornando in quel mondo fantasma in cui si sentiva appartenere e dove, per quanto ci avesse tentato, Aomine non aveva mai trovato modo di entrare.
Si ritrovò a sbuffare rumorosamente e alzando il capo al cielo, si perse in quelle nere nubi che dominavano i volti anonimi dei passati che, seppur vedendo la figura slanciata del ragazzo occupare la strada, ignorarono le sue labbra increspate in un sorriso che rappresentava tutto, tranne che la contentezza per aver preso la scelta migliore.
 
* * *

Aokuro4

 
Aomine stava camminando pigramente per la strada, il cielo imbrunito con solo un paio di piccole stelle ad illuminare quel manto cobalto; i pochi alberi che costeggiavano il marciapiede proiettavano la propria ombra ai piedi del ragazzo che, ormai abituato a percorrere quelle vie, aveva iniziato a dare sempre meno importanza ai dettagli, perdendosi il gusto di scoprire qualcosa di nuovo, di lasciarsi stupire da il più piccolo dei cambiamenti.
La città non era rimasta la stessa da quando era cresciuto, eppure, la strada che lo portava al vecchio campo in cui era solito giocare, gli pareva sempre così anonima: i passanti si limitavano ad osservare la sua figura con la coda dell'occhio perché, a quell'ora, era piuttosto strano vedere un ragazzo uscire da solo, senza amici, senza nessuna compagnia.
Daiki non dava molto importanza agli sguardi degli altri, immaginava i loro pensieri e questi ultimi lo facevano sorridere un po' perché, mentre quelle stupide coppiette si tenevano per mano, lui aveva la testa colma della partita del giorno precedente.


La Seirin aveva vinto, ma non si era portata a casa una semplice vittoria per la Winter Cup, erano riusciti a sconfiggere Aomine, quell'Aomine che non provava passione per il basket ormai da molto tempo; eppure, Daiki si era già reso conto che qualcosa in lui era cambiato, o meglio, era ritornato ad essere proprio come pochi anni prima: era frustrato, il solo pensiero dell'espressione contenta di quel Bakagami lo infastidiva, ma aveva intravisto altro, oltre i visi soddisfatti dei giocatori avversari.
Tra di loro c'era Kuroko, quel ragazzino minuto con cui Aomine aveva passato i migliori anni da studente e con cui, sempre per via del basket, aveva deciso di dare una decisiva svolta alla sua vita, rinunciando a quell'amicizia senza pretese che l'aveva sempre fatto sentire così bene.
Daiki sapeva di essere cambiato da quei giorni, Tetsuya aveva cominciato ad essere più sicuro di sé e non aveva smesso di credere in quei sogni che, a dire il vero, osservando i suoi occhi celesti, parevano più realtà che semplici illusioni.
Tetsuya era riuscito ad infondere una nuova forza dentro Aomine, un insieme di ricordi, piacevoli e dolorosi, che l'avevano portato alla conclusione che gli ultimi due anni della sua vita fossero stati un errore, difficile da dimenticare, ma recuperabile.
Daiki non aveva mai amato la sconfitta, odiava perdere, eppure, l'adrenalina non aveva abbandonato il suo corpo dalla sera precedente, obbligandolo a non chiudere occhio alla notte solo per immaginare di nuovo e di nuovo tutte le sue azioni in campo, l'aura fiammeggiante di Kagami e gli occhi brillanti di Kuroko che l'avevano fissato, seppure per un attimo, come avevano sempre fatto durante gli anni alla Teiko.
Aomine si stava rendendo conto di ciò che aveva abbandonato sul proprio percorso, di quello che poteva ancora recuperare e la strada che, d'ora in poi, si sarebbe ripromesso di seguire: odiava sbagliare quanto perdere e non avrebbe mai più concesso a qualcun altro di avere la meglio su di sé, nè in campo, né nella vita.
Non peccava di egocentrismo nel pensare a tutto ciò, semplicemente, almeno per questa occasione, voleva dimostrare di aver compreso quali fossero stati i suoi errori, che non era mai stato solo ad affrontare quel senso di Vuoto che l'aveva avvolto perché, sebbene avesse insistito con l'allontanarsi da tutti, aveva sempre avuto la tacita compagnia di Tetsuya, i consigli di Momoi e la pazienza infinita della sua attuale squadra che, quanto lui, doveva ancora gestire la pessima sensazione conseguente l'eliminazione dalla Winter Cup.


Appurato di essere stato superato da altri, Aomine aveva accettato un anonimo invito di Kuroko senza saperne il reale motivo; non poté negare a sé stesso di essere - seppure in piccolo parte - preoccupato per ciò che Tetsuya volesse dirgli: avevano lasciato molto in sospeso dall'ultima volta che avevano avuto modo di parlarsi e Daiki lo sapeva, non sarebbe mai bastato un semplice pugno amichevole per risistemare tutto come in passato.
Kuroko pretendeva e Aomine non poteva dargli torto; aveva trattato il più piccolo in un modo crudele, senza mai preoccuparsi dei suoi sentimenti perché, nonostante non fossero così espliciti, essi erano lì, custoditi con cura nell'esile fisico di quel ragazzo che, a dire il vero, aveva davvero un cuore grande, così grande da far comprendere a Daiki che il suo passato comportamento fosse da considerare inaccettabile e che i veri amici, dato che era così che si erano sempre considerati, non avrebbero mai preso scelte di quel genere, ripiegando in affermazioni arroganti e prive di empatia.
Aomine sapeva che Tetsuya l'avrebbe perdonato per i suoi errori, dava per certo che Kuroko fosse capace, proprio come anni fa, di vedere oltre all'Ego dell'amico perché quella Luce che l'aveva sempre circondato non era scomparsa, semplicemente, si era espansa più del dovuto, ritornando solo ora ad essere un modesto faro luccicante di orgoglio e eccentricità.
Daiki invidiava ancora l'autocontrollo di Kuroko, ma si era ben reso conto che l'evidente miglioramento dell'amico non fosse solamente dato da un impegno individuale e proprio per questo, senza neppure accorgersene, aveva iniziato ad ingelosirsi per il rapporto che Tetsuya e Taiga avevano condiviso in campo, proprio davanti ai suoi occhi; era mio, era nostro - avrebbe voluto urlare a Kagami, avvisandolo che Kuroko non avesse bisogno di un'altra Luce per proseguire perché il loro patto non poteva essersi concluso dopo un dibattito di anni prima.
Questo era il più grande errore di Aomine: pensare che Tetsuya sarebbe rimasto dietro di lui per sempre l'aveva portato a considerare tutto per scontato, immaginando quanto fosse banale l'avere Kuroko vicino a sé.
 
Una presenza costante, abituale.


Aomine si rese conto di dover soppesare al meglio le parole per questa occasione, poteva essere l'ultima e non voleva rovinare quel poco che era rimasto tra lui e Kuroko.
Tetsuya si era dimostrato sempre paziente, ma la sua disponibilità era ormai giunta ad un termine e Daiki si sentiva rimpiazzato, rimpiazzato da qualcuno che stava facilmente odiando, ma che avrebbero reso Kuroko felice, compiaciuto di dividere un campo da gioco assieme ad una squadra.
Aomine aveva rovinato tutto, ma era ancora più semplice mentire a sé stesso, addossando la colpa ad un ragazzo che non aveva ancora avuto modo di conoscere appieno, ma che sapeva, sarebbe stato un miglior amico per Kuroko.
Daiki non aveva mai realmente provato ad ascoltarlo e quell'appuntamento, dopo il match, doveva pur significare qualcosa e Aomine era pronto ad affrontare la nuova sfida con tutte le forze rimaste.


«Aomine-kun.»
Una voce lo riportò alla realtà; un reticolato illuminato da vari lampioni dividevano le due figure dei cestiti che, una volta ritornato il silenzio, si osservarono come se fosse il loro primo incontro: i grandi occhi di Tetsuya si posarono sul fisico longilineo del più grande e Aomine le percepì, quelle iridi topazio osservare il proprio volto in cerca di una risposta fulminea.
Daiki, tuttavia, si limitò ad entrare nel campo, le mani nascoste nelle tasche e lo sguardo ad evitare improvvisamente quello inquisitorio dell'altro perché, per quanto familiare, Aomine desiderava dare un ordine alle contrastanti emozioni che stava provando in quel momento.
Confusione, rabbia, contentezza, ma anche malinconia, dannata malinconia.
Perché il modo in cui Kuroko non aveva smesso di osservarlo sembrava lo stesso di anni fa, di quanto, dalla sua espressione, si percepivano tacitamente le emozioni che provava per Aomine, delle quali andava orgoglioso, ma che alcune volte, nei momenti di solitudine, lo facevano sentire sbagliato, temendo un giudizio negativo da parte del più grande.
Quella discussione, a dire il vero, non era mai giunta: Tetsuya non si era mai dichiarato a Daiki, ma quest'ultimo, sebbene sapesse che cosa provava Kuroko per lui, non aveva mai tentato di avvicinarsi per aiutarlo ad esternare i suoi sentimenti, preferendo nascondere la verità ormai palese anche agli occhi di altri.
Era stato facile per Aomine fare finta di nulla, dimenticare di quello strambo pomeriggio nel parco, dell'arrossire di Kuroko e della delusione che aveva letto nei suoi occhi quando le loro strade avevano ormai portato a direzioni opposte.
Una parte di Daiki, tutt'ora, sperava che Tetsuya non rammendasse di quei momenti di complicità e d'intimità, ma si trattava di una speranza vana perché il ragazzo più piccolo non era mai stato capace semplicemente di cancellare ciò che aveva provato, ciò che non aveva scelto, ma che aveva, poco a poco, imparato ad accettare.


«Tetsuya.»
Nel momento esatto in cui Aomine si voltò verso di lui, Kuroko chinò il capo, temporeggiando per quel confronto per cui si era preparato nelle ultime ore, immaginando che non ci fosse più nulla da perdere e che Daiki avrebbe potuto rifiutarlo; qualsiasi risposta avrebbero reso soddisfatto Tetsuya, qualsiasi reazione l'avrebbe portato a chiudere quella storia una volta per tutte, del tutto consapevole che non avrebbe accettato più nessun silenzio da parte sua.


«Grazie per aver accettato.»
Parlò diplomatico il più piccolo, convincendosi di incontrare lo sguardo con Aomine, quest'ultimo accennò un ghigno divertito e si limitò a replicare sbuffando, come se si fosse lasciato convincere dalla gentilezza posata dell'altro.
Voleva fare un favore ad un vecchio amico, nulla di realmente personale, ma sapeva di mentire a sé stesso dicendo che tutta quella faccenda non lo riguardasse e più cercava di allontanarsi, più sentiva i ricordi sopprimerlo, riportandolo a quei momenti in cui i sorrisi di Tetsuya erano l'unico rimedio per curare quel senso di malinconia che molto spesso aveva avuto la meglio su di sé, nell'ultimo periodo.
Eppure, da quando aveva iniziato il Liceo, non aveva più potuto incontrare quelle iridi luminose che l'avevano spesso osservato con curiosità e devozione, non più un paio di labbra increspate in un sorriso timido quanto dolce e infine, neanche i rimproveri gentili che lo riportavano sulla buona strada, convincendolo a tentare, almeno per una volta, di recitare la parte del bravo ragazzo.
Aomine non aveva mai considerato Kuroko come qualcuno con cui imparare assieme, sempre troppo orgoglioso, pretenzioso di essere lui, il maestro del più piccolo, ma ora si rendeva conto che Tetsuya gli aveva fatto dono di lezioni di vita ben più preziose di qualsiasi pomeriggio passato sul tetto della scuola, annoiato dalla propria vita, dalle proprie conoscenze.
Kuroko aveva condiviso tutto ciò che sapeva assieme alla persona a cui si sentiva più legato, ma Daiki non aveva compreso, non aveva voluto comprendere, lasciandosi ai pregiudizi per dei sentimenti che trovava poco consoni tra due ragazzi, tra due amici.


Il suo allontanamento, di conseguenza, aveva portato ad osservare un Kuroko non più disposto a stargli accanto, afflitto e dispiaciuto per quelle emozioni che aveva cercato di controllare, ma che in un attimo, per casualità, erano finite con l'esplodere nello sguardo del più piccolo, in quei due occhi che parevano così inespressivi, ma che nascondevano un mondo a cui Aomine avrebbe potuto appartenere, ma da cui - forse per timore o per indifferenza - decise di difendersi prontamente.
Tra i due, non era stato Tetsuya a non accettare i cambiamenti, no, era stato proprio Daiki a rifiutarli, pensando che Kuroko si fosse ingenuamente sbagliato, che quello che aveva cominciato a provare per il più grande non fosse altro che un errore, un'incomprensione.
 
Loro erano Luce e Oscurità, ma non per questo dovevano andare oltre all'essere semplici amici.


«Vorrei che mi insegnassi a tirare.»
Le parole di Tetsuya giunsero fulminee nelle orecchie di Aomine; il tempo, in un attimo, parve riavvolgersi verso epoche passate in cui i due non erano altro che ragazzini alle prese con i primi segni dell'adolescenza, in cui si sentivano contenti con poco perché "bastava giocare assieme e tutto il resto poco contava", ma quando la malinconia riportò alla realtà Daiki, quest'ultimo si accorse che la richiesta di Kuroko non alludeva a nessun'altra conversazione, si trattava di un favore nel bene di un'amicizia che non sarebbe più ritornata agli anni fiorenti del passato.


«Ne hai di coraggio, per chiedere aiuto ad un tuo avversario.»
Il tono di Aomine non era aspro, si trattava di una semplice costatazione su ciò che stavano vivendo: Kuroko, se voleva, riusciva ad essere un ragazzo composto, privo di scrupoli e non era passato poi così molto dall'ultima volta che Daiki si era sentito alle strette in sua presenza; non ne conosceva il motivo, ma Tetsuya era capace ancora di avere quell'effetto su di lui, quello di riuscire ad addolcirlo senza dover chiedere nulla in cambio, solo per il piacere di aiutare una persona a cui si sentiva legato.
«Un avversario può essere anche un amico, Aomine-kun.»
La risposta di Kuroko giunse predetta dall'altro e le sue parole non lo stupirono poi molto, anche se, sebbene sapesse che non fosse un'affermazione gentile da fare, Daiki non riuscì a trattenersi dal controbattere malamente riguardo la loro amicizia.


«E prima, ero solo un amico?» Il sarcasmo del cestista rese quella domanda ancora più dolorosa, come se una parte di Aomine fosse davvero interessata a sapere tutta la verità, mentre l'altra, indifferente a vecchie emozioni e seppelliti ricordi, proclamava solamente quel senso di superiorità a cui Daiki disperatamente si attaccava, osservando Tetsuya come quel folle quanto taciturno ragazzo che si era innamorato di lui.
Kuroko sentì il viso avvampare, ma nonostante le sue guance si fossero imporporate e il suo cuore avesse cominciato a palpitare incontrollato, il ragazzo cercò di non perdere lucidità, concentrandosi sul motivo principale di quella visita e non su inutili provocazioni da parte di Daiki che, per quanto si fosse ripromesso di non ferirlo, aveva ricominciato ad utilizzare i metodi sbagliati, nel momento sbagliato.


«Sai, perché pensavo che...»
«E' vero, Aomine-kun, mi piacevi.Prima.»
Tetsuya si staccò da quel peso, liberando i polmoni per poi riempirli nuovamente di aria in un respiro profondo, allargando le narici mentre tentava bruscamente di trattenere le lacrime che minacciavano di solcargli le guance.
«Ma è anche vero che non accetto che tu discuta dei miei sentimenti in questo momento. Sei sei arrabiato con me, non posso permetterti di rovinare qualcosa accaduto in passato.»
Kuroko non voleva incrinare la purezza dei ricordi della Teiko; l'Aomine che aveva conosciuto in quel primo anno non era lo stesso che aveva visto giocare la sera precedente e per quanto fosse egoista la sua affermazione, non voleva arrivare ad odiare il Daiki di cui si era invaghito, di quel sorriso orgoglioso, di quelle dimostrazioni d'affetto occasionali e di quei pomeriggi passati ad allenarsi assieme perché il tempo non poteva spazzare via quegli attimi dal cuore del più piccolo e neppure l'arroganza di Aomine, per quanto incontrollata e irrazionale, avrebbe portato Tetsuya ad odiare tutto di lui.


«Perché ti ostini a credere a qualcosa di surreale?»
Daiki temeva di essere l'unico ad essere così legato al passato, ma sapere che Kuroko fosse simile a lui non lo fece stare meglio, anzi, condivideva inconsciamente con Tetsuya lo stesso dolore, quello che portava a vivere nei ricordi, piuttosto che nella realtà attuale; Aomine non trovava più spiraglio di luce in prospettiva nella sua vita ed era ironico che, inconsapevolmente, cercasse una fonte di speranza in quel ragazzo che, a dire il vero, non era stato altro che la sua ombra fedele, un ormai fantasma del passato.
Anche Kuroko, come il più grande, aveva pensando che il giungere di Kagami l'avesse portato ad una nuova prospettiva, ma come aveva detto Daiki in quel lontano pomeriggio anonimo, non tutto poteva essere rimpiazzato ed era per questo che il cambiamento causava un senso di paura incontrollata.


«Mi metti nella scomoda posizione di dover farti del male, Tetsu.»
E io non voglio, te lo assicuro - Avrebbe voluto aggiungere, ma l'orgoglio l'obbligava di nuovo a nascondere l'affetto che provava per lui, quello che, in tutti quegli anni, aveva nascosto solamente per non creare false aspettative da parte dell'altro.
Sapeva quanto fosse inutile mentire davanti a Kuroko, quest'ultimo sapeva riconoscere tutto di lui, qualsiasi smorfia, qualsiasi sguardo, ma nonostante questa sua empatia, non aveva mai smesso di vedere Aomine sotto quella luce diversa, che lo portava a farlo arrossire e a fargli sopportare i lati più oscuri del più grande.
«Avrei voluto ovviare in altro modo, ma non ho potuto controllare i miei sentimenti, un tempo. Ora però...»
Daiki evitò di incontrare il suo sguardo, voltando il capo verso un angolo del campo, ove una palla era stata abbandonata dopo vari tentativi di tiri a canestro.
Aomine non sapeva più come rispondere, per non ferirlo, per non mentire a nessun dei due e nonostante sapesse che quella situazione non si sarebbe mai conclusa, non si tirò indietro dall'aiutare Tetsuya, come ex-compagno di squadra, come ex-amico o con qualsiasi altro nome potesse considerarlo.


«Non sono più la tua Luce, no? Forse dovremmo lasciarci tutto...alle spalle.»
Lo interuppe immaginando quali sorrisi avesse riservato ad altri, ma sebbene quelle parole fossero difficili da pronunciare e da percepire, Tetsuya non riuscì a celare un piccolo, abbozzo di sorriso, uno di quelli che portavano solamente a premere il tasto "pausa" sulla loro vita, riavvolgendo il nastro delle loro esistenza da capo, un'altra volta.
Alcune cose tra di loro non sarebbero mai cambiate: Kuroko avrebbe continuato a sentire quel palpitare del cuore incontrollato e Daiki avrebbe lasciato la propria mente vagare su una sottile quanto fragile linea d'equilibrio tra buon senso e orgoglio, ancora domandandosi se quel bacio mancato fosse stato una fortuna o la loro più grande condanna.



 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Salve, questa è la mia prima fanfic nel fandom e credo di aver fatto un discreto lavoro per quanto riguarda l'IC. Penso che Kuroko sia un po' differente da quello originale, ma come primo tentativo, sono più che contenta.
Perché il titolo è End(less)?
Volevo far capire il fulcro della storia, ovvero di un rapporto che non ha né capo né coda perchè i due sono legati l'uno con l'altro, anche se il loro modo di vedere questa relazione è diverso e per questo ci sono numerose incomprensioni.
Anche il finale dovrebbe far capire che, in realtà, una fine non c'è perché sia Kuroko che Aomine decidono ancora una volta di fare gli stessi errori, ripartendo da capo perché fa comodo ad entrambi ripensare al passato, pur sapendo di andare incontro di nuovo agli sbagli di quando erano ragazzini.
Le quattro parti coincidono con Il primo anno alla Teiko, Il secondo, Le assenze di Aomine agli allenamenti e il Post-partita Seirin-Touou.
Adoro questi due assieme, Aomine è uno dei miei personaggi preferiti, mentre Tetsuya non mi è piaciuto un granché nelle 3 stagioni, ma ci sono aspetti che mi portano a scrivere volentieri su di lui e quindi non mi allontanerò facilmente da questa coppia.
 
  
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