Anime & Manga > Soukyuu no Fafner/Fafner in the Azure
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Autore: SiriusLoire    20/01/2016    0 recensioni
La paura di andarsene da questo mondo, di perdere una persona amata e starle lontano...
La forza che le persone che tengono a noi sono in grado di infonderci...
La vita è un bene prezioso, sebbene sia facile perderla.
[Ambientata in un momento imprecisato dopo gli eventi della prima stagione di EXODUS. Sono presenti spoiler.]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Erano fermi da almeno dodici ore.
Nell’ambiente si sentivano solo lamenti. Era nella cabina accanto a quella dei feriti in maniera più grave di lui, quelli di cui non era certa la sopravvivenza, e il loro parlare, lamentarsi, urlare non lo facevano riposare affatto. Inoltre non avevano attrezzature adatte, quindi dovettero usare dei semplici sedili come letti. Erano in centinaia tra militari e civili.
Vide lo staff medico passare più volte di fronte alla porta della cabina mentre trasportava barelle con i corpi di chi non ce l’aveva fatta a superare il lungo viaggio e la partenza. Uomini, donne, bambini… La morte non faceva distinzione.
L’odore del disinfettante misto al sangue lo nauseava, ma doveva sopportarlo.
All’inizio era in cabina con tre persone, ma due furono spostati poi nell’altra e il terzo non ce l’aveva fatta: i dottori portarono via il suo corpo esanime tre ore dopo la partenza .
La schiena gli faceva male, aveva un forte mal di testa non solo per lo stress, ma anche per la botta che prese quando cadde dal letto quella notte: qualche ora dopo essersi ripreso, si accorse che sopra il sopracciglio sinistro aveva una medicazione. Inoltre era un po’ nervoso. Non sapeva il motivo, molto probabilmente era per l’effetto dei medicinali che gli venivano somministrati e per l’eccessiva durata di quel viaggio che in origine doveva essere di sei o sette ore.
Aveva gli occhi chiusi e respirava lentamente. Aveva solo il braccio sinistro fuori dal lenzuolo e teneva l’avambraccio poggiato sul torace, sfiorando con la mano il costato.
-Kazuki-kun…-
Aprì gli occhi. Maya era accanto a lui, inginocchiata.
-Devi prendere la medicina. Dovrebbe aiutarti a riposare meglio.- disse, porgendogli una pastiglia. Lui la prese lentamente con la mano, tremante, e la mise in bocca. La ragazza lo sollevò leggermente dalla seduta del sedile per fargli bere un po’ d’acqua. Poi lo riadagiò lentamente e gli sistemò il lenzuolo.
-Grazie…- mormorò, socchiudendo gli occhi. Maya sorrise.
-Minashiro-kun arriverà tra un po’.- disse la ragazza, accarezzandogli la spalla destra: sentiva un leggero fastidio quando gli toccavano le parti ferite, non era un dolore vero e proprio. –Ripartiremo tra un paio d’ore, appena la tempesta si placherà. Gli altri ci stanno già aspettando nella nuova base…-
Kazuki annuì e chiuse gli occhi.
-Soshi… deve essere davvero carico di lavoro…- mormorò. Sospirò e sorrise, riaprendo gli occhi e voltandosi verso Maya. –Adesso che… io non posso fare nulla…-
-Devi riposare, Kazuki-kun. Non preoccuparti del lavoro. Perché non provi a dormire un po’?-
-Ci… proverò…- mugolò, cercando di sistemarsi un po’ meglio.
-Mi dispiace che abbiano dovuto usare questi sedili al posto dei letti…- mormorò Maya, mettendosi in piedi. –Deve essere scomodissimo…-
Kazuki annuì e mugolò. –Per fortuna…- disse, guardando la flebo attaccata al suo braccio. –L’antidolorifico e le medicine mi aiutano un po’ a combattere il dolore…-
Maya sospirò e sorrise.
-Vado a vedere come stanno andando le cose. Prova a dormire per almeno un paio d’ore, va bene?-
Lui annuì e lei se ne andò.
Fissò per un po’ il soffitto. Alzò la mano sinistra e la guardò. Le cicatrici degli anelli del Nibelung System erano sempre più evidenti. Riappoggiò l’avambraccio sul torace e sospirò.
“Forse… dovrei provare a dormire un po’…” pensò, chiudendo gli occhi.
Passarono un paio di ore.
Continuò a sentire lamenti e urla, ma cercò di ignorare il chiasso. Non riuscì comunque ad addormentarsi.
Aveva tutto il corpo intorpidito per la posizione scomoda.
Maya tornò e, preso uno sgabello, si sedette accanto a lui.
-Kazuki-kun… ti sta salendo la febbre?- chiese Maya, preoccupata. –Hai le guance rosse…-
-Può darsi…- mormorò lui. Maya gli sfiorò la guancia destra.
-Sei caldo… Vuoi che ti…-
Kazuki scosse la testa. –No, sto bene così… Grazie, Tōmi… Dovresti riposare anche tu…-
Maya sorrise. –Non preoccuparti, sto bene… Ancora qualche ora e potrò andare a dormire anche io…- Sospirò. –Sono molto preoccupata per Minashiro-kun… Non mangia da ieri notte e non dorme da quasi ventiquattro ore… Inoltre hanno tutti notato che è molto debole…-
-La partenza è prevista tra due ore.-
Maya si voltò verso la porta e Kazuki si alzò leggermente, voltando la testa verso chi aveva parlato. Soshi si avvicinò ai due.
-Davvero?- domandò la ragazza.
-Sì, la tempesta sta finendo. Purtroppo, con i feriti gravi a bordo, non possiamo permetterci di volare. Alcuni Fafner trascineranno l’aereo per un po’ di tempo, in modo da guadagnare terreno.-
Maya annuì. –Vado anche io.-
-Non ce n’è bisogno, Tōmi.-
-Più siamo meglio è, no?- ribatté la ragazza. Soshi, in evidente imbarazzo, sbuffò. –Tu dovresti stare con Kazuki-kun …-
-Grazie  per essertene occupata tu mentre io ero impegnato.-
Maya scosse la testa e mugolò. –Di nulla, essendo vostra amica è il minimo che possa fare! Adesso vado a dare una mano anche io, ci vediamo una volta arrivati lì!-
La ragazza uscì dalla cabina. Soshi si sedette sullo sgabello, continuando a fissare la porta.
-Tōmi è troppo stanca, la manderanno indietro. Dovrebbe prendersi una pausa…- mormorò.
-Senti da che pulpito viene la predica…-
Soshi lo guardò come se volesse rimproverarlo. –Ha passato tutta la notte sveglia, non deve sforzarsi troppo o avrà un mancamento…-
-Soshi… Lo stesso vale per te… Dormi poco e niente… e non…-
-Tu non devi preoccuparti per noi, Kazuki…- disse, chinandosi e accarezzandogli i capelli. –Devi pensare a riposare il più possibile…-
Kazuki lo guardò. Era pallido, le occhiaie erano più profonde del solito e la mano con cui gli stava accarezzando i capelli stava tremando.
-No, Soshi…- mormorò avvicinando la mano sinistra al suo viso e sfiorandogli la guancia. –Sei debole, si vede lontano un miglio… Non voglio… che tu stia male per stare appresso a me… Puoi riposare anche standomi vicino…-
-Io voglio che tu stia bene… poi, una volta guarito, mi occuperò di…-
-No!- Kazuki si sedette di scatto, poggiando i piedi a terra. –Devi pensare a te stesso adesso!-
-Kazuki! Adesso sdraiati e…-
Kazuki scosse la testa  mugugnando.
-Vuoi capire o no che la tua salute ha la priorità? Per favore… cerca di capire cosa...-
-Mi stai dicendo che vuoi rischiare di stare male per… -
-Io voglio solo che tu stia bene!-
Kazuki scosse nuovamente la testa e scattò in piedi. –Ma come posso stare…-
-Smettila!-
-SOSHI, SMETTILA TU!-
Quando Kazuki capì cosa aveva fatto era troppo tardi. Aveva il braccio destro disteso verso l’esterno. Il dorso della mano gli formicolava. Soshi era accasciato a terra, sul fianco sinistro, e si massaggiava la guancia destra.
Kazuki si sedette di colpo e si toccò la spalla destra, mugugnando: il movimento fu eccessivo. Strinse i denti e chiuse la mano destra a pugno.
“Se non capisci questo… allora perché ti ostini a starmi vicino?!”
-Kazuki…- mugugnò Soshi, alzandosi. Lo guardò spaventato. -Adesso calmati… Non fare così!-
-Vattene!-
Kazuki lo fissò furente. Aveva le sopracciglia così tanto aggrottate che il cerotto sulla fronte rischiò di staccarsi. Strinse con forza la mano sinistra sulla spalla destra: il sangue gli stava ribollendo nelle vene. Soshi lo fissò con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
-Ka…-
-TI HO DETTO DI ANDARTENE!- gridò, indicandogli la porta con la mano destra, continuando a tenere la sinistra sulle ferite e lo sguardo puntato verso il pavimento. –NON VOGLIO PIÙ VEDERTI! SPARISCI!!!-
Soshi rimase per qualche secondo immobile; poi abbassò lo sguardo sospirando e andò verso la porta.
“Ma che accidenti sto dicendo?!” Kazuki guardò Soshi che abbandonava lentamente la stanza. La paura iniziò a prendere il sopravvento. Fece scivolare lentamente la mano sinistra verso il gomito. “Non andartene… Non lasciarmi da solo!”
L’unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un mormorio.
-Soshi…-
-Se vuoi stare da solo, allora ti accontento!- disse con tono secco, continuando a dargli le spalle. Poi sospirò e uscì dalla cabina.
Kazuki si sdraiò supino e iniziò a fissare il soffitto. Strinse i denti. Le lacrime iniziarono a scorrere come un fiume in piena.
“Che cosa ho fatto?!” pensò, singhiozzando e poggiando le mani chiuse a pugno sugli occhi. Volle urlare, ma quando aprì la bocca uscì solo un respiro affannoso. “Perché gli ho detto quelle cose?! Perché mi sono comportato così?!”
Tenne la bocca aperta, cercando di parlare o urlare, ma nulla: uscivano solo sospiri e singhiozzi.
“Torna da me! Resta con me! Me lo hai promesso!”
Quando riaprì gli occhi sussultò. Sopra di lui c’era il cielo grigio. Pioveva, ma la pioggia non gli cadde addosso.
Guardò le sue braccia e le sue mani: indossava la Synergetic Suit. Voltò la testa verso destra: era ferito, ma le placche del Nibelung System erano attaccate al suo corpo come se nulla fosse.
-Che succede?- mormorò, infilando le dita negli anelli. Il Mark Sein si riattivò, mettendosi in piedi. –Dove mi trovo?-
Si guardò intorno: accanto a lui c’erano centinaia di unità distrutte. Sgranò gli occhi. Riuscì a vedere i droni della compagnia Perseus che giacevano a terra, immobili.
-Soshi!- esclamò. Nessuno rispose. –Non riesco a capire se il Crossing sia ancora attivo o meno! Soshi! Tōmi!-
Il Mark Sein si librò in aria e iniziò a perlustrare la zona. Smise di piovere.
Trovò solo lande desolate e aride, piene di Fafner e velivoli distrutti. All’improvviso vide qualcosa di familiare.
Il Mark Sieben giaceva a terra, prono, con un’enorme spacco sulla schiena, quasi come se fosse esploso. La cabina di pilotaggio era accanto al drone ed era aperta.
-Tōmi!!!-
Kazuki si avvicinò con il Mark Sein e analizzò l’interno della cabina con le telecamere dell’unità. Era vuota. Al posto di Maya c’erano tanti cristalli verdi.
-Non è possibile!!!- esclamò. Fece qualche passo indietro e urtò qualcosa. Si girò e sgranò gli occhi.
Una delle ali del Mark Nicht, completamente distrutta. Il cuore iniziò a battere all’impazzata.
Notò che sul terreno c’era del liquido scuro, come se fosse stato sparso da qualcuno per indicargli la strada.
-Soshi!-
Seguì le tracce e pian piano trovava diverse parti del Mark Nicht: una mano, un piede, un braccio, una gamba, l’altra ala… Quasi come se avesse combattuto contro un Festum e quest’ultimo lo avesse dilaniato.
Continuò a gridare il nome di Soshi. Lo fece più e più volte. Ma nessuna risposta.
Raggiunse una spiaggia.
-Soshi!!!-
La carcassa del Mark Nicht giaceva sulla sabbia. Un mecha che in origine era maestoso in quel momento era ridotto ad un cumulo di ferraglia.
La cabina di pilotaggio era incastrata tra le rocce ed era aperta. Soshi era lì dentro, privo di sensi, almeno fu ciò che Kazuki sperò. Le placche del Nibelung System erano staccate dal suo corpo.
-SOSHI!-
Kazuki fece espellere la sua cabina di pilotaggio sulla sabbia, accanto al Mark Nicht. Attese che si aprisse e balzò fuori. Corse a perdifiato, raggiungendo le rocce. Il sangue non smise di colare, lasciando una lunga scia sulla sabbia.
Salì sulle rocce, fino a raggiungere la cabina. Si lanciò al suo interno e afferrò il corpo del ragazzo, completamente coperto di sangue e ferite, trascinandolo fuori. Respirava ancora, ma appena Kazuki abbassò lo sguardò sussultò: una grossa scheggia di cristallo spuntava dal petto di Soshi.
-NO!- gridò, poggiandolo delicatamente su una superficie piatta. Lo tenne in posizione semi seduta sollevandolo con il braccio sinistro e con la mano destra gli sfiorò la guancia sinistra. Il suo viso era completamente coperto di sangue.
-SOSHI! RISPONDIMI! SOSHI! TI PREGO, RISPONDIMI!!!-
Soshi mugugnò e aprì gli occhi. Dal suo petto spuntò un altro cristallo. Si voltò lentamente verso Kazuki: i suoi occhi erano vitrei, come se la vita lo avesse già abbandonato. Sorrise. Iniziarono a spuntare cristalli anche in altre parti del corpo.
-Kazuki…- mormorò. –Non… non piangere…-
Kazuki sentì le lacrime bollenti scavargli le guance.
-Soshi…- mormorò. –No…-
-Andrà… tutto bene…- ribatté. Apparvero cristalli anche sul suo viso.
Kazuki scosse la testa.
-Smettila di parlare!- esclamò, sollevandolo e saltando giù dalla piccola scogliera. –Ti porterò in un posto sicuro! Cureranno le nostre ferite e allora sì che andrà tutto bene!-
Il corpo di Soshi era ormai completamente coperto di cristalli.
-Kazuki… io…- mormorò.
Kazuki si ritrovò con due frammenti di cristallo in mano. Sgranò ancora di più gli occhi. Attorno a lui c’erano solo cristalli. No. Non erano cristalli. Il corpo di Soshi si era frantumato in milioni di pezzi.
Cadde in ginocchio e guardò il cielo. Chiuse gli occhi, coprendoli con entrambe le mani, e urlò.
-SOSHI! SOSHI!!!-
-KAZUKI?!-
Spostò leggermente le mani. Sopra di lui c’era il soffitto della cabina dove si trovava.
Gli occhi gli bruciavano come non mai e aveva la bocca spalancata e impastata di saliva.
Qualcuno gli afferrò con dolcezza gli avambracci e gli fece spostare le mani dagli occhi, facendogli  poi distendere le braccia lungo il corpo.
-Kazuki, stai tranquillo, sono qui.-
Kazuki si voltò verso destra. Soshi era inginocchiato accanto a lui e lo stava fissando spaventato. La sua guancia destra era rossa.
-So…shi…- mormorò, continuando a fissarlo. –Era… un incubo…-
Soshi sorrise. –Era solo un brutto sogno. Adesso calmati…-
Kazuki chiuse gli occhi. Le lacrime continuarono a scendere; tutto il suo viso era fradicio di quelle e di sudore e i ciuffi dei capelli si erano attaccati alla pelle.
-Mi hai quasi spaccato i timpani.- disse Soshi, pulendogli il viso con un fazzoletto.
-Tu…- mormorò Kazuki, in preda ai singhiozzi. –Tu… eri morto…-
Rimasero in silenzio per qualche secondo. Soshi continuò ad asciugargli le lacrime e il sudore, passando dolcemente il pezzo di stoffa sul suo viso.
-Io…- continuò Kazuki, stringendo i pugni e i denti. –Io… non ho potuto salvarti!-
-Era solo un incubo, Kazuki.-
-Eri… lì… tra le mie braccia… e… un attimo dopo non…-
Soshi gli prese la mano sinistra con entrambe le mani.
-Che cosa senti?-
-Sono… le tue mani… e sono… calde…-
-E cosa significa?-
Kazuki aprì gli occhi, continuando a fissare verso l’alto. –Sei… vivo… e… sei qui… Con me…-
Soshi sorrise sbuffando. –Visto? Non mi è successo niente. Adesso calmati, dopo tutto il chiasso che hai fatto in questi minuti arriveranno per controllare cosa è successo.-
-Scusa… per prima…- mormorò, continuando a piangere e singhiozzare. –Io… non…-
-Eri arrabbiato e avevi bisogno di sfogarti.- commentò Soshi, aiutandolo a sedersi. Gli accarezzò la guancia destra e sorrise, cercando di asciugargli le lacrime con il pollice. –Non devi scusarti, ti capisco…-
-Ti… ho fatto male…-
-Entro un paio d’ore passerà, vedrai.-
Soshi si avvicinò a lui e lo strinse a sé. Kazuki, in risposta, lo abbracciò e poggiò le sopracciglia sulla sua spalla.
-Sono stato un idiota…- mormorò Soshi, sfiorando il collo del ragazzo con le labbra e stringendolo sempre di più. –Pensavo che, col dolore che provavi, non facessi caso alla mia condizione fisica… invece sei fin troppo altruista e onesto per pensare solo a te stesso.-
-Che ragionamento è? Credi che non mi potessi accorgere… che ne so… se tu fossi svenuto o crollato a terra perché… eri senza forze?-
Soshi ridacchiò e poggiò il muso sulla spalla destra di Kazuki. –Hai ragione…-
-Eri… troppo sconvolto per pensare a te stesso… Non so… se definirti… idiota… o…-
-Credo che “idiota” faccia al caso mio…-
Kazuki rise. In quel momento si sentiva rilassato. Tirò su col naso. –Sei assurdo…-
-Ti fa male qualcosa?-
Kazuki scosse la testa. –No… niente…-
-Le ferite?-
-Credo siano a posto…-
Rimasero in quella posizione per un paio di minuti.
-Non… volevo mandarti via…-
-Lo so… ma… ho aspettato a rientrare qui… Avevo paura che ti innervosissi nuovamente e che stessi male perché eri arrabbiato con me.-
Kazuki sollevò la testa e gli diede un bacio sulla guancia rossa. Era rovente.
-Devo averti dato un colpo molto forte, vero?- bisbigliò, sfiorando la pelle con le labbra.
Soshi annuì. –Mi hai fatto cadere dallo sgabello.-
-Ti sei… fatto male da qualche altra parte?-
-No. Non preoccuparti.-
Soshi lo strinse di più al suo petto.
-Non… sei arrabbiato… con me?-
Soshi scosse la testa. –Forse prima lo ero un po’… ma dopo la tua reazione ho capito che stavo esagerando… Non volevo farti preoccupare…-
Kazuki sospirò. –Adesso va tutto bene… non è successo niente di grave… Prima o poi mi sarebbe passata…-
-Ma… avrei potuto evitare di andarmene… Se non me ne fossi andato, avrei potuto cercare di calmarti e non farti addormentare in quelle condizioni…-
-Soshi… tu stai cercando di farmi stare bene… e lo apprezzo molto…-
-Kazuki, io devo farlo. Devo. Voglio aiutarti. Ad ogni costo.-
Kazuki sorrise.
-Ti voglio bene, Soshi…-
-Anche io ti voglio bene… Kazuki.-
Si lasciarono per un po’. Poi si avvicinarono fino a quando le loro labbra si sfiorarono. Kazuki si lasciò andare, permettendo a Soshi di baciarlo. Il biondo infilò le dita tra i suoi capelli scuri e un po’ spettinati, mentre Kazuki poggiò le sue mani sulle sue spalle per poi infilare anche lui le mani nella lunga chioma del ragazzo.
-Però adesso dovremmo riposare un po’…- sbuffò Soshi, staccandosi lentamente dalle sue labbra.
Kazuki annuì e mugolò. Si sdraiò sui sedili e si coprì con il lenzuolo facendosi aiutare da Soshi. Chiuse gli occhi. Sentì Soshi sbuffare e poi qualcosa appoggiarsi sul suo fianco destro.
Aprì gli occhi: Soshi era seduto sul pavimento e aveva la schiena poggiata sulla struttura del sedile e la testa sul bordo della seduta. Kazuki iniziò a giocherellare con i ciuffi biondi che gli capitavano a tiro.
-Ti verrà un bel mal di schiena…- mormorò, chiudendo gli occhi e sorridendo.
-Non vedo perché dovrei stare comodo quando tu sei sdraiato su quell’affare…- si giustificò, muovendo la testa per sistemarsi meglio. –Adesso dormiamo. Mancano ancora più di dieci ore di viaggio, possiamo riposare quanto ci pare…-
Kazuki mugugnò in approvazione. –Non ho la più pallida idea di che ore siano… quindi… buona notte, Soshi...-
Soshi sbuffò e mugolò. –Buona notte, Kazuki.-
Il moro sorrise e sospirò.
“Grazie per tutto quello che hai fatto e che stai facendo per me, Soshi.”
   
 
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