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Autore: Arisu01    22/01/2016    0 recensioni
Jamie è una ragazzina di 13 anni,che vive felice con la sua famiglia in una tranquilla capitale del Wyoming,Cheyenne. Un giorno,però,i genitori le verranno a mancare,e come se non bastasse,l'unico amico con cui si era legata dopo la partenza del fratello in guerra e il trasferimento dallo zio,le scivolerà via dalle mani,come acqua su uno scoglio. La loro amicizia verrà messa a dura prova da un confine perfino più lungo dell'intero Universo...
Dal testo:
«E se non fosse così? E se non tornassimo mai indietro...?» chiese lei,preoccupata.
«Non torneremo indietro. È impossibile.»
Jamie rimase a guardarlo,con le lacrime agli occhi. L'unica volta che si era sentita così confusa è stato quando le avevano spiegato,per l'ennesima volta,le leggi di Keplero. Forse però,in quel momento,lo era anche di più.
«Jamie...» sussurrò lui,girandosi verso di lei. Aveva gli occhi rossi. Stava trattenendo tutto quel che avrebbe voluto lasciar andare,tutto quel che c'era da urlare.
«...mio padre...»
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All'improvviso si accende un fuoco attorno a quelle che, probabilmente,sono anime,rendendo il tutto ancor più irreale e fin troppo esagerato per il mio povero cuore. Mi fermo. Jonatan si gira e mi guarda con sguardo interrogativo. So cosa sta pensando,e vorrei rispondergli ma non riesco a spiccicare parola,a mala pena riesco a respirare. Possibile che mi stia immaginando tutto? Sono così tanto scossa emotivamente da vedere degli spiriti che fanno cose non del tutto normali anche per la loro natura? Sono davvero messa male,quindi. Fortuna che è solo frutto della mia piccola testa bacata. Beh,spero sia solo frutto della mia immaginazione... «Che ti prende? Ti senti male?» chiede mio fratello,allarmato. Non guardare me,guarda a destra! A destra,scemo! Credo di essere pallida come un lenzuolo,a giudicare dalla domanda di Jonatan,che mi sta toccando la fronte. La mia vista sta cominciando ad offuscarsi,ora quelle ombre sembrano aver finito il loro 'pasto' e stanno pian piano venendo da questa parte. Vedo mio fratello urlare qualcosa che non posso sentire,le mie orecchie sembrano fuori uso,così come la mia vista,le mie gambe. Non faccio in tempo a spaventarmi che sono già a terra. Buio. Sento un suono acuto provenire dal mio lato destro. Continua a fare 'bip' e già non lo sopporto. Sono troppo debole per aprire completamente gli occhi,o forse è questa luce bianca ed accecante che me lo impedisce. Non riesco a muovere un solo muscolo,mi sento così debole che ho paura di scomparire da un momento all'altro. Sono già morta? Altrimenti,da dove verrebbe tutta questa luce fastidiosa? E il fatto di sentirmi così leggera è una prova a favore per questa ipotesi. La cosa che non coincide,però,è questo 'bip',ancora più irritante della luce; ma c'è un flebile sussurro oltre a questo suono,un sussurro disperato. Chiunque sia direi che sta piangendo,seppur in un modo così mesto e silenzioso. Distinguo chiaramente le parole 'ti prego' e il mio nome,ripetute alternandole con dei 'no' piuttosto penosi. Ora riesco a riconoscere questa voce: è Jonatan,che probabilmente mi sta tenendo la mano visto che sento una stretta su di essa,abbastanza forte da scaldarmela. Poco a poco la vista ritorna e quella luce fastidiosa si rivela essere la lampada al neon sopra di me,insieme alla luce del sole ancora alto nel cielo: dev'essere mattina. Sono su un letto con le lenzuola bianche,che riprendono il colore delle pareti,anch'esse bianche. Perché sono in ospedale? Cosa è successo? Non ricordo nulla...vuoto totale,buio completo. Questa cosa mi irrita parecchio,anche se non ne so bene il motivo. Solo adesso mi accorgo di avere un dolore atroce alla testa e cerco di alzare la mano destra,quella che sta tenendo mio fratello,per massaggiarmi un pò le tempie,così quando la muoverò si accorgerà che sono sveglia,perché ha ancora la testa bassa e la mia mano intrecciata nella mia. Ci provo e,con grande rammarico,constato che,pur avendoci messo un grande sforzo,ho mosso lievemente solo le dita. Fortunatamente,Jo ha alzato di scatto la testa:ha gli occhi rossi e gonfi,avrà pianto per tutto il tempo in cui sono rimasta incoscente. Ha pianto due volte in un solo giorno,e la causa di entrambe qual è stata? Io,ovviamente. Non ne faccio mai una giusta,combino sempre guai. Dovrebbero vietarmi di uscire di casa,rinchiudermi da sola in una stanza bianca fino alla fine dei miei giorni,o spedirmi in Alaska senza cibo nè acqua. Jonatan mi fissa per qualche secondo,poi altre lacrime gli rigano il volto e mi abbraccia di slancio,urlando il mio nome e ripetendomi quanto mi vuole bene. Che esagerazione,stavo solo dormendo,in un certo senso,no? Quindi perché tutto questo baccano? Calmati o finiremo a terra tutti e due. Prima di riuscire a strozzarmi,entra in stanza un dottore di mezza età con indosso il solito camice bianco,che mi sorride. «Ben svegliata,Jamie. Come ti senti?» mi chiede il dottore,ma non riesco a muovere le labbra. Mi afferra una mano e dice: «Stringi la mia mano. Ci riesci?» beh,la risposta è no. Prende quell'apparecchio con due estremità che infila nelle orecchie e una che si appoggia sul petto,di cui non sono mai riuscita a capire il nome,e controlla il mio respiro. Ma a che serve se c'è quella macchina assordante accanto a me che...non riesco a finire questo pensiero,che il dottore mi risponde. Sembra mi abbia letto nella mente. «Nessun rumore polmonare...» fa una pausa e sposta quella ventosa fredda proprio sotto il collo,muovendolo nei d'intorni di tanto in tanto. «...o bronchiale. Perfetto,stai benissimo,Jamie.» esorta il dottore. Strano,a me non sembra di stare tanto bene. «Ma per sicurezza,facciamo altri controlli. Se tra un'ora non riesce a muoversi» dice,rivolgendosi a mio fratello. «penso sia meglio che per questa notte resti qui,per ulteriori accertamenti.»,mi sorride un ultima volta ed esce dalla stanza. Jonatan sospira,e si risiede sulla sedia vicino al letto. Ha i gomiti sulle ginocchia e le mani tra i capelli,che gli sorreggono la testa. Qualche goccia cade sui suoi pantaloni verde muschio: sta piangendo ancora. Va bene,mi correggo,sono tre volte in un giorno. Per risolvere il problema basterebbe sbattermi in galera e far ingoiare la chiave a Fuffy,per poi darlo in pasto ad una balenottera azzurra che pescheranno i giapponesi con cui faranno il sushi. Sì,lo so,gli animalisti verranno a cercarmi sotto casa...ma non sopporto sapere che qualcuno sta piangendo per colpa mia,soprattutto se quel qualcuno è mio fratello. Io adoro mio fratello,e ora che ci siamo solo noi due dovremmo sostenerci a vicenda,invece è lui che sostiene me. E questo non lo sopporto,mi sento inutile come un gatto sul divano. Ok,basta mettere in mezzo gli animali. Jo prende la mia mano e la guarda,accarezzandola per un pò. «Jamie,stringimi la mano...» dice, debolmente,mio fratello. Cerco di fare come ha detto,stringo più che posso. Beh,almeno sono riuscita a muovere tutte le dita anziché solo il pollice e l'indice,cone ho fatto appena sveglia. Jonatan alza lo sguardo e si avvicina a me,sorridendo. «Mi sei mancata tanto,non lo fare mai più...hai capito?» sussurra lui. «Va bene.» sussuro,ancora più flebilmente;sto riprendendo le forze,riesco persino a sorridere. Jo si avvicina ancora di più e mi dà un leggero bacio sulla fronte,come era solito fare papà quando mi dava la buona notte. Si abbassa e mi dà un altro piccolo bacetto sul naso,come se gli fossi davvero mancata così tanto. Oh,certo,non lo metto in dubbio ma...non è un pò esagerato? Adesso che lo guardo bene,non sembra molto in forma. Ha delle occhiaie sotto gli occhi color nocciola,i capelli ambra tutti arruffati. Pian piano,nella mia mente,si schiariscono delle immagini che prima erano completamente offuscate. Ricordo ogni cosa: le frittelle,la macchina,il cimitero,l'albero e quelle ombre...ancora ricordo quel grido acuto e disumano che quell'anima dannata emetteva. Quando è successo,però,ricordo che fosse già pomeriggio. «Jo...per quanto tempo ho dormito?» chiedo. «Due giorni.» risponde,alzandosi e stiracchiandosi,mentre guarda fuori dalla finestra. Tutto ha più senso adesso. Ritorno con lo sguardo sul muro bianco davanti a me,e noto che il mio stomaco sta reclamando. «Ho fame...» dico,accarezzandomi la pancia che non smette più di brontolare. Potrei mangiare qualsiasi cosa,basta che sia commestibile. D'altronde,due giorni senza cibo sono troppi,e poi per me,che mangio ogni due ore -o anche meno- è davvero inaccettabile una cosa simile,mio fratello dovrebbe già esserselo ricordato. Si gira e,come se se ne fosse appena accorto,prende un vassoio dal comodino accanto e mi fa segno di mettermi seduta. Io non voglio il cibo dell'ospedale! Sarà sicuramente una brodaglia per vecchietti con la dentiera! So cosa avevo affermato poco fa,e cioè che avrei mangiato qualsiasi cosa,ma non ce la faccio. Dò al vassoio un'occhiata fugace,che mi basta per capire cosa dovrò mangiare per non morire di fame: una tazza di ceramica bianca -perché in ospedale,ovunque guardi,c'è sempre qualcosa di bianco?- contiene una minestra acquosa. Ecco,la solita brodaglia per anziani. Più in là c'è un piatto -ovviamente bianco- diviso in sezioni: in una c'è della carne a fettine,così sottili che si può vedere la parte opposta. In un'altra sezione c'è del purè abbastanza consistente da poterlo definire tale. Nella terza ci sono dei piselli,anche loro piuttosto normali all'apparenza. E poi c'è una forchetta di plastica,di cui non c'è bisogno che vi dica il colore. Beh,mi immaginavo peggio,a parte quella sottospecie di minestra. Ah no,io quella non la tocco; mangerò tutto il resto. Prendo dalle mani il vassoio che mi sta porgendo Jonatan e afforchetto la prima fettina. In meno di dieci minuti ho finito tutto. Devo dire che non era male,almeno meglio di quel che prepara mio fratello,anche se i pancake di qualche giorno fa erano davvero buonissimi,come quelli della mamma...forse è per questo motivo che li aveva fatti,dopotutto,era per rallegrare me...mi sento più in colpa di prima. Entra un'infermiera con un carrello,su cui sono posti vari oggetti medici,dalle forme bizzarre. Non mi sono mai interessate la medicina,la scienza e via discorrendo,e forse è anche per questo che non ho mai capito nulla a scuola riguardo queste materie; è semplicemente una questione di interesse personale,tutto qui. È ora dei controlli che ha menzionato il medico. Speriamo che non abbiano niente a che fare con aghi o strane macchine inquietanti,sono ancora leggermente spaventata per quel che è successo due giorni fa...se è successo veramente. Dopo circa mezz'ora,io e Jo possiamo finalmente tornare in stanza,e io posso buttarmi sul letto e non alzarmici per le prossime dieci ore. In questa mezz'ora sento di aver recuperato un pò di energie,ma sono ancora debole e,soprattutto,sono stanca morta. So di aver dormito per due giorni interi,però è come se non avessi dormito neanche per un'ora. Per metà strada,mentre andavo a fare i controlli,mi ha dovuto sorreggere mio fratello,per l'altra metà ci sono andata sulla sedia a rotelle. È stato piuttosto stressante,in realtà,ma le gambe non reggevano e minacciavano di farmi cadere a terra. Per non parlare del gran mal di testa che,appena riuscivo a stare in piedi per qualche secondo,si trasformava magicamente in un giramento di testa che aveva la fastidiosissima capacità di farmi razzolare a terra. Come programmato,mi butto sul letto e mi copro tutta,cercando una posizione adatta per addormentarmi. C'è un pensiero,però,che mi affligge fin da prima. «Va' a casa.» dico,guardando mio fratello. Si avvicina a me e si mette sulla solita sedia,per poi sospirare. «No,sto bene. Resto qui.» «No che non stai bene. Ma ti sei visto?» gli rispondo. Scommetto che finiremo per litigare,ma non ho intenzione di arrendermi e, sicuramente,neanche lui. Entrambi siamo ugualmente testardi,se ci mettiamo in testa qualcosa è impossibile farci cambiare idea. Sospira ancora: deve aver capito anche lui come questa storia andrà a finire. Bene,io sono pronta. «Ti ho detto che sto bene. Non ho bisogno di nulla,adesso. Quella che sta male,qui,sei tu.» e fissò con sguardo vuoto dritto davanti a sé. «Ti sbagli fratellone,sono solo un pò stanca,e sono sicura che da i risultati dei controlli non risulterà niente.» esclamo. Lo vedo sospirare ancora e mettersi le mani sul viso,sembra disperato. «Jamie,ora basta,falla finita. Smettila di fingere,ok? Non sei per niente brava a dire bugie...» risponde Jo. Che cavolo gli prende? «Stiamo parlando della stessa cosa...vero?» chiedo io. Già,perché è strano il discorso che sta cominciando a fare...non sono sicura,in effetti,che stiamo parlando sempre sul fatto di riposarsi. «Che intendi dire?» aggiungo. Avvicina la sedia al mio letto,e solo ora mi accorgo che sta piangendo. Mi mette una mano sulla testa e la accarezza dolcemente. «Smettila di fare finta di niente...mancano anche a me,lo sai. Sono passati solo due mesi,non puoi pretendere di stare già bene...» successivamente mi abbraccia,più forte di quanto ha fatto prima. Gli occhi mi bruciano e comincio a piangere inspiegabilmente. Credo di aver capito cosa intendesse: ha cercato di dirmi che posso sfogarmi con lui ogni volta che ne avrò bisogno,che non devo fingere solo per non far sentire triste anche lui,che non c'è più bisogno di nascondere il dolore dietro finti sorrisi. E,tutto questo,l'ha detto senza troppi giri di parole e,allo stesso tempo,senza averne usate di specifiche come 'genitori','morte' e 'tristezza',che ci avrebbero fatto sentire peggio. È sempre stato così gentile,altruista e dolce con me; quando non c'era papà -e mancava spesso- mi ha fatto da padre,è sempre stata la mia figura di riferimento. È per questo motivo che odio vederlo piangere,mi fa sentire in colpa,il dolore mi sta lentamente consumando. Se non ci fosse lui accanto a me,direi che sarei caduta nel baratro insieme ai miei ricordi,alle mie debolezze e alle mie paure. I singhiozzi non si vogliono fermare,così come le nostre lacrime. Dicono che fa bene piangere,anche se a me non piace,e devo dire che dopo averlo fatto ti senti più leggera. Jo mi sta accarezzando la schiena e la testa con l'altra mano,mentre io stringo convulsivamente la sua maglietta fra le dita. «Non lo fare più. Non devi né svenire né fingere di stare bene,perché nessuno dei due sta bene.» singhiozza lui. «So che non vuoi piangere davanti a me...perché pensi di farmi del male,ma non è così. Fallo tutte le volte che vorrai. Ti voglio bene sorellina...non voglio perdere anche te.» «Ti-ti voglio bene anch'io.» rispondo,sempre singhiozzando. Non so come fa,riesce sempre a rallegrarmi,a sostenere entrambi anche con la poca speranza che ci resta. Jo si stacca dall'abbraccio e mi dà un altro bacio sulla fronte. «Dormi,adesso. Tra un pò torniamo a casa.» mi sorride e mi accarezza per un pò la guancia. Io mi sdraio e mi addormento,sperando di fare dei bellissimi sogni in cui,almeno lì,viviamo felici e soprattutto, insieme.
   
 
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