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Autore: Gnarly    20/01/2016    1 recensioni
"Ciao, amici miei.
Se state leggendo questo testamento, significa che oramai sono morto.
Non posso vedere quali saranno le vostre reazioni dopo aver letto questa lettera, anche se lo posso immaginare."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Last Letter

Interstellar, Hans Zimmer
 
L’ufficio in cui era stata chiamata ad entrare non era molto spazioso, anche se le ispirava calma e tranquillità. Era sola in quella stanza, il che diede a Joan molto da pensare, finché la porta non si aprì e lei, girandosi, restò a bocca aperta nel vedere chi la stesse oltrepassando: Hugh, John e Peter, nonostante avessero espressioni confuse quanto la sua, si stavano abbracciando come dei vecchi amici d’infanzia che non si rivedono da anni.
Non appena la videro, però, i loro occhi si persero nuovamente nello stato di smarrimento più caotico: perché si trovavano tutti quanti lì? Qualcuno aveva forse scoperto ciò a cui per anni avevano lavorato nella segretezza più totale? E soprattutto, se era una riunione, perché Alan non c’era? Nessuno chiese ad alta voce le domande che si erano create nella testa di tutte e quattro le persone nella stanza, troppo presi dalla voglia di salutare, abbracciare e baciare i propri ex colleghi di lavoro. Non fecero in tempo ad aprire bocca, però, che un uomo sulla cinquantina entrò nell’ufficio – “probabilmente è il suo”, pensò Joan – e si sedette sulla sedia di fronte ai quattro ragazzi.
«Hugh Alexander, Peter Hilton, John Cairncross e Joan Clarke?» chiese lui adottando una posizione composta, con un foglio di piccole dimensioni in mano.
Joan cercò di leggere ciò che era stato scritto sopra il foglietto e non appena ci provò il suo cuore mancò un battito, perché riconobbe quella scrittura: era la grafia di Alan. Non era lineare, in alcuni tratti le lettere diventavano più grosse e il altre più piccoli, e delle linee causate dagli spasmi della mano rendevano la lettura ancora più difficile, ma non aveva alcun dubbio: era sicura che quella lettera, o qualsiasi altra cosa fosse, fosse di Alan.
«Sono il notaio del signor Turing. Come sicuramente saprete, è morto…»
I diretti interessati si guardarono negli occhi per un momento che parve interminabile, al che il notaio capì che, al contrario di come pensava, nessuna delle persone presenti nella stanza sapeva dell’accaduto.
«Perdonatemi il tatto, ma ero davvero convinto che voi foste a conoscenza di tutto quanto… da come c’è scritto in questa lettera, voi e Alan eravate molto amici.»
Una risata sarcastica, seppur involontaria, uscì dalla bocca di Hugh. «Molto amici, eh?»
Peter gli tirò una gomitata alle costole, interrompendo subito il flusso di parole che sarebbe uscito da lì a pochi secondi dalla bocca del suo vecchio… amico? Conoscente? Collega? Come avrebbe dovuto chiamarlo?
«Si è suicidato ieri, signori… era venuto qualche ora prima da me per consegnarmi questo testamento. Non avrei mai potuto pensare che avrei dovuto citarlo oggi. Non l’ho letto, va contro la legge farlo prima del decesso del cliente, ma…» si fermò un momento, non sapendo cosa dire, poi riprese con un altro discorso. «Ero a conoscenza dei suoi… disturbi, ma arrivare a togliersi la vita era troppo da immaginare persino per uno come lui.»
I minuti che seguirono quella notizia erano pieni di incomprensione e tristezza per quanto riguardava i tre uomini, mentre da parte di Joan, che era stata molto più vicina ad Alan di quanto non lo fosse stata con una qualsiasi altra persona di sua conoscenza, furono colmi di un dolore tanto forte che se non si fosse trovata in una stanza piena di gente in quel momento si sarebbe messa a urlare. Invece, semplicemente, scoppiò in un pianto silenzioso, poggiandosi alla spalla di Hugh. Aveva bisogno di un sostegno, di qualcuno che potesse capire il suo dolore, e molto probabilmente l’unica persona in quel momento che poteva farlo era proprio Hugh, nonostante le diverse convergenze avute con Alan in passato.
«Signorina Clarke, capisco il suo dolore, ma dovrei procedere con la lettura del testamento…»
Joan annuì debolmente col capo e Hugh, per farle capire che era lì con lei, che non era sola, le posò delicatamente una mano sui capelli e le poggiò le labbra sulla fronte, come se volesse baciarla, cosa che però non fece. Era il gesto più intimo che avesse mai fatto prima d’allora, ma non se ne vergognava e sapeva che non l’avrebbe mai fatto.
 
Ciao, amici miei.
Se state leggendo questo testamento, significa che oramai sono morto.
Non posso vedere quali saranno le vostre reazioni dopo aver letto questa lettera, anche se lo posso immaginare.
Peter, molto probabilmente in questo momento penserai che giustizia è stata fatta, che tuo fratello è stato rivendicato, ma comunque sai che sentirai la mia mancanza, perché nessuno poteva capirti meglio di me. Anche io ho perduto una persona a me cara, forse quella più importante della mia vita, quindi so cosa si prova a sentire quel vuoto incolmabile all’altezza del cuore.
John, tu sarai felicissimo perché mi sono portato il tuo grande segreto nella tomba, e nessuno lo saprà mai… a meno che io, per sbaglio, non dica “era John la spia, non io”… Ops! Escludendo questa piccola inconvenienza, però, sappi che so che questa sera tornerai a casa piangendo come un bambino perché, in fondo, la nostra amicizia, o qualsiasi altra cosa fosse, ha significato molto per te.
Hugh… mio caro Hugh, sai che ti ho sempre trovato attraente? Trovavo attraente la tua intelligenza, il tuo modo di contraddire qualsiasi cosa dicessi, quello strano tic all’occhio che ti veniva ogni volta che ti facevo saltare i nervi per delle cose che a te sembravano stupide, il sorriso sbilenco che increspava le tue labbra quando dicevo una delle battute che facevano ridere solo me. Già, in questo momento i tuoi conati di vomito avranno sovrastato il pianto di Joan (non preoccuparti, mia dolce amica, di te mi preoccuperò dopo), ma non m’interessa: ci tenevo che tu lo sapessi, tutto qui.
E adesso, Joan… Dio, non sai quanto mi strugge sapere di averti causato un tale dolore, ma, vedi, non avevo scelta. Non potevo far altro che suicidarmi, altrimenti tu e Christopher sareste stati condizionati da me. Abbiamo passato dei bei momenti insieme, forse quelli più belli di tutta la mia intera esistenza, quindi devi sapere che tu sei la persona a cui ho voluto più bene in assoluto… beh, dopo Christopher, ovviamente.
Bene, visto che dopo decine di righe l’ho finalmente nominato, ecco il motivo per cui vi siete riuniti tutti quanti: Christopher. Voglio lasciarlo a voi, voglio che da questo momento in poi sia una vostra responsabilità. Perché? Perché io non ne avevo più le forze. La cura ormonale mi stava distruggendo, fisicamente e psicologicamente, e non potevo più continuare a prendermi cura di lui. Spero che voi ne facciate buon uso: non m’importa se continuerete i miei studi o se lo distruggerete, ormai non è più un mio problema.
Sappiate che ho voluto bene ad ognuno di voi come un fratello, perché mi avete sostenuto quando solo Dio poteva farlo, e non ci sarebbe stato mai nulla che io potessi fare per ringraziarvi adeguatamente, tranne, forse, donarvi Christopher…
È così, quindi, che io vi affido la mia preziosissima macchina.
Non fatevi ingannare da lui come ho fatto io, non siate stupidi a tal punti da renderlo la vostra principale ragione di vita.
Vorrei farvi ridere, per evitare lacrime, ma come ben saprete non sono mai stato una cima con le battute e gli scherzi, quindi… Ci sono due persone in un bosco e si imbattono in un orso. La prima persona si mette in ginocchio a pregare, la seconda comincia ad allacciarsi gli stivali. La prima persona chiede alla seconda “Amico mio, che fai? Non puoi correre più di un orso”. Al che la seconda risponde “Certo, ma non serve, mi basta solo correre più di te.”
Con affetto,
Alan Turin
 
Le reazioni che la lettura della lettera ottenne furono svariate: chi si mise a piangere, chi a ridere, chi a sorridere, chi a piangere e ridere contemporaneamente e chi alternava le due cose.
«Non posso crederci» sussurrò Hugh tra un singhiozzo e l’altro, prima di scoppiare a ridere. «Davvero ha fatto la battuta dell’orso?»
Joan sussultò per poi ridere, seguita a ruota da Peter e John, che non avevano fatto altro che piangere dal “Ciao, amici miei”.
«Dobbiamo tenerlo» disse improvvisamente la donna, mettendosi a sedere in una posizione composta e allontanandosi dal corpo di Hugh. «Christopher, dobbiamo tenerlo.»
«Noi non… noi non possiamo, Joan» le rispose John con un tono dolce, cercando di non scoppiare in lacrime per l’ennesima volta. «Ce lo hanno proibito, noi non dovremmo neanche essere insieme adesso.»
«Lo so. Arriverà un momento, però, in cui lo Stato deciderà che il mondo intero dovrà sapere cos’ha fatto Alan, cos’ha sacrificato per quella dannatissima macchina e che persona meravigliosa fosse, e noi aspetteremo quel momento. Metteremo Christopher in un museo, in una casa, non lo so, ma faremo qualcosa. Glielo dobbiamo. Glielo-» non riuscì a terminare la frase che fu scossa da un fremito, seguito successivamente da un singhiozzo improvviso. Hugh allungò la mano e la mise sul volto di Joan, che poi avvicinò al suo petto. Odiava vederla soffrire, lo aveva sempre odiato, ed era arrivato ad odiare persino Alan quando le aveva fatto del male, mentendole sul fatto che a lui non importasse nulla di lei. Non lo avrebbe mai ammesso, ma Joan aveva sempre avuto un certo potere su di lui, un potere capace di manipolarlo e controllarlo completamente.
«Ma non ora, Joan, non ora. Quando il mondo sarà pronto, noi lo sapremo, e saremo pronti anche noi. Lo faremo per lui. Lo faremo per Alan
   
 
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