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Autore: Emily27    23/01/2016    4 recensioni
Babbo Natale esiste veramente? Castle e Beckett hanno opinioni diverse a riguardo. Ma...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Lanie Parish, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Miracolo nel 12° Distretto




Il cadavere era stato rinvenuto nella zona nord di Central Park. Ryan ed Esposito si trovavano già sul posto. Beckett lasciò la macchina sulla stradina accessibile ai mezzi e si diresse sul luogo del ritrovamento, camminando sulla neve già calpestata. Rabbrividì e si infilò le mani nelle tasche del cappotto: il freddo era pungente, nemmeno il sole del primo pomeriggio riusciva a mitigarlo.
Castle, al suo fianco, le stava parlando dei suoi programmi per l'indomani, il giorno di Natale.
«Mia madre ha deciso di mettersi ai fornelli e di preparare un sontuoso pranzo. Ci sono libri di cucina sparsi per tutto il loft, e la dispensa e il frigorifero sono stipati. Temo si sia scordata che a tavola ci saremo solo io, lei e Alexis, che ci ritroveremo con tanto cibo da sfamare un intero reggimento!»
«Se non altro saprete cosa mangiare fino a Capodanno.»
«No, ti prego!» esclamò lui terrorizzato. «Mia madre non è quel che si definisce una cuoca provetta... Vieni in mio soccorso» mugolò supplichevole.
«Che cos'è, un invito?»
«No... cioè...» esitò Rick. «Starai con tuo padre, immagino... Ma potreste venire entrambi» osò.
Kate lo guardò in modo eloquente. «Castle...»
«Okay, come non detto» disse lui sollevando le mani in segno di resa.
«Trascorrerò il Natale come ogni anno, ovvero lavorando.» Detto questo, Beckett ritenne chiuso l'argomento. Ne aveva anche parlato con il dottor Burke durante una delle recenti sedute, e lo psichiatra le aveva consigliato di provare a cambiare quell'abitudine, ma non era obbligata ad ascoltarlo. Infatti non lo avrebbe fatto.
Castle tenne sollevato il nastro giallo che delimitava la scena del crimine ed entrambi passarono al di là. Il cadavere giaceva su una lettiga vicino a un cespuglio di sempreverdi, era un uomo bianco abbastanza giovane, che indossava un giubbotto di pelle e dei jeans. Accanto ad esso stazionavano Esposito e Lanie.
«Ciao, ragazzi» li salutò quest'ultima, avvolta in una maxi sciarpa. «Andrò subito al sodo, non vorrei che v'ibernaste. La causa del decesso è una ferita da corpo contundente alla nuca. In base alle condizioni del corpo e alla temperatura esterna, posso fare risalire l'epoca della morte a ieri pomeriggio, in un arco temporale di alcune ore, diciamo... fra le tre e le sei.»
Mentre Castle e Beckett osservavano il morto, intervenne Esposito. «In tasca aveva il portafoglio con i documenti. Si chiamava Gilbert Griffin, trentaquattro anni, residente a New York. Non aveva il cellulare con sé.»
«La posizione del corpo fa pensare che l'omicidio sia avvenuto altrove, l'assassino deve averlo portato fino a qui per nasconderlo tra i cespugli» aggiunse la dottoressa Parish.
«Dopo la nevicata di stanotte, dubito che la scientifica troverà qualche traccia utile» osservò Kate.
Castle considerò: «Le condizioni migliori per commettere un omicidio.»
«Dell'autopsia si occuperà Perlmutter, io me ne vado tre giorni in montagna» li informò Lanie, facendo drizzare le antenne a Javier.
«Con chi?» domandò il poliziotto, mentre ostentava indifferenza controllando qualcosa sul cellulare.
«Ognuno ha i suoi segreti» rispose lei, circondandosi di un alone di mistero che lasciò Esposito nel tormento.
«Già» convenne Beckett. «Cerchiamo di scoprire quelli dell'assassino.»
«Quando avremo un assassino» puntualizzò Rick.
In quel momento sopraggiunse Ryan, rischiando di scivolare sulla neve con un paio di scarpe poco adatte a quell'evento atmosferico. «Forse ce l'abbiamo» annunciò, catturando l'attenzione di tutti i presenti. «Gli agenti della polizia di Central Park, che ci hanno chiamati, hanno notato un individuo chino sui cespugli, agitato, così sono andati a controllare, scoprendo il cadavere. Lì per lì, sembrava che l'uomo avesse soltanto trovato il corpo, ad insospettirli è stato il fatto che fosse sprovvisto di documenti e che si sia rifiutato di fornire le proprie generalità.» Kevin indicò un punto lontano oltre il nastro giallo dove stazionavano i due agenti, i quali trattenevano un uomo dalla notevole stazza vestito da Babbo Natale. «Potrebbe essere tornato sulla scena per cercare qualcosa che credeva di aver perso.»
Kate assentì.
Rick fissava il soggetto con un sorriso che si allargava sul volto e il suo sguardo fu attraversato da un luccichio. Beckett sospirò: con un sospettato di quel genere, Castle era già nel suo elemento. Un caso perfetto per la Vigilia, che avrebbe gettato benzina sul fuoco del suo già vivido spirito natalizio.

Al Distretto regnava un'insolita tranquillità: sembrava che quel giorno gli assassini si fossero presi una pausa in vista del Natale, festività durante la quale siamo notoriamente tutti più buoni. Alcuni agenti avevano terminato prima il loro turno, perfino la Gates era assente, partita per Chicago con la famiglia per trascorrere il Natale a casa dei suoceri.
Il sospettato si trovava già in sala interrogatori. Prima di raggiungerlo, Beckett diede istruzioni a Esposito e Ryan.
«Contattate i familiari della vittima e cercate quante più informazioni possibili su di lui. Abbiamo un possibile colpevole, ma non possiamo tralasciare altre piste.»
«Okay» rispose Ryan. «La scientifica sta cercando un eventuale riscontro con le impronte del sospettato.»
«Bene» disse lei, per poi dirigersi verso la sala interrogatori con Castle al seguito.
«Tu credevi a Babbo Natale?» le domandò.
«Tutti i bambini lo fanno, poi crescono e scoprono che è solo un'invenzione degli adulti.»
«Non è un peccato?»
«Non si può credere a Babbo Natale per tutta la vita, Castle!»
«Magari... Forse saremmo tutti più felici» affermò Rick con un'inflessione nostalgica della voce.
«Non è il momento di fare il sentimentale, adesso, abbiamo un sospettato da interrogare» tagliò corto Beckett, poi aprì la porta della sala interrogatori ed entrarono.
Il soggetto dall'identità ignota, ancora vestito da Babbo Natale, era seduto al tavolo. La sedia era piccola per la sua mole di uomo alto e massiccio, con il ventre prominente e il volto rubicondo che dava l'impressione di bontà. Kate, tuttavia, aveva imparato che molto spesso nel suo mestiere non ci si poteva fidare dell'apparenza. Prese posto sul lato opposto del tavolo e Rick fece altrettanto.
«Sono il detective Beckett, lui è Richard Castle» esordì. Senza lasciare al sospettato il tempo di proferire verbo, continuò: «Tanto per cominciare, potrebbe levarsi barba e berretto.» Era un interrogatorio, non una festa di Natale per bambini.
«Va bene, detective» rispose garbatamente l'uomo con voce baritonale. Si levò il classico copricapo rosso con il pon pon bianco, esponendo la chioma candida, e lo adagiò sul tavolo. «Questa, non posso, a meno che mi faccia avere schiuma e rasoio» disse tirandosi la lunga barba bianca e sorridendo simpaticamente.
A Beckett non sfuggì il sorriso che Castle gli rivolse di rimando.
«Lei non ha con sé i documenti. Come si chiama?»
«Babbo Natale» rispose l'uomo seriamente, senza alcuna nota ironica.
Kate appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse verso di lui. «Come si chiama?» ripeté alzando la voce di un tono.
«Gliel'ho appena detto: Babbo Natale» ribadì l'altro in tutta tranquillità.
Stato d'animo che in quel momento non apparteneva alla detective, la quale sentiva che quell'individuo avrebbe messo a dura prova la sua pazienza.
«Babbo di nome e Natale di cognome?»
Si voltò verso colui che aveva parlato, ovvero Castle, e gli lanciò un'occhiataccia.
«No, viceversa. Oh, meno male che qualcuno mi capisce. Anche gli agenti al parco non hanno voluto credermi, ma io non mentirei mai alla polizia!»
Kate, mantenendo a stento la calma, decise di passare oltre. «Va bene, signor... Babbo Natale» si espresse in modo sarcastico. «Torneremo dopo sul suo nome. Ora mi dica dove abita, è di New York?»
«No, certo che no! Io vengo dalla Lapponia» rispose l'uomo come se fosse una cosa ovvia, sorpreso dal fatto che lei non lo sapesse. Sembrava talmente convinto delle sue affermazioni, che i casi erano due: o era un attore nato, o era pazzo.
«Forse dovrei ordinare una perizia psichiatrica» pensò Beckett ad alta voce lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.
«Intende per me? Non sono mica matto!» si risentì Babbo Natale. «Glielo dica anche lei» disse rivolto a Castle, sicuramente considerandolo un potenziale alleato.
Lo sguardo tagliente di Kate zittì Rick ancora prima che potesse aprire bocca.
Beckett si staccò dallo schienale, allungandosi nuovamente verso il sospettato. «Che cosa stava facendo vicino al cadavere?» Il tono era basso e minaccioso. Era tempo di andare al sodo.
L'uomo si sistemò sulla sedia, che non doveva trovare particolarmente comoda e che cigolò sotto il suo peso. «Le spiego tutto. Allora... Ho posteggiato la slitta con i regali dietro a delle piante, poi mi sono occupato di far mangiare le renne con il fieno che avevo portato con me. Sa, ci aspetta un lungo giro questa notte...»
Beckett chiuse gli occhi e s'impose autocontrollo, ascoltando il suo racconto senza interromperlo.
«... intanto ho dato un'occhiata ai dintorni, ed è a quel punto che ho notato qualcosa che spuntava da sotto un cespuglio, qualcosa che sembrava un piede. Così mi sono avvicinato e ho scoperto... che era un cadavere! Uno shock, mi creda» disse l'uomo con gli occhi sgranati, come se gli si fosse di nuovo parata davanti la visione del corpo.
«Intende dire che a Central Park è parcheggiata la slitta con le renne?» domandò Castle tra il dubbio e la meraviglia.
«Certamente.»
«Quindi potrei andare a darci un'occhiata...»
«Soltanto chi crede davvero alla magia del Natale riesce a vederla. Lei ci crede?»
«Basta!» esclamò Beckett. Quel dialogo era ridicolo e Castle doveva smetterla di dare corda a quello che era a tutti gli effetti un sospettato. «Perché non ha chiamato il 911?» domandò riprendendo le redini della situazione.
«Il numero di emergenza, giusto? Non ho fatto in tempo, sono arrivati quei poliziotti. Comunque avrei dovuto cercare una cabina telefonica, lì in giro non ce n'erano.»
«Non possiede un cellulare?»
«No, nel mio villaggio non c'è campo.»
Nel suo villaggio...
«Conosceva Gilbert Griffin, la vittima?»
«No, però la sua morte mi rattrista. Era giovane, aveva ancora tanta vita davanti.»
Babbo Natale appariva sinceramente addolorato, i suoi occhi cerulei lo confermavano. Kate sentì vacillare i suoi sospetti, ma fu solo un attimo, durante il quale percepì lo sguardo di Rick su di sé.
«Senta, detective, quando potrò andare via di qui?» domandò l'uomo riprendendosi. «Devo ancora controllare che sulla slitta sia tutto a posto e dare da bere alle renne, non posso partire in ritardo per il giro di stanotte.»
Beckett perse la pazienza. «Quando avrà risposto seriamente alle mie domande! E prima lo farà, prima tutti noi potremo andarcene a casa a festeggiare la Vigilia!»
«Tutti tranne lei.»
«Come?»
«Lei non festeggerà la Vigilia e nemmeno il Natale, sarà qui a lavorare.»
«Che cosa ne sa, lei, di quel che farò io?» ribatté Beckett piccata
«Oh oh oh, io so molte cose» sostenne l'uomo lisciandosi la barba.
Ci mancava solo l'oh oh oh. Quel tipo la stava davvero smontando. Invece Castle ne era palesemente affascinato, al pari di un bambino che aspetta di sedersi sulle ginocchia di Babbo Natale e sussurrargli all'orecchio i suoi desideri. In certe occasioni si dimostrava proprio infantile.
«Per esempio?» domandò lo scrittore con lo sguardo acceso di curiosità.
«Signor Castle...» disse l'altro in modo serioso. «Quando aveva sei anni, scrisse una letterina in cui mi chiedeva soltanto un dono per Natale: suo padre.»
Il sorriso scomparve dalle labbra di Rick e sul suo volto si disegnò un'espressione di puro stupore, ma anche di turbamento.
L'uomo continuò: «Mi rincresce di non aver esaudito la sua richiesta, mi creda.»
«Non importa, non si preoccupi» lo rassicurò Castle guardandolo con occhi di bambino.
«Sì che importa, adesso come tanti anni fa, ma allora non era suo tempo. Forse presto lo sarà.»
«Vuole dire che potrò incontrare mio padre?» domandò lo scrittore con un lieve tremore nella voce.
«Solo se lo vuole veramente.»
Rick annuì, con la speranza nel suo sguardo trasparente.
Quella conversazione era alquanto surreale, ma si stava parlando del padre di Castle, un argomento per lui delicato e spinoso, ed egli sembrava essere così toccato dalle parole di quell'uomo che Beckett non aveva osato interromperli o intervenire.
«Devo scrivere una letterina?» chiese Rick ritrovando la sua vena ironica.
«No, in questo caso non sarà necessario» rispose Babbo Natale con un sorriso bonario. «Io conosco i desideri che albergano nei cuori delle persone, e faccio del mio meglio per poterli esaudire» disse, poi spostò l'attenzione su di lei. «Anche i suoi.»
«I miei?» fece Kate, presa in contropiede.
Lui si limitò a continuare a sorridere.
Era impensabile che sapesse quali erano i suoi desideri, non erano ben chiari nemmeno a lei stessa. Senza rendersene conto, si voltò verso Rick e incontrò il suo sguardo che, per una manciata di istanti, la mise con le spalle al muro. Il suo muro, che tremò pericolosamente.
Non poteva continuare l'interrogatorio in quelle condizioni, con Castle e il sospettato che recitavano un film di Natale, facendo sembrare lei quella anormale.
«Castle, usciamo» lo esortò alzandosi.
Una volta fuori dalla stanza, Rick esclamò: «È lui!»
«Credi che sia lui l'assassino?» Forse stava rinsavendo.
«No. È lui, Babbo Natale!»
«Non stai dicendo sul serio, vero?» si augurò, già temendo di dover richiedere una perizia psichiatrica anche per Castle. Magari al dottor Burke.
«Kate, ci sono le prove» affermò prendendola per le spalle, eccitato e con l'espressione sognante. «Come poteva sapere che a Natale tu lavorerai?»
«Non so... Avrà sentito qualcuno che lo diceva qui al Distretto, o ha tirato a indovinare.»
«Difficile... Ma ammettiamo che sia andata così. E la lettera che ho scritto a sei anni?»
«Beh... Ne avrai parlato in qualche intervista.»
«Assolutamente no. Non l'ho mai detto a nessuno, nemmeno a mia madre.» Era trionfante. «Scrissi la letterina la sera della Vigilia, poi andai a dormire e la nascosi sotto il cuscino, avendo paura che, trovandola, mia madre si sarebbe arrabbiata. La mattina dopo, al mio risveglio, realizzai di non aver ricevuto quello che avevo chiesto. La delusione fu tanta che gettai la lettera nella stufa. Poi compresi che quel desiderio era troppo grande perfino per Babbo Natale, così gli anni successivi mi limitai a domandargli libri e giocattoli. Capisci, Beckett, soltanto io e lui possiamo conoscere il contenuto di quella lettera.»
Kate aveva ascoltato commossa il racconto di Rick, immaginandolo nella sua infanzia priva di un padre a riporre in Babbo Natale il sogno, poi infranto, di averlo accanto.
Comunque, se la persona in sala interrogatori era al corrente del contenuto della letterina, di certo non era perché fosse chi diceva di essere, era ovvio. Esisteva sicuramente una spiegazione. Sicuramente.
«Castle...» iniziò, senza poi trovare le parole per proseguire: le dispiaceva disilluderlo. Il che era assurdo, dato che Rick non poteva credere sul serio all'esistenza di Babbo Natale.
Furono Ryan ed Esposito a levarla dall'impaccio, raggiungendoli proprio in quel momento per informarli sull'esito delle loro ricerche.
«I genitori della vittima sono morti circa un anno fa in un incidente stradale, l'unica parente è la sorella, Allison, che vive a Dublino e che non potrà essere qui prima di dopodomani» disse Ryan.
«Nessuna denuncia a suo carico. Gilbert Griffin, fino a tre mesi fa, lavorava alla Software Solutions, un'azienda informatica, dopodiché è stato licenziato a causa della riduzione del personale. Gli uffici sono chiusi per le festività, ma sono riuscito a procurarmi l'indirizzo e il numero di cellulare del titolare, Ethan Barrett. Ho provato più volte a chiamarlo ma non risponde, dovremo fargli visita» spiegò Esposito.
Ryan proseguì: «Le impronte del sospettato non sono presenti nell'AFIS, nessun precedente.»
«Non è lui l'assassino, dobbiamo seguire altre piste» asserì Castle con sicurezza.
«Ancora non lo sappiamo» lo contraddisse Kate. «Intanto continuate ad indagare sulla vita della vittima. Amici, ex colleghi, vicini di casa... Io devo finire con il sospettato.»
Ryan ed Esposito tornarono alle loro scrivanie e Beckett si diresse nuovamente in sala interrogatori.
«Stai perdendo il tuo tempo, non ha ucciso lui Gilbert Griffin» insistette Castle.
Kate lo ignorò. «Io ritorno dentro. Tu resti qui» gli impose invece.
«Perché?» domandò Rick perplesso.
«Perché non posso fare il mio lavoro mentre tu conversi amabilmente con chi devo interrogare.»
«Non parlerò, non dirò più nulla. Lo giuro.»
Nel pronunciare le ultime parole, Castle aveva nascosto una mano dietro la schiena. Kate poté scommettere che avesse incrociato le dita.
Ciononostante, vittima del suo irresistibile sguardo implorante, gli accordò di presenziare ancora all'interrogatorio.
Ripresero i loro posti di fronte al sospettato, il quale si mostrò di nuovo impaziente di andare via, ma senza nulla ottenere se non la ripresa delle domande da parte di Beckett e il religioso silenzio di Rick.
«Dove si trovava ieri fra le tre e le sei del pomeriggio?»
L'uomo parve rifletterci, poi, all'improvviso, assunse un'espressione indignata. «Non penserà che sia stato io a uccidere quel giovane?!»
«Risponda alla mia domanda, dopo vedremo.»
«Detective, non può credere che io sia un assassino» disse sconsolato. «Mi trovavo nel magazzino regali, a controllare che tutti i doni elencati nelle letterine fossero stati confezionati.»
Non era cambiato niente nel frattempo, come Kate aveva ardentemente sperato, quell'uomo proseguiva sulla stessa linea. Tutti i pazzi pensano di essere Napoleone, lui si credeva Babbo Natale. Anche se, a dirla tutta, non aveva l'atteggiamento di una persona malata di mente.
«I miei elfi possono testimoniarlo, erano con me» dichiarò ancora.
Rick s'illuminò. «Gli elfi! Beckett, loro confermeranno il suo alibi.»
«Castle!» proruppe lei.
Lo sapeva che non avrebbe dovuto permettergli di ritornare in sala interrogatori, lo sapeva che non sarebbe stato capace di restare zitto per più di due minuti.
Era già pronta a spedirlo fuori, quando Esposito bussò alla porta e fece capolino nella stanza.
«Beckett, c'è qui qualcuno che dovresti ascoltare.»
Javier non l'avrebbe interrotta se non fosse stato per qualcosa di davvero importante. Si alzò e uscì, lasciando soli Castle e il signor Babbo Natale. Non volle neanche immaginare i loro discorsi su renne, elfi e letterine.
Fuori dalla sala interrogatori, si trovò davanti un uomo sulla quarantina, di bell'aspetto e dall'aria tormentata, il quale, con tono grave, disse: «Devo confessare l'omicidio di Gilbert Griffin.»

Joseph Riley era un ex collega della vittima. Griffin, circa un anno prima, gli aveva chiesto in prestito del denaro, in quanto dopo essere stato licenziato si era ritrovato in difficoltà economiche. Riley aveva acconsentito, a patto che glielo avesse restituito in tempi brevi. Trascorsi alcuni mesi senza che ciò accadesse e nessuna notizia da parte di Gilbert, aveva provato a contattarlo più volte, senza che lui rispondesse al telefono o si facesse trovare a casa. Il giorno prima si erano incontrati casualmente a Central Park e ne era nata una discussione, dalla quale erano passati poi alle mani. Griffin era caduto a terra battendo la testa contro un idrante ed era morto sul colpo. Joseph Riley si era fatto prendere dal panico e, appurato che non ci fossero in giro testimoni, aveva trascinato il corpo sotto ai cespugli nel tentativo di nasconderlo, perché venisse scoperto il più tardi possibile e confidando nella nevicata prevista per la notte, che avrebbe cancellato eventuali tracce. Non aver perso una puntata di CSI doveva pur essere servito a qualcosa.
I rimorsi, però, non gli avevano dato tregua. Logorato da essi e dall'orrore di aver commesso un omicidio, aveva quindi preso la decisione di costituirsi.
Il caso era chiuso.
Ryan ed Esposito avevano lasciato le loro scrivanie, augurando buon Natale, e si erano diretti di gran carriera all'ascensore: il primo per andare a trascorrere con Jenny la loro prima Vigilia da neo sposi, il secondo per correre in obitorio con la speranza che Lanie non fosse ancora andata via. La stesura dei loro rapporti poteva aspettare, aveva deciso Beckett.
«Te l'avevo detto che non era stato lui» gongolò Castle.
«Va bene» assentì Kate, anche se odiava sentirsi dire te l'avevo detto. «Però l'uomo qui dentro non ha i documenti e non intende fornire le proprie generalità, e non è pazzo. Per cui, dovrei comunque trattenerlo» sostenne mentre si fermavano davanti alla porta della sala interrogatori.
Rick si stupì. «Non dirai sul serio!»
«Sì, sto dicendo sul serio.»
«Ma non ha fatto nulla di male! E poi non pensi a tutti i bambini che questa notte non riceveranno nessun dono perché tu hai trattenuto Babbo Natale?»
«Io, la detective cattiva del Dodicesimo» disse lei facendo la voce grossa. «Smettila con questa storia, Castle.»
«La smetto, ma tu lascialo andare. Sei libera di non credere che sia Babbo Natale, però, Kate, ti sembra un tipo pericoloso, uno spacciatore, uno svaligiatore di banche?»
Lei incrociò le braccia sul petto e sospirò. No, in verità non le sembrava.
«Dai, Beckett...» seguitò Rick, sfoderando di nuovo quel suo sguardo supplicante, che la detective pensò bene di evitare. «A Natale siamo tutti più buoni.»
Perché a Natale si doveva essere più buoni? Quel detto andava abolito.  
«Se è solo per via dei suoi dati anagrafici, in fondo lui ti ha detto come si chiama, ovvero Babbo Natale. È un nome come un altro, no?»
La logica di Richard Castle non faceva una piega. E lei iniziava a trovare enormemente difficile trattenere il sorriso.
«D'accordo, supponiamo che io lo lasci andare. Che cosa dovrei scrivere nel rapporto? Di sicuro non che si chiama Babbo Natale.»
Castle meditò per cinque secondi, poi rispose: «Che il cadavere è stato rinvenuto da un barbone con una leggera alterazione delle capacità psichiche che non ricordava il proprio nome, ritornato poi alla sua vita di strada.»
Forse per il fatto che non dichiarare nome e cognome non costituiva un vero e proprio reato, oppure perché, suo malgrado, si sentiva davvero più buona, o ancora perché, se non avesse ceduto, Castle l'avrebbe assillata fino al giorno dopo, ma alla fine decise di lasciare libero Babbo Natale.
«A te l'onore» disse indicando platealmente la porta.
Castle manifestò la sua gioia in un enorme sorriso, poi entrò in sala interrogatori, mentre Beckett restò sulla soglia.
«Può andare, il colpevole ha confessato» annunciò soddisfatto.
L'uomo, ancora seduto composto come lo avevano lasciato, emise un lungo sospiro di sollievo. «Bene! Quel povero giovane avrà giustizia e io posso ritornare finalmente dalle mie renne.» Si rimise in testa il berretto sistemandolo con cura, quindi si alzò.
«Le serve un aiuto per la consegna dei regali?» si fece avanti Castle, e Kate alzò gli occhi al cielo.
«Molte grazie, ma ce la farò da solo. Ho anni d'esperienza.»
Quando tutti e tre furono in corridoio, Babbo Natale disse: «Detective Beckett, nonostante non creda alle mie parole, lei mi piace.»
Kate sorrise: nonostante i suoi vaneggiamenti, in fondo anche lui non le dispiaceva.
«Sia felice» aggiunse. Più che un augurio, suonò come un'esortazione.
«Farò del mio meglio» promise Beckett, pensando che tener davvero fede a quel proposito male non le avrebbe fatto.
«E lei, signor Castle, conservi sempre il suo lato bambino.»
«Ci può scommettere» gli assicurò Rick.
Seguirono con lo sguardo quell'uomo imponente mentre se ne andava, con il suo vestito rosso e gli stivaloni neri, sotto alle occhiate curiose degli agenti che incrociava, finché salì sull'ascensore e le porte si chiusero sulla sua figura pittoresca.
«È incredibile, ho conosciuto Babbo Natale» disse Rick.
Beckett si aspettò di vederlo saltellare in giro per il Distretto.
«Torna alla realtà, Castle.»
«Ma io sono nella realtà.»
Kate scosse la testa sorridendo e andò a staccare le foto dalla lavagna delle prove, regalando a Rick quella del suo idolo dalla barba bianca. Non erano ancora le sei e aveva del tempo per iniziare a scrivere il rapporto.
«Io mi porterò avanti con le scartoffie, tu vai pure a casa, Alexis e tua madre ti staranno aspettando.»
«No, resto qui con te. Mia madre starà già cucinando e non vorrei ritrovarmi come aiuto cuoco con un grembiulino a fiori.»
«Ti donerebbe» osservò Beckett sedendosi alla scrivania, mentre Castle prendeva posto sulla sua sedia.
«Sto alla tua parola.»
Kate aprì il programma sul computer e incominciò a digitare sulla tastiera. Cercò di concentrarsi, ma dopo aver scritto appena tre righe sollevò gli occhi su di lui. «Non riesco a lavorare se non smetti un istante di guardarmi.»
«Okay...» Rick ruotò sulla sedia con tutto il corpo, fino a darle le spalle. «Così va meglio?»
«Molto meglio» rispose lei, soffocando un accenno di risata. Riprese a scrivere.
Il cadavere è stato rinvenuto da un barbone con una leggera alterazione delle capacità psichiche che non ricordava il proprio nome, ritornato poi alla sua vita di strada.
La frase suggerita da Castle non era poi tanto male.
«Con chi andrà Lanie in montagna?» domandò lui con noncuranza, senza voltarsi.
«Come siamo curiosi.»
«No, che dici... Mi... Mi sto solo informando sul modo in cui un'amica trascorrerà il Natale.»
Questa volta Kate rise sommessamente. «Ci andrà con i suoi genitori, ma non dirlo a Esposito.»
«Uh... Beh, se voleva tenerlo sulle spine ci è riuscita.»
Beckett ritornò al suo lavoro, ma la presenza di Castle la distraeva. Tanto valeva andare a casa.
«Andiamo» disse spegnendo il computer.
«Hai già finito?»
«No, continuerò domani, quando sarò qui tutta sola e concentrata.»
«Guarda che potrei arrivare a sorpresa» l'avvertì lui mentre indossavano i cappotti.
«È una minaccia? Tua madre si offenderebbe se non facessi onore alla sua cucina.»
Castle fece una smorfia. «Vero, non potrei farlo, a Natale siamo tutti più buoni.»
Presero l'ascensore che li portò al pianterreno.
Non appena furono usciti dal portone principale, notarono qualcosa che scendeva dalla pensilina all'esterno: appeso al centro di essa, faceva bella mostra di sé un ramo di vischio.
«Prima non c'era» osservò Kate.
«Qualcuno deve averlo messo nel frattempo» fu la logica conclusione di Castle, il quale, indicando un punto nel cielo scuro punteggiato di stelle, esclamò: «Guarda là!»
Beckett sollevò lo sguardo in quella direzione. «Che cosa?»
«Là!»
«Non vedo niente, Castle.»
«Quella luce che si sta alzando nel cielo, proprio sopra a Central Park!»
Kate comprese a cosa si stesse riferendo, però non disse nulla che potesse distruggere le sue fantasie natalizie, in fin dei conti facevano parte di lui. Un lui che non voleva diverso da com'era.
«Un giorno la vedrai anche tu» affermò Rick sorridendole con dolcezza.
Beckett annuì e ricambiò quel sorriso.
Si trovavano esattamente sotto al ramo di vischio, e Castle fece sfoggio delle sue conoscenze. «Lo sai che la leggenda del bacio sotto al vischio risale alla mitologia dei Celti? Le lacrime della dea Freya, che pianse per la morte del figlio, caddero sul dardo di vischio con cui era stato ucciso, diventando le bacche della pianta e ridando vita al giovane. Freya, colma di felicità, ringraziò chiunque passasse sotto l'albero su cui cresceva il vischio con un bacio, e da quel momento in poi volle che chi si trovasse sotto il vischio si baciasse, per avere la sua protezione eterna, simbolo della vita e dell'amore che sconfigge anche la morte.»
«Interessante.»
«Forse non sarebbe una cattiva idea avere la protezione della dea Freya...»
«Ehm... Forse...» farfugliò Kate in allarme: Rick si era avvicinato a lei, troppo.
Non sapeva che a Natale, oltre che più buoni, si dovesse essere anche più intraprendenti.
Il suo sguardo la catturò, così intenso da non permetterle di staccare gli occhi dall'azzurro dei suoi. Si stupì di se stessa perché, sebbene ciò che stava per accadere fosse facilmente intuibile, non tentò si sottrarsi agli eventi.
Senza che quasi se ne rendesse conto, le labbra di Castle si posarono sulle sue. Chiuse gli occhi e ne assaporò la dolcezza e il calore, ricambiandoli, mentre le loro bocche si scoprivano trovando la perfetta armonia. Le difese di Beckett crollarono.
Adesso i suoi desideri le erano ben chiari: voleva che Rick continuasse a baciarla, per minuti, ore, giorni.
Per la durata di quel bacio si concesse di credere a Babbo Natale, e si sentì davvero più felice.
Pensò che avrebbe seguito il consiglio del dottor Burke e trascorso quel Natale in modo diverso dal solito.





So di arrivare un po' (molto) in ritardo con una storia natalizia, ma proprio non ce l'ho fatta a finirla prima, spero l'abbiate gradita ugualmente. A essere sincera, oltre a questa, avevo in mente anche un'altra storia semi-natalizia, che mi accingerò a scrivere. Magari la finirò prima di Pasqua, abbiate fede :)





 



 
  
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