Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: themightyginger    21/01/2016    1 recensioni
Per tutti gli amanti e gli appassionati della saga di G.R.R.Martin "Game Of Thrones" ("Il Trono di Spade"), una delle scene più drammatiche appositamente rivisitata.
Il tradimento di Ser Jorah Mormont e l'addio con la sua amata Khaleesi, presentato dal punto di vista dello sventurato cavaliere.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jorah Mormont
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Le mie mani stanno tremando.
Queste mie stesse mani piene di cicatrici, che, stringendo la mia vecchia spada di Valyria, non hanno tremato nemmeno di fronte all'assedio di Pyke, stanno tremando. Adesso.
Le mie mani stanno tremando.
Il mio cuore sta tremando.
La mia anima sta tremando.
Non riesco a vedere, il corridoio è troppo buio.
Ma io non voglio vedere, perchè so già che quel che i miei occhi vedranno mi trafiggerà il cuore come una lama infuocata.
So che alla fine di questa oscurità non troverò la luce. Alla fine di questa oscurità troverò due ametiste furenti su un volto di marmorea porcellana. 

La Khaleesi.
La mia Khaleesi, che /mia/ non è mai stata e non potrà mai essere.

Qualcosa mi si è bloccata in gola. Non riesco a respirare, l'aria mi manca nei polmoni, non riesco a parlare, non riesco nemmeno a pensare.
Lacrime.
Lacrime sulle mie palpebre.
Lacrime amare che mi solcano il viso.
Non posso piangere, non di fronte a lei. Lei non deve sospettare la mia debolezza interiore.
Intravedo la fine del tunnel, oltre c'è la scalinata di pietra grigia che porta al suo trono.
Ora la scorgo. Daenerys è seduta, composta e perfetta come la statua più bella che abbia mai visto in vita mia.
Sono nella grande sala. La luce che filtra dalle finestre mi assale e mi brucia sulla pelle anche attraverso i vestiti, facendomi socchiudere gli occhi ancora inumiditi dal mio dolore, dalla mia disperazione più cupa.
Giungo davanti al primo gradino, mi fermo. Alzo la testa e con mio stupore e disappunto noto che al fianco della mia Regina ci sono la sua ancella, Verme Grigio -il comandante degli Immacolati- e poi lui: l'uomo che in questo momento vorrei strozzare a mani nude, il cavaliere più valido dei Sette Regni, Ser Barristan Selmy.

La Khaleesi mi fissa, immobile. Non dice una parola, non sbatte nemmeno le ciglia. Il suo petto non segue alcun movimento di respirazione. Il mio invece, il mio è affaticato, ansima, il cuore che scalpita tra le costole, quasi volesse romperle per liberarsi dalla loro stretta.
Mi arrischio a salire alcuni gradini, voglio avvicinarmi a lei, voglio gridarle che l'amo.
Quando la poca distanza che ci divide viene considerata pericolosa, Verme Grigio e Ser Barristan mettono mano alle else delle loro spade. 
Dunque, sono considerato alla stregua di un nemico..
Interrompo la mia scalata e porto le mani dietro la schiena, il capo reclinato a guardare il pavimento duro come il cuore della donna che mi siede di fronte.
C'è silenzio dentro questa mastodontica sala, un silenzio che incombe sulle mie spalle leggermente ricurve, un silenzio di cui riesco quasi a percepire il peso.
Vorrei riuscire ad avere l'ardore di alzare la testa, guardare Daenerys dritta negli occhi e sputarle in faccia tutta la verità, la stessa verità che è in procinto di distruggermi. 
La mia mente focalizza la scena, la immagina, la scorre come se stesse accadendo davvero, e per un solo attimo, mi assento dalla realtà che non promette altro che sventura.
Torno in me, e l'unica cosa che ritrovo è solamente quel diabolico silezio che ricopre l'aria come una grigia coltre funerea.

< Come ti sei guadagnato il perdono? >

Con un riflesso involontario, alzo il capo verso la fonte dalla quale è fuoriuscita una voce cruda, rabbiosa, inquisitoria, che tuttavia risuona ferma, severa: la voce di un demone.
La figura della Khaleesi così minuta, così.. fragile, stona terribilmente con quel tono ricolmo di crudeltà.
Mi guarda, eppure non è quello che sta realmente facendo. 
Il suo sguardo viola, ora fattosi così scuro come non lo avevo mai visto prima, mi penetra il petto e mira ad azzannarmi il cuore, lo stomaco, l'anima. Ed io mi sento morire.
Dicono che uno sguardo non possa uccidere.. Nemmeno quello della Madre dei Draghi?
Serro la mascella e provo a darmi un contegno quantomeno dignitoso. Mi faccio forza, tirando fuori da non so quale brandello remoto della mia persona trucidata, ancora un ultimo, piccolo, eppure vitale briciolo di speranza.

«Speravo.. V-vorrei parlarti da solo..» 

Non riesco a sopportare nemmeno l'idea della presenza di Verme Grigio o della giovane ancella, ma è Ser Barristan a turbarmi più di tutti, a farmi arroventare le viscere. 
Mai avrei voluto mostrare la mia fragilità a queste persone e non con così tanto clamore, per giunta. Mi sento come se fossi nudo, impotente e inerme, di fronte agli dèi dei Sette Inferi nel fatidico giorno del giudizio.
Ma cos'è lei se non una dea, seduta sul suo trono, pronta a giudicarmi?

< No! > ringhia Daenerys, il volto contrito dai fremiti della tensione < lo faremo qui. Spiegami, Ser Jorah. >

E cosa ci sarà mai da spiegare, Khaleesi?
Non ti è ancora chiaro? Non puoi.. Non riesci a vederlo? L'odio, il rancore nei miei confronti, ti accecano a tal punto?
L'unica cosa che tu riesci a vedere è un bastardo doppiogiochista che merita di finire con la testa su una picca? 
Sai invece cos'è l'unica cosa che riesco a vedere io? 
 Non è altro che un uomo mortificato, umiliato, ai tuoi piedi che ti ama alla follia, più della sua stessa insensata vita.
Non c'è ordine che per te no eseguirei, non c'è aiuto che non ti offrirei.. e tutto questo solo per osservare le tue labbra, le tue belle labbra, curvarsi in un sorriso; quel sorriso che ha sempre donato refrigerio al mio cuore, facendomi dimenticare i miei tormenti, regalandomi un istante del paradiso al quale non sono destinato.
Ma tu.. Tu non hai neanche il minimo sospetto di tutto ciò. 
..O forse ce l'hai, ma poco t'importa.
Tu.. Tu puoi tormentarmi con un'occhiata furente, distruggermi, ridurmi in cenere. Tu.. Tu puoi domare i draghi, puoi guidare un esercito, liberare orde di schiavi, conquistare città, ma non puoi accorgerti del mio amore per te; l'amore che mi consuma e che si riflette nei miei occhi blu come il mare che ci separa dai Sette Regni.

In un soffio di fiato, vomito una risposta che ha tutta l'aria di essere buttata lì per tergiversare.

«Secondo te chi ha mandato quel documento? 
Pensaci bene: è di certo opera di Tywin Lannister, sta provando a dividerci.
Se ci azzanniamo tra noi, non siamo più un problema!»


Il mio tentativo è ingenuo e poco credibile, e lei ne è consapevole. Inoltre.. L'unico che verrà azzannato sarò io, io soltanto.

< L'atto riporta la data dell'anno in cui ti ho conosciuto.
Come l'hai avuto? O mi vuoi dire che quel documento è falso?! >

Io vorrei solo dirti che ti amo, Khaleesi. 
Vorrei solo dirti che non c'è stata notte in cui non sono stato tentato di prenderti in braccio, metterti su una nave, e portarti via con me, lontano. 
Lontano dove nessuno-- ne' Robert Baratheon, ne' Tywin Lannister, ne' il Ragno Tessitore, avrebbero potuto mai trovarci. 
Ti avrei fatta mia, per sempre.
Ma tu non sei /mia/, me ne hai dato prova così tante volte..
Tu sei dei draghi a cui comandi di mettere tutto a fuoco e fiamme, tu sei della fiamma che infuoca il tuo sangue, sei delle navi che ti porteranno ad Ovest, dell'esercito e degli schiavi liberati.. Sei del tyroshi che ha rapito la tua sensatezza.
Tu credi che io non sappia, ma i tuoi gesti e le tue parole non dette mi hanno rivelato molto più di quanto tu creda.
Echeggiano nei miei peggiori incubi i gemiti tuoi nelle sue braccia di sconosciuto, privo di un minimo vero interesse o affetto nei tuoi confronti.
Tu ami lui, ma lui non ama te.
O forse no.
L'immagine che ho di te a pochi passi di distanza, mi grida che tu non sai nemmeno cosa significhi provare amore. 
Non più, oramai.
Ed io, a questo grido disperato, rispondo con un lieve sussurro, che non so nemmeno se tu sei in grado di udire:

«No, non è falso.»

Socchiudo gli occhi e li giro altrove, sostenere quel suo sguardo che riluce di alterigia mi sta diventando sempre più insopportabile.

< Allora, parla! >

«Ho inviato alcune lettere a Varys, il capo delle spie di Approdo del Re.»

Migliaia e migliaia di anni di linguaggio umano, eppure non esistono -nemmeno in Valyriano antico- parole adeguate a descrivere la vergogna che provo in questo momento.
Ho cercato di non pensare mai a quelle maledette lettere, di ignorare la loro esistenza, illudendomi che, cancellandole dalla mia mente, queste sarebbero scomparse nel nulla. 
Il mio non indugiarci mi ha portato all'indifferenza, il mio confessare ad alta voce a vergognarmi di me stesso come mai mi era successo prima, nemmeno quando mi sono visto costretto a spacciare degli uomini liberi come schiavi.

Due errori fatali, i miei.
Col primo ho perso la mia casa, la mia famiglia, mia moglie, il mio onore.
Col secondo?

 L'espressione incredula, collerica e delusa di Daenerys, è la tremenda conferma che mai avrei voluto trovare.

Ho perso l'unica persona che avrei voluto vicino sino al mio ultimo respiro.. Perchè, mia Regina, sì: io ti avrei donato anche quello.

Daenerys, dopo brevi istanti, riprende a parlare, ad accusarmi, a sputarmi in faccia tutta la collera che si sente montare in petto.
Provo a risponderle, a spiegarle le mie ragioni, a ricordarle che io per lei ci sono sempre stato. 
Ma lei non mi ascolta, così come io non ascolto lei. Le nostre voci si sovrappongono, gareggiando, cercando di far vincere ognuna la propria causa.

 < Non hai fatto che tradirmi... Fin dal principio.
Tu hai gettato i miei segreti in pasto all'uomo che aveva ucciso mio padre... >

«Ti ho protetto da lui--»

< ..Che ha rubato a mio fratello il Trono di Spade.. >


«--Ho combattuto per te, ho ucciso per te!»

< ..E ora osi venire a chiedere il mio perdono?! >

All'improvviso, torna ad imperare un silenzio profondo che infetta l'aria come un'orrenda malattia. 
Daenerys, sguardo truce e fiato corto.  Io, orgoglio ferito e cuore spezzato.

 «-- Io ti amavo.»

Poco più che un filo di voce tremante come un pulcino appena nato, accompagna la più brutale delle mie ammissioni. Un segreto che ho custodito a lungo, troppo a lungo.
Per un attimo non riesco a credere di aver veramente parlato ad alta voce, ma il silenzio ancor più teso che ne segue mi smentisce grottescamente.

E così l'ho detto. 
Così le ho confessato il mio amore. Non avrei potuto scegliere momento peggiore e parole più banali.

Una confessione, la mia, dettata dall'impulso e dalla frustrazione di trovarmi sotto accusa, dalla flebile speranza di vedere la Khaleesi sorridere.

Ma lei non sorride. Non lo farà. Non per me.

L'unica traccia rimasta della Daenerys Targaryen che ho conosciuto, in questa figura austera e impenetrabile che si erge di fronte alle mie lacrime non scese, non è altro che il lato più oscuro, demoniaco, del suo temperamento: la follia ereditata dai suoi avi.
Si dice che ogni volta che nasca un nuovo Targaryen, gli dèi lancino in aria una moneta, e il mondo trattenga il fiato aspettando di sapere su quale faccia andrà a cadere.

Diamine, quant'è vero.

Ed è esattamente come il mondo in febbrile attesa che adesso mi sento: la mia moneta è volata in aria, però non è ancora ricaduta.
L'unica differenza è che le due facce del mio soldo sono la pubblica esecuzione o il definitivo addio a /lei/, alla mia unica ragione di vita.
Il perdono? 
Il perdono è un'opzione che la crudele Regina d'Argento, ai cui piedi sono prostrato, non ha neppur minimamente accennato di voler vagliare.
Le ginocchia mi stanno formicolando dal dolore per la pressione esercitata dal mio corpo. 
Vorrei alzarmi, ma non ci riesco. 
È come se a tenermi accovacciato a terra fosse il peso di tutte le mie colpe...

Sono dunque in balia del volubile fato che dovrà compiere una scelta per decidere la mia sorte: la morte fisica o la morte spirituale. 
Ad essere onesto, io.. io non so dire quale delle due preferisco.

< Amore? >

Daenerys pronuncia la parola con la voce incrinata dell'incertezza. Lo stesso tono assunto di quando si trovava a ripetere una parola in dothraki di cui ignorava il significato; lo stesso identico dubbio.
Dubbio che io mi sono curato di fugare dieci, cento, mille volte.

Non ricordi più nemmeno questo, Khaleesi?
È tutto svanito, tutto distrutto, nel profondo del tuo animo?

Eppure io c'ero, ero lì con te.

Ti ho vista gioire, ti ho vista lottare per la gente che ti ha accolta ed adottata come sua guida. Ti ho vista piangere, soffrire, patire le pene dell'Inferno nella Desolazione Rossa.

Io c'ero. Ti ho vista e ti ho sostenuta.
E non credere, mia preziosa Daenerys, che lo facessi per un qualche sporco doppio fine.
Ero lì, ad ascoltare i tuoi lamenti e i tuoi singhiozzi, e ad ogni tuo gemito una lama ghiacciata mi trafiggeva il petto.
Il tuo dolore e la tua paura sono stati miei; potevo sentirli attanagliarmi le viscere, come se io e te non fossimo altro che una persona sola.

< ..Tornatene pure dai tuoi adorati padroni ad Approdo del Re a ricevere il loro perdono, se ci riesci.. > 

"L'unica padrona che voglio avere sei soltanto tu, Daenerys Targaryen."  il coraggio di tramutare questo mio pensiero in parole, viene a mancarmi.


< Prendi le tue cose ed entro il tramonto, lascia questa città. Se sarai ancora a Meereen allo spuntare del giorno, farò gettare la tua testa nelle acque della Baia.  >

Le parole di Colei-che-è-Nata-dalla-Tempesta sono crude e ostili, pronunciate con un tono sinistro; nei suoi occhi violacei balugina un qualcosa di inquietantemente ancestrale.
Khaleesi..
No. Non è rimasto nulla della Khaleesi. 

< Vattene. Adesso. >

Il fendente mortale giunge irruento e doloroso ancor di più di quanto l'avessi immaginato. Giunge, e con soltanto due secche parole.
Nonostante mi senta mancare l'aria, riesco a rimettermi in piedi, sfoderando una forza interiore che non so nemmeno da dove provenga. 
Mi sento vuoto come un cielo senza stelle, non mi è rimasto più nulla.

A corto di fiato e di parole per replicare qualsiasi cosa, annuisco impercettibilmente, le prime lacrime che incominciano ad affacciarsi sulle palpebre stanche.
Scendo alcuni scalini, traballando pericolosamente alla stregua di un ubriaco, e mi avvio verso l'oscuro corridoio dal quale sono entrato  -quella che a me è parsa-  un'eternità fa. 
Ma prima di muovere l'ultimo passo, mi volto nuovamente verso il trono di nuda pietra.
Daenerys è in piedi, le braccia tese lungo il corpo,  i capelli di una rara luccicante trasparenza, lo sguardo fiero e collerico fisso su di me, le labbra serrate in una smorfia inespressiva.

L'immagine della sua letale bellezza, che porterò con me fino all'ultimo dei miei giorni, è stato il mio tacito commiato.



Un inquietante brivido di gelo mi scorre lungo la schiena quando trapasso ed oltrepasso i solidi portali in ferro battuto di un ostile grigio topo di Meereen.

Inquietante, perché il caldo afoso asfissia le giornate delle terre di Essos.

Non appena sono fuori le mura, il freddo  -un freddo che esiste solo nella mia immaginazione?-  si impossessa del mio corpo e lo scuote, lo svuota, lo raffredda e lo rattrappisce come solo il tocco di un Estraneo potrebbe fare. 
Ma qui di Estranei non ce ne sono. Qui c'è solo un deserto che si stende interminabile, fino a congiungersi con l'orizzonte che i miei occhi si sforzano di trovare. Si sforzano, eppure non riescono, non vedono niente.
I raggi del sole sono così prepotenti, così intensi, che paiono aver creato tutt'attorno un'immensa coltre di nebbia luminosa, accecante, calatasi sulla pianura rocciosa come la diafana mano della morte.
La morte, la stessa che coglierà me se indugerò troppo a lungo su queste terre infide e velenose.

Il mio cavallo sembra sentirsi a disagio quanto me, tanto che procede nella nebbia di luce a passo lento ed incerto. Mi basta appena una leggera tirata di redini verso il petto, che l'animale si ferma, il suono dell'ultimo zoccolo battuto a terra che riecheggia lontano, perdendosi nel immobilità del sole e del cielo pallido come latte appena munto.
Vorrei gridare, vorrei vomitare tutta la rabbia che mi imperversa nell'animo, affidarla ai venti affinché la portino via da me. Ma sono esausto, esausto e svuotato come un vano simulacro. Non posso dirlo con certezza, ma ci si deve sentire in questo modo quando l'oblio della fine viene a raccoglierci col suo bacio mortale..

Con un movimento quantomai lento, mi volto a guardare Meereen: nient'altro che un insieme, arroccato su un'altura, di edifici fatti di calcare e gesso, i quali si ritrovano a far da tappeto all'imponente piramide, in cima alla quale garrisce al vento il vessillo  -minaccioso-  dei Targaryen. 
Il drago a tre teste mi osserva dall'alto, senza pietà alcuna, come a voler rimarcare il concetto di colei che dei draghi è divenuta la madre.

< Vattene. Adesso. >

Il sussurro secco di Daenerys risuona ancora nella mia mente, e pare che la bandiera nera e rossa me lo stia ripetendo col suo frusciare nell'aria torrida che a me giunge gelida.
Lancio un'ultima occhiata alla cittadella, ma questa sbiadisce e si fa via via più sfocata, smarrendosi nella luce evanescente del disco solare.
Non capisco. Mi sforzo d'osservare meglio, sbatto le palpebre ripetutamente, e finalmente Meereen torna ad essere chiara e nitida com'era sempre stata, e intanto qualcosa di caldo, di umido, di /vivo/, mi solca le guance e va a bagnarmi fastidiosamente il collo.
E nel mentre che lacrime portano con se' l'immagine tremolante della roccaforte e dello stendardo nel cielo, senza la mia minima intenzione, comincio a singhiozzare. 
Singulti disperati i miei, amplificati ancor di più dal vuoto etereo che mi circonda, singulti che attendevano d'essere ascoltati  -seppur solo da una pianura desolata e da un cielo vitreo-  da tempo quasi immemore.

In breve Meereen torna a svanire, stavolta accompagnata dal deserto, dal mio destriero, dalla mia stessa figura. Le lacrime scendono copiose, bollenti o forse gelate, ad inzupparmi il collo ed il torace, appiccicandomi sulla pelle la logora camicia che ho indosso. 
Cerco di impormi un certo contegno, ma non riesco a sembrare nulla di diverso da un ragazzino di cinque anni che si sente solo al mondo dopo aver perso sua madre.

"Tu /sei/ solo, Jorah."

Mi asciugo il viso col dorso ruvido e calloso della mano, poi sprono nuovamente il mio cavallo che riparte a malincuore lungo il sentiero brullo e sterile.

Ho freddo.
Ho freddo come non ricordavo di averne mai provato quando vivevo ancora nell'Isola dell'Orso. 
Com'è possibile che non mi sia mai accorto prima di tutto questo freddo?

Ma prima non avrei mai potuto sentirlo, il freddo.
Prima c'era la Khaleesi con me. 
Prima c'era Daenerys, che con le sue ametiste ardenti mi incendiava il cuore.

Daenerys...

Do di speroni al mio cavallo che, all'istante, prende a galoppare veloce come una freccia scoccata. 
Il vento sferza la mia faccia e i miei capelli, le lacrime ora scivolano nel vuoto, togliendomi il peso del mio dolore dalle spalle, ma non dalla coscienza. 
Così sono solo di nuovo. Senza una casa, distante dalla donna che amo.

"La donna che ami ti disprezza con tutta se stessa."

Ascolto la mia stessa voce risuonarmi nella mente come se non mi appartenesse: distaccata, fredda, analitica.


< Non ti voglio nella mia città ne' vivo, ne' morto. > 
Sono state queste le parole più pesanti da mandar giù, uscite dalla bocca della Regina. Quella sua bella bocca dalla forma di bocciolo... un bocciolo velenifero.

Davvero mi disprezzi, Khaleesi? 
Davvero non puoi più sopportare nemmeno la mia sola vista? 
E..
E se domani mattina, al tuo risveglio, ti rendessi conto che il tuo è stato un gesto dettato solo dalla rabbia del momento?

Il sapore acre della sabbia e della polvere alzata dalla corsa del mio cavallo, mi rammenta il sapore amaro della realtà: quanto Daenerys facesse sul serio, come nei suoi occhi non ci fosse altro che ferocia e crudeltà.

«Devo avere fiducia in te, Ser Jorah? Solo in te?»
Una volta me lo domandasti, mia Signora.

«Ti saresti dovuta fidare. Avresti dovuto credermi.»

L'unica replica che ottengo è la stridente risposta dello spiffero di vento che accompagna la mia corsa.

«Solo io avrei potuto guidarti e consigliarti per il meglio. 
Solo io, perché ti amo come nessuno al mondo potrebbe mai amarti. 
Io, non quel maledetto tyroshi che hai preferito accogliere nel tuo letto.
Che crepi e gli Estranei se lo portino alla dannazione!»

Parole regalate al deserto, le mie, sature di veleno. 
Cerco, a gran fatica, di reprimere l'agghiacciante immagine di Daenerys tra le braccia dello sconosciuto, unitosi alla nostra missione. 
Già, la /nostra/.
Mi asciugo altre lacrime amare che scendono dalle palpebre brucianti, stremate, quasi che non vogliano più rimanere aperte, e bisbiglio assieme alla brezza:

«Io...»

Io che sarei morto per te, Khaleesi. 
Io che ho ammirato ed amato ciecamente il tuo coraggio di donna.
Io che ho sporcato la mia spada di sangue solo per guardarti sorridere e trionfare. 
Io... Io che ho unito la mia sofferenza alla tua.
Io che ho sussultato ad ogni tuo sussulto.
Io che ti ho vista rinascere dalle ceneri.
Io che...

Rallento il passo della mia cavalcatura, respirando a pieni polmoni, come se fossi stato io ad aver galoppato. 
Mi giro di nuovo a guardare alle mie spalle: Meereen non è che un minuscolo puntino in lontananza ormai..

«Io..» sussurro ancora «io che tornerò da te, mia Regina.»
   
 
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