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Autore: LumLumLove    23/01/2016    8 recensioni
Akane sta per sposarsi e mancano quindici giorni al grande passo. Ormai ha deciso, convolerà a nozze con un bravo ragazzo e inizierà una nuova vita, lontano da tutto ciò che conosce. Ma un'improvvisa scoperta manderà all'aria tutti i suoi piani, catapultandola in una bizzarra avventura, con una compagnia del tutto inaspettata: "Sono già sposata?! Com'è possibile?" - Storia originale in lingua spagnola di LumLumLove - Traduzione di Spirit99
Genere: Angst, Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quince días
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Capitolo 7: Martedì 19
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Akane
Ancora non riesco a crederci e mi sembra un sogno: ho dormito in un letto, mi sono fatta un bagno lungo e rilassante, indosso vestiti puliti e ho persino comprato una borsa da viaggio con tutto il necessario. Il mio nuovo shampoo profuma di fragole e mi sono concessa persino il lusso di comprare un profumo costoso, che se avessi acquistato a Nerima mi avrebbe dilapidato le finanze: ninfee bianche e germogli di bambù.
 
Continua a fare freddo ma oggi il mio umore è decisamente migliore. Salto giù dal letto, mi guardo allo specchio e finisco di mettere via le mie cose, pensando alla prossima tappa che ci aspetta, Rumoi, dove continueremo a cercare quel ladro di mio suocero in luoghi poco raccomandabili.
 
Per quanto imbarazzante, l'esperienza di ieri è stata una delle più sconvolgenti della mia vita. Trovarsi in un posto del genere, assistere come muti testimoni a un combattimento del genere... è stato allucinante. Non pensavo che Ranma combattesse così, anzi, non ho mai conosciuto nessuno migliore di lui nelle arti marziali.
 
È davvero bravo, incredibilmente forte, ma non lo ammetterei mai davanti a lui. Né questo né il fatto che ha un corpo da infarto.
 
Bene, sarà meglio togliermi dalla testa questi pensieri! Infatti la scuoto un paio di volte in segno di negazione, come se così potessi liberarmi dall'immagine del ragazzo con il codino sul ring, mentre il sudore bagna la sua maglia e la determinazione brilla selvaggia nei suoi occhi azzurri.
 
Ah, merda.
 
No, basta, via da qui! Sono fidanzata! Ecco, meglio pensare a Shinnosuke... ma dai, ma chi voglio prendere in giro? Fisicamente non può competere con lui.
 
Ah, merda.
 
E poi c'è la ciliegina sulla torta. Che vergogna aver urlato il suo nome in quel modo, come se fossi una fidanzata preoccupata! Spero solo che il brusio del pubblico fosse abbastanza forte da coprire la mia voce e che non l'abbia sentito.
 
Comunque sia, questa avventura finirà presto anche se non oggi… sono via già da quattro giorni e se richiamo senza dare notizie del mio ritorno la mia famiglia inizierà a preoccuparsi sul serio.
Inspiro profondamente ed esco dalla camera, poi guardo contrariata il corridoio vuoto: senza dubbio mi aspettavo di trovarmi di fronte il ragazzo con il codino... forse è ancora provato dall’incontro di ieri sera?
Mi dirigo verso la sua camera e busso alla porta ma non ottengo risposta. Poggio l'orecchio alla superficie di quest'ultima ma non riesco a sentire niente. Busso ancora, questa volta più forte.
 
-Ehi, sei sveglio?- chiedo mentre giro il pomo, in fondo ho provato a bussare.
-S-sto entrando.- mi annuncio tra il nervosismo e l'impazienza… e poi sarei io la dormigliona?
 
Proprio quando sto aprendo la porta una voce mi sorprende alle spalle.
 
-BUUU!- esclama l'idiota patentato nel mio orecchio mentre io salto spaventata.
 
-Ah! Avresti dovuto vedere la tua faccia!- dice tra le risate mentre io faccio uno sforzo immane per riportare il battito cardiaco a un ritmo normale.
 
-Ma cosa sei, un ragazzino? Non puoi spaventare così la gente!- dico imbarazzata, mentre cerco di tenere in piedi la mia dignità.
 
-Ma dai, se hai voglia di farmela pagare così tanto non dividerò con te la colazione.- dice mentre solleva una borsa davanti al mio naso. In questo momento i miei occhi seguono attentamente il cibo come se fossi un cagnolino e lui comincia a sorridere di nuovo dei miei comportamenti.
 
-Allora, che mi dici?
 
Io gli strappo di mano la borsa, stanca di tutte queste prese in giro.
 
-Che sei un idiota!- rispondo con aria di sfida, anche se il fatto che io sia in posa di combattimento non significa che abbia voglia di iniziare a litigare di nuovo.
 
Ranma fa un gesto verso la sua camera invitandomi a entrare e io accetto, affamata, in fondo non vedo l'ora che questa giornata inizi.
 
-Come va con la caviglia?- chiedo curiosa mentre tiro fuori dalla borsa un melonpan* e lo divoro, sedendomi sul letto, poi do un altro morso sentendo il mio stomaco brontolare soddisfatto.
Cavolo, sembra che io sia sempre affamata.
 
-Meglio, grazie.- risponde lui sedendosi accanto a me ed estraendo dalla borsa un panino uguale al mio.
 
-E quali sono i piani di oggi?- chiedo distrattamente mentre cerco da bere. -Hai portato solo del tè?
 
-Dobbiamo prendere l'autobus per Rumoi, è una città della costa e in genere ci sono solo turisti e pescatori. Bevilo e non protestare.
 
-E pensi che tuo padre sia là?
 
-Chi lo sa, forse ci sarà qualche acquirente. Inoltre, proprio in quella zona si è insediato di recente un clan della yakuza.
 
Smetto di masticare e lo guardo scioccata. Continua a sorprendermi il fatto che parli tanto tranquillamente di combattimenti illegali, mercato nero o persino la yakuza, sembra che per lui sia qualcosa di normale e la cosa non smette di spaventarmi.
 
-Non fai parte di una famiglia di mafiosi, vero?- chiedo, mentre lui prende una ciambella e tira un morso enorme.
 
-Che? Certo che no. Il fatto è che mio padre è molto bravo a mettersi nei guai, ti sorprenderebbe.
 
-A questo punto mi aspetto qualsiasi cosa.- rispondo sgomenta. Lui mi guarda fisso con un certo interesse, io arrossisco e volto la testa. –B-beh?- chiedo, nervosa.
 
-Non finisci di mangiare questa roba?- chiede il ragazzo con il codino indicando il resto della mia colazione. Per tutta risposta, rischiando di soffocare, butto tutto giù in un solo boccone.
 
Un attimo dopo siamo di nuovo in marcia, salto fuori pronta ad affrontare tutto e tutti e sentendo che forse ora avremo fortuna. Mio suocero non può nascondersi per sempre, inoltre il Giappone è un'isola, non può passare da un Paese all'altro come se niente fosse.
 
Mi volto e incontro l'artista marziale alle mie spalle, già con lo zaino in spalla, che mi guarda con la stessa aria interrogativa che aveva quando mi ha chiesto se volessi dargli la mia colazione, ma ora non credo di avere niente che possa interessargli. Distoglie lo sguardo, improvvisamente accigliato, e questa volta sono io a sentirmi confusa.
 
Riprende a camminare senza rivolgermi la parola e, senza poterne fare a meno, metto su il muso anche io. Pensavo che avessimo iniziato bene la giornata.
 
-E ora che ti succede?- chiedo, intromettendomi nel suo evidente malumore.
 
-Niente.- risponde, scuro in volto. Nonostante tutto vedo che inizia ad alzare il passo e faccio un po' fatica a stargli dietro, devo quasi correre.
 
Arriviamo alla stazione degli autobus e lo guardo esausta, dato che sono stata costretta a percorrere mezza città a passo militare, mentre lui si volta e mi osserva impaziente.
 
-Non mi hai restituito i soldi che ti ho dato ieri.
 
-Eh?
 
Tende una mano facendomi capire che vuole indietro i soldi che ho speso per comprarmi vestiti e prodotti per l'igiene personale. Sgrano gli occhi, incredula, non so se sia un taccagno o semplicemente vuole controllare quanto ho speso e cosa ho comprato, ma alla fine il denaro l'ha guadagnato lui e non mi sembra del tutto sbagliato. Gli allungo i cinquemila yen che mi restano e lui li osserva a bocca aperta.
 
-Solo questo?
 
-Mi hai detto di comprare quello che di cui avevo bisogno.- rispondo sulla difensiva, incrociando le braccia.
 
-E quanta roba ti serviva?
 
-Tutto! Non avevo neanche più mutande!- urlo, indignata, per poi tapparmi la bocca due secondi dopo e guardandomi intorno: diversi viaggiatori mi guardano stupefatti. Sorrido in maniera forzata e guardo l'ostinato artista marziale sentendo la mia faccia andare a fuoco, di sicuro lui non si trova in una situazione migliore.
 
-Puoi tenerli.- dice, voltandosi di nuovo, ovviamente morto di vergogna anche lui, con le guance incendiate.
 
-Ma io non li voglio!- replico orgogliosa, restituendogli i soldi.
 
-Neanche io!
 
-E allora perché me li chiedi?
 
Mi risponde con un grugnito e riprende a ignorarmi. Davvero, ma che gli prende? Perché stamattina era di buonumore e ora torna a comportarsi come un cretino? Ok, in fondo non devo preoccuparmi troppo, alla fin fine le nostre strade si divideranno, ma il fatto è che non sopporto la sua maleducazione.
 
-Sai una cosa? Se continui a comportarti così nessuna ragazza vorrà sposarti.- gli dico camminando dietro di lui e, sorprendentemente, sussulta e mi guarda al di sopra della sua spalla.
 
-E chi diavolo vuole sposarsi?- risponde sulla difensiva.
 
Lo guardo senza scompormi e penso che se noi donne siamo complicate, gli uomini sono senza dubbio dei cretini.
 
-Shinnosuke è molto più gentile di te.- penso a voce alta.
 
-Come se mi importi qualcosa dell'allevatore di scimmie che hai per fidanzato.- sbuffa sprezzante. Non mi piace che insulti in questa maniera il mio futuro marito e, ora che ci penso, lo sta facendo praticamente da quando ci siamo conosciuti. Sempre sgarbato.
 
-Ascolta sempre quello che ho da dire e non abbiamo mai litigato. Neanche una volta.
 
-Stupendo...- risponde con voce roca.
 
-Lui... – resto ammutolita davanti alla visione di un piccolo bar a un angolo della stazione degli autobus e il ragazzo con il codino continua a camminare finché non si accorge che non lo seguo più. Quindi torna sui suoi passi e mi guarda in preda alla collera e all'impazienza.
 
-Allora? Sei già stanca di parlare dell'innaffia-piante?
 
-Caffè... mormoro mentre cammino verso il bar, seguendo il delizioso profumo. Sono giorni che non ne bevo uno e che faccio colazione con quello che capita. Non che il tè che mi ha portato Ranma non mi sia piaciuto ma non c'è paragone con una deliziosa tazza di buon caffè.
 
-Hai già fatto colazione.- protesta lui, seguendomi e appoggiandosi alla panca del chiosco, mentre io lo ignoro completamente. –Diventerai grassa e non entrerai più nel tuo ridicolo vestito da sposa.
 
-Solo un caffè.
 
-Subito signorina.- risponde il gentile cameriere mentre prepara un espresso e lo versa in un bicchiere di carta.
 
Finalmente! Quando lo prendo tra le mani provo la stessa sensazione di quando ieri ho potuto fare un bagno. Un'incredibile pace scorre nel mio corpo.
 
-Lo prendi senza aggiungere niente?- chiede l'artista marziale che mi guarda di nuovo con curiosità, dimenticando l'arrabbiatura di poco fa.
 
-Sì, da solo e senza zucchero.- rispondo, bevendo il primo sorso e sentendo il calore invadere il mio corpo.
 
-Ci avrei giurato, poco femminile come al solito.- dice, cercando di nuovo di colpirmi con le parole. E la cosa peggiore e che stavolta purtroppo ci è riuscito.
 
Guardo con rammarico il mio adorato caffè e sospiro con tristezza. È vero, non è per niente femminile.
 
-Il primo appuntamento con Shinnosuke è stato in ospedale.- dico, ricordando quel momento, quando io ero una studentessa del primo anno. Ranma mi guarda con le sopracciglia aggrottate, ma non si muove e ascolta attentamente. -Era ricoverato da tanto tempo e si annoiava. Alla fine di ogni corridoio c'era una sala d'attesa piena di panchine e alcuni distributori di bibite. Io stavo facendo il tirocinio lì ed ero sempre molto occupata, ma dovevo visitarlo e non lo trovavo. Stavo diventando matta mentre lo cercavo per tutto il piano, finché non uscii dal corridoio e lo vidi proprio davanti al distributore del caffè. Mi sorrise e mi offrì la bibita che aveva appena preso, un caffè macchiato, con molto zucchero. Mi era sembrato così gentile che lo ringraziai e accettai quello che mi aveva offerto.
 
-Bene!- esclama spalancando gli occhi come un gufo. –Così il tuo fidanzato è un pervertito a cui piace giocare al paziente e all'infermiera.
 
Gli do una gomitata nelle costole, arrabbiata per la sua maledetta mancanza di tatto. Ma è davvero impossibile parlare seriamente con lui? Deve sempre fare ironia su tutto? Cammino per la stazione con aria adirata, ancora con il mio caffè in mano che sorseggio lentamente.
 
-E poi cos'è successo?- chiede dopo avermi raggiunto. Io giro la testa, non penso proprio di aggiungere altro. –Oh, andiamo, è un sogno erotico molto ricorrente.- dice con aria maliziosa.
 
Io mi volto di nuovo e lui riprende a camminare alla mia andatura, incrociando le mani dietro la testa.
 
-Fammi indovinare, da allora quell'idiota ti porta sempre lo stesso caffè e tu non hai mai avuto il coraggio di dirgli che lo preferisci senza latte. Non è vero?
 
Rallento all'improvviso perché è esattamente quello che è successo. Serro la mascella, frustrata, e lui mi guarda sprezzante, soddisfatto della sua perspicacia.
 
-Che idiota.
 
-Non è un idiota! È gentile e premuroso!- protesto, stanca del suo disprezzo.
 
-Stai per sposarti con un tipo a cui non hai neanche il coraggio di dire come ti piace bere il caffè!- ribadisce, aspettando attento la mia reazione.
 
-Non voglio ferire i suoi sentimenti.- dico e le mie mani stringono il bicchiere ormai mezzo vuoto.
 
-Quindi... deve importarti molto.
 
-Come?- alzo lo sguardo mentre Ranma si gira e si dirige come un treno verso la biglietteria.
 
Per qualche motivo quelle parole mi hanno fatto accelerare il battito e non so spiegarmi perché. Importarmi? Certo che mi importa di Shinnosuke, sto per sposarmi con lui. È un bravo ragazzo, dolce, tenero, generoso e a volte goffo. Non ho mai avuto dubbi sulla sua gentilezza, né l'ho contraddetto, la nostra relazione è sempre stata così serena che l'idea di sposarci ci è venuta in modo naturale.
 
A pensarci bene… Shinnosuke sta a Ranma come il succo di mela al sake.
 
-L'autobus parte tra meno di cinque minuti.- mi informa il ragazzo con il codino quando si riavvicina a me, anche se noto che i suoi occhi cercano di schivare i miei.
 
Sentendomi terribilmente a disagio, lo seguo fino al nostro mezzo di trasporto, per fortuna ancora vuoto, e ci sediamo in posti lontani, anche se non troppo.
 
Sbuffo infastidita senza riuscire a capire cosa frulla nella testa di quell'idiota bipolare.
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Quando il veicolo si ferma, apro gli occhi… ma come ho fatto ad addormentarmi? Mi stiracchio pigramente sentendo il dolore al collo a causa della postura scorretta e non posso evitare di cercare mio "marito".
 
Lo trovo seduto molto più vicino a me. Quando ha cambiato posto? Comunque sia mi alzo e prendo le mie cose mentre osservo lui fare la stessa cosa.
 
-Siamo già arrivati a Rumoi?- chiedo, cercando di rompere il silenzio che, senza un motivo apparente, è caduto tra noi.
 
-Sì, hai dormito per tutto il tempo.- risponde con disinteresse, iniziando a muoversi nell'angusto spazio.
 
-Forse ho del sonno arretrato.- rifletto, mentre il bus riprende la marcia per poi fare una frenata brusca.
 
Perdo completamente l'equilibrio e cado in avanti, cerco di ammortizzare il colpo allungando le braccia davanti a me, ma il ragazzo con il codino mi raggiunge in due sole falcate e invece di andare a sbattere contro il pavimento, urto contro il suo petto, duro come una maledetta roccia.
 
Si aggrappa a uno dei sedili per evitare che entrambi cadiamo a terra e io afferro la sua casacca cercando di recuperare l'equilibrio.
 
Entrambi restiamo un attimo fermi, cercando di capire se gli scossoni siano finiti.
 
-Grazie.- dico mentre sollevo lo sguardo, ancora timidamente aggrappata alla sua maglietta, ma lui non risponde, distoglie lo sguardo come se temesse con tutta l'anima di guardarmi negli occhi.
 
-Cos'è ‘sto profumo?- chiede con aria infastidita, mentre io sbatto le palpebre senza capire.
 
-Ho comprato un profumo alle ninfee bianche e...
 
-Non metterlo più.
 
-Perché?
 
-Non mi piace.
 
-Stai dicendo che ho un brutto odore?—chiedo indignata, poi mi stacco da lui bruscamente, poggio le mani contro il suo addome e lo spingo con violenza.
 
Per tutta risposta ricevo solo un grugnito.
 
-Sei insopportabile!- sbraito, lasciandolo lì e scendendo dall’autobus a grandi passi.
 
Quando metto piede a Rumoi, il paesaggio mi sorprende. La fermata dell'autobus non è altro che una panchina circondata da una collina piena di verde. Mi guardo attorno contemplando la bellezza del luogo e poi lo vedo.
 
Il mare... mi sorprende l'azzurro profondo dell'acqua, il luccichio della schiuma bianca delle onde che si riflette sotto il sole.
 
Da quanto tempo non vedo il mare? Da quanto non metto i piedi in acqua o cammino scalza sulla sabbia? All’improvviso nella mia mente riaffiora un vecchio ricordo di quando ero piccola, di me che corro e rido con le mie sorelle in una spiaggia lontana, il forte brusio, il calore del sole estivo che bacia la mia pelle e anche il ricordo del caldo sorriso di mia madre che vegliava su di noi.
 
-È una città turistica.- dice il ragazzo al mio fianco, ma io non lo guardo neanche dato che è colpevole di aver interrotto i miei pensieri.
 
-Sì, ok ok.- rispondo con la rabbia ancora percettibile nel mio tono di voce. Metto un piede sulla strada e sento la presa fortissima di Ranma sul mio braccio. Mi tira come se fossi una corda e mi fossi appena lanciata di testa da un ponte. La sua mano mi opprime e mi ritrovo inevitabilmente a urtare contro di lui, ma stavolta non ci sono sedili a cui aggrapparsi quindi roviniamo al suolo praticamente intrecciati mentre sento la frenata sulla carreggiata e alle mie spalle passa un'auto a tutto gas proprio nel punto in cui mi trovavo un secondo fa.
 
-Sei impazzita? Guarda dove vai!- esclama isterico mentre io sollevo lo sguardo, dolorante, trovandomi a pochi centimetri dal suo visto e con il corpo completamente appiccicato al suo.
 
-Non l'ho visto! E poi sei stato tu a farmi arrabbiare, è colpa tua!
 
-Io non ho fatto niente per farti arrabbiare!
 
-Hai detto che non ti piace il mio profumo!
 
-Non ho detto questo!- con la respirazione agitata guardo i suoi occhi azzurri e le mie sopracciglia si irrigidiscono a causa della frustrazione che provo. Davvero non ho idea di quello che gli stia passando per la testa né di quello che dice per la metà del tempo. So solo che non si stanca mai di insultarmi, sembra che sia diventato il suo passatempo preferito.
 
Basta. Mi appoggio goffamente su di lui e mi alzo, lisciando i miei vestiti sgualciti e lui fa altrettanto, togliendosi la polvere di dosso.
 
-A meno che non pretendi di buttarmi a mare, continuerò ad avere lo stesso odore per il resto del giorno.- dico, cocciuta, e lo sento mormorare alle mie spalle qualcosa di incomprensibile.
 
-Che hai detto?
 
-Niente, cerca solo di stare attenta a dove metti i piedi.- risponde scontroso e passandomi accanto, prendendo poi il lato destro della carreggiata. Non mi resta che seguirlo come al solito. Un'altra camminata silenziosa? Oh sì, Ranma Saotome è esperto in materia.
 
-E... sai da dove iniziare a cercare?- chiedo con timore. Gli costa tanto tenere una conversazione da adulti?
 
-Sto andando verso il porto, lì di sicuro sapranno darmi qualche pista sul vecchio.
 
-Forse vuoi dire "stiamo andando".- chiarisco, per capire se continuerà a soffrire la mia presenza.
 
-Non ne hai avuto abbastanza ieri? Ti assicuro che gli amici di Happosai ti sembreranno studenti delle elementari rispetto a questa gente.- replica, è chiaro che non vuole che lo segua, sta cercando di nuovo di liberarsi di me.
 
-Per me è lo stesso, ci sono in gioco la mia casa e il mio dojo, non pensare che ti lasci da solo.- termino in maniera ferma. Innanzitutto devo mettere in chiaro le cose, perché se sto scorrazzando per il nord del Giappone a pochi giorni dal mio matrimonio non è per diletto ma per necessità, non ho tempo per giocare.
 
-Come vuoi.- dice, mentre ci avviciniamo alla zona più popolata del luogo per poi iniziare a percorrere strade affollate e piene di negozi di souvenir. Sono decisamente sorpresa dai tanti turisti che vedo in giro nonostante il freddo. –Ci sono delle terme molto famose.- spiega Ranma, vedendo la mia espressione sconcertata.
 
-Wow, mi piacerebbe restare qui a riposare un paio di giorni!
 
-Avrai tempo di riposare durante la tua luna di miele.- dice con aria scherzosa.
 
-In realtà... –nego timidamente- ... non abbiamo i soldi per un viaggio di nozze e subito dopo il matrimonio ci trasferiremo a Ryugenzawa con il nonno di Shinnosuke.
 
Ranma si ferma e mi guarda incredulo.
 
-Ti trasferisci a casa sua per curare suo nonno? Stai scherzando?
 
-È molto malato.- spiego.
 
-Il tuo acchiappa-scoiattoli sì che è un esperto di romanticismo.- ride di me e inizio a essere davvero stanca delle sue stupidaggini.
 
-Sì certo, tu di sicuro saresti molto più romantico!- gli dico camminando alla sua andatura.
 
-Certo che sì.- dice, incrociando le mani dietro la nuca in un gesto che, ormai mi è chiaro, fa molto spesso. Soprattutto quando cerca di fare il saccente.
 
-E tu dove vorresti andare in viaggio di nozze?- chiedo con curiosità.
 
-Non è ovvio? In un posto dove possiamo stare soli.- mi guarda con la coda dell'occhio. -M-mi riferisco a mia moglie ed io! Cioè... alla donna che sceglierò… insomma alla mia futura moglie!
 
-Oh!- rispondo, guardandolo interessata. -E c’è già una candidata? O al resto del genere femminile risulti insofferente come succede a me?
 
-Per tua informazione ne ho varie: tutte carine, di buon carattere, con seno prosperoso e pronte a soddisfare tutti i miei capricci. Proprio il tipo di donna che piace a me.- dice, elencando tutti questi pregi con il chiaro scopo di irritarmi.
 
-Quindi vuoi una donna che somigli a tua madre.
 
-Ehi!- salta su offeso e io trattengo una risata, ho toccato proprio il tasto dolente.
 
-Allora hai una ragazza?- chiedo, riprendendo il discorso e questa volta trattengo un secondo il fiato, aspettando la sua risposta.
 
-Ehm... no, io... diciamo che non mi piacciono le relazioni stabili.- dice visibilmente a disagio. Quando si tratta della mia vita privata non gli importa minimamente fare commenti ma quando si parla della sua le risposte diventano confuse e vaghe.
 
-Donnaiolo.- sospiro, sicura di dire un'ovvietà. Ranma è quel tipo di ragazzo con cui non vorrei mai avere a che fare. Almeno ora ho la risposta certa a una delle mie supposizioni iniziali.
 
-Non sono un donnaiolo!- protesta offeso.—Che colpa ne ho se mi ronzano attorno un sacco di donne? Non le cerco io, semplicemente compaiono da sole.
 
-Già...- rispondo, guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure. –In tal caso, temo che non avrai mai una luna di miele da goderti.
 
-Come ho detto prima non mi interessa minimamente sposarmi.
 
-Mai?
 
-Al momento lo sono già e lasciami dire che non mi sembra un grande affare.- afferma mentre di nuovo sorride in quel modo che odio tanto.
 
-Suppongo che sia piacevole solo quando hai sposato la persona giusta.- sospiro, reggendogli il gioco. Se crede di potermi colpire con le parole e zittirmi, si sbaglia di grosso.
 
-Come se esistesse una cosa del genere.
 
Lo guardo con curiosità, non sono molto sicura di ciò che voglia dire ma parlando parlando siamo arrivati al porto. Ai nostri piedi si estende un frangiflutti, invece a destra decine di pescherecci e imbarcazioni da diporto si avvicinano con l'ancora a mare, senza il minimo ordine.
 
-Non è male.- sospiro, mentre l'aria fredda mi colpisce in pieno viso, portando con sé il profumo di salnitro e alghe marine.
 
Al mio fianco sento che Ranma si irrigidisce e si volta.
 
-Andiamo una buona volta, il posto non è lontano.- dice, mentre si incammina con aria pensierosa.
 
Annuisco in silenzio e mi ritrovo davanti le sue spalle e la sua treccia, oltre al suo zaino in disordine e mezzo aperto.
 
Dopo neanche cinque minuti ci ritroviamo in un ristorante in apparenza normale, abbastanza umile a dire la verità, pieno di tavolini e sgabelli, un pavimento rotto e riparato chissà quante volte e luci tenui che sicuramente avranno visto tempi migliori. La cosa strana è che non appena entriamo nel locale, il vociare dei clienti cessa all'istante, il fracasso degli uomini riuniti attorno ai tavoli diventa rapidamente un sussurro e tutti gli sguardi si posano su di noi.
 
Mi sento ridicola e torno a nascondermi dietro la spalla dell'artista marziale... non ho paura ma questi tipi non mi piacciono per niente.
 
Ranma prende l'iniziativa e passa davanti a loro, schivando persone e tavoli e io lo seguo a piccoli passi, intimidita.
 
Immediatamente uno di quegli uomini si alza e lo osservo. Sembrerebbe un tipo normale se non fosse per la lunga cicatrice che gli solca il viso e gli occhi piccoli e minacciosi. Ha i capelli pieni di gel, è vestito alla meno peggio e mastica in modo grottesco uno stuzzicadenti, passandoselo da un lato all'altro della bocca.
 
-Tu non sei il figlio di Saotome?- chiede e Ranma lo guarda con interesse, ispezionandolo con i suoi occhi azzurri.
 
-Ah... lo zio Masato!- dice, ricordando improvvisamente di chi si tratta.
 
-Ragazzo! Che gioia vederti! Come sei cresciuto!
 
-Ah ah, sì, non passo da queste parti da molto tempo.- ride lui, apparentemente tranquillo.
 
-Sei qui per qualche affare?- chiede e i suoi occhi si inchiodano ai miei. Io distolgo lo sguardo mentre stringo timidamente la casacca dell'artista marziale. –Hai portato anche la tua ragazza!- esclama platealmente, fissandomi ancora più intensamente, ma Ranma si schiarisce la gola e decide di andare dritto al sodo.
 
-Sono venuto a cercare mio padre.
 
-Genma? Oh, se n'è andato proprio ieri. È rimasto qui un paio di giorni e, a dire il vero, non ha voluto dirmi cosa diavolo avesse per le mani.
 
Lui non cede, resta fermo e mi dà l'impressione che questo discorso vada molto oltre le parole appena pronunciate, è come se si stessero sondando.
 
-Andiamo, non fare quella faccia così seria! Bevete qualcosa? Offro io.
 
Ranma fa una smorfia, gli passa oltre e si addentra nel ristorante, mentre io lo seguo appiccicata alla sua spalla, senza sapere bene cosa stia succedendo.
 
-Ho detto che non c'è!- protesta l'uomo dietro di noi.
 
-Come se la tua parola valesse qualcosa.- replica lui arrivando fino alla porta che reca il cartello "Riservato al personale".
 
Afferra la maniglia senza esitazione e apre la porta di colpo, ma la sua decisione si trasforma in stupore appena vede che, anziché un magazzino, ci troviamo davanti un ristorante molto più grande di quello che ci siamo appena lasciati alle spalle. I tavoli sono più grandi, la gente è vestita meglio e il fumo delle sigarette è così denso che a malapena si intuisce che le luci sono accese.
 
-Vecchio!- esclama Ranma e il tale di prima, Masato, lo afferra per una spalla, impedendogli di proseguire oltre.
 
-Non puoi entrare qui.
 
-Prova a impedirmelo.- lo sfida, avanzando di un passo nella sala. Per un attimo quasi mi pento di aver insistito per accompagnarlo. Tutta colpa della mia testardaggine!
 
-Su ragazzo, tuo padre è un buon amico, non costringermi ad avvisare quelli della "sicurezza".
 
In quel momento Ranma sembra valutare la situazione. Per un secondo i suoi occhi si spostano da Masato a me e poi alla sala.
 
-Voglio solo parlare.- spiega, un po' più conciliante.
 
-Non credo che qualcuno dei nostri clienti voglia parlare con te.
 
-A chi ha venduto la merce?
 
Masato lo guarda interrogativo e i suoi occhi, piccoli e neri, fissano nuovamente i miei.
 
-Possiamo parlare se vuoi... ma da soli.
 
Come? Che sta insinuando? Il mio animo inizia ad infiammarsi davanti alla certezza di avere a che fare con un porco maschilista, un vecchio che pensa che io abbia mezzo cervello e la lingua troppo lunga. Apro la bocca con tutta l'intenzione di fargli rimangiare quello che ha detto quando Ranma mi interrompe.
 
-D'accordo.- accetta senza aggiungere altro.
 
-Come??- mi lamento e lui si volta, mostrandosi rassegnato.
 
-Aspetta solo cinque minuti, non ci metterò molto.- si scusa, io incrocio le braccia assolutamente contrariata.
 
-E perché non posso ascoltare?
 
-Questi tipi si dedicano alla compravendita di oggetti del mercato nero e non ti conoscono. Per una volta resta tranquilla e non cacciarti nei guai.- dice, cercando di farmi capire come stanno le cose. Beh, a volte riesce a essere davvero persuasivo.
 
-So cavarmela da sola.- ribatto e lui fa un sorrisetto, come se non credesse affatto alle mie parole.
 
-Sarà meglio che aspetti fuori, non mi piace che resti qui dentro.
 
-E perché? Cosa potrebbe mai succedermi?- chiedo contrariata.
 
-Cosa potreb... cioè...- si avvicina al mio orecchio, cercando di parlarmi a voce bassa per evitare che qualcuno lo senta. –Non dico che sei carina o qualcosa del genere, ma questi criminali non sono abituati a vedere ragazze.
 
Serro la mascella e per la seconda volta in un giorno gli incastono il gomito nelle costole.
 
-Auch! Sei sempre violenta!
 
-Non preoccuparti per me, mi congelerò in quella dannata strada aspettando che concludi i tuoi "affari da uomini"!- sbotto mentre mi stringo nel cappotto ed esco dal ristorante del porto sbattendo sonoramente la porta. Sono sicura che tutti i commensali siano sobbalzati prima di voltarsi con sguardo accusatore verso quel presuntuoso che mi ritrovo come marito. -Ahhhhhhhhhh!- grido esasperata, mi fa innervosire.
 
Passeggio spazientita per il porto, con passi fermi, cercando di scaldarmi o di far sbollire la rabbia ma è impossibile, non ci riesco proprio. Arrivo fino al molo, il cui braccio costruito con dure rocce si addentra di qualche centinaio di metri nel mare, che in lontananza diventa sempre più scuro.
 
-Sei un idiota!- urlo all'oceano senza contenermi. –Un prepotente, donnaiolo e stupido artista marziale!
 
Respiro con agitazione mentre stringo i pugni, osservando la mareggiata che mi risponde come se sussurrasse, chiedendomi di calmarmi.
 
Fa davvero freddo.
 
Mi avvolgo meglio nel cappotto e do un calcio a una pietra sul bordo del frangiflutti che cade in mare senza fare il minimo rumore.
 
Vedo sorgere la luna all'orizzonte, le mie guance e il mio naso si arrossano a causa del vento gelato e solo allora mi rendo conto che è passata un'eternità e sono stanca di aspettare. Torno indietro sentendo che la rabbia è scemata un po', anche se non tutta. Forse quello stupido ha terminato le sue "chiacchiere riservate" o forse mi lasciano entrare in quella specie di ristorante mossi a pietà, per non lasciarmi morire qui fuori, trasformata in una statua di sale e corallo.
 
Quando mancano pochi metri all'edificio, una persona urta la mia spalla facendomi cadere per terra. Si tratta di un uomo corpulento, avvolto in un grosso cappotto nero e con un berretto di lana che gli copre la testa.
 
-Mi scusi signorina, non l'ho vista!- dice, mentre mi tende una mano e mi aiuta ad alzarmi. Porta un curioso paio di occhiali rotondi e invece di un paio di scarpe indossa dei sandali di legno ai piedi nudi.
 
-Non importa.- rispondo, un po' stranita. Ma non ha freddo? Proprio in quel momento mi rendo conto che in testa non ha un berretto ma un fazzoletto annodato che gli serve per coprire la calvizie.
 
-Non sarai per caso la ragazza che è venuta insieme a Ranma, vero?
 
-Lo conosce?- chiedo curiosa.
 
-Ecco, io...- dubita un attimo. –Devo andare, è stato un piacere e... perdonami.
 
-Oh no, non si preoccupi non è successo niente.- nego con la testa, per fargli capire che non mi sono fatta niente né sono arrabbiata per lo spintone.
 
L'uomo mi dedica un sorriso triste che gli fa accentuare le rughe attorno agli occhi. Lo vedo allontanarsi in fretta e sparire nell'oscurità della sera.
 
Neanche un minuto dopo, Ranma esce dal ristorante con aria contrariata e si guarda intorno, voltando la testa a destra e a sinistra. Mi dirigo verso di lui, impaziente.
 
-Allora?
 
-Niente.- risponde, mentre finisce di abbottonarsi il cappotto ed evita di guardarmi negli occhi.
 
-Niente?- ripeto desolata, perché speravo davvero che il nostro viaggio finisse qui.
 
-Almeno ora sappiamo che non ha incontrato nessun acquirente, non so che diavolo abbia rubato a Kuno, ma è qualcosa di troppo scottante anche per i trafficanti. Presto si dispererà e commetterà un errore... allora lo beccheremo.- dice, mentre stringe un pugno. Sembra più preso di me.
 
-Che vuoi dire? Non sai altro?
 
-Pare che sia andato via... quel maledetto vecchio fiuta il pericolo. La cosa certa è che sta cercando qualcuno che sia interessato alla merce. Si sposterà in una grande città, i tizi del ristorante pensano che possa fuggire fino a Tokyo.
 
-Tokyo?!- urlo, slogandomi la mandibola. -Ma è dall'altra dannata parte del paese!
 
-Non urlare! Pensi che non lo sappia?!
 
-E che diamine dovremmo fare ora?
 
Ranma grugnisce e distoglie lo sguardo, infilando le mani in tasca.
 
-Cenare.
 
-Cenare? Non ti viene in mente proprio nient'altro???- dico, agitandomi come non mai. Quello che sta succedendo ha davvero dell'incredibile, siamo tornati quasi al punto di partenza, anzi, pare che stiamo tornando indietro!
 
-Ho fame e quindi non posso pensare, ok?- replica, iniziando ad allontanarsi dal porto, sembra che sia più arrabbiato di me per l’ennesimo buco nell’acqua.
 
Sospiro e faccio l'unica cosa possibile, cioè seguirlo. Mi stringo le braccia attorno al corpo cercando di proteggermi dal freddo e fisso lo guardo sulla sua figura scura a causa del malumore. Non so che gli succede, più tempo passa e meno lo capisco. Fame? Anche io ho fame, ma dedicarci al turismo gastronomico passando da un lato all'altro del Giappone non è di certo la soluzione migliore. Ogni volta mi sento sempre più lontana da casa e più vicina al giorno del mio matrimonio.
 
Mi si forma un nodo allo stomaco al solo pensiero e mi fermo.
 
-Che succede?- chiede, mentre arriva a quella che sembra una piccola izakaya**.
 
Sollevo lo sguardo e mi sorprende intravedere il suo volto accigliato e la sua preoccupazione sotto la luce fioca del locale che illumina il suo profilo.
 
Nego scuotendo la testa e mi affretto a entrare sperando di scaldarmi un po'.
 
Ranma mi aspetta, apre la porta e mi fa cenno di entrare proprio come farebbe un cavaliere ma senza perdere il suo classico stile narcisista. È strano ma gli angoli della mia bocca si piegano spontaneamente in un piccolo sorriso.
 
Un attimo dopo siamo seduti uno di fronte all'altra a un tavolo di legno robusto, dopo esserci tolti scarpe e cappotti. Il denso fumo proveniente dai barbecue riempie l'ambiente che sembra quasi "ubriaco”.
 
Di solito non frequento posti tanto... caratteristici. I miei compagni di università mi invitavano spesso negli izakaya vicino all'università, ma davanti ai miei insistenti "no", presto hanno smesso di propormelo.
 
Ranma guarda appena lo scarno menù e chiede dei piatti da dividere ma prima che la cameriera vada via, ci ripensa e la richiama.
 
-E anche del sake caldo.- chiede come se niente fosse.
 
-Sake?- mi domando a disagio e lui mi osserva tra il curioso e il sorpreso.
 
-Non ti piace?- chiede con la solita aria sarcastica, mentre arriva la nostra bevanda e la cameriera va via lasciando sul tavolo una bottiglietta di ceramica bianca e due piattini minuscoli.
 
-N-non è questo.- nego, mentre lui si serve un primo sorso. -Di solito non bevo.
 
-Ah, sei astemia?
 
-Non esattamente... non ho mai assaggiato un alcolico.
 
Alza un sopracciglio come se non credesse affatto a quello che ha appena sentito ma proprio in quel momento la cameriera irrompe nella nostra silenziosa impasse e lascia sul tavolo un paio di piatti dal contenuto appetitoso.
 
Mi schiarisco la gola e prendo le mie bacchette per assaggiare un boccone di pollo. Quando il ragazzo con il codino finalmente torna in sé e reagisce, versa il liquore nel piattino di fronte a me e mi guarda con aria impaziente.
 
-Vuoi farmi ubriacare?- dico con timore, mentre mastico il miglior pollo croccante che abbia mai assaggiato in vita mia. Devo dire a Kasumi di cercare la ricetta.
 
-Ma davvero non hai mai bevuto? Pensavo che studiassi all'università.
 
-Idiota! Pensi che tutti gli studenti siano una massa di irresponsabili che passano di festa in festa?
 
Sembra pensarci su un attimo, poi risponde.
 
-Sì.- annuisce, portandosi alla bocca un pezzo enorme di carne.
 
-Uhmpf!- faccio una smorfia ed evito di guardarlo, non sono disposta a fare il suo gioco.
 
-Forse non ti invitano alle feste? Sei così poco famosa?
 
-Smettila una buona volta!- esclamo, iniziando ad essere davvero stanca di questa sua curiosa abilità di ficcare il naso nei fatti miei. La cosa peggiore di tutte è che ha fatto centro anche stavolta.
 
-Ah... allora è così?- sottolinea con aria intrigante e io lo guardo furiosa, prendo il bicchiere di liquore e lo butto giù in un unico sorso per poi sbatterlo con un colpo secco sul tavolo.
 
-Soddisfatto?
 
-Non devi bere per impressionarmi.- dice mentre anche lui si porta il piattino di liquore alle labbra e ne beve un piccolo sorso.
 
-Non voglio impressionarti, voglio che chiudi quella boccaccia e la smetti di mettere il naso nelle mie faccende. Non fai altro che chiedere e offendere, mentre io non so quasi niente di te.
 
Mi vergogno tremendamente del mio improvviso discorso e non posso fare altro che fissare l'okonomiyaki che ci hanno appena servito. Ne assaggio un boccone e lo mastico automaticamente, poi afferro la piccola brocca piena di sake caldo cercando di ritrovare un po' del mio coraggio andato in fumo.
 
Ranma si schiarisce la gola e io sollevo lo sguardo, attenta.
 
-Mi ha cresciuto mio padre.- dice, mentre un leggero rossore colora le sue guance, poi prende fiato e continua a raccontare. –Quando avevo appena un anno ha fatto una strana promessa a mia madre, cioè che saremmo tornati a casa solo quando avrebbe fatto di me un vero uomo. Così iniziammo a viaggiare, girando in lungo e in largo tutta l'Asia, sempre allenandoci, cercando sfide e apprendendo nuove tecniche... così sono diventato un artista marziale. Ma durante il nostro ultimo viaggio in Cina... -mi guarda con diffidenza e scuote la testa. -... abbiamo avuto un "incidente" che ha complicato tutto. In breve, ho conosciuto mia madre solo un paio di anni fa, quando siamo riusciti a risolvere questo problema.
 
-Problema?- ripeto, curiosa.
 
-È una storia troppo lunga e assurda da raccontare, non ci crederesti mai.
 
-Quindi anche tu hai sentito molto la sua mancanza.- rifletto senza poter evitare di commuovermi. Ranma si sta sforzando molto per aprirsi un po'. L'egocentrico, lo spaccone e il presuntuoso mi sta parlando della sua vita, una vita non di certo facile.
 
-Sì, ma ancora oggi siamo un po' distanti, lei cerca di proteggermi sempre dai problemi in cui mi ficca mio padre e io... ecco, io cerco di non coinvolgerla in tutti i miei casini.
 
-Penso che sappia difendersi da sola.- sorrido al ricordo della magnifica katana appoggiata alla parete della cucina.
 
-Discende da un'antica famiglia di samurai.
 
-Deve essere stato strano incontrare tua madre dopo tanti anni.
 
-Non dire così, è imbarazzante.- risponde, finendo l'ultimo sorso di sake e riempiendo di nuovo i bicchieri vuoti. Io sorrido e sento il piacevole calore del liquore che inizia a farmi effetto. Mi sento rilassata, sono tranquilla... da quanto tempo non mi sento così? Senza quello strano peso alla bocca dello stomaco? Senza l'incertezza del domani che mi impedisce di dormire o mangiare?
 
-Io darei qualsiasi cosa per rivedere la mia, per poter parlare con lei e raccontarle che sto per sposarmi, che lascio gli studi e che andrò a vivere lontano da casa. Mi piacerebbe tanto sapere quello che pensa... se è... orgogliosa di me.
 
Cerco di trattenere le lacrime, davvero ci provo, non so come diavolo siamo arrivati a questo punto. Forse la colpa è di tutti i ricordi di quella spiaggia dove per tanti anni abbiamo trascorso l'estate o la zona in cui abita la mia famiglia materna, non lo so, so solo che ho bisogno di lei, che per la prima volta in tanti anni l'angoscia per la sua perdita mi opprime il cuore.
 
Ranma spinge il piattino pieno di sake verso di me.
 
-Bevi.- dice con disarmante semplicità. –Forse gli studenti universitari lo fanno per divertirsi ma il sake serve anche a scacciare la tristezza.
 
-Non hai proprio nient'altro da suggerirmi?- gli rispondo stizzita, portandomi di nuovo il liquore alle labbra. Anche lui solleva il suo ed entrambi lo buttiamo giù tutto d'un fiato.
 
Un'ora dopo mi sento così stordita che a stento riesco a mettere in fila qualche parola di senso compiuto. Ranma si alza per andare a pagare il conto ma io mi rimetto in piedi barcollando e lo blocco. Devo restare ferma alcuni secondi perché il pavimento smetta di muoversi.
 
-Pago iooh, ti devvo ancora 5000 yeeeen.- dico stendendo tutte le dita di una mano e se non ho sbagliato a contare, devo dire che sì, ho cinque dita, quindi sono lucida. Lui mi guarda dalla sua altezza e sorride leggermente.
 
-Lascia stare, è meglio che sia io a pagare e andiamo a cercare un albergo.- risponde e io mi arrabbio perché sono consapevole del fatto che lui non abbia la bocca impastata come la mia, maledetto disgraziato!
 
-Noooo, paggo ioooo.- ribatto, cocciuta, iniziando a cercare il mio portafoglio, nascosto in qualche angolo sconosciuto di questa gigantesca borsa. Tocco nervosamente le tasche del mio cappotto quando finalmente mi invade una certezza. –Non ssccc'èèè!
 
-Ci penso io.- insiste, spostandomi delicatamente a un lato e finendo di pagare il conto.
 
-Non capissshii, non riesshco a trovarlo nella mia borsha! Me l’hanno rubatoo!
 
-Non l'avrai mica perso?- dice, tornando accanto a me e facendomi uscire dal locale. Il freddo mi colpisce immediatamente e rinsavisco un po', tirando le somme del mio ragionamento contorto.
 
-È shtato quell'uomo! Il tipo del rishtorante di maffioshi!
 
-Ti hanno rubato là il portafoglio? Di certo non me ne stupirei...
 
-Noooo, è shtato l'uomo calvo con gli occhiali... lui mi ha borssheggiato.- termino prima che un'idea improvvisa attraversi la mia mente. Appena qualche metro più avanti si estende la spiaggia e il mare oscuro mi aspetta in lontananza.
 
-Che cosa hai detto?- chiede alterato, ma per chissà quale motivo la sua voce mi arriva da molto lontano.
 
Non sento più freddo, anzi, il cappotto sembra soffocarmi.
 
-Vieni, andiamo a camminareee sshulla sshaabbia!- esclamo mentre corro in direzione della spiaggia e, a metà percorso, abbandono i miei stivali e sento finalmente la sabbia fresca sulle dita dei piedi.
 
-Sei impazzita?- urla Ranma correndo dietro di me e io rido sentendomi inafferrabile, così felice di stare qui che non riesco a pensare a nient'altro.
 
La luna illumina il mare scuro e io traccio cerchi sulla sabbia come se ballassi sulla riva, tanto allegra e spensierata che non mi accorgo affatto di essere troppo vicina all'acqua.
 
-Aaaaaaahhhhhhhhh!- urlo lamentandomi quando sento un'onda che mi colpisce, bagnandomi fino alla vita e lasciandomi gelata e paralizzata un attimo prima che una seconda onda mi colpisca nuovamente.
 
-Ma sei scema?!- esclama il ragazzo con il codino raggiungendomi visibilmente furioso e prendendomi in braccio. Istintivamente mi aggrappo al suo collo.
 
-Cazzo!- Ecco, anche lui si è bagnato, io inizio a ridere più forte guardando la sua faccia arrabbiata e lui mi risponde infuriato.
 
-Non ci trovo un bel niente da ridere!- dice e con movimenti esperti mi solleva senza il minimo sforzo e mi sistema sulla sua spalla come se fossi un sacco di patate.
 
Torna sui suoi passi e recupera i miei stivali abbandonati accanto alla mia borsa, che mette sull'altra spalla.

-Adesso so perché non bevi! Non reggi per niente l'alcol!


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-Lassshaamiii, posshho camminareee!
 
-No! Non riesci neanche a rimanere asciutta, figuriamoci se puoi camminare!
 
Vedo l'edificio avvicinarsi a tutta velocità sopra la mia testa mentre i vestiti inzuppati mi si incollano addosso e sento la dura spalla dell'artista marziale conficcata nel mio stomaco.
 
Sono vagamente cosciente di quello che accade intorno a me, però riesco a rendermi conto che entriamo in un luogo comodo e caldo. Finalmente non avverto più la pressione sullo stomaco e sento le sue mani grandi che mi poggiano su una superficie morbida.
 
Lui continua a parlare, sembra molto arrabbiato, ma io riesco a malapena a tenere gli occhi aperti.
 
Alla fine mi lascio vincere dal sonno.

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Note

* Tipico prodotto dolciario da forno giapponese.
** Izakaya (居酒屋) è un termine giapponese composto dalle parole "i" (sedersi), saka (sake) e ya (negozio) è un tipico locale giapponese, che vende bevande accompagnate da cibo.
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NdA: Ciao a tutti!
Questo capitolo lo vedo un po’ come l’inizio vero e proprio della fan fiction perché è proprio adesso che il loro rapporto inizia a farsi un po’ più profondo e rappresenta le fondamenta delle vicende successive. Ringrazio come al solito tutti coloro che seguono la mia storia!
 
LUM
 
NdT: Ciao anche da parte mia! Spero di non aver tardato troppo con la pubblicazione di questo capitolo e che l’abbiate apprezzato. Ringrazio anche io i lettori, i lettori silenziosi, chi mette la storia tra le seguite e le preferite e soprattutto chi lascia una recensione. L’autrice è sempre felice di riceverne (ovvio eheh)!
Un saluto e ringraziamento particolare va a LadyChiara93 che è stata così gentile da darmi una mano a tradurre dall'italiano le recensioni da inviare a Lum. Grazie carissima, anche per tutti i complimenti (troppi!) che fai anche a me oltre alla bravissima LumLum. La fanart tragicomica di questo capitolo la dedico a te!
Un abbraccio circolare anche alle mie amate Ladies <3
Al prossimo capitolo!
Spirit99
 
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