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Autore: kike919    24/01/2016    1 recensioni
"Invece va, chiude l'ultima pagina di un libro tutto nostro. Un meteorite scagliato sul mio mondo già insulso e fatto di effimero, di nulla.
Ho incrociato la sua anima per sbaglio e l'ha incastrata nella mia.
Ho il fiato corto. Sempre di più. Come la mia esistenza svuotata dalla sua fuga.
Sono come uno sgabuzzino in cui non puoi infilare più niente."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non sono mai stato uno sportivo, ma sto correndo per questo viale alberato come un matto. Sto perdendo il fiato e non solo quello.

Che cazzo ho fatto. Dio mio, potevi darmi un cervello una volta tanto.

Non ho mai preteso di fare tutto giusto nella vita... ma doveva essere per forza tutto sbagliato?

Perché, perché, perché? Sbuffo nuvole di dolore insieme ai respiri mal vomitati. Volto la faccia alla vita e alla felicità, sempre. Ai miei maremoti interni rispondo a colpo sicuro con cazzate colossali.

Mi provoco da solo le metastasi che mi uccidono. Vado in cancrena perché lo voglio.

Poi dite che non sono un coglione...

Ma come mi è venuto in mente. Come?

Come si fa a rinunciare alla donna che qualsiasi cosa aveva portato sulla mia strada, al punto tale che le mancava solo in testa la scritta “prendila, Victor: è solo per te”?

E invece eccola che va...ma dove va senza di me? È come una cieca che inciampa a tentoni, lungo sentieri per cui non avrei mai permesso che cadesse.

April.

Invece va, chiude l'ultima pagina di un libro tutto nostro. Un meteorite scagliato sul mio mondo già insulso e fatto di effimero, di nulla.

Ho incrociato la sua anima per sbaglio e l'ha incastrata nella mia.

Ho il fiato corto. Sempre di più. Come la mia esistenza svuotata dalla sua fuga.

Sono come uno sgabuzzino in cui non puoi infilare più niente.

April, che sotto i fiocchi di un Dicembre insensibile, che non partecipa alle mie disgrazie, si allontana dopo avermi scaldato la guancia con uno schiaffo. Si allontana in auto e io resto col cuore scoppiato. Qui.

Sono io il coglione che ha acceso la miccia.

È solo colpa mia.

Avrei dovuto semplicemente crederle. C'è quella canzone, che mi sta rosicchiando i neuroni restanti come un topo famelico. Vorrei solo affogare nel mio stesso sangue. Fagocitarmi per intero e vomitarmi via. Prendermi a paletti nel cuore, finché non sento un'emozione.

Ed io non so come fermarla, quella macchina lenta e inesorabile. Lenta ma troppo veloce rispetto a me.

 

Come lava brucio tutti quelli
che ho davanti e ti disegnano come non sei.
Io ti amo e me ne fotto di quei soliti consigli.
Musica senza testo sei,
se non inventi un titolo.”

 

Se non avessi anche bevuto, forse correrei meglio. Forse penserei meglio. Forse, se fossi nato normale invece di così profondamente cretino, avrei capito prima.

Ho dovuto per forza umiliarla. Ho dovuto per forza ferirla con l'odore della sua migliore amica nel mio letto. La mia faccia poco lucida, svegliata a forza delle meritatissime botte. Lei, la stronza, ancora assonnata e cacciata di casa in malomodo, perché ormai April stava andando.

Questa corsa mi sembra infinita, come la vita in cui corri corri e la felicità stessa non la raggiungi mai. Ti lascia col cuore scoppiato anche quella.

Avrei dovuto credere a tutti quei discorsi, a tutte quelle volte in cui ha spalancato l'anima ingenua e mi ha permesso di sbirciarci dentro. Perché cazzo ho dovuto dare ascolto alla prima demente giunta a dipingerla come un mostro che, invece di rendermi migliore, voleva solo prendermi in giro come io ho sempre fatto con tutte? Perché mai, se avesse voluto spezzarmi e basta, si sarebbe gettata tra le mie fauci che dilaniano qualsiasi cosa? Perché avrebbe cercato di capirmi sempre, di scaldare i miei pensieri mostruosi dandogli una forma umana?

Cosa cercavo ancora, dopo che mi aveva già ceduto l'anima e l'aveva piegata ad ogni mio capriccio?

Quale dimostrazione volevo, dopo che ogni mio gesto creava in lei uno spaventoso senso di vertigine? E lo vedevo... anche se pensavo di non contare un cazzo, si vedeva che pendeva per me. Ha sempre avuto quella scintilla strana nello sguardo, quel senso di fastidio negli atteggiamenti appena cercavo di creare un muro tra me e lei.

Non lo so. Non lo so, non lo so. Il mio cervello bacato non ha mai analizzato a fondo le persone. Non le ho mai rispettate. Eppure ora lo so: spazzerei via il mondo per averla ancora tra le braccia e tenere interi i suoi sogni, le sue speranze. Avrei voluto solo essere, come sempre, l'unico capace di custodire il suo arcobaleno.

La cosa più bella che mi ha dato, non è stata il corpo. Il corpo me l'hanno dato in così tante, che per me è quasi scontato. Un accessorio.

Le altre sono come gusci di tartaruga: scatole in cui gettare la mia frustrazione per essere un inetto.

April è uno scrigno in cui chiudere a chiave la mia interiorità, il mio mondo, per farlo vibrare a sincrono col suo. Andava a sincrono persino il respiro.

Non c'è stato mai bisogno di chiederle qualcosa; rovistava nella mia testa e mi rendeva felice.

Era semplice. Rendeva tutto semplice; anche mettere in ordine questo sacco di merda che è il mio cervello.

 

Non so te ma a me capita spesso,
di sentirmi malinconico e
vulnerabile senza un motivo esatto.”

 

Non so capacitarmi di come mi sia venuto in mente, lasciarla a piangere lacrime di sangue, sul mio tradimento fisico.

Perché li ho lasciati fare? Perché ho dato modo agli altri di sgretolarci e riduci a nemmeno un briciolo di quello che eravamo e che potevamo essere?

Perché mi dicevano che mi avrebbe rimpiazzato... e io ci credevo? E i fantasmi a rincorrermi, a supplicarmi di lasciar perdere immediatamente, che tanto non sarebbe mai durata, un po' come le altre. Ciascuno a fare il suo, nell'ammonirmi sul non affezionarmi alla felicità. Chissà dove dovevo correre via. Per fuggire alle mie paure, le ho materializzate.

Vorrei solo ficcare l'anima in un tritacarne, mentre corro ancora.

Ma ormai è lontana.

Lontana coi suoi sorrisi a sorpresa; lontana con i suoi spaventosi buio e luce; lontana con quella rabbia a scomparsa da durare dieci minuti; lontana col suo essere sbagliata.

Era sbagliata per tutto il mondo, ma non per me.

 

Sbuffo, sputo l'angoscia che mi sta incollata addosso come pelle. Il freddo tetro e assoluto che senti quando lei ormai è andata. Mi succhia via la voglia di andare avanti.

Mi prosciuga al punto tale, che una parte di me resterà sempre morta su questa panchina su cui mi adagio, col fiatone, mentre l'auto si confonde con l'orizzonte. Il dolore si appiccica al legno, come sudore.

Sempre più piccola.

Un puntino. Un neo. Un baffo di cappuccino.

Come quelli che avrei voluto portati ogni giorno, fino alla fine dei miei giorni.

Come quelli che ti piacevano tanto.

Invece sei una firma indelebile di rossetto, sulla mia anima scarabocchiata dai mostri.


“Seguo l’istinto ma non ho il coraggio
di venirti a dire ciò che che penso:
che se noi non stiamo insieme è colpa mia.
E’ solo colpa mia.” 




 

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Vi ringrazio infinitamente per la lettura! La canzone che mi ha fatto da musa è "È solo colpa mia", dei Modà. Di solito non impazzisco per i loro brani, ma questo ha una marcia in più. Quancosa che lascia il magone.
Se volete leggere qualcosa di più esteso, questi sono i miei due libri :)

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