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Autore: La Tigre Blanche    18/01/2016    5 recensioni
| Prumano - accenni Gerita | Tanti auguri a Lia che compie gli anni assieme all'Ore-sama
Dal testo:
"Corrugò le sopracciglia, confuso, mentre alla sua vista comparve la Magnifica patata albina in tutto il suo splendore. Gilbert chiuse al porta dietro di sé e si tolse il giaccone che aveva indosso, per poi voltarsi verso Romano. Gli rivolse un sorrisetto strafottente:
« Hallo, Romano~ wie geht's? » e Romano gli rivolse uno sguardo apatico, accompagnato da un’espressione così confusa e inebetita da somigliare a quella di Spagna durante i meeting:
« ...Eh? » Riuscì a dire a malapena, aggrottando di più la fronte e schiudendo le labbra in una smorfia disorientata."
A tratti demenziale, rating giallo perché Romano non è un fiorellino di campo
Genere: Demenziale, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fieber~Febbre

 

 

Romano schiuse a fatica gli occhi, gettando uno sguardo nella penombra della stanza. Le palpebre gli pesavano come macigni e gli era difficile solo tenere gli occhi aperti. Deglutì un grosso groppo di saliva, arricciando il naso per il dolore lancinante che gli partì dalla gola. Perfetto. Era arrivato in Germania – o Cruccolandia, come preferiva chiamarla lui – da nemmeno due giorni e già si era preso un febbrone da cavallo, con mal di gola e naso tappato annessi. Sbuffò, rigirandosi nel piumone e rintanandosi ancora di più sotto di esso. La testa gli pulsava terribilmente e se la sentiva leggera come un palloncino pronto a scoppiare da un momento all'altro.

Emise un mugolio irritato: tutta colpa di Feliciano e delle sue idee bislacche! Ma sì, andiamo a farci la settimana bianca dai crucchi, che "As divertima da mat"*! Certo, come no! Appena scesi dall'aereo, i due italiani erano stati investiti dal gelido e inospitale clima tedesco; ma se per Feliciano la neve era sinonimo di divertimento, per Romano, abituato al calore mediterraneo, significava solo una cosa: influenza.

E così, la sera precedente, dopo aver passato una giornataccia intera a fare su e giù tra funivie e piste lunghe e spesso insidiose - se avesse avuto un euro per ogni caduta a questo punto Romano avrebbe risarcito da solo il debito pubblico - si era ritrovato con un mal di gola da paura e la febbre a trentanove. Come se non bastasse, quel decerebrato di suo fratello lo aveva abbandonato al suo misero destino e, assieme al crucco mangiapatate e all'altro crucco imbiancato, si era defilato a conquistare altre piste da sci. La parte migliore? Quel cretino di un tedesco non aveva una stanza per gli ospiti – le bestemmie che aveva tirato quando aveva scoperto che Feliciano dormiva in camera di “Luddevigghe”! – e, siccome di stravaccarsi sul divano non se ne parlava, era stato costretto a sonnecchiare nel letto della patata candeggiata.

Le lenzuola erano quindi pregne dell'odore di Gilbert, e ciò non gli dispiaceva – sapeva di pini silvestri, era buono e inebriante ma questo non lo avrebbe mai detto a nessuno. Così come non avrebbe mai detto a nessuno che quella patata lo incuriosiva alquanto. Era diverso dagli altri crucchi bastardi e faceva provare a Romano emozioni contrastanti: se alcune volte avrebbe voluto cancellarlo definitivamente dalla faccia della terra, altre era tentato di sbatterselo di prepotenza contro un muro.

Imprecò: dannato Gilbert. In preda ai fumi della febbre se l’era pure sognato! Stava decisamente degenerando. Ed ora gli scappava pure la pipì.

« Mai ‘na gioia… » Romano tirò su col naso, rabbrividendo: non voleva lasciare il suo posto al calduccio sotto le coperte ma il bisogno impellente di andare in bagno lo costrinse ad alzarsi. Mugugnando un'imprecazione in dialetto, cacciò fuori dalle coperte un piede, stiracchiandolo. Rotolò controvoglia fuori dal letto e zampettò scalzo fino al bagno, con la testa che gli ronzava e gli occhi che si chiudevano da soli. Non ebbe neanche la forza di chiudere la porta – anche perché era pur sempre solo in casa e non gliene importava più di tanto. Dopo aver fatto il suo deposito nella banca del cesso, ciondolò come uno zombie lungo il corridoio, dirigendosi in camera da letto. O almeno, l'idea era quella.

Proprio in quel momento infatti, Romano udì la serratura della porta scattare e qualcuno entrare in casa canticchiando una canzoncina idiota. Corrugò le sopracciglia, confuso, mentre alla sua vista comparve la Magnifica patata albina in tutto il suo splendore. Gilbert chiuse al porta dietro di sé e si tolse il giaccone che aveva indosso, per poi voltarsi verso Romano. Gli rivolse un sorrisetto strafottente:

« Hallo, Romano~ wie geht's? » e Romano gli rivolse uno sguardo apatico, accompagnato da un’espressione così confusa e inebetita da somigliare a quella di Spagna durante i meeting:

« ...Eh? » Riuscì a dire a malapena, aggrottando di più la fronte e schiudendo le labbra in una smorfia disorientata. Gilbert lo fissò per un secondo, dopodiché scoppiò improvvisamente in quella sua tipica risata sibilante, facendo tra l’altro prendere un colpo al povero italiano:

« Ho solo chiesto a te come stai » tradusse subito dopo in un italiano stentato. Tra i due crucchi, Gilbert era quello che conosceva peggio l'italiano. Lo masticava abbastanza, ma spesso si confondeva con le parole e formava frasi sconclusionate e insensate, apparendo adorabilmente ridicolo alle orecchie di Romano. Il fatto che lo trovasse adorabile, ovviamente, era un'altra di quelle cose che l'italiano non avrebbe mai ammesso.

« Secondo te? Sto una merda » Borbottò acidamente in risposta, massaggiandosi un orecchio perché, porca troia, quel dannato albino lo aveva stordito con quella sua risata squillante del cazzo. In un altro frangente, di sicuro il maggiore dei Vargas avrebbe iniziato a sfottere Gilbert per quel suo ridicolo accento alla Ernst Knam, ma era così spossato dalla febbre che non aveva neanche voglia di fare un commentino velenoso sulla sua pronuncia.

« Immaginavo! Sembri un pulcino spelacchiato! » Esclamò, alludendo allo stato pietoso in cui erano ridotti i capelli castani dell'altro. E rise, facendo irritare ancora di più Romano che, barcollante, si incamminò verso la camera da letto della ex nazione:

« Cazzo, smettila di ridere, mi fai venire mal di testa... » si lamentò, portandosi una mano alla radice del naso. Si accorse solo allora che c'era qualcosa che non andava:

« ...ma mio fratello? » chiese spaesato. L'albino alzò un sopracciglio:

« Lui und West sono rimasti a pranzo fuori » Romano lo fissò accigliato e confuso: perché mai Gilbert era rientrato così presto? E perché aveva lasciato il povero Feliciano tra le grinfie del bastardo tedesco?! Quasi a rispondere ai suoi pensieri, il tedesco aprì la bocca, poi la richiuse, iniziando a gesticolare.

« Sono rientrato perché volevo vedere come stavi » Disse infine, e Romano poté giurare di averlo visto arrossire un po'. Per tutta risposta il meridione schioccò la lingua in segno di disapprovazione e strinse forte i pugni:

« Cazzo, Gilbert, sei più inutile di un calzino spaiato! » Esclamò stizzito mentre nella sua mente annebbiata dalla febbre si alternavano immagini apocalittiche di Ludwig che montava a neve – letteralmente – Feliciano. « …Magari gli si congela il cazzo ed è costretto ad amputarselo… » Socchiuse gli occhi e abbozzò un sorriso compiaciuto che Prussia scrutò con una punta di timore – solo una punta, eh. Si schiarì la gola per attirare l’attenzione di Romano che, prontamente, si riscosse dai suoi pensieri. L’italiano lo fissò per un paio di secondi:

« Beh, ora mi hai visto. Puoi anche levarti dai coglioni, così magari riesco a dormire un po' »

« Nein » L'altro scosse la testa e sfoderò uno dei suoi ghigni vittoriosi che lo facevano sembrare un completo idiota: « ora tu vai a letto e io, il Magnifico, siccome sono una persona— uhm... » si interruppe e socchiuse gli occhi vermigli, assumendo un’espressione che ricordava quella di un bambino che tenta di ricordarsi le tabelline. Ecco, quello era uno di quei momenti in cui gli faceva salire lo stupro perché, diamine, come cazzo era possibile che un idiota del genere riuscisse a sembrare così adorabile? Romano inarcò un sopracciglio:

« Una persona...? » Mosse il capo verso di lui, incitandolo a finire quel discorso che, ne era certo, non avrebbe avuto senso. L'altro si riscosse:

« Una persona responsabile! » e sorrise fieramente, contento di essere riuscito a trovare quel termine; il sud Italia, sentendosi magnanimo, mimò un applauso svogliato; « Siccome sono una persona responsabile, ti terrò compagnia! – “Eccallà” si disse Romano, “Ecco l’omicidio che sale” – Tutti hanno bisogno di compagnia quando sono malati, Ja? Ecco, tu avrai il privilegio di avere la mia magnificenza al tuo servizio! » concluse incrociando le braccia e facendo un sorriso storto, socchiudendo appena le palpebre.

Romano lo guardò come se fosse un totale deficiente, con le sopracciglia inarcare e il classico sguardo alla "mi stai prendendo per il culo?"; roteò poi gli occhi, sbuffò e imprecò a denti stretti. Pregò Iddio affinché gli desse la forza di non cacciarlo via a calci in culo: stava così bene da solo, accoccolato sotto il piumone! E invece no, doveva venire il crauto slavato a disturbare il suo angolino ameno!

« Che ddu' cojoni che sei! Ma perché non te ne vai a fanculo e non mi lasci in pa—» si bloccò sul posto quando percepì una mano piacevolmente gelida premergli contro la fronte. Mugugnò qualcosa di insensato mentre, spinto dal sollievo che gli provocava quel fresco, spinse di più la fronte contro quel palmo congelato. Quasi perse l'equilibrio quando Gilbert ritrasse la mano:

« Scheiße, quanto scotti! » Trillò e Romano si ritrovò a sperare che quel dannato crucco avesse un pulsante per abbassare il tono di quella sua voce gracchiante e insopportabile. Ogni volta che apriva bocca era una pugnalata per le sue povere orecchie. Aggrottò le sopracciglia e socchiuse gli occhi:

« Eh, grazie al cazzo, Capitan Ovvio! » Borbottò, dirigendo lo sguardo all'interno della stanza di Gilbert e osservando la finestra con malcelato interesse. Gilbert alzò un sopracciglio:

« Romano…? »

« Uhm, potrei farlo sembrare un incidente... » mormorò distrattamente.

« Hai detto qualcosa? »

« ...assolutamente niente » rispose Romano, meditando un modo rapido e indolore per liberarsi di quello scocciatore albino. Questi gli sorrise:

« Meglio così! » E qui lasciò andare una di quelle sue risate sibilanti; « Su, su, fila a letto! » Ordinò con un tono che, seppur giocoso, non ammetteva repliche. E Romano emise un verso esasperato, entrando in camera e appallottolandosi sotto al piumone:

« Come se non stessi aspettando altro… ora non rompermi i coglioni e lasciami dormire, okay? » Borbottò infine prima di sprofondare il volto contro il cuscino piacevolmente fresco e scomparire sotto le coperte. Non udì nulla come risposta e, abbozzando un sorrisetto soddisfatto, chiuse gli occhi per poi sprofondare lentamente nel sonno.

Gilbert guardò intenerito quel bozzolo di coperte, appoggiandosi allo stipite della porta. Romano era semplicemente adorabile mentre dormiva, rannicchiato su se stesso e con un’espressione beata in volto. Sospirò piano, socchiudendo la porta e andandosi a sedere sul divano in soggiorno. Guardò il vuoto per un paio di secondi, per poi poggiare i gomiti sulle ginocchia e immergere le dita nei capelli. Chiuse gli occhi:

« Scheiße » Imprecò appena: era cotto. Disgustosamente e perdutamente cotto di Romano. Lui, il Magnifico scapolo d’oro che non si era lasciato sedurre nemmeno da quell’austriaco da strapazzo – tralasciando ovviamente di quando aveva spudoratamente chiesto a Roderich di sposarlo ed aveva ricevuto un due di picche** – si era sciolto dinanzi alle movenze mediterranee dello scontroso italiano. Un amore impossibile, ostacolato sia dal caratterino di Romano, sia da quel bipolare di Spagna che, essendo fermamente convinto che il suo pupillo fosse ancora vergine (della serie “credici”), era più iperprotettivo che mai.

Sbuffò, alzandosi di scatto dal divano e arrivando alla conclusione che, siccome Antonio non era lì con loro, non aveva nulla da perdere – a parte la dignit—ah, giusto, quella l’aveva già persa da tempo. Così, deciso di far trionfare quell’amore magnificamente proibito (sentiva già l’alabarda di Antonio premuta contro la gola), si diresse in cucina: dopotutto l’italiano era ancora malato e cosa se non una tisana calda lo avrebbe rimesso in sesto?

Così, fischiettando allegramente, si mise all’opera. Non che ci volesse tanto a preparare una tisana, anche perché la dispensa sua e di suo fratello aveva un arsenale piuttosto limitato da quel punto di vista, ma Gilbert riusciva a rendere epico persino un gesto semplice come inzuppare la bustina del tea nell’acqua bollente:

« Jack, non lasciarmi, ti prego… noooo… » Troppo tardi. Jack, ovvero la bustina di Earl Grey di pessima qualità, affondò lentamente nell’acqua, sanguinando copiosamente. Gilbert – fischiettando “My heart will go on” – osservò annoiato il liquido scuro che si espandeva nell’acqua in larghe volute. Finito di trastullarsi con il tea, buttò impietosamente Jack nel secchio della spazzatura e aggiunse lo zucchero nella tazza, mescolando con attenzione. Sospirò, guardando fieramente la sua opera di alta cucina. Arthur sarebbe stato fiero di lui.

Agguantò la tazza, facendo attenzione a non scottarsi, e, con passo tronfio, si diresse nella propria stanza. Schiuse la porta, osservando il bozzolo di coperte che giaceva immobile sul suo letto. Non poté non sorridere a quella vista. Si avvicinò a passo felpato – il che è tutto dire, visto di chi si sta parlando – e depose la tazza sul comodino. Si inginocchiò di fianco al letto e scostò appena il piumone, scoprendo il volto arrossato e sudato dell’italiano. Respirava a fatica, con la bocca schiusa e le sopracciglia corrugate appena – adorabile, semplicemente adorabile, quasi gli dispiaceva svegliarlo.

« Romano… » Lo chiamò piano, allungando una mano e sfiorandogli la fronte. A Romano tremarono appena le palpebre. Allungò il collo, spingendo la fronte bollente verso la mano piacevolmente fredda di Gilbert. Mugugnò qualcosa di incomprensibile e schiuse lentamente le palpebre, mostrando due occhi ambrati lucidi per la febbre. Fissò l’albino per un paio di secondi, quasi stesse mettendo a fuoco il tutto.

« Gilbert? » Miagolò con la voce impastata dal sonno, e il tedesco si sentì avvampare nel sentire il suo nome pronunciato in quel modo; « …ti avevo detto di non rompermi i coglioni… » E la povera patata candeggiata si ritrovò con un palmo di naso quando Romano si girò dall’altra parte, inabissandosi tra le coperte.

Gilbert batté un paio di volte le palpebre, col palmo ancora poggiato sulla fronte di Romano. Troppo allibito per dire alcunché – come minimo si aspettava un bacio di ringraziamento dopo tutta la “fatica” fatta per preparare quel tea – fece per ritrarre la mano quando si sentì afferrare per il polso:

« Lasciala lì » Ordinò l’italiano, voltandosi di nuovo verso Gilbert. Romano gli lanciò uno sguardo imbronciato, per poi chiudere gli occhi, con tutta l’intenzione di tornare a dormire.

« Oh. » E il cuore di Prussia iniziò a galoppare nel petto quando il meridione gli prese la mano e se la mise contro la guancia, tra il suo volto e il cuscino. Sospirò di sollievo:

« Non farti strane idee. Sei fresco. Dà sollievo. » Gilbert si permise di ridacchiare, carezzandogli la guancia arrossata col pollice:

« Ja, Küken… » Mormorò appena. E poté giurare di aver intravisto un sorriso beato sul volto di Romano.

*

« Credi dovremmo svegliarli? » Mormorò Ludwig guardando di sfuggita Feliciano che, tutto contento, non la smetteva di scattare foto ai due piccioncini addormentati: alla fine Gilbert, ancora inginocchiato a terra, si era addormentato con la faccia immersa nel materasso e la mano ancora premuta contro la guancia di Romano.

« Perché mai? Non vedi quanto sono carini? Sarebbe un peccato! » Sghignazzò in risposta il nord Italia, scattando un’ultima foto. « E poi… » aggiunse, e qui lanciò uno sguardo divertito a Ludwig; « ora possiamo tranquillamente coccolarci senza essere disturbati~»

Germania ci mise un paio di secondi a realizzare. Avvampò:

« B-beh, in effetti… » Fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di essere trascinato via da Feliciano. Si prospettava un pomeriggio interessante.

 

 

 

 

Note:

 

*“Ci divertiremo da matti” – ringrazio Mati per la traduzione in piemontese <3

** Federico il Grande – a malincuore, visto che era gaio – aveva proposto il matrimonio a Maria Teresa d’Austria che ha rifiutato l’offerta con sommo disappunto dei fan PruAus.

 

Allora: TANTI AUGURI LIAH, eccoti la Prumano che ti ho promesso, hohoho, spero ti piaccia anche se so che fa schifo. Un abbraccio anche all’UnicornaH, perché so quanto ti piaccia la Prumano e vbb, finalmente sono riuscita a scriverne una! uwu *me felice*

Bon, spero sia piaciuta, bacini baciò,

 

La Tigre Blanche

   
 
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