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Autore: StormyPhoenix    17/01/2016    9 recensioni
Mettere nero su bianco cose, più o meno fantasiose, è al pari di una terapia.
Qui un'anima confessa cosa veramente ha vissuto in un preciso momento della sua vita; non è qualcosa di assolutamente segreto, c'è chi sa di ciò che ella racconta, ma probabilmente nessuno ne conosce le profondità.
Ed è per questo che confesso ora una cosa che pochi sanno. Una cosa che segna, una cosa che pesa, una cosa che rimane lì, appesa, irrisolta, pesante e con il timore della recidiva.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!
Ho scritto questa cosa di getto ieri, su 20lines (quel sito mi fa quest'effetto, trattandosi di un sito per storie brevi a volte viene l'ispirazione), e voglio pubblicarla anche qui; spero possa piacere, buona lettura.






Un minimo stimolo, una parola, un'immagine, un suono, e la mente divaga da sola.
Riaffiorano ricordi, delusioni, ferite, traumi, incertezze, paure, sicurezze, gioie, senza ordine né logica, senza possibilità di fermare il flusso, e allora qualcosa che è solitamente sepolto in qualche abisso dell'anima torna alla luce con il suo carico emotivo, come se non fosse passato tempo da quando si è tentato di sotterrare il fardello.
Sono una persona strana, molto strana, forse al limite del patologico per alcuni versi e al limite del patetico per altri, ma non voglio parlare di me perché non è questo l'argomento di questa confessione; non l'affido ad un sacerdote perché non è lui il destinatario migliore, l'affido alla scrittura perché rimanga, perché qualcuno leggendola possa eventualmente riconoscersi e trarne coraggio, non dico esempio perché non ho pretesa di essere ciò per gli altri.
Ogni giorno si scherza, in modo più o meno consapevole, su un milione di cose, a volte anche su cose serie che non dovrebbero essere argomento di facezia ma non tutti lo capiscono. Non si scherza sullo stupro, sulla sofferenza delle persone e tanti altri argomenti; mi concentrerò su uno solo di essi.
Non si può liquidare una richiesta d'aiuto con indifferenza, non si può ridere della sofferenza altrui, non si può ignorare e fingere di essere pietre. Eppure ci sono persone che lo fanno, e allora chi soffre non lo rivela proprio per colpa loro.
Ed è per questo che confesso ora una cosa che pochi sanno. Una cosa che segna, una cosa che pesa, una cosa che rimane lì, appesa, irrisolta, pesante e con il timore della recidiva.
Ho ricevuto telefonate anonime in quantità sufficiente ad aumentare la mia ansia per le telefonate provenienti da sconosciuti, sufficiente a portarmi ad un punto in cui, al tempo, all'udire la vibrazione saltavo e il cuore saliva in gola, e messaggi minatori con parole che non mi sarei mai aspettata da chi le scriveva, che sorprendevano per il livore accumulato e così ben celato fino a quel momento e a quell'occasione, che non erano vere ma ognuna di loro ha ferito come una lama e ha lasciato un segno; non so che nome danno gli altri a tutto ciò, io gli do un nome in qualche modo controverso, scomodo, inquietante: stalking.
Telefonate anonime nel bel mezzo di lezioni a scuola, a vari orari.
Messaggi che comparivano sul display inattesi.
Puttana.
Troia.
Cagna.
Pecora.
Ti spacco la faccia.
Ti mando all'ospedale.
Non sai stare con gli altri.
Tutti ti odiano.

Cento coltelli nel cuore e un corollario di stiletti.
Io do il nome di stalking a un comportamento del genere perché non credo ci sia un altro nome, anche se non è arrivato ad un punto tale da classificarlo davvero come reato punibile non vuol dire che è meno serio e meno pesante, non vuol dire che lo si può liquidare con un "ma sì, prendetevi un caffè e parlatene", perché per quando possa essere una "sciocchezza adolescenziale" la persona che ti chiede aiuto in quel momento ha paura ed è ferita e in quel modo la stai spingendo giù nel suo baratro interiore di sofferenza.
Non volevo essere costretta a cambiare numero per mettere fine a tutto questo.
Volevo che tutto ciò potesse finire senza che io dovessi finire per piegarmi in parte alla persona persecutrice.
E' andata così, né vincitori né vinti, nessuno scontro finale, una "fuga" che era unica possibilità facile o, più che altro, fattibile.
E' così facile, dietro ad un telefono, perseguitare una persona per un motivo che crei tu, senza conoscere storie, mal interpretando cose, è così facile sputare parole velenose senza capire il danno che faranno, è così facile fare i gradassi quando non si è faccia a faccia, salvo poi arrendersi quando si vede un minimo segno di risposta dalla vittima.
Tu, falsa amica che mi hai dato guai e mi hai perseguitato sulla base di un'invenzione tua personale che includeva il rubarti il fidanzato, cosa di cui me ne sbattevo alla grande, sei ancora nella tua sicurezza e nelle tue convinzioni, certa di averla fatta franca nonostante tutto.
Ma ricorda... io sono ancora qui, in piedi, nonostante tutto ho ciò che rende la vita piena e piacevole, so che il tuo odio contro di me non si è mai estinto e so anche che al primo passo falso che farai pagherai per le tue azioni e la tua ex vittima tornerà alla ribalta.
No, non parlo di venire alle mani, non ho intenzione di scegliere un "metodo di pagamento", ma ricorda che una persona ferita è pericolosa perché si rialza e combatte da leone, un vero leone, non quello che tu credevi di essere al sicuro dietro il display di un cellulare.

Credevi che avrei avuto paura e nessuno avrebbe saputo di ciò che mi hai fatto, ma ti sbagli. 
Io non ho paura, io non tacerò.
Che nessuno abbia paura di alzare la voce e ammettere di subire stalking e chiedere giustizia, che nessuno abbia paura di ribellarsi, soprattutto se vive un inferno ancora peggiore di quello che io nel mio piccolo ho vissuto!
  
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