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Autore: Parsy    20/01/2016    0 recensioni
Questa è la storia di come è morta la mia famiglia.
Una famiglia che porta con se una maledizione; carica di misteri, scheletri nell’armadio e fantasmi, soprattutto quelli…
Voi credete, ai fantasmi?
Questa è una storia di morte; la mia storia e quella della “mia” casa; una storia di rancori ed incidenti… Io ne sono testimone…
Io sono Elisabeth Sharpe…
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edith Cushing, Lucille Sharpe, Nuovo personaggio, Thomas Sharpe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SLEEP, MY DEAR DAUGHTER
Questa è la storia di come è morta la mia famiglia.
Una famiglia che porta con se una maledizione; carica di misteri, scheletri nell’armadio e fantasmi, soprattutto quelli…
Voi credete, ai fantasmi?
Questa è una storia di morte; la mia storia e quella della “mia” casa; una storia di rancori ed incidenti… Io ne sono testimone…
Io sono Elisabeth Sharpe…
 
Mia madre sposò un baronetto Sharpe per quello che lei credeva amore; rimase incinta dopo il matrimonio, quando ella e suo marito si trovarono bloccati dalla neve in una stanza dell’ufficio postale. Edith Cushing non avrebbe mai pensato di diventare madre dopo una sola notte, ma soprattutto non credeva nemmeno di sopravvivere: l’avevano avvelenata. Lo facevano con tutte, ma mia madre era diversa. Mio padre, Thomas Sharpe, l’amava davvero, mentre sua sorella, Lucille Sharpe, era gelosa.
Lucille ha ucciso mio padre e ha tentato di uccidere mia madre. Quest’ultima ha ucciso mia zia.
 
Io non ho mai conosciuto i miei genitori.
Mia madre è morta poco tempo dopo la mia nascita, a causa di quel veleno che le fecero bere e che aveva ancora nel corpo.
Io nacqui malata, ma grazie alle cure del Dottor Alan McMichael, amico di mia madre, riuscii a guarire. Fu proprio egli a prendersi cura di me e ad accudirmi come se fossi sua figlia.
Alan mi consegnò a quindici anni il diario che mia madre scrisse per raccontarmi la sua storia.
In quelle pagine ella mi espresse anche il suo desiderio di distruggere quella casa e mi lasciò una lettera con il documento di successione degli averi.
Allora scoprii di essere una Sharpe.
 
All’età di diciotto anni mi recai ad Allerdale Hall.
La casa era immensa. Trovai i progetti di mio padre, all’esterno i macchinari ancora intatti.
Mi recai in quel posto tetro per distruggerlo ed eseguire la volontà di mia madre, ma in quel momento capii di essere molto più simile a mio padre di quanto immaginassi e volli continuare la sua opera. Una risorsa naturale come l’argilla rossa poteva essere di grande aiuto nella costruzione di mattoni. Decisi di investire i soldi da utilizzare per la demolizione al fine di riparare i guasti ai macchinari.
 
Da quello che mi è stato raccontato io e mia madre avevamo un “dono” in comune: entrambe vediamo i fantasmi.
Conobbi per la prima volta il fantasma di mia madre a cinque anni, quando chiesi ad Alan di raccontarmi che aspetto avesse lei. Quella sera ella venne a farmi visita e a cantarmi una ninna- nanna. Non ebbi paura, anzi rimasi affascinata da quell’essere incorporeo e leggiadro.
Rividi il fantasma di mia madre dopo molti anni.
 
I fantasmi, però, non sono tutti come quelli della mamma.
Alcuni conservano rancore e possono diventare pericolosi. In quella casa l’ho capito bene.
 
La prima notte trascorsa ad Allerdale Hall venne a farmi visita il fantasma di Lucille Sharpe, mia zia.
Non avevo sonno e incominciai a studiare gli appunti di mio padre, quando sentii una strana melodia provenire dal piano inferiore: una musica tanto sconosciuta quanto familiare che somigliava ad una ninna-nanna.
Scendendo le scale, ricordai il pianoforte che avevo visto durante la perlustrazione della casa.
Arrivata in cucina, vidi una figura femminile seduta davanti allo strumento; era vestita di nero e teneva legato un mazzo di chiavi alla cintura. Di spalle sembrava fluttuare nell’aria e non mi servii molto tempo per capire che fosse un fantasma. La conferma la ebbi quando mostrò il volto: scheletrico, ma ben delineato, cupo, spento, caratterizzato da uno sguardo pieno di odio e rancore.
Assomigliava molto a mio padre e di conseguenza a me.
Il fantasma si girò di scatto e si avvicinò pian piano a me, tese una mano a la avvicinò alla mia guancia.
“Assomigli tanto a tuo padre, ma quegli occhi che appartenerono a tua madre non riesco a sopportarli…” La sua voce non era altro che un rantolo.
Prima che potessi far qualcosa, Lucille fece comparire dal nulla una mannaia e la alzò verso il soffitto per colpirmi. Fortunatamente riuscii a spostarmi in tempo e corsi verso l’esterno. Stava nevicando.
“Elisabeth vieni da tua zia. Voglio solo giocare con te…”
Avevo freddo. Ero in camicia da notte e a piedi nudi. La neve era spessa e i fiocchi grandi. Tutto era ricoperto di bianco; solo il fantasma di mia zia rappresentava l’unico punto scuro in quel paesaggio candido.
Lucille è morta, non sente il freddo, ma io si ed ero congelata. Caddi a terra per la mancanza di forze e non ebbi il coraggio di guardare dietro.
I fantasmi possono realmente uccidere le persone?
“Tu devi morire come sarebbe dovuta morire tua madre!”
Era davvero la mia fine? In fondo non mi sarebbe dispiaciuto morire, non avevo nessuno in questo mondo. Alan? Neanche lui contava più per me…
La morte ha un sapore dolce, non lo avrei mai immaginato.
“FERMATI LUCILLE!”
Qualcuno si mise in mezzo a noi due.
Un essere luminoso, quasi trasparente e che fluttuava nell’aria fermò la mano di Lucille.
“Non ti permetterò di far del male a mia figlia, sorella…”
Figlia? Sorella?
 “Tu sei mio padre?”
Lucille scomparve dalla scena con il volto disgustato.
“Si Lizzy. E ti prometto che io e tua madre non ti lasceremo mai…”
E mantennero la promessa…
 
A volte, durante le notti più fredde, Lucille viene ancora a farmi visita, ma adesso dormo sogni tranquilli. So che c’è mio padre che mi protegge e mia madre veglia su di me.
Insieme a lui ho ridefinito i suoi progetti e egli è molto fiero del mio operato.
Adesso sono orgogliosa di portare questo nome.
 
Una mattina quando mi svegliai trovai in cucina la colazione pronta: una tazza di the fumante e dei biscotti. Sulle finestre appannate c’era una scritta: “Buon compleanno Lizzy”.
Avevo una famiglia; inesistente, ma pur sempre una famiglia.
 
 
La notte, ormai, non riesco ad addormentarmi se non ascolto la ninna-nanna di mia madre e la voce di mio padre che, accarezzandomi il viso, sussurra al mio orecchio: “Sleep, my dear daugther…”
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: salve a tutti! Spero vi piaccia questa mia piccola storiella.  Io ho amato questo film e volevo scrivere qualcosa a riguardo. Se vi è piaciuta l’idea fatemelo sapere. Ciao e buona giornata a tutti!
   
 
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