Film > Bastardi Senza Gloria
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Autore: Monique Namie    24/01/2016    6 recensioni
Se Fredrick Zoller si trovava seduto nella sala proiezioni di quel cinema mediocre, non era di certo per rivivere le sue imprese di guerra attraverso il grande schermo. Non gli importava molto della première; lui era lì per Emanuelle.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Fredrick Zoller, Shosanna Dreyfus
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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l'amore non è un trattato di pace


Non è un trattato

di pace



C’era un clima di festa nella sala proiezioni, agghindata da bandiere con croci uncinate su sfondi dello stesso colore del sangue. Sullo schermo spiccava il volto di un giovane soldato tedesco; con l’occhio sul mirino, scrutava dall’alto di una vecchia torre la piazza sottostante, pronto a fare fuoco alla vista di una divisa nemica.

Fredrick Zoller sedeva verso le ultime file della platea mentre guardava quel film in cui si era improvvisato attore e recitava nei panni di se stesso. La sua impresa eroica aveva fatto il giro di tutta la Germania nazista ed era giunta persino alle orecchie del ministro della propaganda, il Dottor Goebbels, che gli aveva proposto di diventare protagonista della sua nuova pellicola.
Fredrick ogni tanto abbassava lo sguardo scuotendo malinconicamente il capo. Stolz der Nation l'Orgoglio della Nazione: il film della sua avventura di guerra, di come aveva ucciso da solo centinaia di nemici della patria tedesca. Aveva ricevuto medaglie e riconoscimenti per le sue gesta; era diventato famoso tra i suoi commilitoni e persino i grandi esponenti politici ne tessevano le lodi, portandolo come esempio da seguire. Nella poltrona davanti di lui c’era anche il Führer che, grandemente soddisfatto della proiezione, si complimentava con un Goebbels quasi commosso.

Quando aveva parlato per la prima volta con la bella Emanuelle Mimieu, non le aveva detto di essere un eroe di guerra per il fatto che non si riteneva tale. Era un semplice soldato che ad un certo punto, trovatosi accerchiato dal nemico, era salito in cima ad una torre in cerca di salvezza. Tra quelle quattro mura aveva sentito la mano della Morte avanzare, invisibile come una morsa di gelo, e aveva provato paura. Sarebbe stato molto più eroico se si fosse arreso, se fosse uscito sventolando una bandiera bianca sopra la testa, invece aveva caricato il fucile e si era messo a sparare. D'altronde la struttura di quell’edificio, definita trespolo nel gergo militare, si era dimostrata molto vantaggiosa e così, per avere salva la vita, Fredrick aveva scelto di diventare uno spietato assassino. Forse non avrebbe mai raccontato a Emanuelle ciò che aveva fatto, se solo – il giorno in cui l’aveva incontrata casualmente in un bar del centro – la sua presenza fosse passata del tutto inosservata... Invece un po' di persone lo avevano riconosciuto e una donna gli aveva persino chiesto una dedica firmata.
«Chi è lei?» , aveva chiesto Mademoiselle Mimieu. «Non è un semplice soldato tedesco.»

Scosse nuovamente la testa. Quel film non gli piaceva; dal momento in cui cominciava la sparatoria non riusciva più a guardare. Gli sembrava di trovarsi ancora lì, dietro un muro di mattoni scrostati dai proiettili, rannicchiato su un pavimento cosparso di cartucce.
Distolse per l’ennesima volta lo guardo dallo schermo ripensando a lei. L’unica cosa positiva di quella serata di festa era Emanuelle, sola al piano superiore a controllare i nastri del film. Da quando l’aveva vista la prima volta, in quello stesso cinema di cui era la proprietaria, ne era rimasto incantato. Sembrava che in quel mondo devastato dallo squallore della guerra un angelo avesse deciso di scendere dal cielo. Qualcosa in lei lo aveva colpito fin da subito. C’era una lacrima astratta nei suoi occhi: sembrava che stesse sempre per piangere, anche le poche volte in cui accennava a un sorriso. Fredrick si domandava che cosa avesse visto di tanto terribile da lasciarle una traccia così vivida nell’animo. Non sospettava nemmeno lontanamente che fosse ebrea, che il suo vero nome fosse Shosanna Dreyfus e che quattro anni prima i tedeschi avessero sterminato la sua famiglia lasciandola orfana.
Si giustificò con Goebbels dicendo che preferiva fare due passi, poi si alzò dalla poltrona e abbandonò la sala. Doveva vederla, non riusciva più a fingere che la première del film gli importasse di più di lei. Salì le scale con una certa impazienza verso lo stanzino in cui Emanuelle controllava la proiezione. Arrivò davanti la porta con il volto illuminato di una persona innamorata, espressione che si spense quando si rese conto che la soglia era socchiusa e che dall’interno proveniva la voce di un uomo.
S’immobilizzò e tese l'orecchio.
«Quando darò fuoco alle pellicole in nitrato d’argento dietro al palco, laggiù si scatenerà l’inferno e noi avremo la nostra vendetta!»
Ci fu qualche istante di silenzio durante il quale Fredrick cercò di dare una spiegazione alla frase che aveva appena ascoltato. Sbriciò da uno spiraglio della porta e vide Emanuelle e quello sconosciuto baciarsi. L’unica cosa che provò in quel momento fu rabbia. Gli occhi divennero due fessure dalle quali traspariva appena un barlume di luce cupa: con quello stesso sguardo aveva scrutato attraverso il mirino del fucile, disprezzando tutti coloro che l’avevano costretto a diventare una macchina da guerra. Lui amava l’arte e il cinema in particolare, non le armi che gli avevano obbligato a imbracciare.
Poi sentì la voce concitata di lei. «Ora vai, Marcel adorato. Tieniti pronto. Tra poco farò partire il quarto rullo.»
Fredrick ridiscese le scale e aspettò con la pistola in mano e il dito pronto a premere il grilletto. Non poteva sopportare che qualcuno gli rubasse la donna che amava. Se qualcuno poteva rendere Emanuelle felice, quel qualcuno doveva essere lui e nessun altro. Anche lei lo amava, ne era certo, aveva solo bisogno dell’incentivo giusto che risvegliasse in lei la consapevolezza del sentimento.

Qualche minuto dopo, il corpo dell’ignaro Marcel era riverso a terra nella hall del cinema. Il colpo di pistola che lo aveva raggiunto in testa non era stato udito da nessuno, coperto dai rumori del film in proiezione. Risvegliando la sua mente fredda di soldato, Fredrick aveva già elaborato un piano. Terminò di barricare l’ultima porta con la barra di ferro che Marcel aveva lasciato cadere quando era stato colpito dal proiettile. Poi trascinò il corpo senza vita dell'uomo dietro al palco, accanto alla catasta di pellicole in nitrato pronte per essere bruciate. Si prese qualche istante per ispezionare il posto, finché non trovò quello che stava cercando: una piccola porta che dava sul retro del cinema.
Non pensò al motivo per cui Emanuelle potesse desiderare una morte così atroce per tutti i tedeschi in sala, fino al momento in cui non si ritrovò di nuovo a qualche passo dallo stanzino per le proiezioni. Questa volta bussò alla porta con decisione.
La voce di lei sopraggiunse come un anestetico. «Sì, chi è?»
«Sono Fredrick.»
Ci volle qualche istante prima che lei aprisse lentamente la porta; non sembrò per niente felice quando, affacciandosi, si ritrovò davanti il volto sorridente del soldato: quel sorriso da ragazzo perbene che in realtà nascondeva la ferocia di un assassino nazista senza scrupoli. Persone come lui avevano trucidato senza pietà la sua famiglia lasciandola a correre disperatamente per le colline francesi sporca del sangue dei suoi cari. Non riusciva a comprendere come fosse riuscita a tenersi tutto dentro: ogni volta che vedeva un'uniforme tedesca avrebbe voluto sputare in faccia a chi la indossava. Dominò per l’ennesima volta il suo rancore e cercò di apparire cordiale.
«Non dovrebbe essere qui. Questa è la sua serata, dovrebbe essere giù con loro.»
Il sorriso di Fredrick si spense tra le labbra sottili. «Mi avrebbe davvero lasciato morire con gli altri?» Lo disse con una nota di sdegno nella voce, mentre osservò nascere una sfumatura di sorpresa sul viso angelico della donna che gli aveva rubato il cuore.
«Di che cosa sta parlando? Non capisco», mormorò lei.
«Lo sa bene di cosa parlo.»
La sorpresa si tramutò in inquietudine. Emanuelle divenne pallida e indietreggiò di qualche passo, cercando con la coda dell’occhio la borsetta dentro la quale aveva nascosto una pistola. La individuò sopra una sedia.
«Ma non deve temere», continuò Fredrick, «l'ho già perdonata per questo. Non so che cosa alimenti il suo risentimento, ma immagino esista una motivazione molto importante.»
La donna arrivò alla borsetta e vi frugò dentro con cautela tenendo le mani nascoste dietro la schiena, finché sentì il metallo freddo dell’arma tra le dita. Gettò uno sguardo verso la platea, attraverso la fenditura dalla quale veniva proiettato il film. La telecamera era fissa su un primo piano di Fredrick con lo sguardo mesto, perso nel vuoto: sembrava che stesse soffrendo sinceramente per tutte le morti che aveva causato.
Il soldato avanzò di qualche passo. «Sono venuto da lei perché quella parte del film non mi piace...», esitò qualche istante, poi continuò: «non mi piace sparare alla gente.»
Eppure ogni tanto si trovava nella condizione di non poter far altro che premere il grilletto, come dimostrava il cadavere del compagno di Emanuelle abbandonato nel retro del palco: il sangue che fuoriusciva dalla ferita sulla testa scendeva su una tempia fino al pavimento, dove formava un’ampia chiazza rossa. Lei non lo sapeva. Se lo avesse saputo non avrebbe esitato oltre. Ciò che la faceva indugiare era l’apparente innocenza del volto di Fredrick, alimentata ora da quella confessione che lo dipingeva come la pedina di un complicato gioco di potere, un bravo ragazzo sopraffatto dagli eventi e dalla follia dei capi militari.
«Un giorno, quando vorrà, io le terrò la mano mentre mi racconterà la sua storia, allora potrò capire le sue motivazioni. Ma ora desidero solo dimostrarle quanto lei sia importante per me…»
Fece qualche passo in avanti. Emanuelle sentì l’agitazione aumentare. Il cuore pareva volesse uscirle dal petto. Era certa che non si trattasse di un sentimento di tipo romantico: provava un misto d’emozioni confuse tra cui l’unica facilmente riconoscibile era la paura. La pellicola originale stava quasi per finire, dopodiché sarebbe cominciata la registrazione aggiuntiva che aveva filmato personalmente: un bel discorsetto di addio per tutti i nazisti in sala.
«Darò fuoco di persona alle pellicole dietro lo schermo», disse Fredrick sorprendendola. «Le porte della sala sono già tutte sbarrate. Mi permetta di essere suo complice in questa dolce vendetta.»
Emanuelle lasciò cadere l’arma e prese tra le mani il volto di lui con una delicatezza disarmante. «Fredrick, se lo metta bene in testa: tra me e lei non potrà mai esserci niente, quindi la prego, se ne vada... esca dal cinema prima che sia troppo tardi.»
Fredrick sorrise, lasciando sottintendere la sicurezza di ciò che stava facendo.
«La aspetterò fuori, nel retro, col suo amico Marcel», disse. Poi le prese una mano e la baciò con fare galante.
Aveva pronunciato di proposito il nome del compagno di lei come garanzia, e anche la parola “amico” non era casuale, bensì studiata per apparire più ingenuo a suoi occhi.

Emanuelle avrebbe pensato a un incidente, avrebbe pensato che Marcel fosse morto per una tragica fatalità; senza di lui si sarebbe sentita sola e allora Fredrick sarebbe entrato in azione, pronto a consolarla e a darle tutto l’amore di cui aveva bisogno.
Un giorno sarebbe corsa spontaneamente tra le sue braccia. Doveva solo pazientare, e se proprio non sarebbe successo, avrebbe trovato un pretesto per convincerla. Con le buone o con le cattive avrebbe vinto anche quella battaglia.



Note autore:
Prima di tutto ho una grave confessione da fare: l’unico motivo per cui ho guardato Bastardi senza gloria è la presenza dell’attore Daniel Brühl (nei panni di Fredrick Zoller).

E ora due noticine sulla storia:
Ho usato il nome falso di Shosanna Dreyfus (ovvero Emanuelle Mimieu), nel tentativo di rendere più veri i pensieri di Fredrick, che non conosce la reale identità della donna di cui si è invaghito.
Sono consapevole del fatto che il mio stile esula completamente da quello di Tarantino, ma il finale tragico con cui si è conclusa la storia tra Fredrick e Shosanna non mi ha soddisfatto pienamente. Da grande amante degli happy ending, ho voluto rimescolare le carte, mettere fuori gioco Marcel e dare una nuova possibilità all’amore (anche se si tratta chiaramente di un amore un po’ malato).
Ammetto di adorare pazzamente le coppie impossibili. E cosa c’è di più impossibile di una love story tra una donna ebrea sopravvissuta al massacro della sua famiglia da parte dei tedeschi e un eroe di guerra nazista?!

   
 
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