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Autore: Nadine_Rose    21/01/2016    1 recensioni
Nadine ballava, rideva ed era viva.
[Continuo di “Un amore diviso da un filo spinato”]
Nadine e Werner sedettero vicino alla riva del lago all’ombra di un’alta conifera e restarono lì, stretti l’uno all’altra, avvolti dall’aria fresca dell’estate berlinese mentre dentro di loro scoppiava la primavera. Una nuova stagione era cominciata per la loro vita ma i due contavano ancora i loro inverni.
[Capitolo 33: Il dono della vita]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
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Capitolo 23

 

La scelta di amare

 

- Seconda parte -

 


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- Ricominciare ad amare per crescere nell’amore - 

 

Città di Fürstenberg/Havel, 26 settembre 1946

 

La sorella di Kurt era andata via, portando con sé il suo pesante bagaglio di ricordi di donna ferita che nessuna parola avrebbe mai potuto alleggerire, e aveva lasciato Engel in uno stato di profonda tristezza. Anche lei si sentiva ferita. Come un automa, prese dal tavolo le patate da pelare e si avvicinò alla cucina per preparare la cena. Era in quei momenti, alla sera, quando la piccola Brigit faceva il suo pisolino e Kurt era ancora al lavoro, che Engel si spogliava della sua corazza e, sola con se stessa, contava le sue ferite. Lasciò cadere nel lavandino il coltello e la patata e, piegandosi un po’, esplose in un pianto sommesso. Era in quei momenti, nel silenzio di una casa di cui a volte si sentiva soltanto la domestica, quasi un’estranea, che Engel non aveva bisogno di essere forte e poteva cedere alle lacrime. Pensava alla guerra: il fragore delle bombe riecheggiava nella sua testa, i brividi di paura ripercorrevano la sua schiena e il dolore per la perdita di suo padre e delle sue sorelle squarciava ancora il suo cuore. Si aggrappò con forza al bordo del lavandino fino a farsi male le dita tremanti e violacee e iniziò a piangere più forte. Pensava alla sua vita: un senso di solitudine e d’insoddisfazione le stringeva la gola e lo stomaco come una morsa. No, non era quella la vita che aveva sempre desiderato. Engel era rimasta da sola e non aveva più nessun altro al di fuori di Kurt ed era proprio lui la causa principale della sua frustrazione. Subito dopo la guerra, aveva riconosciuto la bambina ma non aveva più parlato di matrimonio e lei aspettava sempre nell’illusione che prima o poi avrebbe mantenuto la promessa. Quella di Engel non era altro che un’attesa inutile fatta da un susseguirsi di vane convinzioni che, puntualmente smentite dalla realtà dei fatti, la spingevano ogni volta, sempre di più, verso il baratro dell’autodistruzione. Dopo aver ritrovato sua sorella Käthe e dopo aver superato il lutto per la perdita dei suoi genitori, Kurt non le aveva chiesto di sposarlo come lei credeva né, tantomeno, dopo aver riottenuto la sede del giornale e dopo aver superato senza troppe difficoltà il delicato intervento chirurgico al viso. E, adesso, Engel che cosa avrebbe dovuto aspettare ancora? Aspettare che Kurt dimenticasse per sempre Nadine, che smettesse di piangere di nascosto per lei e di pronunciare senza accorgersene il suo nome durante i loro momenti di intimità sarebbe stata un’assurda follia e questo Engel sapeva benissimo di non poterlo nemmeno lontanamente sperare. Allora perché continuare a torturarsi, a farsi calpestare la propria dignità di donna, a precludersi una felicità che magari era altrove, lontano, fuori da quella prigione di illusioni? Lo amava, lo amava con tutta se stessa ma non poteva più continuare a vivere nel tormento di un amore mal corrisposto: Kurt non sarebbe mai guarito dalla sua ossessione per Nadine. Tra le lacrime convulse di un dolore troppo grande che il suo cuore non riusciva più a trattenere, Engel prese la decisione di porre fine alla loro relazione e lo avrebbe fatto quella sera stessa. Un senso di rimorso subito la invase per non esser stata capace di dare una famiglia a Brigit, così piccola e già tanto provata dalla vita, ma lasciare Kurt sarebbe stata la cosa più giusta da fare anche e soprattutto per lei. Come una spugna, infatti, la bimba assorbiva tutta l’infelicità della mamma. Sobbalzò all’udire il rumore delle chiavi nella serratura e, velocemente, asciugò le lacrime con il dorso della mano per poi iniziare a tagliare la cipolla. “Amore, sono a casa!” esordì Kurt dal corridoio e, gettate la ventiquattrore e la giacca sul divano, entrò in cucina. Engel finse di non averlo sentito ma poi fu difficile per lei restargli indifferente quando le sue braccia, calde e forti, la strinsero da dietro, avvolgendola del suo dolce profumo di muschio. “Cosa c’è per cena?” domandò, dandole un bacio sonoro sulla guancia. Senza aspettare la risposta, sbirciò nel lavandino e, con fare scherzoso, disse: “Ancora patate e cipolle? … No!” Engel si divincolò dall’abbraccio e, contrariata, aprì il rubinetto per sciacquarsi le mani. “Scusami, amore.” fece Kurt, mortificato, ignorando il vero motivo del malessere della donna. Era stato capace di rovinare uno dei momenti più belli della sua vita. Engel si volse e, asciugandosi freneticamente le mani con il grembiule che poi gettò sul tavolo, gli disse: “Dobbiamo parlare.” Il cuore le batteva forte mentre gli occhi della sua mente sfogliavano veloci le immagini belle di un amore troppo spesso travagliato dai fantasmi di un passato difficile da dimenticare. Una parte di se stessa non voleva perderlo. Kurt la guardò e, da quegli occhi velati di tristezza, intuì la sua imminente decisione. “Sì, ma lascia parlare prima me.” ribatté, prendendola per le braccia e facendola sedere sulla sedia. Le sedette di fronte, attaccando le ginocchia alle sue, e le strinse fortemente le mani, fredde e tremanti. Emise un profondo sospiro e iniziò a parlare: “Vorrei trovare le parole giuste per dirti quello che provo per te …” sospirò più profondamente “… Engel, tu sei stata un miracolo nella mia vita. Mi hai strappato dalla morte di Ravensbrück, insieme a tuo padre che ringrazierò fino al mio ultimo respiro. Ti sei presa cura di me e, senza provare ribrezzo come qualsiasi altra ragazza …” entrambi abbozzarono un lieve sorriso “ … hai fasciato ogni giorno le mie ferite.” Engel si domandò dove volesse arrivare Kurt e, intanto, quest’ultimo continuò: “Poi hai curato il mio cuore. La dolcezza del tuo amore disinteressato, generoso, forte, coraggioso ha permesso al mio cuore di ricominciare ad amare quando tutto sembrava ormai finito senza alcuna speranza. Insieme abbiamo vissuto momenti belli pur vivendo in un tragico contesto a causa della guerra. Grazie a Dio siamo sopravvissuti, siamo diventati genitori e abbiamo superato momenti difficili. So che di tanti la colpa è mia perché non sono ancora riuscito a superare tutto il mio passato e ti chiedo di perdonarmi, di continuare ad aiutarmi, di capirmi. Io voglio crescere con te, voglio costruire il mio futuro con te, voglio che tu e Brigit siate la mia famiglia e voglio che tu sia la mia sposa.” Di colpo, s’inginocchiò e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una scatolina di velluto colore blu notte mentre la ragazza si tappò la bocca con entrambe le mani per trattenere l’emozione. Kurt aprì la scatolina e, mostrandole l’anello di fidanzamento, con la voce rotta dall’emozione, le chiese: “Engel, amore mio, vuoi sposarmi?”

 

10 novembre 1950

 

Engel ripose il coperchio sulla pentola e spense il fornello: la cena era pronta. Si mise a sedere e la sua mente iniziò a perdersi in pensieri di angoscia mentre le sue dita giocherellavano nervosamente con la fede nuziale. Non avrebbe mai dovuto sposare Kurt – pensava, tormentata dai sensi di colpa per aver scelto una vita d’insoddisfazione – ma non riusciva a separarsi da lui. Si sentiva sempre più sola, smarrita, svuotata. Il rumore delle chiavi nella serratura non la scosse e continuò a far girare e rigirare l’anello tra le dita fino a quando Kurt non apparve sull’uscio della cucina. Alzò lentamente il capo e gli rivolse lo sguardo: i capelli scompigliati le coprivano gli occhi arrossati dalle lacrime. Engel abbassò di nuovo la testa e, con uno scatto, si tolse la fede dal dito e la pose sul tavolo. Un gesto lungo un attimo e tutto era finito. Dopo qualche istante di orgogliosa esitazione, Kurt le si avvicinò e s’inginocchiò davanti a lei stringendole fortemente le mani. Non voleva perderla. Appoggiò la fronte sulle sue ginocchia e scoppiò in un pianto disperato, in lacrime di rimorso, di richiesta di aiuto, di dolore, in lacrime d’amore che sciolsero il cuore di Engel. Anche lei scoppiò in lacrime e, prendendogli il viso tra le mani, fra i singhiozzi, gli disse: “Io … io non posso lasciarti.”

 

Ho scelto te amore mio.

Se ti capita fa che sia tutto diverso …

Fa che sia tutto diverso.

C’è un uomo perso sul treno che precipita …

Che un cielo terso accendi il blu.

Se tu …

 

Zucchero, Hai scelto me

   
 
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