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Autore: Relou    22/01/2016    0 recensioni
-Non trovo nessun motivo per rimanerne così stupiti. Molly ha frequentato diversi uomini ma nessuno si è rivelato all'altezza ed erano tutti sbagliati perché, inevitabilmente, eravamo destinati a stare insieme. -
- Sherlock che parla di destino?! Questa è bella.. -
- Non che io ci creda, John, non essere ridicolo. Era per usare termini.. romantici. Insomma, quello è il tuo campo, io preferisco tenermene alla larga. – e così dicendo si lasciò cadere sulla sua poltrona accavallando le gambe in segno di chiusura dell’argomento.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano tutti increduli, attesero mesi, non giorni o settimane ma mesi, per credere che tutto ciò fosse vero.
Erano esistiti giorni in cui si domandavano quali fossero i gusti di Sherlock Holmes, se preferisse le donne o gli uomini, l’arrivo di John aveva confermato la seconda ipotesi, soprattutto secondo la signora Hudson,
ma poi ci fu La Donna, Irene Adler, a far intendere che per Sherlock la bellezza femminile non fosse indifferente come voleva far credere. La stessa farsa con Janine, che l’aveva portato addirittura l’andarci a letto, era una prova inconfutabile. Mai nessuno, a quanto pare, aveva mai considerato seriamente l’idea che Sherlock potesse avere una relazione vera con una donna, reale, sincera, alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti. Quando ci fu l’annuncio del suo matrimonio, tutti, soprattutto John, avevano dato per scontato che fosse uno dei suoi soliti piani per chissà quale caso contorto. La stessa Molly era incredula.
Era lei che avrebbe sposato. Di questo in realtà non c’era da stupirsi. Se non a Molly Hooper ,  a chi avrebbe potuto affidare la sua fiducia, Sherlock Holmes, perché lui aveva imparato che l’amore era anche quello, fiducia. Lo aveva imparato da John e Mary che nonostante tutto, il loro amore era profondo e indissolubile. John si fidava di Mary, come lei di lui.
Ma come sembrava inevitabile che quella donna potesse essere Molly Hooper, ad un’altra andava il pensiero, a un’altra donna che aveva saputo attirare l’attenzione di Sherlock, una donna per cui aveva dimostrato che avrebbe fatto qualunque cosa per salvarla e che se non l’avesse fatto, se avesse permesso che lei morisse, questo non sarebbe passato per nulla inosservato.
  • La Donna. – sillabò John a Mary, in risposta ad un discorso più ampio. John era stato partecipe del dolore di Sherlock quando pensava che lei fosse morta, anche se non aveva capito fino infondo cosa in realtà l’amico pensasse o provasse, era evidente che ci fosse qualcosa di più.
Molly non era nascosta, non stava origliando, era solo arrivata nel momento sbagliato o giusto, dipende dalla prospettiva.  Aveva sentito quel tanto che bastava e sarebbe bastato solo sentire quel nome, per sprofondare nelle incertezze che in realtà non l’avevano ancora abbandonata dal giorno del fatidico si.  Appena John la vide le corse subito incontro.
  • Molly, mi dispiace. Non badare a ciò che ho detto, erano solo riflessioni. Raccontavo a Mary l’ultima e forse unica volta in cui avevo visto Sherlock coinvolto con una donna. – Molly annuì accentando le scuse, e sussurrando – Non fa nulla.- abbandonò la stanza e l’appartamento. Nella sua testolina però si stava facendo strada un pensiero, un timore che le provocava un dolore fisico. Cosa sarebbe successo se LEI fosse tornata?
Molly viveva ancora nel suo appartamento, nonostante passasse qualche notte al 221B, ed è lì che si rifugiò. Sapeva che se fosse rimasta da Sherlock, lui  avrebbe dedotto che c’era qualcosa che non andava e prima di parlarne, sempre se avesse deciso di farlo, avrebbe dovuto chiarire le idee con se stessa. Si preparò un infuso di erbe con l’intento di attenuare i nervi e calmare il mal di testa. Si raggomitolò sul divano avvolta nella coperta e la sua mente cominciò a vagare.




Molly era stata chiamata di urgenza al 221B di Baker Street, era sera e stava uscendo dal Bart’s. Si sentiva stanca ma era sempre emozionata quando Sherlock la chiamava, perché non solo avrebbe visto lui ma avrebbe avuto da fare qualcosa di interessante. Strada facendo si ricordò di quando, per sdebitarsi, Sherlock l’aveva invitata a risolvere dei casi con lui. Non passava una giornata così eccitante e stimolante da.. tre anni, da quando lui se n’era andato più un anno impegnato a riconciliare i rapporti e sventare nuovi psicopatici. A quel ricordo una fitta al petto era inevitabile. Arrivata si sorprese di non trovare la signora Hudson e salì le scale con un po’ di preoccupazione. La porta era socchiusa, ovviamente la stava aspettando, l’aprì del tutto e quello che si trovò davanti non era affatto ciò che si aspettava. In quel momento confuso della sua mente, si sentii sicura di aver sbagliato, che Sherlock potesse essere impegnato e ignara che lui l’avesse già notata stava per chiudere la porta e andarsene.
  • Molly.. – Sherlock pronunciò il suo nome piano ma senza perdere la sua solita risolutezza. Quindi lei riaprì la porta. Rimase sulla soglia ad osservare. C’erano rose sparse quasi ovunque, erano rosse ed emanavano un profumo travolgente, la luce era soffusa, gestita dalle candele anche esse sparse in maniera solo apparentemente casuale, al centro della stanza c’era un piccolo tavolo rotondo con due candele lunghe, lisce riposte in un candelabro semplice color oro e altre rose, stavolta dallo stelo tagliato, da fare da centro tavola, la tovaglia era bianca e ricadeva soffice molto vicina al pavimento. Molly controllò la sua bocca, fece modo di non tenerla spalancata ma gli occhi, confusi e sgranati sfuggivano al suo controllo. Rimase ad osservare in cerca di una spiegazione, avrebbe potuto chiedere, certo, ma qualcosa nel farlo l’avrebbe fatta sentire stupida. Ammise che inizialmente aveva pensato che tutto ciò potesse essere per lei, certi scenari visibili solo nella finzione ricamata dei film, volevano dire amore, proposte importanti e poi, era di Sherlock che stavamo parlando, non era tipo di fare certe cose, inoltre lei non avrebbe saputo perché avrebbe dovuto fare una cose del genere. Nonostante lui fosse lì, davanti ai suoi occhi, se lo immaginò sbuffare disgustato nella sua mente, alla vista di tutto ciò.
Infine, si decise a parlare e nel tentativo di mantenere un po’ di dignità chiese vaga – Di che caso si tratta? – e non poté trattenere l’istinto di deglutire. Sherlock non rispose, si avvicinò al tavolino rotondo e spostò una delle due sedie, non disse nulla ma almeno quello, Molly lo tradusse come un “accomodati” . Così fece ma si avvicinò alla sedia con passo molto lento, timido e decisamente confuso, in quei pochi passi che le servivano per raggiungere la sedia tenuta ancora da Sherlock, stava valutando diverse alternative, ipotesi, cercava una spiegazione per quel sogno ad occhi aperti. Si dimenticò per un attimo l’eventualità di poter infastidire Sherlock con tutta quella lentezza ma quando tornò ai suoi occhi vide solo gentilezza e qualcosa simile.. all’imbarazzo?!
 Lui l’aiutò a togliere il cappotto. Molly si sentì terribilmente fuori luogo. Se lo avesse saputo prima si sarebbe vestita adeguatamente, aveva addosso i suoi tipici abiti comodi ed eccentrici per il lavoro che faceva, tutti quei colori in un obitorio. Sherlock invece era elegante come al solito, anzi forse di più. Aveva un completo nero, dalla giacca spuntava una camicia bianca, sembrava nuovo. Una volta che si sedette Molly, Sherlock fece lo stesso. Rimasero qualche lunghissimo secondo in silenzio, entrambi stavano valutando la situazione o forse erano semplicemente in cerca di un argomento. Molly in realtà sapeva cosa voleva chiedere, sapeva di cosa sarebbe stato interessante parlare in quel momento ma qualcosa le diceva di andarci piano, c’era tensione nell’aria. Alla fine fu Sherlock ad abbozzare qualcosa – Mancano dei violinisti o meglio, forse sarebbero stati necessari dei camerieri. – tutto serviva solo a confonderla sempre di più, gli occhi di lei rimanevano come quando era entrata e Sherlock in risposta a quello sguardo, che iniziava un po’ a preoccuparlo, si schiarì la voce. Molly strinse le labbra, aveva deciso di parlare ma doveva dire le cose giuste non quello che avrebbe voluto realmente chiedere che avrebbero potuto rivelare addirittura una certa prepotenza. – Prendo io i piatti? – Molly indicò la cucina con il pollice. Si sentì così stupida in quel momento.
  • No, no, ci penso io. – Sherlock si alzò di slancio e si diresse in cucina. Molly approfittò di quei pochi secondi di solitudine per rilassare i muscoli facciali e tirare un lungo sospiro. Tornato Sherlock, tornò anche la tensione. Lui che le sistemava la portata davanti non migliorava le cose.
  • Dov’è la signora Hudson? – almeno questo poteva chiederlo.
  • A trovare delle amiche. –
  • Hai cucinato tu? – a Molly sfuggì un lieve sorriso divertito al quale Sherlock rispose – No, mi hanno dato una mano. –
Chi, chi altro sapeva di tutto ciò? Molly avrebbe voluto saperlo, avrebbe voluto allontanarsi un attimo con una scusa banale, come l’andare in bagno, per chiamare il complice di quella bizzarra situazione e riuscire a capire cosa stesse succedendo. Sherlock non si decideva a parlare, a quel punto diventava necessario chiedere chiaramente cosa stesse succedendo. Molly decise di trattenersi ancora un po’, fiduciosa che avrebbe avuto le sue risposte. Mangiarono quasi del tutto in silenzio, ogni tanto si sbirciavano, si studiavano. La situazione era sempre più bizzarra, non c’era altro termine appropriato che le venisse in mente. Bizzarro. Finalmente finirono di cenare, Molly sospettò che Sherlock aspettasse quel momento per parlare, infatti aveva combattuto contro l’istinto di divorare la cena in pochi secondi per arrivare al sodo ma non le sembrò opportuno.
  • Molly. – cominciò lui con tono deciso. – Ci conosciamo ormai da diversi anni, insieme ne abbiamo passate molte e credo che tu mi conosca abbastanza bene. – fino a lì non c’era nulla da obbiettare. Finita una breve pausa Sherlock ricominciò – Anch’io ti conosco e non solo attraverso le mie deduzione, hai saputo comunque stupirmi a volte, ti conosco come persona, ti ho vista maturare e crescere in tutti i sensi, come anche a me è accaduto. Io ti devo addirittura la vita, Molly Hooper. – Molly ebbe un sussultò a quelle ultime parole. Sherlock si era già sdebitato per l’aiuto che gli aveva dato nel sopravvivere a Moriarty, possibile che tutto ciò fosse ancora per quello?!
  • Molly.. – proseguì, abbandonando ogni tanto lo sguardo di lei – Vorresti, vuoi.. – un’altra pausa – Molly Hooper, vuoi sposarmi? – Sherlock aveva alzato il tono di voce, ma non fu questo a scuotere Molly. Sherlock Holmes  le aveva fatto La Proposta. Si pizzicò con la violenza che le permetteva la discrezione nella speranza di non farsi notare, per capire se sveglia, se tutto ciò non stesse accadendo solo nella sua mente, come infondo era già successo. Molly, una volta preso coscienza che ciò fosse reale, valutò l’eventualità che la stesse prendendo in giro o che stesse facendo qualche esperimento. No, Molly non riusciva a credere che facesse sul serio. Intanto, Sherlock attendeva rilassando la postura sulla sedia e portando le mani giunte alle labbra. Il silenzio non era silenzio, c’erano troppi pensieri nell’aria, a Molly parve di percepire anche quelli di Sherlock e capì finalmente, fino infondo, cosa intendesse lui quando si lamentava di “sentir pensare” .
Molly doveva dire qualcosa, tutto però sembrava inappropriato. Molly sapeva cosa avrebbe voluto dire, ma se si stesse sbagliando, che figura avrebbe fatto. Doveva, doveva parlare. La risposta sarebbe stata no, indubbiamente. Per quale motivo, così di punto in bianco, Sherlock aveva fatto una cosa del genere. Molly si stupì, quasi , quando si rese conto che tutto ciò non la stava facendo esultare ed esplodere il cuore di gioia, come nelle sue immaginazioni. Lei avrebbe dovuto dire necessariamente no, anche se forse se ne sarebbe pentita, rimaneva comunque la risposta più giusta e sensata e rispettosa verso se stessa– Si. – disse infine. COSA?! Quella domanda suonò così forte nella sua mente che quasi temette di averla detta ad alta voce. Alla fine aveva prevalso la Molly dal cuore pieno di amore per quell’uomo seduto ad attendere davanti a lei, la Molly che conosceva solo la sincerità e che faticava a trattenere la sua spontaneità.
Sherlock si drizzò, sorrise, con cautela ma sorrise. – Adesso dovrei ..-
  • Baciarti? – concluse Molly portandosi una mano alla bocca, colpevole di essersi fatta sfuggire troppo. Sherlock non dissentì ma nessuno dei due si mosse, non erano mai stati così simili . Si trovavano nella stessa identica posizione, probabilmente provavano e pensavano la stessa cosa. Sherlock si alzò, il battito di Molly accelerò. Si alzò anche lei e si avvicinò a lui con l’intento di colmare quella poco distanza rimasta e fare come era stato detto ma Sherlock indietreggiò. Molly rimase di sasso. Lo sapeva, lo sapeva, che stupida, aveva frainteso tutto. Prima che la valanga di negatività sommergesse completamente Molly, accompagnata dalle lacrime, Sherlock si inginocchiò di fronte a lei. I suoi pensiero tacquero. Sherlock prese una scatolina di velluto azzurro dalla giacca, l’aprì e all’interno luccicava un anello. Era d’argento, era  liscio ma aveva un’unica pietra abbastanza evidente, dal taglio frastagliato e un colore leggermente azzurro, Molly non poté non associarla ai suoi occhi. Sherlock, nella classica posizione che voleva dire solo una cosa, disse con il tono di voce più suadente che avrebbe mai potuto sfoderare– Molly Hooper, vuoi sposarmi? –
    Molly fu colta inevitabilmente dalle emozioni che si era stupita di non aver provato alla versione precedente della proposta. tremava.  – Si!- disse Molly, con qualche lacrima che era sfuggita al suo controllo. Sherlock con una nuova luce negli occhi le si avvicinò e per la prima volta la baciò.
C’era molto di cui parlare. Tanto per cominciare, Sherlock le aveva chiesto di sposarla senza che i due avessero mai avuto una vera relazione, inoltre, cos’era successo così di punto in bianco, dov’era finito lo Sherlock che di lei non voleva saperne, almeno non in quel senso. Quante volte l’aveva rifiutata, quante volte aveva messo in chiaro, anche se non con un discorso diretto, che tra di loro non avrebbe potuto esserci nulla, nulla che potesse essere chiamato amore, almeno da parte sua. Ma quei discorsi non furono affrontati quella sera. Quella sera, fu dedicata ai sentimenti. Molly trascorse la notte a Baker Street.








Erano tempi di una ritrovata e meritata pace. Moriarty non era più un pericolo,  nessuna enorme minaccia incombeva su di loro. I casi non mancavano ma erano di flebile importanza, appartenevano alla routine.
I Watson conducevano la loro vita da perfetta famiglia felice, soprattutto adesso che la bambina era nata. La piccola Sharyl. Nome che Sherlock aveva dato prova di apprezzare molto, sotto i sorrisi inteneriti di Mary e quelli un po’ più sarcastici di John.  Sherlock, disabituato a rimanere troppo tempo da solo, nonostante John non lo avesse affatto abbandonato, sia come amico che come collega, continuava a sentire uno strano senso di vuoto e solitudine. Perciò, forse in cerca di maggiore svago o, come a Molly piaceva un po’ illudersi, in cerca della sua compagnia,frequentava più spesso di quanto già non facesse, il Bart’s. A Molly non dispiaceva, era un po’ come vivere con lui, pensava divertita, era preda costante dei suoi travagliati umori e oltre al suo lavoro doveva occuparsi dei capricci di lui. Fu così che Molly e Sherlock si avvicinarono più di quanto in realtà non avessero già fatto. Sherlock era cambiato, non era un uomo che respingeva i sentimenti col timore che questi potessero ostacolarlo o in qualche modo danneggiarlo. Lo aveva dimostrato in diverse occasione, tra le quali accettando di buon grado Mary, perdonandola e rassicurando John di non aver fatto un errore. Sherlock aveva mostrato e aveva parlato di sentimenti, conservando il suo stile rigido, distaccato e scientifico ma erano comunque sentimenti. Molly lo vedeva e ogni tanto gli sorrideva senza che lui ne capisse il perché ma infondo era Molly..



Molly si ridestò da quello che le sembrò uno stato di trance. Pensava fossero passate delle ore, perfino tutta la notte, in realtà solo pochi minuti, nei quali aveva rivissuto gli ultimi avvenimenti, anche essi sviluppatosi in poco tempo ma che le avevano stravolto la vita. Il suo sogno stava per realizzarsi ma non riusciva ad esserne felice.
Si trascinò fino alla camera da letto, stanca e con la testa troppo pensante, non desiderava altro che ricevere il caldo abbraccio delle coperte.
 
   
 
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