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Autore: Stellacalimon    17/01/2016    1 recensioni
Una volta rinchiusi -affondati nel Cocito- in una Gabbia che sembra fatta di cristallo, dove la speranza è lontana ed il ghiaccio imperante, riuscirà l'amore che un tempo provavano l'uno per l'altra a salvarli da quello che sono diventati?
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Yuumika; fem!mika
Yuucifer, Seraph!mika
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La Gabbia era buia, fredda, sprofondata nelle viscere dell'Inferno, nelle acque ghiacciate del fiume maledetto: il Cocito.
Era assai poco spaziosa, claustrofobica, assai poco adatta a qualcuno come lei, che era stata tanto grande da oscurare con le proprie Ali gran parte del territorio che sorvolava.
Gli occhi di Mikaela si strinsero, divenendo due fessure, mentre scrutava ciò che aveva sopra di sé.
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Una voce alle sue spalle sovrastò quella dei demoni che si trovavano in superficie.
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L'Avversario strepitò e minacciò, agitandosi sul suo trono.
Ironia della sorte, anche quello era fatto di ghiaccio, e lui vi era intrappolato con delle catene che imprigionavano gran parte della sua essenza.
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"Taci, Lucifero" disse, calma, ma imperiosa.
-Non è Yuu... Quello non è più Yuu da tanto tempo..-
Mikaela chiuse gli occhi. Ributtò indietro il groppo alla gola e le lacrime.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Yūichirō Hyakuya
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La Gabbia era buia, fredda, sprofondata nelle viscere dell'Inferno, nelle acque ghiacciate del fiume maledetto: il Cocito.
Era assai poco spaziosa, claustrofobica, assai poco adatta a qualcuno come lei, che era stata tanto grande da oscurare con le proprie Ali gran parte del territorio che sorvolava.
Gli occhi di Mikaela si strinsero, divenendo due fessure, mentre scrutava ciò che aveva sopra di sé. 
Il soffitto si apriva in innumerevoli volte ed era punteggiato da altrettanti innumerevoli punti, forse le stelle che non avrebbe mai più potuto davvero vedere, si disse, ma successivamente non poté fare a meno di ridere dei propri sciocchi pensieri: era davvero così disperata da scambiare scanalature ed imperfezioni di ghiaccio per supernove pronte ad esplodere?
Non c'era nulla sopra la sua testa. 
Non davvero. 
Non in quel luogo di perdizione. 
I traditori non meritavano di tornare a vivere... giusto? 
Sentì uno strano disappunto montare dentro. Una delusione ed una voglia di libertà mai provata. 
Non riuscì a rasserenarla né il pensiero del Padre, cui correva ogni volta che poteva, né lo sciabordio lieve dell'acqua che circondava la prigione. 
Calciò lontano la spada che giaceva ai suoi piedi, e questa scivolò via, stridendo, mentre affettava parte del pavimento. 
Schizzi di ghiaccio volarono ovunque. 
Il bel suolo, ornato di ghirigori rosati, venne rovinato. Che peccato. 
Mikaela non distolse lo sguardo. Perché avrebbe dovuto? Non era quel non vedere il suo inferno? 
Si accasciò al suolo, rimanendo tuttavia composta ed elegante, la schiena dritta, le spalle alte, gli occhi impassibili. Il suo viso si piegò un po', mostrando tutta la stanchezza che non trapelava dalle sue iridi. 
Una guancia andò a sfiorare la parete al proprio fianco, e pizzicò di freddo.
Non guardò le proprie Ali, inerti, che non riuscivano nemmeno a rispondere agli  stimoli della sua volontà. 
Si circondò le gambe con le braccia, loro pallide sostitute, e, quando sospirò, una nuvoletta di vapore scivolò fuori dalle sue labbra, dischiuse, facendo dissolvere una esigua parte del muro accanto a se'. 
Lei era fuoco. 
Era l'angelo Mikaela, comandante delle schiere celesti. 
Il potere era ancora dentro di lei, nelle sue mani. 
Poteva ancora tentare di compiere la sua missione. 
Poteva ancora... 
Una voce alle sue spalle sovrastò quella dei demoni che si trovavano in superficie, tutti affondati per metà nelle acque del fiume, che gemevano accorati, che erano sempre tanto affamati. 
L'Avversario strepitò e minacciò, agitandosi sul suo trono.
Ironia della sorte, anche quello era fatto di ghiaccio, e lui vi era intrappolato con delle catene che imprigionavano gran parte della sua essenza. Quel giorno, poi (sempre che di giorno si potesse parlare) erano alquanto impietose nei suoi riguardi: gli permettevano a stento di muoversi e di alzarsi, senza lasciarlo scendere dal suo pulpito. 
Rimaneva rialzato, senza la possibilità di raggiungerla. Immobile, come uno degli idoli che il Padre aveva condannato: solo pezzi di legno marcio. 
Mikaela non ascoltò ciò che stava dicendo, né si volse, quando le chiese di farlo. Non gli parlò quando lui la pregò. 
I suoi occhi erano ancora sollevati, senza conoscere stanchezza, attenti, luminosi, ma quando le catene alle sue spalle stridettero, il cuore si strinse. 
Gli aveva voltato la schiena e all'Avversario non era mai piaciuto sentirsi ignorato. Proprio non lo sopportava, e aveva preso a minacciare, ad imprecare, contro di lei, il Padre, contro il Paradiso e di suoi fratelli. 
E, naturalmente, l'umanità, la fonte di tutti i suoi mali.
"Taci, Lucifero" disse, calma, ma imperiosa.
Non è  Yuu... Quello non è più Yuu da tanto tempo...
 
Mikaela chiuse gli occhi. Ributtò indietro il groppo alla gola e le lacrime. Tutti quei sentimenti - quei dannati sentimenti inutili - la stavano distruggendo, e le impedivano di portare a termine ciò per cui era scesa tra i mortali. Erano state quelle maledette emozioni a costringerla ad abbassare la spada, all'epoca dello scontro finale sulla Terra, tanto tempo prima, quando il mondo era stato distrutto dai mostri e dagli umani. 
Tutti peccatori.
Erano stati loro a portarle via Yuu, erano stati loro a ridurlo in quello stato.
Non era giusto.
Mikaela si coprì il bel volto con le mani, e pianse, per la prima volta, dopo secoli. 
Scivolò in ginocchio, a terra, e fu allora che Yuu -no, non Yuu: il Demonio- si mosse nervosamente. Le catene strusciarono a terra, logorando il suolo, ed il suo respiro si fece più veloce, come se lui fosse stato colpito dalla consapevolezza di qualcosa. Qualcosa di importante. 
"Smettila di fare la vittima" avvertì, duro, ma tentennante, percorrendo avanti ed indietro il suo piedistallo, come una tigre incatenata. 
"Ti stai approfittando del fatto che oggi non-"
"Sta' zitto, mostro!"
L'unica cosa che ti chiedo è di restituirmi... restituiscimi...
Mikaela soppresse un singhiozzo, mentre la risata di quello che un tempo era stato Yuu le inondava i pensieri. Sapeva che, molto presto, avrebbe ribattuto qualcosa di estremamente cattivo. 
Lo faceva sempre, ma questa volta sarebbe stato diverso, si disse Mikaela, indurendo gli occhi, zittendo i singhiozzi, rialzando le spalle. 
Questa volta non gli avrebbe permesso di lordare quello che c'era di più puro al mondo per capriccio. Aveva già combinato troppo, per superbia. 
L'Avversario sbuffò, indispettito: sì, Mikaela sapeva che lo era; sentiva il suo respiro sincopato e la sua furia montare, e si preparò ad udire nuovamente la voce del Diavolo, tanto simile, eppure diversa da quella dell'unico uomo che avesse mai amato. 
"Per quanto fingerai che io non esista?" 
Lei non si prese la briga di rispondere. Chiuse le palpebre nuovamente, e lasciò che le voci dei demoni si mescessero a quella ormai irosa del Demonio. 
Gettò un veloce sguardo sotto di sé solo quando avverti delle strane creature strisciare, al di là del prezioso e cesellato pavimento translucido: esseri  serpentiformi, malefici, che ben si adattavano al luogo in cui si trovavano.
Si muovevano velocemente, convergendo ai suoi piedi, dipanando le lunghe code a raggiera, proiettando le loro ombre sul soffitto e sulle pareti della Gabbia. 
Mikaela tornò a respirare solo quando se ne furono scappate via, spaventate dalla rabbia che avevano suscitato nel loro oscuro padrone.
"Nessuno gioca con la mia Mikaela, eccetto me!" ruggì l'Avversario, facendo per andare verso di lei, ma venendo trattenuto nuovamente dalle catene. 
Agitò le mani e liberò potere con un grido spaventoso, facendo crollare un pezzo della parete a lui più vicina, ma non riuscendo comunque ad impedire che si riformasse. 
Mikaela gemette, ancora girata di spalle, ancora senza guardarlo. 
Sebbene fosse perfettamente composta all'esterno, dentro di sé tremò. Sentì i passi di Satana fare avanti ed indietro, e quando i serpenti furono finalmente spariti nelle profondità dell'Abisso, avvertì la catena che intrappolava il collo dell'Avversario tintinnare sinistramente. 
Mika sorrise, lasciando che tristezza le congelasse l'animo: era incredibile come, anche dopo tutto quel tempo, ogni singolo rumore prodotto dal corpo di Yuu fosse per lei ancora così familiare ed immediatamente riconoscibile. 
Il Diavolo doveva aveva volto lo sguardo al soffitto. 
Con un'altra scarica di energia, ne divelse subito una porzione, che cadde al suolo con un gran clamore ed una moltitudine di schizzi prima di riformarsi. 
I demoni sopra di loro si agitavano sempre più. 
Erano attirati dalla sua luce, Mikaela lo sapeva bene: ai loro stupidi occhi pareva lontana, tanto si trovavano in profondità, ricordando così le anime degli umani di cui erano abituati a nutrirsi. 
Tuttavia, gemiti disperati soppressero presto le grida di giubilo al secondo grido del loro padrone. L'Avversario abbaiò un anatema. 
Le spalle di Mikaela vennero scosse da un breve tremito, e le Ali dolsero. 
"Vieni qui e guardami" disse il Serpente, pestando un piede a terra, ricordandole immediatamente uno di quei marmocchi degli umani.
"Non sto scherzando!" gridò "Devi venire qui da me" 
Le catene stridettero mentre il Diavolo si divincolava con tutta la sua forza. Era forse disperazione quella che aveva sentito nella sua voce? 
Mikaela chiuse gli occhi, concentrandosi sullo sciabordio dell'acqua che lambiva blandamente la loro Gabbia. Rimase immobile, almeno fino a quando il Diavolo non pronuncio' il suo nome. Prima forte, perentoriamente, poi sempre più piano e balbettante. 
"Devi... Devi venire..." 
Il cuore le balzò in petto quando lo avvertì cadere in ginocchio. 
Allora si volse con uno scatto improvviso e si tirò in piedi. Fece qualche passo e le Ali le fecero da strascico. Strinse gli occhi, tentando di penetrare l'oscurità, cercando di vedere... 
Yuu-chan... 
Un grido agghiacciante, che le ricordò quello in cui era esploso lo stesso Yuu, la prima volta in cui il gene del serafino si era attivato, in Shinjuku. 
Vide il Diavolo -o forse... Forse il suo Yuu- prendersi il viso tra le mani, affondare le unghie nella sua carne ed urlare, urlare di dolore. 
"Mikaela! Mikaela! MIKA!"
Fece qualche passo, quasi correndo, e le Ali stridettero a contatto con le imperfezioni del suolo, così debolmente abbandonate alla gravità da sembrare di cristallo translucido. Sei bei pezzi di stoffa splendente, senza alcuna vita. 
Per il Cielo... Quel nome... Quel nome...  
Dalla nicchia in ombra, il corpo del Demonio si calmò. Solo parte della sua figura era rischiarata dalla luce di Mikaela e solo parte della sua espressione stupita era visibile, ora che si era scoperto il viso, ora che aveva cessato di gridare.
Solo parte dei suoi capelli neri riluceva come piombo fuso, ed un occhio verde la guardava estatico. 
"Mi... Mika" balbettò, come fosse tornato alla ragione. 
Mikaela non poteva crederci. Le mani tremarono, le labbra anche. Tutto il suo corpo cedette alla sorpresa e le gambe vacillarono. 
Per la prima volta, dopo tempo innumerevole, vide la Gabbia in modo diverso, con occhi diversi. 
Le Ali andarono in frantumi, le piume bianche, tramutatesi in vetro, le ferirono la schiena, mentre un nome, le affiorava alle labbra. 
"Yuu..."
Le catene strusciarono ancora, ma questa volta con lentezza, mentre i passi di quello che aveva creduto essere il Demonio, incespicavano.
 
  
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