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Autore: KomadoriZ71    21/01/2016    4 recensioni
Eccomi con la seconda oneshot su Bloodborne. Questa volta ho deciso di prendere una celebre poesia di Edgar Allan Poe, "The Raven", e scriverne una versione in prosa, sostituendo al corvo la figura della cacciatrice Eileen, e all'altro interlocutore un qualsiasi altro cacciatore. Lo lascio all'immaginazione del lettore. Potete anche intenderlo come l'NPC che si trova nei Boschi Proibiti.
Il nome fittizio "Lenore" è anch'esso un riferimento al poeta e alla poesia citati prima, nulla a che fare con la trama del videogioco. Buona lettura!
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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NEVERMORE!

Mai più! Giurai che non avrei più commesso alcun orrore di quel tipo, mentre correvo, scappavo senza meta da quell'ignominia appena compiuta con le mie stesse mani, ormai più simili ad artigli. Man mano che riprendevo coscienza, mi rendevo sempre più conto che a breve il senso di colpa mi avrebbe divorato, nello stesso modo in cui io divorai le mie povere vittime, tra cui lei, la mia dolce Lenore. Oh Lenore! Le Erinni, persino loro, dalle chiome serpentine, gridavano il tuo nome mentre m'inseguivano senza sosta, instancabili, brandendo tizzoni ardenti e torce, scatenandosi terribili con le loro urla assordati miste a sibili. La mia fuga disperata attraverso i Boschi Proibiti continuò ancora per molto1 finché, ad un certo punto, le forze mi abbandonarono e le mie gambe crollarono a pezzi, permettendomi giusto d'infilarmi in una casetta in legno disabitata. 
Svenni, o almeno lo credo. Lo dico perché tempo dopo fui come destato da un rumore di passi e avevo totale coscienza di me. Le mie vesti lacere e consunte e le mie grinfie erano imbevute del fluido rosso ormai raffermo e in gola mi ribolliva ancora l'ispido gusto del sangue. Mi lambii le labbra e potei sentire l'inebriante sapore della tua linfa vitale che avevo prosciugato con così tanto furore e avidità. Cercai di non perdere nuovamente la ragione come l'ultima volta, sebbene il peso del mio misfatto e della tua assenza si stesse facendo sempre più pesante e doloroso, momento dopo momento. Non riuscivo a crederci, Lenore! Non potevo averti fatto una cosa così atroce, io, proprio io! Sentivo già quegli orribili demoni danzare nella mia testa, ridere di me e invogliarmi a lasciarmi andare all'istinto più brutale e selvaggio che ormai dominava la mia persona. Non doveva succedere. Per fortuna venni ancora distratto da quel calpestio e tesi le orecchie per capire meglio la sua origine. Temevo fosse una belva affamata, attratta dalle esalazioni emanate dal mio corpo. 
Grazie a Dio mi sbagliavo.
  
2Era una figura umana senz'altro, ne intravedevo la sagoma attraverso la porticina sgangherata. Lenore, sperai. M'illudevo fino  all'ultimo che potessi essere tu. Si presentò invece una sorta di angelo della morte, nero, tenebroso ma con un qualcosa di  beato. Probabilmente aveva visto tutto, non sembrava sorpresa al mio cospetto. Era abbastanza alta, anche grazie al cappello a  punta che la slanciava ancor di più, indossava una maschera beige molto simile a quelle portate dai medici della peste durante  l'epidemia del 1633, un folto mantello ricoperto da lucidissime penne di corvo e in una mano brandiva due lame piccole ma  affilatissime. Non mi sembrava una creatura di questo mondo, confuso com'ero in quell'istante. Mi stava fissando, senza dire  nulla. Non riuscivo a guardarla negli occhi, a decifrare il suo stato d'animo, poiché il mio sguardo si perdeva nelle fessure della  maschera che apparivano come infinite voragini oscure, impenetrabili. Sì, sapeva tutto, aveva visto tutto. Deglutii e mi alzai in piedi.
 “ Tu che sai, funesto araldo di sventure, quando tornerò completamente umano?” le chiesi, mostrandole i palmi della mie mani che ormai terminavano in lunghi artigli e si stavano ricoprendo da una folta  peluria crespa.
 “Mai più” rispose con una voce femminile, solenne e grave. Non disse altro. Quelle due parole mi stordirono ancora di più. Cosa intendeva dire precisamente? Non potevo restare in quello stato. “Come sarebbe a dire mai più? Quando riavrò la mia pelle liscia e candida come i raggi di questa luna, senza orribili grinfie?
 “Mai più” disse nuovamente.
 Non capivo. Con cautela mi avvicinai a lei, non ero certo che fosse una figura reale, poteva essere frutto della mia immaginazione contaminata, così provai a sfiorarla e mi resi conto che era di carne ed ossa.  Trasalii dalla sorpresa. 

3

                                                                                                                                                                                                 

E i miei canini e le mie iridi, essi quando torneranno umani?” -“Mai più”.
Le sue risposte iniziavano ad inquietarmi, pronunciate sempre con lo stesso impassibile timbro vocale.

I miei appetiti? Almeno quelli, quando cesseranno di essere bestiali? Quando riprenderò la retta via della ragione? Quando la smetterò di nutrirmi di sangue di altri cacciatori?” -“Mai più”.
Non ho speranza, dunque” sospirai, ormai in completa sintonia con il mio interlocutore. Iniziai a girarle attorno ed uscimmo finalmente dalla casa, sistemandoci nei pressi di un grosso  albero lì vicino. Non staccava lo sguardo da me.

Non importa. Lenore disse che mi avrebbe amato comunque. Non sarà di certo qualche macabro dettaglio a ostacolare il nostro amore. Lei, la mia Lenore, quando tornerà tra le mie  braccia?” -“Mai più”.
Questa risposta mi fece rabbrividire. Non potevo, non volevo crederci. Solo, soltanto in quel momento mi resi conto di averla persa, per sempre, a causa mia. Era davvero troppo. “
Dimmi  ancora, te ne prego. Lei dov'è adesso? Potrò ancora ricongiungermi a lei?” -“Mai più” disse per l'ennesima volta, ma con un tono più deciso e aggressivo.
La vidi avvicinarsi e aprì con un rapido gesto l'arma che si sdoppiò in due lame luminosissime come mezzelune. Provai un lugubre senso di pace a quella visione. 

4



 




 Mi misi volontariamente in ginocchio, con le mani dietro la schiena, fissando intensamente quell'ingannevole lume astrale che riluceva di bianco, e lei si appostò proprio dietro di me,  sfregando tra loro le due piccole falci per affilarle, le quali sprigionarono una polverina brillantissima. “
Capisco perfettamente. Questo mondo non fa più per me. Senza Lenore nulla ha  senso, non voglio morire da bestia, braccato e ucciso dalle mie stesse prede. Concedimi una morte dignitosa, fa' che venga ricordato come un essere umano, non pretendo nient'altro”.
 Sentii il suo respiro e le gelide lame incrociate sulla mia gola. “
Un'ultima cosa”- proruppi con voce ormai tremante- “soffrirò ancora?” -“Mai più” disse con un tono leggermente più  addolcito.
Chiusi gli occhi e chinai il capo, poi un celere fendente appena percettibile e fui finalmente libero. Libero da quell'incubo, tuttavia la mia Lenore non la rividi mai più.    

 

   
 
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