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Autore: Stella Dark Star    23/01/2016    3 recensioni
Mackenzie Kenobi ha tre sogni: lasciare Tatooine, trovare l'amore, non essere ammirata solo per la sua famiglia.
Il primo si realizza subito e la porta alla Base della Resistenza. Il secondo subito dopo, quando incontra il miglior pilota della galassia Poe Dameron ed è amore a prima vista per entrambi. Il terzo...è complicato. Come può distinguersi? Nelle sue vene scorre il sangue di Obi-Wan Kenobi e anche quello di Qui-Gon Jinn. E anche di Han Solo, perchè in realtà Solo non è il suo vero cognome! Come è possibile? Scopritelo leggendo questa storia d'amore e d'avventura piena di segreti e verità che mai avreste immaginato!
Note:ho un pò barato in alcuni punti, però ho dovuto farlo a beneficio della storia. E poi...nella scena in cui Poe parla del pianeta Terra ho voluto descrivere il nostro pianeta in un'epoca non attuale.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finn, Han Solo, Poe Dameron, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La saga dei Kenobi'
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Star Wars VII:
Mac&Poe
Ora e per sempre
 
 
“Tu non andrai da nessuna parte.”
Non era la prima volta che gridava, non era la prima volta che i suoi occhi azzurri s’infiammavano di rabbia e di certo non era la prima volta che la sua parola diventava legge, però MAI era successo che puntasse il dito contro sua figlia.
Sheila ebbe un fremito per la ferocia di quel gesto, si voltò istintivamente verso sua figlia e constatò che il suo sguardo era uguale a quello del padre. Entrambi erano testardi e determinati ad andare fino in fondo.
Con tocco leggero posò una mano sul braccio del marito, inducendolo così ad abbassare quel dito accusatore, quindi posò l’altra mano sulla sua spalla.
“Caro, andiamo di là un momento.” La sua voce aveva lo stesso suono della seta che scivola su una lastra d’acciaio, leggera, appena percettibile. Era lei la creatura mite della casa.
Alastair non disse nulla, tenendo lo sguardo puntato sulla figlia si limitò a prendere un lungo respiro e ad espirarlo rumorosamente fuori dalle narici come una bestia infuriata.
Sheila lo portò nella stanza accanto, la porta automatica si richiuse alle loro spalle.
Protetto dalle mura insonorizzate, Alastair si liberò del tocco della moglie e diede sfogo alla sua rabbia gridando come un ossesso: “Quella ragazza è proprio come mio fratello! Completamente IRRESPONSABILE!”
“Ma caro, lei non ti sta abbandonando. Vuole solo allontanarsi un po’ da questo pianeta.”
“Anche lui aveva detto così e poi non è più tornato. Ha lasciato nostro padre e me su Tatooine da soli.”
“Lei invece tornerà. Ne sono certa.”
Forse queste parole lo avevano convinto, o almeno era ciò che Sheila sperava visto l’improvviso mutismo del marito. Peccato che non durò a lungo.
“In ogni caso non la lascerò partire. E’ troppo pericoloso.”
“Non sarà sola. Sarà costantemente attorniata da centinaia di uomini armati.”
“Fossero anche migliaia, non lascerò che mia figlia vada nel posto più pericoloso della galassia.” E così dicendo puntò il dito indice nel vuoto, alludendo alla Base della Resistenza.
Sheila intrecciò le mani in grembo, dandosi il tempo di formulare una frase convincente.
“Leia non permetterebbe mai che le accadesse qualcosa. Questo lo sai.”
Sì, lo sapeva.  Ora non aveva davvero più motivi per opporsi. Non sapeva cosa inventare, era troppo vecchio e stanco per lottare contro la sua stessa moglie. Era lei ad avere ragione. Come sempre.
Il dito puntato diventò un pugno, il braccio si abbassò, un altro sospiro riempì la stanza. Sheila gli si avvicinò, gli cinse il viso con le mani delicate e lo guardò dritto negli occhi.
“Lo so che hai sofferto quando Han vi ha lasciati e ha cambiato cognome. Ma questo non ha nulla a che vedere con nostra figlia.”
*
Mackenzie stava ancora ribollendo di rabbia quando sentì il fruscio della porta che si riapriva. Il suo sguardo di ghiaccio incontrò quello del padre, ora incredibilmente limpido e velato di tristezza. Vide sua madre farle un cenno col capo e accennarle un sorriso. Tutti indizi positivi.
“Mackenzie.” La pausa che seguì indicava che suo padre era giunto ad una conclusione che non gli piaceva.
“Non sei mai stata felice qui. Sei l’unica ragazza su questo pianeta a non avere amici ed è risaputo che aborri la sabbia."
Le sfuggì un gemito divertito: “Da quando sono nata non ho visto altro che deserto!”
Alastair rimase serio: “Forse tua madre ha ragione. Hai bisogno di allontanarti per ritrovare te stessa.”
Una scintilla di gioia scoppiò nel cuore di Mackenzie e si estese sul suo viso, rendendola splendente.
“Ovviamente è mio dovere metterti in guardia. Per quanto segreta, la Base della Resistenza può essere trovata ed attaccata in qualunque momento. Se dovessero sorgere problemi verrò a riprenderti personalmente.”
In barba alle raccomandazioni, Mackenzie gettò le braccia al collo del padre e lo strinse con quel trasporto giovanile che non conosceva pudore.
“Grazie papà! Sei il migliore della galassia!”
“Non esagerare, adesso.” Il tono era di rimprovero, ma la sensazione di aver reso felice sua figlia lo obbligò a sorridere e ricambiare l’abbraccio.
Mackenzie sobbalzò tra le sue braccia: “Come lo dirai alla zia Leia?”
“Non temere. So come contattarla.”
*
Il giorno seguente era già tutto organizzato nei minimi dettagli. Due bauli e due domestici attendevano all’ingresso, mentre la famiglia era riunita all’esterno della casa per insistenza di Mackenzie. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal cielo assolato, le labbra socchiuse come quelle di una bambina. Il fatto che avesse compiuto i vent’anni non era rilevante.
Leggendo la preoccupazione sul volto del marito, Sheila gli strinse affettuosamente la mano per attirare la sua attenzione.
“Hai preso la decisione giusta.”
Lui distolse subito lo sguardo. Quella figlia era arrivata tardi, quando entrambi erano avanti con gli anni e ora, mentre lei sbocciava come un fiore, loro stavano appassendo. Alastair, sopra la sessantina, aveva folti capelli color argento, che ormai da diversi anni avevano sostituito una bella chioma bionda, e rughe che gli travolgevano il viso. Il suo detto era: una ruga per ogni preoccupazione. Sheila era un po’ più giovane, le piaceva portare le trecce raccolte sulla sommità del capo come quando era ragazza, nonostante i suoi capelli castani fossero ormai striati di grigio. Per anni avevano pregato per l’arrivo di un figlio e poi, dopo che Han e Leia avevano avuto il loro Ben, loro erano stati benedetti con Mackenzie.
“Sta arrivando! Sta arrivando!”
Mackenzie gridava e saltava senza contegno, osservando l’avvicinarsi dello shuttle che poi atterrò ad una distanza di sicurezza.
Ne scese un uomo accompagnato da un assistente di bordo. Alastair lo squadrò nella sua divisa color vinaccia, il suo passo militare, la sua fronte ampia e lo sguardo concentrato. Aveva sentito dire che la fronte ampia era segno di saggezza in un uomo, ma lo stesso quell’individuo gli dava una sensazione sinistra.
L’uomo si fermò di fronte a lui, fece schioccare i tacchi degli stivali e gli porse la mano con sicurezza, sfoggiando un improvviso sorriso un po’ troppo amichevole. Decisamente sinistro.
“Brance. Ho l’incarico di prelevare sua figlia.”
Alastair attese che i domestici affidassero i bauli a chi di dovere, quindi disse stizzito: “Mi auguro che mia figlia arriverà sana e salva, Brance.”
“A costo della mia vita.” Una fanfaronata che Alastair sopportò in silenzio.
“Papà, andrà tutto bene. Brance sa quello che fa.”
Brance si voltò nella direzione da cui proveniva quella voce, il suo sorriso si illuminò ulteriormente: “Signorina, è un vero onore.”
Le prese entrambe le mani e gliele baciò: “Indubbiamente ha preso la bellezza di sua nonna. Io sono nato anni dopo la sua morte, come può ben notare,  ma ho avuto modo di vedere alcune sue immagini e le assicuro che è tale e quale a lei.”
“Mia madre aveva molte qualità oltre la bellezza.”
Tutti si zittirono e gli sguardi si puntarono su Alastair che aveva pronunciato quella frase. Il suo volto era visibilmente adombrato.
Mackenzie pensò bene di intervenire: “La situazione sta diventando imbarazzante. Direi che è ora di andare.” Sciolse le mani da quelle dell’uomo.
I saluti furono fatti con calore e raccomandazioni e, nel caso di Sheila, anche con qualche lacrima.
Grazie all’ipervelocità, il viaggio fu talmente breve che Mackenzie non fece nemmeno in tempo a chiedersi cosa si aspettava di ottenere andandosene da casa. Inoltre Brance era così gentile e amichevole che per lei sarebbe stato impossibile preoccuparsi. Quando arrivarono alla Base situata sul pianeta D’Qar, l’unica cosa che le interessava era divorare con gli occhi l’infinita distesa di verde di quel pianeta. Era passato così tanto tempo da quando aveva visto quel colore di persona!
*
“Zia Leia!”
Abiti maschili, treccia raccolta attorno al capo e sorriso sulle labbra, Leia Organa spalancò le braccia per accogliere la nipote che le correva incontro felice. La strinse a sé, commuovendosi.
“Quanto tempo. Sei diventata grande, ormai. Oh lasciati guardare!”
Un tocco delicato sotto il mento e la guardò con ammirazione: “Sei bellissima, tesoro mio.”
“Mai quanto te, zia Leia. Non sei invecchiata di un giorno.”
Leia rise: “Vorrei che fosse vero!”
Prese per mano la nipote  e la invitò: “Vieni, entriamo. Ho fatto preparare un rinfresco per te.”
Mackenzie rise a sua volta: “Avrò viaggiato mezz’ora!”
Attraversarono l’ingresso, Leia guidò la nipote all’interno dell’edificio premurandosi di chiedere notizie dei suoi genitori e della vita a Tatooine. Evitò accuratamente di nominare Han e Mackenzie se ne accorse. Aveva visto poche volte quello zio che suo padre aveva etichettato come irresponsabile, eppure di lui aveva solo bei ricordi. Era un uomo giovanile, gioviale, sorridente… Si vergognava ad ammettere che a volte aveva sperato di avere Han come padre. Ma doveva fare i conti con la realtà: Han aveva abbandonato Leia quando aveva più bisogno di lui.
Si accomodarono ad una tavola imbandita splendidamente, ricca di bevande e ciotole di frutta che Mackenzie adorava. Indubbiamente l’istinto materno di Leia era in pieno sfogo grazie all’arrivo della nipote.
Mackenzie ingoiò un piccolo frutto e guardò la zia con soggezione: “Tu…stai bene?”
Leia, che fino a quel momento aveva tenuto il capo appoggiato al dorso della mano, sembrò risvegliarsi da un’illusione, il suo sguardo divenne triste.
“Spero in giorni migliori.”
“Per via di…” Mackenzie non aveva il coraggio di pronunciare il nome di quel figlio che stava causando tanta sofferenza. E pensare che da bambini avevano giocato assieme sotto i rigogliosi alberi della Luna boscosa di Endor, attorniati da decine di Ewok tenerissimi.
Leia allungò una mano sul tavolo e strinse quella della nipote, regalandole un sorriso sincero.
“Non preoccuparti per me. Ora che sei qui il mio cuore è più leggero.”
Trascorse un’ora in un clima piacevole, zia e nipote parlarono di tutto e di più, cercando di recuperare tutti gli anni in cui non si erano viste. E d’improvviso la porta si aprì…
Mackenzie si voltò e ciò che vide la lasciò senza fiato. Occhi neri e grandi, sopracciglia folte e ben disegnate, capelli corvini e ricci ben pettinati e impomatati, naso di una forma buffa e simpatica, labbra sottili e socchiuse, divisa da pilota di un arancio acceso e casco sottobraccio con stampato il simbolo della Resistenza.
Si sentì le guance in fiamme, il cuore che batteva all’impazzata, lo sguardo incollato a quello di lui. Un pensiero audace le attraversò la mente: “La sua pelle sembra caramello… Mi piacerebbe assaggiarla…” E questo pensiero contribuì ad aumentare la congestione sul suo viso!
“C’è qualche problema?” La voce di Leia arrivò improvvisa, facendo sobbalzare il pilota che si era incantato a guardare la deliziosa ospite.
“Ehm… No. Ero solo venuto a fare rapporto, generale Organa. Avevo completamente dimenticato l’arrivo della signorina. Chiedo scusa per l’intrusione.”
Leia rispose con voce affabile: “Ti raggiungerò tra breve, Dameron.”
Mackenzie memorizzò subito quel cognome, lo stampò a fuoco nella propria mente.
Il pilota fece un cenno col capo a Leia, poi spostò lo sguardo su lei e la connessione tra loro scattò nuovamente. Mackenzie non riusciva a smettere di guardarlo mentre nella mente continuava a chiedersi: “Dameron chi?” Una parte di lei le stava anche suggerendo di farsi avanti e chiedere il suo nome, ma proprio quando fece per aprire bocca, vide il pilota voltarsi. Osservò quel bel corpo uscire dalla sala, completamente incapace di distogliere lo sguardo.
“Mackenzie?”
Sgranò gli occhi e si rese conto di stare fissando la porta chiusa.
“Chi è lui?”  Si stupì di se stessa per averlo chiesto davvero.
Leia la guardò con tanto d’occhi: “Dameron? Il mio pilota migliore.”
Bene, ora aveva acquisito un’informazione in più, ma ancora non sapeva il suo nome. Peccato che ormai il suo coraggio si fosse esaurito con la prima domanda.
Afferrò un bicchiere ricolmo di liquido rosa e lo bevve tutto d’un fiato.
“Zia Leia, vorrei riposare un po’. Mi mostreresti la mia stanza, per favore?”
*
Era già tardo pomeriggio quando si obbligò ad uscire dalla stanza minimale che le avevano assegnato. Che poi, minimale? Quella Base era stata costruita su un antico rudere eppure si potevano trovare lussi come una vasca ad idromassaggio. Per intenderci, non tutti ne avevano una personale, ma Mackenzie era la nipote del generale quindi poteva godere di quel lusso. Si era fatta un bagno caldo per rilassarsi ma il pensiero di quell’uomo, Dameron, le incendiava il sangue nelle vene. Come poteva rilassarsi? Aveva bisogno fisico e mentale di rivederlo o sarebbe morta. Allo stesso tempo il buon senso le diceva di non mostrarsi ridicola, non era più una ragazzina, non era possibile che si fosse invaghita di un uomo in quel modo. Ma soprattutto, era terrorizzata dal pensiero che più grande era l’infatuazione più forte sarebbe stato il dolore di scoprire che lui non ricambiava i suoi sentimenti. O peggio, che lui fosse già impegnato.  Non sapeva niente di lui! Magari era sposato e aveva tre figli! Il solo sospetto la uccideva.  Aveva sbattuto i pugni nell’acqua e si era obbligata a reagire. Aveva indossato un bell’abito lungo bianco come un giglio, maniche lunghe fino alle dita delle mani e scollatura generosa e si era fatta acconciare i capelli biondi in una coda di cavallo alta e imponente. E ora stava vagando per i corridoi senza nemmeno pensare a dove stava andando. Svoltò l’angolo e…
“Lo so, sono un vero idiota.”
Mackenzie si fermò con un piede a mezz’aria, ritrovandosi improvvisamente pietrificata dalla sorpresa. Dameron era di fronte a lei.
“Per prima, intendo. Non mi sono nemmeno presentato.”
“Mh... Gh…” Davvero non le era uscito altro???
“Comunque mi chiamo Poe Dameron.” Disse lui, sorridendo.
Finalmente il nome. Dopo essersi arrovellata per ore aveva ottenuto ciò che voleva. Prese quel nome e lo incise nel cuore, nel punto più profondo. Nessuno avrebbe mai potuto cancellarlo da lì.
Ricominciò a respirare e, dopo aver contato fino a cinque, riacquistò anche l’uso della parola: “Io sono Mackenzie Kenobi.”
*
“Generale Organa?”
Leia ebbe un fremito che la riportò al presente.
Brance chiese ancora: “E’ tutto a posto?”
“Le mie scuse, Brance. Ero assorta.”
“Sì, l’ho notato. E dal suo sguardo direi che si trattava di un pensiero piacevole.”
Leia sorrise al nulla: “Aveva il mio stesso sguardo. Lo stesso di quando incontrai Han la prima volta.”
Brance la guardò con sospetto. Non solo gli sembrava incredibile che una donna di quell’età ripensasse al primo amore, ma ciò che davvero gli interessava era sapere a chi si stava riferendo. Lo sguardo innamorato apparteneva certo a Mackenzie, ma a chi era rivolto? Pur nel dubbio, Brance si sentì orgoglioso, cercando di convincersi che si trattava proprio di lui. Se si fosse trovato a tre corridoi di distanza la sua domanda avrebbe avuto immediata risposta, poiché proprio là stava avvenendo il secondo incontro tra Poe e Mackenzie.
Dopo aver detto il proprio nome si era messa in modalità stand-by in attesa che lui dicesse qualcosa, o che magari le baciasse la mano, invece Poe era rimasto come incantato con una buffa espressione dipinta sul viso. Gli ci volle un po’ prima di riuscire a parlare.
“Allora è vero! Ho l’onore di parlare con la nipote del celebre Maestro Jedi Obi-Wan e della sua incantevole sposa di cui il generale Organa porta il nome.”
Mackenzie si morse le labbra, la irritava da morire essere sempre lodata per via dei suoi nonni paterni.
“Sì. A quanto sembra.”
“Conosco le vicende a memoria da quando ero bambino. E dalle immagini che ho visto, trovo che lei somigli davvero molto a sua nonna Leia. Era una donna di grande bellezza.”
Mackenzie non sapeva cosa dire. Nessuno riusciva a vedere LEI. Chiunque la incontrasse per la prima volta non faceva che parlarle dei suoi nonni e del loro grande amore segreto. Ma almeno il lato positivo era che in quella Base nessuno avrebbe avuto il coraggio di parlare della vicenda legata ad Han Solo. Ma riguardo ai nonni Leia e Obi-Wan Kenobi…non aveva scampo. In quel momento avrebbe solo voluto incollarsi alle labbra di Poe e assaporarlo, magari anche dirgli che lo amava, ma così avrebbe solo dimostrato di essere giovane e superficiale. Probabilmente il suo viso espresse delusione per quell’ultimo pensiero, perché Poe si fece improvvisamente serio.
“Ho parlato troppo, vero? Accidenti a me. Non volevo essere invadente. Di certo avrà sentito queste cose centinaia di volte.
Lei abbozzò uno scherzo: “Anche migliaia!”
“E le hanno mai chiesto se le piacerebbe ricevere un’educazione per diventare un…”
“Jedi? Sì. E io ho sempre risposto che seguire le orme di mio nonno non è ciò che desidero.”
Lo aveva detto con tono alterato e occhi sbarrati. Se aveva anche solo una speranza di conquistare Poe ora se l’era bruciata per sempre.
Poe abbassò lo sguardo, si lisciò la giacca verde con noncuranza e si schiarì la voce: “Torno al mio posto, signorina Kenobi.”
Passò oltre senza nemmeno guardarla, lasciandola sola ed imbarazzata. Mackenzie sentiva le lacrime pungerle gli occhi, aveva voglia di scappare via, di correre nei boschi piangendo a dirotto.
Appena ebbe svoltato l’angolo Poe si fermò, chiuse gli occhi e imprecò contro se stesso. Tornò sui propri passi e…
“Mackenzie.”
Lei sollevò il viso di scatto sentendo quel richiamo, ma voltò la testa lentamente. Poe era là, sorridente e in posa virile.
“Hai mai sentito parlare di un pianeta chiamato Terra?”
Lei rispose sorpresa: “Più o meno…”
Poe allungò un braccio verso di lei in un chiaro invito a prendere la sua mano: “Allora vieni con me!”
Lei bruciò la distanza che li divideva ed afferrò la mano di lui. Poe la strinse con decisione, quasi volesse impossessarsene, il suo sguardo sicuro e allo stesso tempo vivace lo rendeva irresistibile.
*
Per tutta la camminata il cuore di Mackenzie aveva battuto come un tamburo. Sentire la mano calda di Poe stringere la sua era più di quanto potesse sperare. Solo si augurava che lui non si accorgesse delle sue gote arrossate e la considerasse una ragazzina. Quando giunsero a destinazione qualcosa venne in suo soccorso: la porta automatica le aprì un nuovo mondo. Letteralmente.
Le pareti della stanza erano per lo più coperte di rami rampicanti senza fogliame, su due lati vi erano lunghi tavoli su cui giacevano disordinatamente molti oggetti sconosciuti e non, sulla parete in fondo c’era un’ampia vetrata oscurata con accanto un letto di forma circolare dalle lenzuola nere che, paradossalmente, occupava un angolo della stanza.
“Bellissima!” Disse Mackenzie con occhi sognanti.
“Sì, lo sei.”
Si voltò e si accorse che Poe la stava guardando come mai nessun’altro prima. Come attratta da una forza calamitante, Mackenzie cominciò a sporgersi lentamente verso di lui. Socchiuse gli occhi, lui fece altrettanto. Schiuse le labbra, lui fece altrettanto. Erano ormai prossimi al contatto quando…dei suoni robotici li interruppero!
Mackenzie si portò una mano alle labbra, imbarazzata, mentre Poe si chinò verso il pavimento, per accogliere l’ospite inatteso.
“BB-8, bentornato! E’ andato bene il controllo?”
Il piccolo droide, composto da una sfera bianco e arancio roteante su cui stava sospeso un semicerchio dello stesso colore, rispose emettendo dei curiosi suoni accompagnati dall’accensione di piccole luci colorate.
Poe rise: “Lo so che sei contrario, ma la procedura è questa. Anche se è evidente che sei un bel pezzo di droide devi comunque sottoporti ai controlli.”
Il droide roteò sul pavimento e inclinò la testa leggermente di lato, allorché Poe si voltò verso Mackenzie e si rialzò in piedi.
“Mackenzie, ti presento il mio fedele amico BB-8. Siamo inseparabili dai tempi del mio addestramento da pilota. BB-8, ti presento Mackenzie Kenobi, qui in visita da Tatooine.”
BB-8 fece brillare ad intermittenza tutte le sue luci rubando così una risata allegra di lei, che si chinò per accarezzarlo.
“Sei davvero carino! E’ un piacere conoscerti. Non avevo mai visto un droide fatto così.”
BB-8 emise dei suoni che Poe si occupò di tradurre: “Dice che per lui è lo stesso. Non aveva mai visto un discendente di Obi-Wan così carino.”
Lei rise ancora: “Un incontro propizio per entrambi, eh?”
BB-8 emise altri suoni, questa volta rivolgendosi a Poe.
“Oh. Davvero?”
Mackenzie si rialzò in piedi allarmata: “Cosa c’è?”
“Dice che il generale ti attende per la cena.”
“E lui come lo sa?”
Poe attese di sentire la spiegazione, poi tradusse: “Ha incontrato Leia poco fa e pare che lei sapesse che tu saresti stata con me.”
Si lanciarono occhiate interrogative e lui aggiunse: “E’ molto strano. Come faceva a saperlo?”
Altri suoni, altra traduzione: “Forse dal sistema di sorveglianza dei corridoi.”
“Ad ogni modo mi vuole a cena.” Mackenzie si rattristò al pensiero di doversene andare proprio ora che… Si sentì stringere la mano, sollevò lo sguardo.
“Domani ti rivedrò. Verrò io stesso a cercarti dopo aver svolto i miei doveri.”
Sulle labbra di lei affiorò un sorriso: “Non mi nasconderò. Promesso!”
Risero insieme, poi Poe la informò: “BB-8 ti scorterà a cena. Con lui sei in buone mani, se mi passi l’espressione!”
*
Se non aveva potuto fare nulla per velocizzare la serata, almeno aveva potuto prendere un buon sonnifero per far volare la notte. La mattina seguente aveva chiesto di consumare la colazione nella sua stanza e poi aveva fatto impazzire la sua aiutante per trovare un vestito che le stesse a pennello e un’acconciatura adeguata. Ed infine, all’ora di pranzo, Mackenzie si era costretta a raggiungere la zia, un po’ per non insospettirla e un po’ perché l’attesa che arrivasse Poe le aveva messo una gran fame.
“Sei davvero graziosa, oggi. E’ per un’occasione particolare?”
“E’ solo un omaggio a te, zia Leia. Al tuo antico stile. Quando indossavi abiti bianchi e ti dilettavi con acconciature stravaganti!”
Infatti quel giorno aveva deciso di rispolverare una di quelle acconciature, però dando un tocco personale. Le trecce invece che essere raccolte a cerchio ai lati della testa, le aveva fatte appuntare sulla sommità del capo creando così due asole che scendevano fino al collo, come a formare un fiocco. Il vestito, bianco e avvolgente, le lasciava le spalle nude e le avvolgeva i seni in una fascia, poi la lunga gonna le scendeva fino alle caviglie. In sintesi: era bella da togliere il fiato.
Mackenzie prese il calice del vino e, proprio quando se lo portò alle labbra, Leia le chiese: “Devi vedere qualcuno?” E questo le fece andare di traverso quel sorso di vino!
Tossì un paio di volte, tenendo le labbra premute contro il tovagliolo. Quando finalmente riprese a respirare normalmente, posò il tovagliolo e si schermì: “Non mi sembra una domanda appropriata, zia Leia.”
“Quindi la risposta è sì.” Quella donna non demordeva!
Mackenzie si strinse nelle spalle per l’imbarazzo, ma Leia continuò: “Tranquilla, non lo dirò a tuo padre. Il tuo segreto è al sicuro con me.”
Anche se lei non rispose nulla, Leia s’intestardì a rendere le cose più imbarazzanti possibile. Avvicinò il polso alle labbra e parlò al piccolo meccanismo di comunicazione: “Mandate Dameron da me.”
A Mackenzie uscì un suono inarticolato dalla bocca.
*
“Voglio dimenticare tutto. Stavo per morire dalla vergogna!”
Poe accennò un sorriso: “Voleva solo aiutarti. Non prenderla a male. Ora che sei qui ha bisogno di riversare le sue attenzioni materne su di te. In mancanza di…be', di lui.”
Poe era come un pozzo della verità, non si poteva dargli torto, ma Leia aveva comunque esagerato.
Mackenzie sospirò: “Lo capisco. Dico davvero. Ma quando è troppo è troppo. Se tu non volessi più vedermi dopo questo episodio, ti capirei.”
Poe liberò una risata: “Per nulla nella galassia! Mi piaci troppo per lasciarti andare!”
Mackenzie non poteva credere alle proprie orecchie. Lo avevo detto davvero? Aveva confessato che lei gli piaceva? Ma piaceva in che senso? Doveva calmarsi. Magari stava fraintendendo. Anche se…
“Spero tanto che sia in quel senso.”
“Come dici?”
Mackenzie si sentì come se fosse appena stata colpita da un razzo. Credeva di averlo solo pensato e invece a quanto pare quella frase le era uscita dalle labbra!
“Ehm… Mi stavo chiedendo cosa sono tutti questi oggetti curiosi sparsi per la stanza. Ieri non ho avuto modo di chiedertelo.”
Poe si alzò dal bordo del letto su cui entrambi erano seduti e andò a premere un interruttore sulla parete di sinistra.  La stanza si oscurò e al centro comparve la proiezione di un sistema solare che lei non conosceva.
“Le mie ricerche non sono ancora concluse, quindi non conosco l’ubicazione esatta di questo sistema solare, però è qui che si trova il pianeta Terra. Gli oggetti che vedi provengono da lì.”
Mackenzie era ancora col naso all’insù e la bocca aperta quando Poe richiamò la sua attenzione.
“Vieni qui.”
Lei lo raggiunse al centro della stanza, proprio sotto i pianeti colorati che accerchiavano il sole. Poe si mise dietro di lei, le cinse la vita con un braccio e le prese una mano che poi guidò fino a uno dei pianeti.
“Punta il dito.”
Lei chiuse la mano su quella di lui e distese il dito indice. Poe valutò la distanza, talmente concentrato da non essersi accorto di aver appoggiato la guancia sul capo di lei.
“Lo vedi quel piccolo pianeta colorato di bianco, verde e blu?”
Lei aguzzò la vista e rispose: “Sì, lo vedo. E’ proprio sopra il mio dito.”
“E’ quello il pianeta Terra.”
Mackenzie liberò una risatina: “E’ così piccolo! Si vede a malapena.”
Poe lasciò la mano di lei e puntò il pollice e l’indice sul pianeta. Lentamente allontanò le dita e l’immagine si ingrandì con lo zoom.
“Vedi? Questo pianeta è ricco di varietà. Non solo terra e mare si amalgamano, se guardi attentamente puoi vedere anche macchie verdi, ghiacciaie, deserti. E’ come se i pianeti di una galassia si fossero fusi in un unico pianeta.”
Mentre parlava aveva ripreso la mano di lei e l’aveva allacciata assieme all’altra sul punto vita. Di fatto la stava abbracciando. La sua voce era diventata un sussurro all’orecchio di lei.
“Gli abitanti che la popolano sono esseri umani come noi e la loro pelle cambia colore in base al luogo in cui vivono. Ho letto un documento in cui è scritto che non sanno dell’esistenza di altre forme di vita su altri pianeti, ma quando trattano l’argomento usano il temine alieni per definirli.”
Mackenzie sottolineò divertita: “Allora io e te siamo alieni!”
Lui rise di rimando: “Già! E’ un pianeta arretrato rispetto a quelli della nostra galassia. Pensa che i terrestri non dispongono nemmeno di mezzi di trasporto per lasciare il loro pianeta e possono comunicare a distanza con apparecchi che trasmettono solo la voce.”
“Niente video trasmissione?”
“Niente.”
“Ma come fanno a comunicare senza guardarsi negli occhi? E’ bruttissimo!”
“Non hanno ancora le conoscenze per farlo. Ma se questo ti sorprende, sappi che loro non hanno la tecnologia per fabbricare spade laser. E nemmeno blaster. Le loro armi sparano qualcosa chiamato proiettile.”
“Che popolo primitivo…”
Poe le sfiorò il lobo dell’orecchio con un bacio: “Un giorno spero di poter visitare questo pianeta e studiare la loro cultura.”
Mackenzie spostò appena il capo. Giusto quel che bastava per vedere Poe negli occhi: “E quando accadrà, ci andrai da solo?”
Lui accennò un sorriso: “Fino a ieri avrei risposto di sì.”
La sciolse dall’abbraccio e andò a spegnere l’interruttore. Senza quel magico effetto, la stanza aveva un aspetto molto più comune, eppure c’era qualcosa che inquietava Mackenzie. La situazione si stava scaldando parecchio. Le venne spontaneo puntare lo sguardo sul letto.
“Posso farti ascoltare una cosa?”
La voce di Poe le arrivò come un missile, facendola sobbalzare e voltare di scatto. Una figuraccia.
“Ti ho spaventata?”
Lei scosse il capo, meccanicamente: “No. Assolutamente.”
Lui si voltò verso uno dei tavoli e cominciò a trafficare con il sistema dati: “Ho trovato delle tracce audio provenienti dalla Terra, però ognuna è in una lingua diversa e io non sono riuscito a tradurre tutto.”
Con un dito sollevò un file che gli interessava: “Questa melodia invece l’ho trovata anche in versione strumentale. E’ la mia preferita.”
Si voltò di nuovo verso Mackenzie e le lanciò uno sguardo seducente: “Vuoi danzare con me?”
Mackenzie si sentì avvampare: “I-io? N-non ho mai danzato.”
“Non importa. Ti guiderò io. La melodia è lenta.”
Raggiunse Mackenzie. Per prima cosa le cinse la vita con la sinistra e l’attirò a sé tanto che i loro corpi quasi si sfiorarono.
“Appoggia la mano destra sulla mia spalla.”
Lei obbedì.
Poe sollevò la propria destra a mezz’aria e disse: “Dammi la mano.”
Lei obbedì ancora, il cuore che le batteva forte.
“Ora segui me.”
La guardò negli occhi come se volesse penetrarla fino in fondo all’anima. Con voce acuta diede il comando: “Modalità notte.”
Ovviamente era un comando vocale con cui Poe fece spegnere la luce e avviare un effetto che simulava un cielo stellato tridimensionale. Era come se stessero fluttuando nello spazio aperto.
“Avvio traccia sonora.”
L’icona che era rimasta sospesa in aria si aprì in un fascio di luce verde che puntava al soffitto. Tutto attorno comparve il dolce suono di una melodia che diede il via alla danza. Poe prese a muoversi lentamente, le sue mani guidavano Mackenzie nei movimenti ondeggianti del corpo. Era più semplice di quanto lei credesse e ogni passo era in armonia con la musica che scorreva lenta. Dopo i primi volteggi Mackenzie riuscì a rilassarsi, la sua mente prese a vagare nella memoria alla ricerca dei nomi degli strumenti. Il suono non era molto limpido, qualcosa lo disturbava come piccoli pizzicotti sonori. Forse la traccia era rovinata. Cercò di concentrarsi sugli strumenti, ma per quanto si sforzasse non riusciva ad abbinare i suoni.
Come seguendo i suoi pensieri, Poe intervenne in suo aiuto: “In entrata era uno xilofono. Questi invece sono violini.”
Mackenzie incontrò i suoi occhi nel buio, la luce delle stelle li faceva brillare. Era impossibile dare un nome a ciò che stava provando in quel momento. Era tra le sue braccia, si sentiva protetta, i movimenti sembravano unirli sia nel corpo che nello spirito. La musica aumentò il ritmo, ora era comparso un tamburo che spezzava la melodia continua dei violini.  La stretta di Poe attorno alla sua vita si fece più forte. Ad un tratto il tamburo abbandonò la sua battaglia, al suo posto entrò uno strumento a fiato. La danza rallentò.
“Il nome di questa melodia, se la mia traduzione è corretta, dovrebbe essere qualcosa tipo I bei tempi andati.”
Il suo tono di voce era così basso che Mackenzie dovette avvicinare il viso per sentire bene quello che stava dicendo. Questo portò ad un repentino cambio di posizione deciso da Poe, il quale guidò le mani di lei attorno al proprio collo e poi l’avvolse in un abbraccio. I passi divennero talmente lenti che quasi sembravano fermi, Mackenzie sentiva il calore del respiro di Poe spandersi sull’orecchio e sul collo. Sentì il bisogno di affondare il viso sull’incavo tra la spalla ed il collo, poggiare le labbra sulla sua pelle, respirare la sua fragranza mascolina. Ormai era consapevole che quello era un corteggiamento e lei stava dando la sua risposta.
Il pianoforte si aggiunse alla melodia.
“Sulla Terra le persone cantano le parole di questa canzone la notte tra l’anno vecchio e quello nuovo. Salutano l’anno trascorso e danno il benvenuto a quello che sta arrivando.”
Mackenzie sollevò leggermente il viso, in modo che le labbra fossero all’altezza dell’orecchio di Poe: “E noi? Perché stiamo danzando su questa melodia?”
Le guance si accarezzarono, gli sguardi si incontrarono.
“Noi stiamo salutando l’amicizia che ci ha legati da…ieri!”
Questa affermazione fece sorridere entrambi, poi Poe si fece più serio: “E accogliendo il domani e il nuovo sentimento che ci legherà per la vita.”
Pur sapendo a cosa alludeva, Mackenzie chiese: “E qual è?”
“Questo.” Poe posò le labbra sulle sue con sicurezza, trasmettendole tutto quello che provava. Inevitabilmente la danza si fermò, per lasciare il posto a quel bacio profondo. Anche nella melodia tutti gli strumenti svanirono, eccetto il pianoforte.
In quel momento, dalla porta fece capolino BB-8. Il suo roteare si bloccò di colpo di fronte allo scenario che gli si presentò. Tutte le sue lucette rosse si accesero contemporaneamente e in un attimo roteò all’indietro per nascondersi dietro la porta. Giusto con un pizzico di curiosità sporse la testolina ed emise un suono.
La musica cambiò ancora, uscito il pianoforte, la chiusura spettava al violoncello.
*
“E’ una notizia splendida!” La voce di Leia riecheggiò tra le pareti della sala mentre il racconto acustico di BB-8 procedeva.
“Oh hai fatto bene. Hai tutta la mia approvazione.”
Un po’ spazientito per essere escluso dalla conversazione, Brance si intromise con voce alterata: “Potrei sapere cosa sta dicendo quel droide?”
Leia gli rivolse un’occhiata divertita: “Non sei ancora in grado di capirlo?”
“No, generale. Per quanto mi applichi non riesco a comprendere l’impossibile linguaggio dei droidi.”
BB-8 emise dei rumorosi suoni rivolti a lui, tanto che Leia dovette riprenderlo: “Non essere scortese. Visto che il tuo compito è terminato puoi andare.”
Il piccolo droide chinò la testa e indietreggiò fino ad uscire dalla sala.
Leia si rivolse a Brance: “Mia nipote non può raggiungerci. Temo che dovremo cenare noi due soli.”
Non se lo aspettava. Aveva puntato tutto su quella cena, voleva corteggiare Mackenzie con l’approvazione di sua zia e ora i suoi piani erano andati in fumo.
“Per quale motivo, se posso chiedere?”
“Ha già un impegno.”
“Quale impegno?”
Leia lo guardò con tanto d’occhi: “Non credo ti riguardi, Brance.”
Quel rimprovero servì a rimetterlo al suo posto. Per quanto potesse essere gentile, Leia era pur sempre un generale e sapeva come farsi rispettare.
Prese il proprio calice e lo sollevò: “Alle buone notizie.”
Brance si impose di fingere di essere calmo. Fece tintinnare il calice contro quello di lei, ma almeno si concesse il lusso di non ripetere le parole.
*
Mackenzie era seduta di fronte allo specchio, la spazzola correva tra i biondi capelli dando loro lucentezza. Essendo sola, per pettinarli li aveva fatti ricadere sul petto e man mano che li spazzolava li raccoglieva in ciocche per coprire tutta la lunghezza. Ovvero, oltre il suo punto vita.
La porta alle sue spalle si aprì e, attraverso il riflesso sullo specchio, vide Poe entrare. Indossava un’elaborata giacca marrone chiaro sopra ad una maglia beige, più pantaloni comodi e scarponi neri. Mackenzie confessò a se stessa che con quegli abiti era più bello che mai.
Posò la spazzola sul ripiano e si alzò dallo sgabello per corrergli incontro agitando la lunga e vaporosa gonna. Più che un vestito, quello che indossava sembrava una sottoveste. Il corpetto senza maniche e con ampia scollatura era arricchito dalle ruches e sul retro era chiuso da una complessa rete di lacci.
Gli gettò le braccia al collo, sorridente: “Sono così felice che tu sia qui! Ho pensato a te tutta la notte. Non vedevo l’ora di rivederti.”
“Anch’io, amore.”
Era la prima volta che la chiamava con quel nomignolo. Ma per quanto fosse felice non poté fare a meno di notare che nello sguardo di lui c’era un’ombra.
“Ho detto qualcosa di male?”
Poe le accarezzò i capelli e si affrettò a rassicurarla: “No, assolutamente. Anch’io a ho pensato a te tutta la notte. A noi. Al nostro bacio.” Concentrò lo sguardo su quello di lei e si obbligò a buttare fuori la verità: “Devo partire per una missione.”
“Adesso?” Era sbalordita. Davvero in quel posto assegnavano missioni con tanta rapidità e senza preavviso?
“E’ una cosa semplice. Non hai nulla da temere. Sarò di ritorno entro domani.”
Mackenzie sentì il cuore alleggerirsi: “Allora non è pericolosa. Mi sentire morirei sapendoti chissà dove a rischiare la vita.”
Poe le sorrise con tenerezza. “Ora che ho te sarei un vero idiota se mi facessi uccidere!”
Era impossibile non ridere alle sue battute, anche se non avrebbe voluto. Però in un lampo arrivò la tristezza a coprire tutto col suo velo nero: “Sarai comunque lontano da me. Dimmi la verità, sarà sempre così? La Resistenza ci terrà separati?”
Poe le accarezzò una guancia, le sfiorò le labbra con il pollice: “Il titolo di miglior pilota della galassia a volte è pesante anche per me. So che non sarà facile, ma dobbiamo imparare ad accontentarci. Almeno fino a quando questa guerra contro il Primo Ordine non sarà finita. Quando tuo cugino tornerà sulla retta via.”
Mackenzie sospirò: “Già… Ben.”
Per distoglierla da cattivi pensieri Poe la strinse forte a sé e le rubò un lungo e intenso bacio.
“Mi accompagni al mio X-wing?”
Non era necessario rispondere. Attraversarono i corridoi tenendosi per mano, poi quando uscirono all’esterno, forse per precauzione, Poe le lasciò la mano. Camminarono comunque fianco a fianco fino in prossimità dell’X-wing nero. BB-8 aveva già preso possesso della sua postazione.
Poe prese la mano di Mackenzie e se la portò alle labbra, galantemente. Entrambi erano consapevoli degli sguardi degli altri piloti attorno a loro e Mackenzie fece del proprio meglio per resistere alla tentazione di saltargli addosso e baciarlo ancora una volta.
Poe si sporse e le parlò all’orecchio: “Quando tornerò voglio fare l’amore con te.”
Ora sì che doveva trattenersi! Se non poteva impedirgli di partire avrebbe tanto voluto stringersi nella postazione di BB-8 e partire insieme a lui. Peccato non fosse fisicamente possibile.
Sentì la mano di lui scivolare dalla sua, il suo sguardo entrarle nell’anima. Lo osservò salire a bordo del velivolo e decollare, il tutto senza batter ciglio, e solo quando l’X-wing sparì nel cielo Mackenzie sentì il proprio cuore battere all’impazzata.
*
Stava impazzendo. Aveva provato ad addormentarsi, ma il sonno non ne voleva sapere di arrivare. Di prendere un sonnifero non se ne parlava nemmeno, voleva essere vigile nel caso Poe fosse tornato in anticipo o nel caso fossero arrivate notizie riguardo la sua missione. Non sapeva nemmeno spiegarsi quello stato d’agitazione, in fondo le doti di Poe erano risapute e la missione era molto semplice: trovare Lor San Tekka sul pianeta Jakku, farsi consegnare un file segreto e tornare alla base. Una sciocchezza! …che però non le dava pace.
Decise di uscire da quella stanza che la stava soffocando, magari una passeggiata all’aperto le avrebbe giovato. Certo, le era stato vietato di uscire da sola di notte, ma accidenti non poteva farne a meno!  Era ormai prossima all’uscita quando una voce la chiamò.
“Mackenzie.”
Si strinse nelle spalle e si voltò lentamente, la sua espressione colpevole suscitava tenerezza: “Zia Leia.”
Capelli sciolti sulla spalla, ampia vestaglia di un tessuto pregiato, sguardo fermo. Indubbiamente Leia sarebbe rimasta per sempre una Principessa.
“Non voglio sgridarti per aver disobbedito. Vieni con me, tesoro.”
Un bicchiere di latte al miele e qualche biscotto al cioccolato erano un buon rimedio contro l’insonnia e chiacchierare con qualcuno che ti vuole bene sicuramente contribuiva ad attenuare i timori.
“So per certo che ti renderà felice. E’ un brav’uomo e l’alchimia tra di voi è evidente.”
Come faceva sua zia a parlare di sentimenti con tanta spontaneità? Ogni volta la faceva arrossire fino alla radice dei capelli. Però sapere che approvava quella relazione le era di conforto.
“Spero tanto che anche papà dirà le stesse cose quando lo avrà conosciuto. Sai zia Leia… Non gli ho ancora detto niente.”
“Hai fatto benissimo! Se gli dicessi con una video trasmissione che hai trovato l’amore della tua vita di certo lui si precipiterebbe qui per portarti via con la forza.”
Mackenzie sorrise suo malgrado immaginando la scena: “Forse un tempo. Ora è troppo anziano.”
“Io non lo sottovaluterei.  Ha superato la sessantina però per proteggerti farebbe qualunque cosa.”
Si scambiarono uno sguardo complice nella tranquillità della notte. E in un attimo accadde.
“Generale Organa, ci sono importanti aggiornamenti sulla missione.”
Non fu tanto l’arrivo improvviso dell’uomo a far sobbalzare Mackenzie, quanto più il suo tono allarmato.
Ad un cenno di Leia l’uomo continuò: “Qualcosa è andato storto. Abbiamo perso il segnale dell’X-wing e abbiamo buone ragioni di credere che Dameron sia stato catturato.”
Mackenzie gridò disperata: “Cosa? Da chi? Dove si trova?”
Leia invece mantenne la calma e il sangue freddo: “Il dispositivo che ha addosso. Dove conduce il segnale?”
Il tempo parve fermarsi quando l’uomo scandì le parole: “Allo Star Destroyer del Primo Ordine.”
*
“Lasciatemi! Devo raggiungerlo! Non posso stare qui!”
Si era ribellata con tanta forza che la gonna del suo abito si era strappata e i capelli scompigliati le ricadevano sul viso come una maschera del terrore. Sulle braccia i lividi lasciati dalla presa ferrea dei due Ufficiali che l’avevano trascinata nella sua stanza per ordine di Leia.
“Anche tralasciando il fatto che non sai pilotare, non puoi fare niente per lui.  E nemmeno noi. Possiamo solo sperare che riesca a liberarsi.” Il discorso di Leia era corretto, ma come poteva bastare?
Mackenzie continuò a gridare come una pazza: “Lo ucciderà! Lo sai bene! Tuo figlio è PAZZO!”
“Assicuratevi che le uscite siano bloccate, non voglio che esca da qui per nessuna ragione.”
“Sì, generale.” Risposero i due all’unisono.
Leia girò sui tacchi e Mackenzie riprese a gridare: “Come puoi non fare niente? Ben lo ucciderà e io ti odierò per il resto della mia vita!”
Uno dei due ufficiali la tramortì con uno schiaffo in pieno viso, che la fece cadere distesa sul letto. Gli uomini uscirono dalla stanza e inserirono un codice di protezione.
Con una mano posata sulla guancia dolorante e gli occhi che le bruciavano per le lacrime, Mackenzie dovette arrendersi. Non aveva più forze per ribellarsi, poteva solo aspettare  e pregare, mentre nella sua mente si creavano immagini orribili in cui Ben trapassava il cuore di Poe con una spada laser. Non poteva perderlo. Non poteva. Non ora. Non così.
“Se lo uccideranno non avrò più pietà di nessuno. Lo giuro sulla memoria di mio nonno Obi-Wan.”
*
Un rumore la destò. Aveva pianto fino allo sfinimento, forse era svenuta, forse si era addormentata. Era stordita, la luce artificiale ancora accesa le feriva gli occhi, dei suoni indistinti le arrivavano ovattati alle orecchie. Sentì qualcosa sul viso, una mano tiepida e gentile che le scostava i capelli. Cercò di aprire meglio gli occhi ma vide solo una sagoma sfocata.
“Mackenzie?”
Sbatté gli occhi un paio di volte e riuscì a vederlo, era Brance. Si sollevò a fatica, era esausta, ma aveva forze sufficienti per arrabbiarsi.
“Cosa ci fai qui?”
Brance prese posto accanto a lei, prese una mano tra le sue: “Sono solo venuto a darti conforto. Ho saputo della tua reazione alla notizia che Dameron…”
Mackenzie lo interruppe: “Qualcuno è partito per salvarlo o siete tutti in attesa di ricevere la notizia della sua morte?”
Lui finse di non aver sentito la seconda parte della frase: “No, nessuno andrà in suo soccorso. Sarebbe solo causa di inutili perdite.”
Lei si alterò: “Non rimarrò qui ad aspettare che lo uccidano. Fammi uscire.”
Lui si portò una mano al cuore: “Se fosse in mio potere lo farei, ma ho ricevuto ordini precisi. Posso immaginare come ti senti.” Strinse la sua mano ancora di più: “Farà di tutto per tornare da te.”
“Lo pensi davvero?”
Aveva abboccato.
“Certo che lo penso. Ma Mackenzie, tu devi essere forte. Per lui.”
“Come faccio? Non riesco nemmeno a pensare di vivere senza di lui. Mi sembra di impazzire.”
“Allora permettimi di aiutarti. Voglio essere tuo amico.”
Con gesti lenti e ben calcolati l’attirò a sé e la strinse in un abbraccio: “Qualunque cosa accada io sarò qui per te. Non ti lascerò sola.”
Disperata, Mackenzie poggiò la testa sulla sua spalla e ricominciò a piangere.
Certo, scoprire che l’uomo di cui era innamorata era Poe era stato irritante, però aveva ancora una possibilità di conquistarla. Soprattutto se lui non fosse più tornato.
“Non temere. Io ci sarò sempre per te.” Nonostante il tono rassicurante, nel suo sguardo guizzava la scintilla dell’egoismo.
Fu questa l’immagine che Leia vide entrando nella stanza, ma il suo turbamento era meno importante delle notizie che doveva riferire.
Percependo la sua presenza, Mackenzie era saltata via come una molla e le era corsa incontro.
“Poe è salvo. E’ riuscito a fuggire.”
Un largo sorriso si accese sul viso di Mackenzie: “Davvero? Ne sei sicura?”
“Ha rubato un Caccia TIE ed è scappato su Jakku, probabilmente per cercare BB-8. Ho inviato un pilota sul pianeta per prelevarlo. Con o senza droide.”
In uno slancio di gioia, Mackenzie invase la zia con un soffocante abbraccio, mentre Brance stringeva il pugno per la rabbia.
Leia dovette trovare un diversivo per liberarsi: “Non vorrai farti trovare così, vero? Indossa qualcosa di carino e fatti pettinare.”
Mackenzie corse alla cabina-armadio, lasciando la zia da sola con Brance.
Lo guardò con aria severa: “Fingerò di non aver visto, ma sappi che la tua condotta non ti rende onore.”
Lui abbassò lo sguardo. Dopo essere stato colto in flagrante non sapeva cosa dire.
“Ora torna alla tua postazione. Mia nipote deve cambiarsi d’abito.”
Brance eseguì il saluto militare e uscì dalla stanza.
*
Capelli raccolti in due cipollotti bassi, spalle scoperte, corpetto aderente che ricadeva a punta sulla gonna a balze, maniche separate dal vestito che partivano dal braccio e scendevano fino ai polsi -una precauzione in attesa che il rimedio medico facesse scomparire i lividi-, fascetta al collo, dita che si torturavano senza sosta. Era nervosa, su questo non ci pioveva. Più la nave si avvicinava, meno lei riusciva a mantenere il controllo. Ad ogni metro sentiva il cuore tuonarle nel petto. E finalmente…Poe.
Lo osservò mentre scendeva, i suoi movimenti erano sicuri e questo le fu di conforto perché significava che non era ferito. Lo vide vagare con lo sguardo, come se cercasse qualcosa. Non qualcosa: qualcuno. Pur da quella distanza lo sguardo di Mackenzie incontrò il suo e quando Poe le sorrise ogni barriera di spezzò. Mackenzie sollevò il bordo della gonna con una mano e corse verso di lui con le lacrime che le scorrevano sulle guance. E finalmente si gettò tra le sue braccia, ponendo così fine a quella dolorosa separazione.
“Ho avuto tanta paura.” Ansimò sulla spalla di lui, tremando.
Lui le sussurrò all’orecchio: “Sono qui. Non hai più nulla da temere.”
Mackenzie risollevò il viso per guardarlo, solo allora si accorse delle ferite e dei lividi che lo ricoprivano. Senza toccare, fece correre le dita sopra ogni segno, la bocca aperta per lo sdegno.
“Cosa ti ha fatto quel bastardo?”
Poe, totalmente calmo, le prese la mano e le baciò il palmo: “Sto bene.”
In quel momento Leia comparve accanto a loro: “Poe Dameron, sono lieta di rivederti.”
Lui fece un cenno del capo con cordialità: “Anch’io, generale. Sarebbe stato umiliante morire per una missione così semplice. E vedere la maschera di suo figlio come ultima cosa. Senza offesa, ovviamente.”
Leia gli porse la mano a cui li si aggrappò fieramente.
“Eh il nostro Poe ha la pelle dura!” S’intromise il pilota che lo aveva recuperato e, per accentuare le sue parole, decise di dare una pacca sulla schiena di Poe. Lui impallidì visibilmente e fu lì per svenire.
Leia chiese scioccamente: “Dameron ti senti bene?”
Mackenzie lo sostenne e rispose severa: “No che non si sente bene. E’ stato torturato, non lo vedi?”
Senza tenere troppo conto di quel tono sgarbato, Leia riprese il comando: “Lo farò curare immediatamente. Chiamo…”
“Voglio farlo io.” Con sguardo lucido di lacrime incontrò lo sguardo della zia: “Ti prego. Lascia che mi prenda cura di lui.”
Leia aveva voglia di ribattere, ma poi prese respiro e rispose bonariamente: “Faccio portare il necessario nella tua stanza. Andate.”
Mackenzie disse a mezza voce: “Grazie, zia Leia. Ti voglio bene.”
*
L’aveva fatto accomodare sulla sedia accanto al tavolo su cui erano riposti tutti gli strumenti necessari, si era sfilata le lunghe maniche perché non le fossero d’intralcio, aveva aiutato Poe a togliersi la maglia sporca facendo attenzione a non urtare il viso e poi si era messa all’opera.
Medicò minuziosamente le ferite sul suo viso, imponendosi di mantenere il controllo e mano ferma. A causa dell’incidente su Jakku, che Poe le raccontò, i tagli erano sporchi di sabbia e Mackenzie dovette estrarre i granelli uno ad uno con pazienza. Pulire il sangue coagulato invece fu più facile.
Mentre lei faceva del suo meglio per medicarlo, Poe le aveva raccontato tutto ciò che era accaduto quella notte, la cattura, l’incredibile fuga grazie all’aiuto di Finn, l’inseguimento ed infine lo schianto in cui aveva perso la giacca che a lei piaceva tanto.
“Preferisco che tu abbia perso la giacca invece che la vita.” Era stata la sua secca e rigida risposta.
Per tutta la durata della medicazione, Poe aveva osservato l’espressione della sua ragazza, il modo in cui le sue pupille si restringevano quando si rendeva conto di avergli provocato dolore durante l’estrazione dei granelli di sabbia, aveva percepito quel leggero tremolio della sua mano mentre disinfettava le ferite e l’aveva sentita deglutire nel tentativo di ingoiare la tensione.
Avrebbe voluto rassicurarla, ma come? A stento riusciva a pensare. Dopo aver buttato fuori quel racconto si era ritrovato svuotato. Aveva un tormento nell’anima che non riusciva a confessare.
Al termine della medicazione, così di punto in bianco, Poe si era ritrovato a guardare Mackenzie che, china su di lui, gli slacciava la cintura dei pantaloni.
Gli venne spontanea la battuta: “Non mi trovi esattamente al meglio, però…va bene!”
Mackenzie gli lanciò un’occhiataccia: “Risparmia le forze per trascinarti di là.”
Gli tolse gli scarponi, gli sfilò i pantaloni e lo aiutò a rialzarsi. Nella stanza da bagno la vasca era già pronta, il vapore si innalzava deliziosamente fino al soffitto.
Mackenzie portò Poe fino al bordo della vasca circolare e, dopo avercelo fatto appoggiare, si era voltata.
“Togliti la biancheria ed entra.”
Quell’accortezza così pudica fece sorridere Poe.
Mackenzie ascoltò tutto quello che succedeva alle proprie spalle e quando sentì Poe emettere un sospiro di piacere per via del contatto con l’acqua calda, allora si voltò di nuovo.
“Fai attenzione a non bagnarti il viso. Ci vorrà qualche giorno prima che lo spray cicatrizzante faccia effetto.
“Agli ordini, capo.” Buttò lì.
“Sto solo cercando di aiutarti. Per farti stare meglio.”
Poe sollevò lo sguardo quanto bastava per incontrare gli occhi di lei, che in quel momento era china sulla vasca per prendere un po’ di acqua con una scodella.
“Lo stai facendo bene.”
Era così bello con quel viso sornione che Mackenzie sarebbe volentieri entrata nella vasca con lui per mangiarlo di baci. Ma non era il momento. S’inginocchiò a terra e posizionò la ciotola proprio sotto il bordo da cui sporgevano i capelli di Poe. Prese un flacone spray e lo spruzzò in abbondanza sulla sua testa. Era una spuma bianca che odorava di fiori notturni. Dopodiché immerse le mani e cominciò a massaggiargli la testa concentrandosi sul cuoio capelluto.
“Ero un bambino.”
“Cosa?”
“L’ultima volta in cui mia madre mi ha pulito i capelli con una spuma come questa.”
Era la prima volta che Poe le parlava del suo passato, della sua famiglia.
“Dove si trovano ora i tuoi genitori?”
“A casa. Al sicuro. Non li vedo da tempo. Quando erano giovani, anche loro hanno combattuto. All’epoca si chiamava Ribellione. Si può dire che ero destinato a seguire le loro orme.”
“Non sei contento di questo?”
Poe attese alcuni istanti prima di rispondere: “Lo sono. Amo pilotare. E amo combattere per la libertà.”
Lei incalzò: “Ma?”
“Ma… Nessun ma. Sono soddisfatto della mia vita.”
Nel tempo della loro conversazione Mackenzie aveva completato il massaggio e ora stava pettinando con cura i capelli di Poe per togliere la spuma, la quale ricadeva dentro la ciotola e si scioglieva a contatto con l’acqua. Una volta che ebbe finito, in uno slancio di tenerezza fece scivolare le braccia sul petto di Poe e poggiò il mento sulla sua spalla. Il contatto con la sua pelle le dava serenità. Com’era possibile provare un sentimento forte come l’amore per un uomo che conosceva da soli due giorni?
*
“Non trattarmi come se fossi un cane con tre zampe. Ce la faccio!”
Mackenzie non poteva evitarlo, doveva assicurarsi che fosse al sicuro, che sarebbe riuscita a sostenerlo nel caso gli fosse venuto un capogiro. E il fatto che il telo stretto sotto le anche sottolineasse le forme più intime di Poe per lei era motivo di distrazione! Per fortuna la stanza di Poe era abbastanza vicina alla sua, altrimenti se qualcuno li avesse incrociati nel corridoio lei sarebbe morta di vergogna. Quel testone aveva insistito per andare nella sua stanza mezzo nudo, declinando la sua proposta di andare a prendergli dei vestiti. Anzi aveva ribattuto che, visto che lei insisteva a dirgli di andare a dormire, tanto valeva che rimanesse così, dato che lui dormiva sempre nudo. Non c’è bisogno di sottolineare che quell’affermazione aveva messo a dura prova l’autocontrollo di Mackenzie.
Al sicuro tra le quattro mura della stanza e in prossimità del letto, Mackenzie poté finalmente abbassare la guardia e portare a termine il compito che si era prefissata.
“Ora cerca di fare una bella dormita. Domani starai molto meglio, te lo assicuro.”
Ancora una volta, il paziente ribelle ne combinò una delle sue: afferrò Mackenzie per il girovita e si buttò all’indietro sul materasso trascinandola con sé. E facendole emettere un grido.
“Poe smettila! Sei davvero impossibile!”
Non solo il richiamo fu inutile, ma addirittura lo indusse ad andare oltre, stringendo il corpo di Mackenzie al suo in un punto impronunciabile.
“Voglio pilotarti come un X-wing e farti vedere le stelle.” Disse, mentre le stampava dei baci sul collo.
“Ma che stai dicendo?”
Lui sollevò il viso sul suo e le parlò ansimando: “Ricordi quello che ti ho detto prima di partire?”
Lei avvampò: “Sì, me lo ricordo bene! Ma adesso non si può. Sei talmente debole che rischi di ritrovarti svenuto ancora prima d’iniziare.”
Con grande intraprendenza, si liberò dal suo abbraccio e si rimise in piedi. Gli sfilò di torno il telo bagnato, imponendosi di non guardare cosa c’era sotto, e gli sollevò le lenzuola fino alle spalle.
“Ecco fatto. Ora dà il comando per spegnere la luce e dormi.”
“No, aspetta. Io…”
“Non voglio sentire storie. Hai bisogno di dormire.”
Fece per andarsene, ma la mano di Poe le artigliò il polso: “Aspetta, Mac.”
Lei si voltò, lo sguardo sorpreso: “Come mi hai chiamata?”
“Resta con me. Ti prometto che dormirò come un neonato se rimani accanto a me.”
Il suo sguardo era come una miscela di tristezza e di paura. Le strinse il cuore.
Poe confessò: “Non sono traumatizzato per via delle torture e l’interrogatorio. Sono stato addestrato per questo.”
“Allora cosa ti tormenta? Dimmelo, ti prego.”
“La verità è che ho fallito. Non per la missione, peggio. Ho tradito BB-8. Se il Primo Ordine lo troverà sarà solo colpa mia.”
*
Poe dormiva beatamente, il suo respiro era profondo e regolare. Mackenzie invece era sveglia, sdraiata accanto a lui, e giocava distrattamente con la peluria del petto di Poe, persa in pensieri, fino a quando qualcosa attirò la sua attenzione. Un segnale luminoso, un raggio di luce celeste stava brillando contro la parete. Con cautela, Mackenzie scivolò da sotto il braccio con cui Poe le avvolgeva le spalle e andò a vedere di cosa si trattava. Premette il pulsante accanto al raggio celeste ed ecco che comparve la proiezione della stanza di Leia. Pochi istanti e tutto si spense. Mackenzie uscì dalla stanza senza fare rumore.
Arrivata a destinazione, trovò Leia ad attenderla. Con un cenno della mano la zia la invitò a prendere posto su una sedia accanto a lei.
“Come sta?”
“Un po’ meglio. E’ forte.”
“So che ti sta molto a cuore il suo benessere, ma è importante che io parli con lui il prima possibile.”
“Dopo quello che ha passato ha bisogno di assoluto riposo.”
“Sono d’accordo, Mackenzie, ma ho bisogno di sapere…”
Mackenzie la interruppe: “…cosa è successo. Fidati, non lo vuoi davvero.”
Vedendo il turbamento sul volto della nipote, Leia non poté trattenersi, le strinse affettuosamente una mano.
“Dimmelo.”
Mackenzie ingoiò le lacrime: “Ha resistito alla violenza fisica. E’ stato addestrato bene. Ma non ha potuto fare niente contro…”
Nonostante si fosse interrotta da sola, Leia sapeva cosa stava per dire.
Mackenzie sollevò lo sguardo sulla zia: “E’ stato Ben. Lo ha torturato con la forza oscura. E’ entrato nella sua mente per estrarre l’informazione che gli serviva. Sa che BB-8 possiede il file con la mappa e sa che si trova ancora su Jakku.”
Leia avvolse la nipote in un abbraccio, entrambe si lasciarono andare al pianto.
“Fa male a  te quanto fa male a me. Te l’assicuro.”
“Ma zia Leia, come si può essere così cattivi?”
“Non è colpa sua. Mio figlio non è così.”
“Io non so cosa fare con Poe. Il suo spirito è più ferito del corpo e io non so come aiutarlo. Cosa posso fare?”
Leia prese respiro per tentare di fermare le lacrime e guardò la nipote dritta negli occhi: “Ricordagli chi è. Fagli capire che la missione si può ancora recuperare. Ma soprattutto…sii la sua forza.”
*
Esattamente come era uscita, Mackenzie rientrò. Poe dormiva ancora.
Aveva bisogno di sentirsi parte di lui, di essergli vicina il più possibile, forse per questo decise di spogliarsi del vestito e di sciogliere i capelli. Voleva dormire con lui al naturale. Scostò le lenzuola e ci si infilò sotto, andando poi a stringersi al corpo di Poe. Il movimento lo destò.
“Scusa. Non volevo svegliarti.”
Con voce roca per il sonno lui chiese: “Eri andata via?”
“Solo pochi minuti. Niente di importante.”
Poe mosse distrattamente la mano sulla sua schiena e pian piano cominciò a realizzare: “Hai tolto il vestito.”
“Era troppo ingombrante. Volevo essere libera di stringermi a te. Torna a dormire, amore, non ti disturberò più.”
Fosse stato un babbeo, l’avrebbe fatto. Ma lui non lo era. Era stato catturato, era stato picchiato, era stato torturato, era scampato alla morte solo grazie alla conversione di uno stormtrooper, era sopravvissuto allo schianto con il Caccia TIE. E dopo tutto questo, la ragazza che amava e che se ne stava nuda tra le sue braccia gli diceva di DORMIRE?
“Dannazione. Sei Poe Dameron, il miglior pilota della galassia. Davvero non riesci a reagire?” Gridò mentalmente a se stesso. Quindi passò all’azione.
La intrappolò sotto di sé, petto contro petto, un mano premuta contro la sua coscia, le labbra ad impossessarsi di quelle di lei.
Mackenzie tentò di opporsi ancora una volta: “Poe, tu non capisci. Io sono…”
Lui pronunciò un definitivo NO e ricominciò a baciarla con passione.
In fondo era quello che voleva anche lei, era ciò che voleva fin dal primo istante in cui lo aveva visto, quello in cui gli aveva parlato, quello in cui lo aveva toccato. Ora poteva esplorarlo senza confini, liberare le mani sul suo corpo, sprofondare nell’infinito oblio dei suoi baci bollenti. Possibile che dopo vent’anni di solitudine fosse bastato cambiare pianeta per incontrare l’uomo più bello e talentuoso della galassia? Ad ogni bacio lo sentiva più suo, ad ogni carezza desiderava che il tempo si fermasse, più lo stringeva a sé e più sentiva che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare. Ora che aveva lui non aveva più niente da chiedere alla vita.
Se da una parte Mackenzie si stava aprendo spiritualmente ad una nuova dimensione, dall’altra Poe voleva fare lo stesso con il corpo! La situazione era infuocata, eppure lei si ostinava a tenere strette le gambe, impedendo il passaggio a qualunque cosa. Ormai sazio delle sue labbra e dei suoi seni, Poe aveva assolutamente bisogno di passare oltre. Non poteva più aspettare.
Con un pizzico di astuzia intrappolò le mani di lei ai lati del cuscino, poi con il ginocchio aprì un varco fra le sue gambe e scivolò lentamente. Una volta conquistata la postazione, Poe sfrecciò verso la meta proprio come se stesse pilotando il suo X-wing. Il grido di Mackenzie lo riportò alla realtà, accese il suo senso di colpa per essere stato così avventato. Poe rimase immobile leggendo il dolore sul volto di lei. Le aveva appena strappato il fiore della purezza. Attese fino a quando non vide che il peggio era passato, fino a quando lei gli lanciò un tacito segnale di assenso. Il fuoco di Poe si riaccese. La vera missione aveva inizio adesso.
*
La porta automatica si aprì, ma Poe rimase sulla soglia. Una rapida panoramica della stanza, la constatazione che le lenzuola erano state cambiate e se ne andò. Anche la stanza di Mackenzie era vuota, ma una luce rossa indicava che la stanza da bagno era occupata.
Il rumore della porta indusse Mackenzie a riaprire gli occhi, interrompendo così la dolce terapia di un bagno caldo con idromassaggio.
“Non ce la facevi proprio a restare a letto questa mattina?” Gli chiese con tono ammonitore.
Poe, intento a togliersi la divisa verde, rispose pratico: “Dovevo fare rapporto.” Il tempo di spogliarsi e le lanciò un’occhiata divertiva: “Inoltre avevo una fame pazzesca e tu non volevi saperne di svegliarti!”
Entrò nella vasca e si accomodò accanto a lei, ricercando il contatto fisico.
Mackenzie gli sfiorò il viso con le nocche della mano, esaminando attentamente ogni segno: “La cicatrizzazione è quasi completa. Un paio di giorni ancora e il tuo viso sarà di nuovo perfetto.”
“Vuoi baciarmi o continuare ad esaminare le cicatrici sulla mia faccia?” Ovviamente sorrise subito dopo averlo detto, condividendo quello scherzo con lei. Pochi istanti e le labbra si unirono in un bacio.
Il senso di colpa tornò a farsi sentire, sfiorò il suo viso con la punta del naso: “Ti fa ancora male?”
“Non più. Il massaggio dentro l’acqua mi ha aiutata molto.”
Le sussurrò: “Mi dispiace lo stesso.”
“Non è colpa tua. Era inevitabile.” Era stato un piccolo prezzo da pagare in cambio delle emozioni che aveva provato. Lui avrebbe capito se glielo avesse detto?
Alla fine abbandonò il discorso e lasciò che lui avviasse una conversazione più leggera. Se solo avessero sospettato ciò che stava per accadere...
Brance, giunto di fronte alla porta della stanza di Mackenzie, si sporse sul citofono e si schiarì la voce: “Signorina Kenobi, posso entrare?”
Non ottenne risposta. Si guardò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, quindi fece aprire la porta ed entrò.
“Mackenzie? Ci sei?”
La stanza era di fatto vuota perciò fece per andarsene, se non fosse che una risatina attirò la sua attenzione. A quanto sembrava la porta della stanza da bagno aveva un malfunzionamento, invece di chiudersi era rimasta aperta di una fessura. Nella sua vigliaccheria, Brance pensò di approfittarne per sbirciare, nella speranza di vedere il corpo nudo di Mackenzie. Di certo non si aspettava di sorprenderla tra le braccia di Poe.
I due sembravano divertirsi come bambini dentro quella vasca, solo che lui non riusciva ad afferrare l’oggetto della conversazione.
“Ma dai, non può essere!”
“Ti dico di sì. C’è scritto proprio 80 giorni.”
“Per un pianeta così piccolo? Con l’ipervelocità sarebbero troppi anche ottanta minuti.”
“Lo sai che loro non la conoscono.”
“E tu vorresti andare su un pianeta così retrogrado?”
Poe le sfiorò il mento con il dorso della mano e la guardò negli occhi: “Con te al mio fianco potrei andare ovunque.”
Geloso come non mai, Brance sibilò tra i denti: “Maledetto.”
Li vide  scambiarsi un bacio e fu lì che gli venne una perfida idea. Pigiò il tasto del registratore che aveva al polso e riprese la loro intimità.
“Te la farò pagare cara, Dameron.”
*
Il giorno seguente avrebbe dovuto essere tranquillo. Poe aveva promesso a Mackenzie che le avrebbe insegnato a tradurre una storia terrestre, scritta in una lingua simile alla loro. Per lei era già stato fantastico toccare un libro fatto di carta. Non aveva mai visto niente di simile ed era così bizzarro pensare che per leggere una storia bisognava sfogliare le pagine una ad una, toccarle davvero. Seduta sul letto di Poe, non faceva che guardare ammirata l’illustrazione del libro che avrebbero letto insieme, un’immagine raffigurante un giardino ricco di varietà di fiori. Era stata lei stessa a sceglierlo, tra i pochi che Poe possedeva, proprio perché era rimasta affascinata da tutti quei fiori. A tale scelta lui aveva sottolineato che anche sua nonna Leia era stata un’amante dei fiori e ovviamente questo gli avevo fatto guadagnare un’occhiataccia da parte di Mackenzie. Poe le aveva accennato che la storia del libro parlava di tre ragazzini e di un segreto che riguardava un giardino. Sembrava interessante.
Persa in pensieri, le mancò un battito quando Poe irruppe nella stanza come un uragano.
“Amore, ci sono grandi novità!” Era evidentemente entusiasta.
Mackenzie posò il libro sul letto e si alzò in piedi: “Cosa succede? Perché hai ancora la tuta addosso?”
Poe le prese le mani, i suoi occhi brillavano: “Sappiamo dov’è BB-8! Stiamo andando a riprenderlo. Dovrò guidare la squadra nel caso il Primo Ordine abbia ricevuto la stessa informazione.”
Mackenzie non era affatto contenta: “Cosa significa? Ti sei appena ripreso.”
“Appunto per questo sono emozionato, Mac! Temevo che il generale mi avrebbe segregato ai voli di perlustrazione per chissà quanto tempo e invece mi vuole sul campo.”
“Dove andrai?”
“BB-8 si trova al Castello di Maz.”
Per quanto si sforzasse, lei non riusciva a condividere la sua gioia. Certo era contenta del ritrovamento di BB-8, però il fatto che lui avesse anche nominato il Primo Ordine la inquietava.
“Augurami buona fortuna.” Poe le stampò un bacio sulle labbra con forza e se ne andò senza voltarsi indietro.
Rimasta sola, Mackenzie lanciò un triste sguardo al libro che giaceva sul letto. La sua vita sarebbe stata sempre così d’ora in poi. In un battito di ciglia la tristezza venne spazzata via dalla rabbia. Lasciò la stanza, attraversò i corridoi diretta all’uscita e…
“Mackenzie.”
Possibile che ogni volta che stava per mettere piede fuori qualcuno la fermasse?
Si voltò con aria infastidita, vide Brance.
“Sto partendo assieme al generale e alla squadra di piloti. Volevo salutarti.”
“Anche tu sei contento di andare a rischiare la vita?”
La domanda lo spiazzò: “Io…non mi definirei contento. Però essere utile alla causa e salvare vite innocenti mi rende orgoglioso di me stesso.”
Mackenzie sfoggiò un’espressione di disgusto: “Siete tutti pazzi.”
Uscì sbattendo la grande porta principale in faccia a Brance, questa volta sarebbe andata nei boschi e nessuno l’avrebbe fermata.
In quanto a Brance, se il primo sentimento fu di pura sorpresa, il secondo lo portò a prendere una drastica decisione. Scosse il capo e sibilò: “Lo hai voluto tu.”
Cliccò un paio di volte il piccolo sistema di comunicazione e attese che sullo schermo comparisse la scritta Eseguito.
*
Avrebbe potuto dare fuoco al pianeta con la rabbia che aveva dentro, ma poi il cuore le si sciolse e le ricordò che Poe era l’uomo che amava. Alla fine tutto il male si trasformò in preoccupazione. Per questo motivo rientrò alla Base. Per questo motivo si diresse alla sala comunicazioni. La conferma che Poe stava bene la rincuorò, però scoprire chi avevano trovato e salvato al Castello si impossessò di tutta la sua attenzione. Corse all’esterno, alla pista, e attese con pazienza. Arrivarono prima gli X-wing e dopo la nave di Leia. Quando finalmente il portellone si aprì Mackenzie vide che era tutto vero. Era davvero LUI.
Dal lato opposto, Han Solo, che stava già vivendo un conflitto interiore tra il ritrovamento del Millenium Falcon, l’incontro con Rey e Finn e quello con Leia dopo anni di separazione, si ritrovò sull’orlo della follia quando l’immaginazione gli giocò un brutto scherzo. Aveva sentito gridare il suo nome e quando aveva allungato lo sguardo sulla figura che gli stava correndo incontro per poco non ebbe un infarto!
I suoi occhi traditori e i suoi ricordi d’infanzia fecero comparire uno spettro a cui non pensava da molto tempo. La voce gli uscì rauca nel pronunciare: “Mamma?”
Al suo fianco, Leia accennò un sorriso di comprensione.
Nel frattempo la figura si stava avvicinando sempre più, raggiante di allegria.
“Zio Han!”
“Mackenzie?” Quell’appellativo lo fece tornare in sé e quando la nipote gli saltò in braccio era già tornato tutto alla normalità.
“Non posso crederci. Mac!”
La osservò da capo a piedi: “Ma guardati. Non potrò più chiamarti la mia piccola Mac, adesso.”
Mackenzie intrecciò le lunghe gambe con timidezza: “Temo di no. Mi dispiace.”
Si rimproverò per aver deciso di indossare un miniabito che le copriva tutta la parte superiore, a partire dal collo, ma che le lasciava le gambe completamente scoperte. Inoltre le scarpe con la zeppa la rendevano ancora più alta di quanto già non fosse.
“Non darti pena! Piccola non lo sei più, ma posso ancora chiamarti a pieno titolo mia Principessa Mac” Lanciò un’occhiata a Leia: “Con tutto il rispetto per tua zia.”
Tutti e tre risero per quello scherzo, per quell’atmosfera allegra e famigliare, se non fosse stato per il richiamo al dovere che pendeva sulle loro teste.
Leia divenne seria di colpo: “Dobbiamo discutere sul da farsi.  E’ meglio andare.”
“Sì, certo.” Assentì Han, per poi rivolgersi alla nipote: “A dopo, tesoro mio.”
Lei accennò un sorriso e li lasciò andare entrambi.
Al suo fianco arrivò Poe, fresco d’azione ma comunque teso per l’argomento che avrebbero trattato alla riunione.
“Posso sperare che tu non sia più in collera con me?”
Lei scosse il capo con fare giocoso: “Non lo sono più. Volevo solo averti accanto.”
Poe si sporse su di lei e le sfiorò le labbra con un bacio: “Quando la riunione sarà terminata sarò tutto tuo, te lo prometto. E…sappi che con questo vestito sei tremendamente sexy.”
Lei sorrise per il complimento: “Ti aspetto qui fuori.”
Un ultimo sguardo malizioso e lui si allontanò.
*
Alastair rincasò portandosi dietro una nuvola di sabbia. Alzò il cappuccio dal viso e con gesto noncurante sfilò il mantello, lasciandolo cadere a terra.
La moglie Sheila comparve dalla stanza accanto all’ingresso: “Meno male che sei tornato. Iniziavo a preoccuparmi.”
Alastair raccolse il mantello e lo porse alla moglie: “Il brutto delle tempeste di sabbia è che ti colgono sempre di sorpresa.”
Sheila prese l’indumento e si diresse altrove: “Mentre eri via abbiamo ricevuto un messaggio in video trasmissione.”
“Di cosa si tratta?”
“Non lo so. Aspettavo te per vederlo.”
Alastair si diresse alla stanza dove si trovava l’apparecchio per le comunicazioni e si mise a controllare alcuni dati in attesa che la moglie tornasse.
“Non c’è mittente. Davvero strano.”
Sheila tornò e si mise al suo fianco: “Forse si tratta di un errore. Meglio dare un’occhiata.”
Premette il pulsante e la trasmissione partì. I primi secondi erano vuoti, ma poi comparve il filmato. Entrambi restarono di sasso.
“Quella non è…?” Sheila non riuscì a terminare la frase.
Il filmato mostrava una vasca da bagno con Mackenzie all’interno. E un uomo. I due sembravano molto in confidenza e ad un certo punto si scambiarono un bacio ardente.
“Chi è quel tizio?” Ruggì Alastair.
Il filmato si interruppe proprio nel momento in cui la mano dell’uomo stava per posarsi su un seno di lei. Qualche altro secondo di vuoto. Poi comparvero delle labbra. Quando si schiusero, la voce fredda e profonda riempì la stanza: “Poe Dameron.”
Il filmato era finito, il getto di luce rientrò.
Ancora turbata, Sheila lanciò un’occhiata al marito: “E’ uno scherzo, vero?”
Lui scosse il capo, una fiamma ardeva nei suoi occhi: “Direi proprio di no.”
*
Mackenzie aveva passeggiato lungo la pista, pensando a tutto e a niente. Alla fine si era diretta all’X-wing di Poe, aveva accarezzato il velivolo come fosse una creatura vivente. Avrebbe voluto essere gelosa, ma non era quello il suo rivale. Per Poe qualunque cosa si potesse pilotare aveva un gran valore. Era un dato di fatto: quell’uomo non sarebbe mai stato interamente suo. Poe amava pilotare e nessuno avrebbe potuto impedirgli di farlo. Tantomeno lei.
Abbassò la mano e si voltò, appoggiò le spalle sulla fiancata come cercando un punto d’incontro con lui, un sostegno spirituale, stipulando un tacito patto. Poe apparteneva ad entrambi.
Neanche avesse sentito un richiamo, Poe arrivò in quel momento. Vedere le due cose che più amava stare a contatto tra loro lo soddisfaceva.
“Mi perdoni la lunga attesa, Principessa Mac.”
Mackenzie gli lanciò un’occhiata divertita: “Allora hai sentito tutto!”
Poe appoggiò il gomito sulla fiancata dell’X-wing e si portò l’altra mano sul fianco: “Perché lui può chiamarti così e io no?”
“Non dirmi che sei geloso!”
Lui finse di pensarci, per stare al gioco: “Mmh… Forse.”
“La verità è che lui è l’unico a poterlo fare. Non è questione di chi o perché, il fatto è che lui lo dice con convinzione, è un nomignolo che ha reso suo.”
“Ti vuole bene. Ho visto coi miei occhi come si è comportato.”
“E’ per questo che mi è impossibile dare valore alle brutte storie che ho sentito. Fin dalla prima volta in cui l’ho incontrato ho sentito che c’era sintonia tra noi.”
“Anche se ha scelto di non essere più un Kenobi?”
Mackenzie prese quella freccia al volo e la rilanciò indietro: “Un nome può essere un peso troppo grande da portare. Io stessa lo cambierei, se potessi. Per tutta la galassia io non sono altro che la nipote di Obi-Wan. Ho il suo fantasma davanti, nessuno riesce a vedere ME.”
Poe aveva ascoltato con attenzione quel discorso, ma poi il suo sguardo si era rallegrato tutto d’un tratto: “Credo che qualcuno voglia salutarti.”
Veloce come un razzo, BB-8 si presentò ai piedi di Mackenzie.
“Ti hanno trovato davvero!” Si inginocchiò e lo accolse in un caloroso abbraccio: “Sono così contenta di rivederti! Oh povero piccolo!”
Gli accarezzò la testolina, facendolo illuminare tutto per la contentezza.
“Poe aveva detto che eri al Castello di Maz. Come hai fatto ad arrivarci se ti aveva lasciato su Jakku?”
A questa domanda rispose lo stesso Poe, con un’altra domanda: “Ricordi quando ti ho parlato di Finn?”
“Certo che sì.”
“Be', ora posso presentartelo.”
Mackenzie sollevò lo sguardo. Squadrò il ragazzo che le stava di fronte e che le stava sorridendo. Sciolse l’abbraccio dal droide e si alzò in piedi, gli occhi sgranati su Finn: “Tu hai salvato la vita al mio amore?”
Finn rispose timidamente: “In un certo senso è stato lui a salvare me. Siamo scappati grazie a lui, altrimenti io non…”
Prima di finire si ritrovò con le braccia di Mackenzie al collo: “Ti sono così riconoscente. Lui gioca a fare l’eroe, non si rende conto del pericolo.”
Il povero Finn si ritrovò in una situazione imbarazzante! Teneva le mani alzate per timore che un suo ulteriore contatto con lei potesse far ingelosire Poe e allo stesso tempo teneva la bocca chiusa per non confermare e non smentire le esclamazioni di Mackenzie, sempre per timore di far arrabbiare Poe.
Per sua fortuna Mackenzie di allontanò da lui accorgendosi di un particolare.
“Hey. Questa è la giacca sexy di Poe.”
Finn sentì un groppo alla gola: “S-sexy?”
“L’ha persa su Jakku. Come puoi averla tu?”
Poe intervenne con astuzia, afferrando la sua ragazza per i fianchi e attirandola a sé: “E’ una storia lunga. Comunque ora appartiene a lui.”
“Ma così tu rimarrai senza!” Disse capricciosamente, mostrando il broncio.
Finn s’intromise: “Accidenti che senso di colpa… Ho quasi voglia di restituirtela…”
Poe sorrise divertito: “Me ne farò cucire un’altra!”
 “Lo farò io. Così ogni volta che la indosserai penserai a me.” E con questa romanticheria Mackenzie chiuse il discorso. E ne aprì un altro: “Finn, vorrei davvero che tu mi raccontassi questa lunga storia che Poe non vuole dirmi. Che ne diresti se…”
Mentre Mackenzie parlava, Poe si accorse che alcuni piloti stavano osservando il cielo in un punto preciso, poi il rumore attirò anche la sua attenzione. Voltandosi la vide, una nave stava per atterrare al centro della pista.
Attirata dallo stesso rumore, anche Mackenzie si voltò, solo che la sua reazione fu preoccupante: “Oh no. Quella la conosco. Viene da Tatooine. E questo significa che a bordo c’è…”
Attese che il portellone si aprisse e quando vide chi stava scendendo, la voce le morì in gola: “Papà.”
Alastair, scuro in volto per la rabbia, gridò: “Poe Dameron.”
A quel richiamo, Poe sciolse le braccia da Mackenzie e fece due passi avanti: “Sono io.”
Alastair lo puntò con sguardo infuocato, camminò con passo deciso fino a lui e…sganciò un destro che scaraventò Poe a terra.
Mackenzie si buttò su di lui per proteggerlo: “Papà, no!”
“Spostati, figlia degenere. Voglio dargli una lezione.” E così dicendo sferrò un calcio allo stomaco di Poe, facendolo annaspare in cerca d’aria.
“Papà smettila. Perché ce l’hai con lui?”
“Vai a prendere le tue cose. Ti porto a casa immediatamente.”
“Cos..? No. Non puoi farlo.”
Dal basso, Poe cercò di parlare nonostante il dolore: “Non le permetterò di portarla via.”
Alastair lo guardò con disgusto: “E tu. Non ti vergogni? Sei un uomo fatto e ti approfitti di una ragazzina?”
Poe raggruppò le forze per rimettersi in piedi e, quando finalmente fu faccia a faccia con Alastair, poté sostenere il suo sguardo: “Non è una ragazzina, signor Kenobi. E io la amo.”
“Ma se vi conoscete da cinque giorni! O sei un bugiardo o sei uno stupido.”
Probabilmente sarebbe finita male se Leia non fosse arrivata in tempo.
“Nessuna delle due cose, te l’assicuro.”
Alastair posò lo sguardo su di lei, negli occhi un luccichio di ammirazione per quella donna che un tempo gli aveva fatto battere il cuore, anche se lui era già sposato.
“Leia. Mi dispiace ma devo contraddirti.”
“Poe è il mio pilota migliore e a loro tempo i suoi genitori sono stati fondamentali per sconfiggere la Morte Nera.”
“Temo che dovrai ricrederti su di lui.”
Sollevò il braccio a mezz’aria e premette il pulsante di avvio trasmissione. Quando il filmato partì, fu chiaro il motivo di tutte quelle accuse.
Mackenzie, sconvolta e imbarazzata, si premette una mano sulla bocca, Poe invece aggrottò le sopracciglia  e il suo disappunto uscì in un’unica frase: “Chi si è permesso?”
La trasmissione terminò, lasciando un fitto silenzio nel gruppo. Finn desiderò di poter scomparire.
I pugni di Poe si strinsero per la collera: “Quello era un momento privato. Chiunque abbia fatto la registrazione dovrà vedersela con me.”
Leia sfiorò la spalla di Alastair: “Troverò il colpevole che ha infangato l’onore di tua figlia. Comunque sono d’accordo con Poe, quello era un momento privato, nessuno avrebbe dovuto vederlo.”
Alastair fece valere le proprie ragioni: “Pensi che sia contento di sapere come si comporta mia figlia? E’ bastato che venisse qui e guarda com’è cambiata. Va a letto con degli sconosciuti e si veste come una sgualdrina.”
A quel punto Poe perse il controllo, afferrò Alastair per una spalla e gli gridò in faccia: “Non le permetto di parlare in questo modo. Se si azzarda ancora, io giuro che…”
“Tempo sprecato. Mio fratello non è mai stato una bocca di rosa.”
Quel nuovo arrivo spiazzò del tutto Alastair. Come dimenticando Poe, si voltò con la sorpresa dipinta sul volto.
“Han. Cane bastardo cosa ci fai qui?”
Han accennò un sorriso rivolto a Poe: “Come volevasi dimostrare!”
Mackenzie approfittò del momento per togliere la mano di Poe dalla spalla del padre, giusto per sicurezza.
Ormai al centro dell’attenzione, Han proseguì: “Alastair, forse sarebbe meglio fare una chiacchierata in privato. Andiamo dentro.”
Alastair lanciò un’ultima occhiataccia a Poe, che lo ripagò della stessa moneta, quindi si arrese a seguire il fratello.
*
Mackenzie era in preda all’agitazione, non riusciva a stare ferma, parlava e camminava avanti e indietro per la stanza di Poe.
“Non posso credere che sia accaduto veramente. Ma chi? Chi potrebbe odiarci al punto di volere la nostra rovina?”
Poe, al contrario di lei, era rimasto silenzioso per tutto il tempo, la spalla appoggiata alla parete: “Non lo so. E’ stato davvero un colpo basso.”
“Addirittura spiarci mentre siamo nudi nella vasca da bagno. Ti rendi conto? Chiunque sia stato l’ha fatto con l’obiettivo di rovinarmi la vita.”
“Anche la mia, se è per questo.”
Si scostò dalla parete e raggiunse Mackenzie, la sicurezza traspariva dai suoi occhi: “D’ora in poi mi prenderò cura di te personalmente. E quando non ci sarò ti farò sorvegliare da un droide.” Il viso gli si contrasse per la rabbia, sferrò un pugno nel vuoto: “Non sopporto che qualcuno ti guardi di nascosto.”
A quanto pare i ruoli si erano invertiti, Poe era fuori di sé e Mackenzie si era quietata. Gli prese la mano e gli parlò con tenerezza per cercare di calmarlo: “Poe… Amore, non fare così.”
“E quel che è peggio è che ora tuo padre mi considera un porco approfittatore. Davvero un bell’inizio!”
Se in quella stanza gli animi erano infuocati, dalla parte opposta dell’edificio era l’esatto contrario.
Alastair e Han avevano preso posto attorno ad un tavolo già da un po’, ma nessuno dei due aveva ancora aperto bocca. Erano entrambi a disagio.
Han prese respiro, lo sguardo perso nel vuoto: “L’ho vista. L’ho vista in lei. Non credevo fosse possibile.”
Alastair, intento a passare il dito sul bordo del proprio bicchiere, si lasciò sfuggire un sorriso: “Non me lo so spiegare nemmeno io. E’ una somiglianza incredibile.”
Han sollevò lo sguardo sul fratello maggiore: “Allora non l’ho immaginato. Mac è identica a nostra madre.”
“Non illuderti, lo è solo all’esterno. Nostra madre era una donna forte e coraggiosa. Si faceva rispettare pur restando al proprio posto. Mackenzie invece è impulsiva e capricciosa.”
“Ne parli troppo aspramente, Alastair. Non ti rendi conto della fortuna che hai avuto. Io non so cosa darei per averla come figlia.”
Alastair sentì una fitta al cuore. Sapeva bene di cosa stava parlando.
“Han, non è colpa tua se Ben ha preso la strada sbagliata.”
Han lo guardò di sbieco, la voce un po’ alterata: “E tu che ne sai? Sono stato un pessimo figlio per nostro padre e un pessimo padre per mio figlio.”
“Noi facciamo del nostro meglio, Han. Fare il genitore non è facile. Quando Mackenzie venne al mondo fu un piccolo miracolo per me e Sheila. Così, nell’esatto momento in cui ho preso tra le mani quella creaturina spelacchiata, ho giurato a me stesso che mi sarei preso cura di lei e che l’avrei protetta dalle brutalità della galassia.”
“E’ quello che hai fatto, Alastair.”
Il fratello sbatté il calice sul tavolo: “L’ho tenuta prigioniera su Tatooine per vent’anni! E adesso che l’ho lasciata andare non la riconosco più.”
Han minimizzò: “E’ solo innamorata. Almeno lei non si è trasformata in un mostro assassino.”
Non facendo caso all’allusione, Alastair incalzò: “Si è lasciata incantare da quel bell’imbusto. Ma ti pare? Avrà più di trent’anni. E’ troppo vecchio per lei.”
“Se Leia tesse le sue lodi non hai nulla da temere. E di certo non convincerai Mac a smettere di amarlo puntando sulla differenza di età.”
“Io vorrei solo riportarla a casa.”
“Alastair, seriamente. Non c’è niente per lei su Tatooine. E tu lo sai. Se la strappi via da qui ti odierà per il resto della vita oppure tenterà di scappare.”
Alastair si portò una mano alla fronte, era così stanco di lottare.
“Allora cosa dovrei fare secondo te?”
Han gli diede la risposta più ovvia: “Lasciala vivere. Quel ragazzo potrebbe renderla felice. E…chi lo sa? Presto potresti ritrovarti dei piccoletti per casa che ti chiamano nonno!”
Pessima battuta. Non appena terminò la frase, Alastair si abbatté su di lui come una furia e gli strinse il collo con pugno di ferro.
Prossimo al soffocamento, viso rosso, Han cercò di rimediare alla gaffe con tutte le forze che aveva: “Non presto. Non presto. Tardi.”
Per fortuna funzionò! Alastair lasciò la presa e, vedendo il fratello tossire e contorcersi per riprendere fiato, gli venne spontaneo lasciarsi andare ad una risata.
*
Seduti sul bordo del letto, fianco a fianco, Mackenzie teneva la testa appoggiata sulla spalla di Poe e lui sul capo di lei. Con un braccio le cingeva le spalle. Le loro mani intrecciate sopra al ginocchio di Poe.
Dopo minuti di silenzio e di immobilità, tranne che per le loro dita che si accarezzavano, Poe accarezzò la propria guancia sui morbidi capelli di lei, le parole gli uscirono in un sussurro: “So che non è il momento, ma c’è una cosa che devo dirti.”
Lei sussurrò a sua volta: “Cosa, amore?”
Da sopra la spalla di Mackenzie si udirono due bip  ravvicinati che, inevitabilmente, interruppero la conversazione appena iniziata.
Poe sollevò il braccio e avvicinò il polso alla labbra: “Qui Dameron.”
Una voce maschile rispose dalla parte opposta: “Il generale ti vuole sulla pista. Ha detto di portare con te la signorina Kenobi.”
“Ricevuto.” Rimise il braccio attorno alle spalle di lei, sospirando: “Il dovere chiama.”
Lei rispose sarcastica: “Che strano. Di solito hai così tanto tempo libero.”
Si rimisero in piedi svogliatamente.
Vedendola preoccupata, Poe sussurrò un “Hey” per richiamare la sua attenzione, quindi le prese le mani e le strinse nelle proprie.
“Nessuno ti porterà via da me. Mai.”
Si scambiarono uno sguardo di conforto e si diressero alla pista di atterraggio, dove ad attenderli, oltre a Leia, c’erano anche Han e Alastair.
Non appena furono uno di fronte all’altro, Alastair porse la mano alla figlia: “Vieni qui.”
Notò la reazione di Poe, ovvero contrarre la mascella e stringere la mano di Mackenzie saldamente, perciò gli venne spontaneo schernirlo: “Stai calmo bell’imbusto. Non te la voglio portare via.”
Poe, seppur restando serio, fece un cenno positivo col capo e lasciò la mano della sua ragazza.
Lei fece un passo avanti, permettendo così al padre di abbracciarla.
“Io mi fido di te, tesoro. Voglio solo che tu mi prometta di fare attenzione.”
“Te lo prometto, papà.”
Si sciolsero dall’abbraccio e si scambiarono un sorriso fiducioso, poi Alastair disse: “Prima che io vada, tuo zio deve dirti una cosa.”
Han si guardò attorno con noncuranza, come se non avesse sentito, quindi il fratello lo richiamò alzando il tono di voce: “Han! Non me ne vado finché non glielo dici.”
Mackenzie volse lo sguardo allo zio: “Di cosa si tratta?”
Leia, con ben poca galanteria, diede una gomitata alle costole del marito.
Han ribatté offeso: “D’accordo. Ora lo faccio.”
Si avvicinò alla nipote con estrema lentezza e si schiarì la voce per perdere altro tempo.
“Ascoltami bene, Mac. Quello che sto per dirti è molto importante.”
Mackenzie, sempre più curiosa, sgranò gli occhi: “Certo, zio.”
Han lanciò un’ultima occhiata al fratello maggiore, prese respiro e cominciò.
 “Avevo solo quattro anni quando mia madre Leia e mio fratello Benjamin morirono per mano di Anakin Skywalker. Mio padre Obi-wan era un uomo disperato. Tutto ciò che rimaneva della sua famiglia erano il suo figlio maggiore e quello minore, ovvero tuo padre ed io, per questo ci salvò portandoci su Tatooine. Sapeva che per lui era saggio cambiare identità, perciò abbandonò il suo nome per prendere quello del figlioletto che era stato ucciso. Ben. Povero piccolo Ben… Aveva qualche anno in più di me eppure era lui il più puro di cuore tra noi fratelli.” Il suo sguardo divenne acquoso a causa dei ricordi. Sbatté le palpebre per cacciare indietro le lacrime e proseguì.
“Come saprai, scelse Tatooine come rifugio anche per poter vegliare su Luke. Lo aveva affidato agli zii paterni ma, poiché aveva promesso di proteggerlo, sarebbe stato più facile farlo restando sullo stesso pianeta. Così, avendo un padre che aveva trovato un nuovo obiettivo a cui dedicarsi e un fratello scontroso e segnato dal dolore, io mi ritrovai solo.”
A quelle parole Alastair abbassò lo sguardo, il senso di colpa traspariva sul suo volto.
“Crebbi di solitudine e di gelosia. Per me era inconcepibile che mio padre amasse di più il figlio dell’assassino che aveva ucciso mia madre e mio fratello senza pietà. Odiavo Luke anche se non lo avevo mai incontrato. Non avrei mai potuto immaginare che ci saremmo incontrati in età adulta e che saremmo diventati buoni amici.” Abbozzò un sorriso, che però si spense velocemente.
“Quando divenni grande abbastanza feci l’errore più grande della mia vita.”
Mackenzie s’intromise: “Lasciasti la tua famiglia su Tatooine e non facesti più ritorno.”
“Peggio. Rinnegai il nome di mio padre.”
Alastair risollevò lo sguardo su di lui, ma i suoi pensieri erano indecifrabili.
“Scelsi di assumere l’identità di Han Solo perché provavo vergogna a presentarmi come Han Kenobi. Il peso di quel nome era una pietra troppo pesante da portare. Ma ti giuro che se potessi tornare indietro non lo rifarei. Dopo anni di avventure, dopo aver conosciuto Luke, mio padre venne ucciso da Darth Vader e allora capii che ormai era tardi. Non avrei mai potuto rimediare. Non avrei più potuto dire a mio padre quanto gli volevo bene. Per volontà divina, alla fine fu lui a darmi la possibilità di farlo, ma questa è un’altra storia. Comunque provai vergogna per tutto ciò che avevo fatto e per punirmi decisi che avrei continuato a farmi chiamare Solo per il resto della vita. Ero IO a non essere degno del nome di mio padre. Quello che sto cercando di dirti, Mac, è che non voglio vederti fare i miei stessi errori. Ricorda che il tuo nome vivrà nei secoli e tu devi essere fiera di questo.”
Sfoggiò un sorriso beffardo e buttò lì: “Sei nipote del grande Obi-Wan Kenobi, accidenti!”
Mackenzie si lasciò sfuggire una risatina, ma le lacrime che le cadevano dagli occhi non accennavano a fermarsi.
Han riprese: “Lo stesso vale per il tuo aspetto. Tuo padre mi ha detto che ti innervosisci quando qualcuno decanta la tua bellezza paragonandola a quella di mia madre. Ricorda che tua nonna era Leia Jinn, figlia del leggendario Maestro Jedi Qui-Gon Jinn, l’uomo che addestrò mio padre.”
Un altro nome, un’altra storia tragica che le era stata raccontata. Nelle sue vene scorreva il sangue di grandi uomini e grandi donne, eppure lei si sentiva una nullità. Con le lacrime arrivarono anche i singhiozzi. Si vergognava di se stessa. Han aveva ragione su tutto.
Vedendola così, Poe sentì il bisogno di abbracciarla e di confortarla. Le sussurrò: “Va tutto bene, amore.”
Il compito di Han era finito.
Alastair strinse la mano del fratello minore con aria soddisfatta: “Ora sarà meglio che io vada. Ti ringrazio Han.”
Lui rispose sinceramente: “Te lo dovevo, fratello.”
Mackenzie si sciolse dall’abbraccio di Poe e si asciugò le lacrime con le maniche del vestito: “Devi già andare, papà?”
“Sì, tesoro. Tua madre si starà mangiando tutte le unghie per la tensione.”
“Va bene, allora…salutala da parte mia e… Prova a spiegarle che io e Poe…”
Alastair alzò una mano a mezz’aria per interromperla: “Ci penso io. E’ evidente che si è trattato di un equivoco.”
Abbracciò ancora una volta la figlia, poi fece segno a Poe di avvicinarsi. Porse il braccio e, quando Poe lo afferrò, Alastair lo attirò bruscamente a sé. Gli parlò all’orecchio con tono minaccioso: “Se ti azzardi a farla soffrire, non importa quanto tu sia abile a pilotare. Ovunque andrai io ti troverò e giuro sui miei antenati che ti taglierò via la testa dal collo con la spada laser di mio padre.”
Gli lanciò un’occhiata severa, quindi gli lasciò il braccio. Salì sulla nave sotto lo sguardo attento dei presenti.
Mentre la nave decollava, Mackenzie chiese a Poe: “Cosa ti ha detto papà?”
Lui rispose semplicemente: “Una cosa giusta.”
In pochi istanti la nave scomparve dalla vista.
Leia saltò fuori all’improvviso: “Orbene! La cena è fra venti minuti. Avete giusto il tempo di cambiarvi.”
Prese Han a braccetto e insieme si diressero verso l’entrata.
*
Era tarda sera quando Poe e Mackenzie rientrarono nella stanza di lui. Esausti.
“Wow… Zio Han e zia Leia non hanno smesso un attimo di bisticciare.”
Poe puntò sull’umorismo: “Per lo meno non sono volati piatti! Non avevo MAI visto il generale così.”
Sospirarono in simbiosi.
Mackenzie si sfilò le scarpe: “Per fortuna è finita. Non credo che riuscirei a sopportarli tutte le sere.”
Poe si tolse la giacca verde della divisa. Il suo umore era tutt’altro che sereno a causa di quello che doveva dire a Mackenzie. Ma forse era giunto il momento, non poteva continuare a fingere di niente. Gettò la giacca alla bell’e meglio su una sedia: “Mackenzie, devo dirti una cosa molto importante. Durante l’ultima riunione è stato deciso che…” Si voltò per dirglielo guardandola negli occhi e invece la voce gli mancò quando vide quello spettacolo.
Lei, nuda e bellissima, era dietro di lui. Con gesto sicuro gli portò le braccia al collo e gli rubò un lungo bacio. Quando lei separò le labbra dalle sue e lo guardò con occhi desiderosi, il corpo di Poe reagì come ad un comando.
“Poe, cosa stavi dicendo? Sembrava importante.”
Infatti lo era. Doveva dirle che il Primo Ordine aveva costruito una potente arma letale. Che l’aveva già usata per distruggere i pianeti della Repubblica. Che presto l’avrebbero ricaricata ad energia solare per distruggere D’Qar. E che lui doveva partire con tutta la squadra e Han Solo per impedirlo. Ma come poteva in un momento come quello?
Scosse il capo con noncuranza, il sangue che gli pulsava nelle orecchie: “Te lo dico domani.”
Finì di spogliarsi in tutta velocità con lei ad aiutarlo. La sollevò per i fianchi e camminò fino al letto. Si chinò facendo attenzione a non farla cadere e, quando entrambi furono distesi, lui prese posto fra le gambe della sua ragazza. La baciò più e più volte con passione, voleva assaggiarla e poi divorarla fino in fondo all’anima, fin che poteva. Lei percepì quel bisogno di possesso e lo esercitò a sua volta premendo una mano su tutta la lunghezza della sua schiena e intrecciando l’altra tra i suoi bei capelli riccioluti.
Volendo condividere un sogno con lei, come la prima volta in cui si erano baciati, Poe prese un po’ di respiro per attivare la modalità notte. E fu così che fecero l’amore tra le stelle.
*
Il mattino seguente Poe si svegliò all’alba. O almeno a quell’alba artificiale che aveva impostato e che funzionava meglio di una sveglia con allarme.
Stese le braccia per stiracchiarsi e si perse con lo sguardo nei colori rosa e arancio che invadevano la stanza. E che gli davano serenità. Accanto a lui, Mackenzie dormiva tranquilla. Assieme al risveglio della mente, per Poe avvenne anche quella del corpo quando il suo sguardo andò ad esplorare le curve di lei, ma quel tarlo che aveva nella coscienza spense quasi subito quel fuoco. Si sporse su di lei e le stampò un bacio sul fianco. Corse con le labbra sulla sua pelle, un altro bacio più su, uno ancora più su, fino ad arrivare alla spalla. Nel frattempo Mackenzie si era svegliata, si era mossa leggermente ma ancora non aveva aperto gli occhi. Poe appoggiò le labbra sulla sua guancia, facendola così sorridere.
“Buongiorno, amore.” Le sussurrò dolcemente.
Lei rispose con un rauco mugolio e gli concesse le labbra su cui lui stampò un altro bacio. Finalmente aprì gli occhi, i loro sguardi s’incontrarono in quella dimensione che loro stessi avevano creato.
“Puoi dirmelo adesso.”
Il tono era stato leggero, eppure Poe si sentì come se avesse ricevuto uno schiaffo. Prese respiro e disse: “Parto in missione.”
“Lo avevo capito, Poe. Vorrei sapere di cosa si tratta, vorrei sapere perché hai tanto timore di dirmelo.”
Non poteva dirle la verità. L’avrebbe fatta soffrire. Non sapeva se sarebbe tornato vivo. L’unica certezza era che, se la situazione fosse precipitata, Leia l’avrebbe fatta fuggire da quel pianeta. La sua sicurezza era tutto ciò che chiedeva.
“Il mio ruolo….” Decise di mentire: “Il mio ruolo è secondario, in verità. Devo solo guidare la mia squadra all’attacco del Primo Ordine. Ma è solo un diversivo. Un diversivo per permettere ad Han Solo di agire.”
Mackenzie gli lanciò uno sguardo persuasivo per farlo continuare.
“Lui e Finn devono salvare una ragazza che è stata fatta prigioniera da tuo cugino.” Qual era il nome? “REY! Sì, si chiama Rey. Per qualche motivo si sentono in dovere di salvarla e per farlo hanno bisogno dell’aiuto della Resistenza.”
“E’ carina?”
Tra tutte le domande a cui credeva di dover rispondere, questa era decisamente l’ultima! Anzi, non era proprio nella lista.
“Che vuoi dire?”
“Non vorrei che ti innamorassi di lei. Vista la velocità con cui ti sei innamorato di me non sarei sorpresa se cambiassi rotta altrettanto facilmente.”
Lo stava prendendo in giro o era seria?
“Mackenzie, cos…?”
“Preparati invece di perdere tempo.” Non era stata brusca, solo frettolosa, e poi si era girata sull’altro fianco come per rimettersi a dormire.
Poe si alzò dal letto, confuso e pieno di interrogativi. Si vestì più lentamente del solito e si assicurò di avere con sé tutto il necessario per pilotare. Non poteva vedere l’espressione affranta di lei, non poteva sapere che avrebbe preferito morire piuttosto che vederlo partire ancora, non poteva immaginare che lei avesse intuito che qualcosa non andava.
Ormai era pronto. Era ora di andare. Allungò lo sguardo sulla sagoma della sua ragazza, non sapeva come congedarsi. Aveva voglia di stringerla forte, di dirle fino allo sfinimento quanto l’amava. Ma se l’avesse fatto poi non sarebbe più riuscito a partire.
“Poe, anch’io voglio dirti una cosa.”
Mackenzie si girò di nuovo, gli occhi lucidi e un sorriso malizioso sulle labbra.
“Falli secchi, amore!”
Era questo lo spirito giusto. Era questo che voleva ricordare di lei. Le sorrise divertito.
“E guai a te se ti fai ammazzare.”
Lui fece un cenno positivo col capo: “E tu ricordati che ti amo.”
In barba ai timori, camminò con passo sicuro fino al letto e si sporse per baciarla. Un bacio intenso e caldo che l’avrebbe scaldata fino al suo ritorno. Sì, ora lo sapeva. Sarebbe TORNATO da lei.
Uscì nel corridoio, carico di volontà e aspettative. E fu lì che incontrò Han Solo. O meglio, fu lì che Han Solo rischiò di scontrarsi con lui!
“Scusami, ragazzo.”
“Di niente, signor Kenobi.”
L’aveva detto senza pensare e, appena se ne accorse, cercò di correggersi: “Volevo dire, signor Solo.”
Han abbozzò un sorriso: “Non ricordo nemmeno quando è stata l’ultima volta in cui qualcuno mi ha chiamato così. E’ stato come prendere la scossa. Ma in senso buono.”
Vedendo che Poe non sapeva cosa rispondere, cambiò discorso: “Stavo cercando Mac, ma non la trovo da nessuna parte.”
Poe s’illuminò tutto d’un tratto, puntò il pollice alle proprie spalle: “E’ nella mia stanza, signore.” Quindi la sua espressione mutò di preoccupazione: “Non vorrà darmi un pugno anche lei, vero?”
Han questa volta scoppiò in una fragorosa risata: “Capisco sempre di più cosa ci trova Mac in te! No, non darti pena. Volevo solo salutarla ma…non importa.”
“Può farlo se lo desidera. Non sta dormendo.”
“Mh… Preferisco di no.”
“Ma a Mackenzie farebbe piacere. Glielo assicuro.”
Han capiva l’insistenza di Poe, sapeva perfettamente che entrambi avevano poche possibilità di tornare vivi e illesi.
“Se lo facessi la troverei triste e rannicchiata nel letto. O forse addirittura in lacrime per la tua imminente partenza. Mi dispiace ragazzo, non ho il cuore di farlo.”
Poe abbassò lo sguardo: “Sì, so bene di cosa parla, signore.”
“Preferisco aspettare. Quando tornerò sono certo che lei mi correrà incontro sorridente come ha fatto ieri. Voglio che mi illumini col suo bel sorriso.”
“Capisco anche questo, signore.”
Han gli diede una pacca sulla spalla e aggiunse: “E smettila di chiamarmi signore! Han andrà benissimo.”
*
Dei strani suoni la svegliarono. Il che era un bene perché significava che si era addormentata dopo aver pianto per la partenza di Poe.
Si mosse pigramente sotto le lenzuola, aprì gli occhi. Vide BB-8. Richiuse gli occhi.
Con voce assonnata chiese: “E tu perché sei qui? Poe non aveva bisogno di te?”
Suoni.
“Ah davvero? Be', appena torna gli dirò personalmente che non mi sento affatto sola.”
Suoni.
“E che è davvero presuntuoso a pensare che io scoppi a piangere ogni volta che lui mette piede fuori dalla porta.”
Suoni.
“Ho gli occhi un po’ rossi perché ho dormito troppo. Non ho pianto.”
Suoni.
“Certo che ti capisco! Perché non..?” Spalancò gli occhi e si tirò su a sedere di colpo: “Io ti CAPISCO!”
Prese BB-8 tra le braccia come fosse un cagnolino, lui emise lunghi suoni entusiasti.
“Potrebbe essere come dici tu. Ora che io e Poe siamo legati dal filo invisibile dell’amore è come se fossi collegata anche a te che sei il suo droide. E’ fantastico!”
Gli stampò dei baci sulla testolina, provocando l’accensione di tutte le sue lucette rosse.
“Ascolta BB-8, vorrei preparare una sorpresa per Poe. Ti và di aiutarmi?”
BB-8 saltò giù dal letto emettendo qualcosa come un fischio.
“Bene! Lascia che vada nella mia stanza a vestirmi e poi andremo a chiedere della stoffa.”
BB-8 inclinò la testolina con aria interrogativa mentre lei usciva dalla stanza di Poe con addosso solo un lenzuolo.
Giusto il tempo di indossare un vestito pulito e di raccogliere i capelli in due code sulla sommità del capo ed ecco che Mackenzie si era trasformata. Trovò con facilità quello che stava cercando, mentre BB-8 l’attendeva in una sala con un tavolo da lavoro, come lei gli aveva chiesto. Quando lo raggiunse con una scatola bianca grande e sottile sotto il braccio, il droide era al massimo della curiosità. Salì sul tavolo con l’aiuto dei cavi metallici che aveva all’interno e si sporse sulla scatola.
Mackenzie tolse il coperchio rivelando così la stoffa di colore nero e degli utensili da cucito.
BB-8 emise dei suoni, sollevando la testolina.
“Esatto. Voglio cucirgli una nuova giacca. Però questa sarà più semplice e avrà un piccolo tocco personale.”
Si misero all’opera. BB-8 si rivelò un ottimo aiutante, per sua stessa sorpresa! Si occupò di tagliare la stoffa delle misure di Poe (era il suo padrone, perciò conosceva tutto di lui nei minimi dettagli), aiutò Mackenzie a rifinire le cuciture più complesse e si occupò di stampare il logo della resistenza sulla manica, di un bel rosso acceso.
BB-8 porse un’altra domanda.
“No, piccolo, non ancora. Voglio aggiungere una cosa.”
Mackenzie prese ago e filo rosso e si mise a ricamare qualcosa sulla fodera interna della giacca, all’altezza del cuore. Il droide la osservò per tutto il tempo, fino a quando lei non ruppe il filo coi denti e sollevò la parte interessata per mostragliela, gli occhi che brillavano per l’emozione: “Ecco! Ora è terminata.”
*
La trovò nella sua stanza. Nonostante non fosse ancora notte lei stava già dormendo. Probabilmente si era addormentata aspettando il suo ritorno, visto che si era coricata con il vestito addosso e sopra le lenzuola. Il suo volto era sereno, ma la cosa che gli fece davvero intenerire il cuore fu vedere BB-8 che dormiva accanto a lei, la testina appoggiata sul cuscino. Sembrava un bimbo e le sue luci erano tutte in modalità stand-by.
Rimase immobile a guardarli, un’immagine così era ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Mackenzie aprì gli occhi e lo vide. Scivolò giù dal letto facendo attenzione a non svegliare BB-8 e in un attimo fu tra le braccia di Poe. Lo strinse con tutte le sue forze, anche se la paura provata la faceva tremare. Dal canto suo, Poe la sorreggeva in tutta la sua fragilità e le baciava i capelli per tranquillizzarla.
Lei ansimò: “Grazie al cielo stai bene.” Scostò il viso dalla sua spalla e lo guardò negli occhi, felice di sentirsi ancora così parte di lui. Negli occhi scuri di Poe avrebbe anche potuto annegare col sorriso sulle labbra. Era pazza di lui. Gli sfiorò le labbra con un bacio, ancora, ancora e ancora. Sentiva il suo respiro sulla pelle, il calore delle sue mani attraverso la stoffa del vestito.
“Non indossi la tuta. Sei tornato da molto?” Chiese, dopo aver notato che effettivamente indossava solo maglia e pantaloni neri che usualmente portava sotto la tuta arancio di volo.
“Da pochi minuti. Mi sono tolto di dosso tutto ciò che mi avrebbe impedito di stringerti a me e di sentire il tuo calore.”
Mackenzie gli sorrise, poi fece un cenno di lato: “Hai visto quanto è tenero? E’ stato con me tutto il giorno. E…c’è una grande novità. Riesco a capire quello che dice! Non so nemmeno io co..”
“Mackenzie.” Non voleva usare quel tono severo, ma non poteva più aspettare.
“La missione è andata a buon fine. Hanno trovato Rey.”
“E’ una buona notizia. Ma allora perché non ti vedo contento?”
Poe prese respiro, strinse le mani di lei tra le proprie: “Finn è caduto in coma dopo aver duellato contro tuo cugino. E abbiamo avuto delle perdite.”
“Oh Poe… Mi dispiace tanto. Spero che Finn si riprenderà presto. E sono addolorata per i tuoi compagni. Chi di loro è…?”
“Non si tratta solo di loro, Mac.”
L’aveva fatto di nuovo, aveva parlato senza pensare.
“Si tratta di Han.”
Mackenzie sentì un brivido correrle lungo la schiena: “E’…stato ferito?”
A Poe si strinse il cuore, dovette farsi forza per dire la verità: “E’ morto. Ucciso dal suo stesso figlio.”
Mackenzie si ritrovò a bocca aperta, il respiro spezzato, gli occhi pieni di lacrime.
“Sii forte, amore. La sua morte non resterà impunita.” Non lo stava dicendo solo per lei, lo stava dicendo anche per se stesso. Però in quel momento nessuna parola avrebbe potuto dare forza  a lei, aveva solo bisogno di piangere. E lo fece. Il rumore svegliò BB-8, la lucina del suo occhio artificiale incontrò lo sguardo affranto di Poe. La scatola bianca adornata di fiocco blu si seta giaceva sopra il ripiano dei cosmetici, nessuno vi posò lo sguardo.
*
Dopo un’importante quanto necessaria riunione di aggiornamento, in cui finalmente si scoprì dove si nascondeva Luke Skywalker, Leia e Mackenzie tornarono su Tatooine, accompagnate da Poe e Brance, per celebrare i funerali di Han. Fu una cerimonia approssimativa, non c’era nemmeno una salma da seppellire, ma Leia aveva bisogno più che mai di stare in famiglia, la sua, quella di Han.
La funzione si svolse dietro casa Kenobi, in privato, dove giacevano i resti degli altri membri della famiglia. Era stato Obi-Wan a creare quel piccolo spazio per dare degna sepoltura a sua moglie e al loro secondogenito. In seguito fu Alastair a creare una lapide in memoria del padre e ora aveva aggiunto anche quella di Han. Le lettere del nome Han Kenobi scolpite nella pietra erano tutto ciò che restava di lui.
Le donne erano vestite col nero del lutto e avevano i capelli coperti da veli del medesimo colore. Alastair era rimasto fedele a se stesso, ma aveva comunque indossato un mantello nero. Poe e Brance, essendo solo accompagnatori, vestivano in alta divisa in segno di rispetto. Chewbecca, per ovvi motivi, era l’unico a non avere adottato nessun tipo di abbigliamento.
Forse per aver visto il suo viso in lacrime, forse per il senso di colpa, forse per un castigo divino, Brance mutò completamente. Al termine della funzione aveva fatto le sue sentite condoglianze ai famigliari di Han e, quando si era ritrovato di fronte a Mackenzie, era crollato sulle sue stesse ginocchia. Con occhi gonfi di lacrime aveva confessato il suo odioso gesto vendicativo e aveva chiesto perdono.
“Sono stato io a inviare quella registrazione. L’ho fatto perché credevo di amarti e tu non mi prestavi attenzione. Ma ora lo so, il mio folle gesto non era amore quanto più un ignobile bisogno di possesso. Ti chiedo perdono.” Aveva continuato a ripetere quell’ultima frase stringendo le mani di Mackenzie. Lei, ritrovandosi in una posizione caritatevole, aveva scambiato uno sguardo con Poe, il quale aveva sentito tutto, e dopo aver ricevuto il suo cenno d’assenso aveva perdonato Brance a nome di entrambi.
A breve Leia dichiarò la sua intenzione di ritornare alla Base. Il momento di piangere era finito, ora doveva agire. Una volta ritrovato Luke sarebbe riuscita a riportare Ben alla luce. Lo doveva alla memoria di Han.
E grazie a quelle parole, Poe prese un’importante decisione.
“Mackenzie, devo tornare anch’io alla Base.”
Lei sottolineò l’ovvio: “Lo so. Sei tu il pilota.”
Poe scosse il capo e imprecò contro se stesso: “Quello che volevo dire, è che vorrei tu restassi qui.”
“Io vengo con te.” Era una decisione irrevocabile.
Poe le prese le mani, il contatto fisico con lei lo aiutava sempre a trovare la forza necessaria per dire le cose più difficili.
“Hai bisogno della tua famiglia, adesso.”
“E’ di te che ho bisogno. Smettila.”
“Ma io non posso, Mac.” L’ombra della tristezza si posò sui suoi occhi e impregnò il suo tono di voce: “Ho dei doveri da onorare, il che significa che non posso dedicarti il tempo che meriti. Se tu tornassi alla Base saresti costretta ad aspettarmi. E io preferirei morire piuttosto che saperti sola e inerme. Capisci cosa voglio dire, amore?”
Mackenzie stava già piangendo quando lui finì di parlare, perciò dovette deglutire per riuscire a rispondere: “Credo di sì. Ma non posso accettarlo. Se te ne vai ancora credo che impazzirò.”
“Non accadrà, perché io ti chiamerò ogni volta che mi sarà possibile. E quando le cose saranno sistemate tornerò a prenderti.”
“Tornerai davvero? O mi abbandonerai qui?”
“Io tornerò SEMPRE da te. Adesso sei tu la mia vita.”
Mackenzie sapeva che non era del tutto vero. La sua vita era pilotare, la sua vita era un X-wing nero, la sua vita era partire per missioni pericolose e tornare da eroe. E lei…veniva dopo.
Prese respiro e ricacciò indietro le nuove lacrime che minacciavano di uscire come torrenti dai suoi occhi straziati. Si voltò per fare un cenno alla domestica e questa si avviò dentro casa.
Mackenzie si rivolse nuovamente a Poe: “Prima che tu vada, vorrei darti una cosa. Una sorpresa che io e BB-8 avevamo preparato per te, per il tuo ritorno dalla missione. Ma poi…” Non riuscì a terminare la frase. Non era necessario.
Poe le accarezzò una guancia. Ogni istante che passava aveva sempre più bisogno di toccarla, di fondersi con lei.
La domestica tornò e porse una scatola a Mackenzie. Poe la osservò dei dettagli, si trattava di una scatola bianca laccata, di forma sottile, decorata da un bel nastro blu di seta legato a fiocco. La prese con delicatezza dalle mani della sua ragazza, mentre lei gli diceva: “Aprila quando sarai solo.”
Lui fece un cenno col capo: “Lo farò.”
In quel momento Brance comparve dall’ingresso della nave: “Dameron, chiedo scusa per l’intromissione. Attendiamo te per partire.”
“Arrivo subito.” Aveva alzato il tono di voce per farsi sentire bene, ma non si era voltato. Tutto ciò che voleva guardare era il viso di Mackenzie.
“Ti amo tanto.” Disse in un sussurro, poi la strinse a sé e la baciò con ardore, con intensità, quasi volesse risucchiarla dentro di sé. Le sue mani la tenevano così stretta che gli tremavano. O forse era il terrore di doverla lasciare. Con un atto di coraggio si separò da lei e salì a bordo della nave con passo sicuro e senza voltarsi indietro.
Dal canto suo, Mackenzie rimase ad occhi chiusi per tutto il tempo che poté. Ce la stava mettendo tutta per essere forte, per non lasciarsi andare alla disperazione. Nella mente solo il viso di Poe, nelle orecchie solo le sue parole d’amore. Avrebbe dovuto farselo bastare fino al suo ritorno.
Lo spostamento d’aria della nave che si alzava in volo ruppe quell’incantesimo. Aprì gli occhi, puntò lo sguardo ai vetri della cabina di pilotaggio.
Dall’interno, Poe la guardava e continuava a pregare nonostante la presenza di Brance: “Ti prego, non piangere. Se ti vedo piangere adesso non avrò più pace.”
Non venne esaudito. Mackenzie scoppiò in un pianto isterico e si mise a gridare il suo nome a squarciagola. Le lacrime rigarono il viso di Poe senza che lui potesse controllarle, le sue mani tremavano sul timone.
Vedendolo così, Brance fece appello a tutta la propria gentilezza, posò la mano su una di quelle di Poe: “La rivedrai presto, Dameron. Fatti forza.”
Il suo sguardo sincero fu di aiuto per Poe. Lanciò un’ultima occhiata a terra, l’ultima cosa che vide fu Alastair afferrare la figlia per tentare di calmarla.
“Sì. Molto presto.”
*
Entrò nella propria stanza di corsa, stringendo la scatola in una mano, seguito da BB-8.
La appoggiò in uno spazio stranamente libero su uno dei tavoli ingombri di oggetti terrestri, quindi si fermò per riprendere fiato.
BB-8 sollevò la testolina per porgli una domanda.
Chino sulle proprie ginocchia, tra un respiro e l’altro, Poe rispose: “Non è per la corsa, è più l’agitazione che mi toglie il fiato.”
Suoni.
“Se avessi un cuore umano capiresti di cosa parlo.”
Suoni.
“No, non ho voglia di piangere.”
Suoni.
“Mentre decollavo ho avuto un momento di debolezza.”
Suoni.
Poe si rimise in posizione eretta e lanciò un’occhiata esasperata al piccolo droide: “Gli uomini sono più forti. Hanno un numero limitato di lacrime. Ora pensi che mi lascerai in pace un paio di minuti?”
BB-8 emise un suono equivoco, che Poe preferì non interpretare. La sua attenzione ora era tutta per la scatola.
Tirò l’asola, facendo così sciogliere il fiocco, e appoggiò il nastro lì accanto. Con entrambe le mani sollevò il coperchio e lo posò prima di guardare cosa c’era all’interno.
“Oh Mac.”
Prese la giacca per le spalle e la sollevò per guardarla bene. Era molto più raffinata di quella che aveva prima, ma già sapeva che gli sarebbe stata a pennello.
BB-8, dal basso, si fece sentire.
“Dove? Qui sotto?” Sollevò il risvolto della giacca e lo vide. Sulla fodera interna, proprio all’altezza del cuore, c’era una dedica cucita con filo rosso.
Mac&Poe
Ora e per sempre
Il viso di Poe si accese di speranza, i suoi occhi brillarono di gioia per quel gesto d’amore.
“BB-8, credi che sarei un buon marito?”
Dei suoni non esattamente lusinghieri furono la risposta.
“Spiritoso! Ti farò cambiare idea.”
Il piccolo droide emise un suono interrogativo.
“Molto presto sposerò la ragazza che amo e saremo felici.”
Il suo sguardo ancora puntato sulle parole cucite a mano. Nel suo cuore la certezza che tutto sarebbe andato bene.
  
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