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Autore: Phantom13    24/01/2016    3 recensioni
Le brutte esperienze sono sempre seguite da una lunga e lenta guarigione.
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"La piccola Imperatrice scoccò un’altra tremante occhiata alle perfide ombre rintanate negli angoli della stanza, che affilavano lame e artigli, predatrici instancabili."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Corvo Attano
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Early in the morning
 
Emily si svegliò urlando. Con il cuore e lo stomaco serrati dall’angoscia, lo spettro della mamma finì di cadere ancora una volta davanti ai suoi occhi impastati dal sogno. La piccola sobbalzò, scalciando via selvaggiamente le coperte pesanti, invernali, e umide di sudore, che la immobilizzavano e la trattenevano, proprio come le mani del sicario che l’aveva afferrata quel giorno. Le morbide coperte, però, non opposero alcuna resistenza, né le fecero male o la rapirono: caddero semplicemente ai piedi del letto con un tonfo sordo, senza muoversi più.
Il vento di tempesta ruggiva contro la sua finestra, il cielo stesso, nero come la sua paura, urlava con lei.
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Ogni ombra della sua stanza sembrava un assassino, pronto a ghermirla e portarla via, uccidere i suoi cari e separarla da Corvo. Quelle lacrime a stento trattenute le rotolarono giù lungo le guance. Il cuore era talmente stretto da farle male.
Voleva chiamare dei servi, delle guardie, qualcuno che venisse da lei e le confermasse che l’incubo era finito. Ma non aveva più voce. Non poteva chiamare e nessuno poteva sentire. Né tanto meno portarle conforto.
Poteva però quasi percepire la pressione di quelle mani assassine che la sollevavano da terra, premute sulla sua schiena proprio come quel giorno.
Le ombre della stanza continuarono ad osservarla, minacciose, dalle zanne sguainate. Il calore accumulato dal suo corpo e conservato dalle coperte si stava rapidamente dissipando: il freddo dell’inverno la azzannò come un ratto affamato.
La piccola Imperatrice scoccò un’altra tremante occhiata alle perfide ombre rintanate negli angoli della stanza, che affilavano lame e artigli, predatrici instancabili. C’era un solo posto dove andare in cui loro non avrebbero potuto seguirla e, anche se ci fossero riuscite, se ne sarebbero pentite amaramente.
Prese un bel respiro profondo. Doveva essere coraggiosa, ora, proprio come lui. Prese un secondo respiro e, con un unico movimento, scattò. Corse, come mai aveva fatto prima, verso la porta. Si gettò sulla maniglia, appendendovisi di peso l’abbassò. Le ombre non la seguirono, o non ne ebbero il tempo. La giovane imperatrice era già in corridoio e stava galoppando disperatamente lungo i soffici tappeti blu e rossi. Una guardia di ronda sollevò lo sguardo su di lei, stupita di vederla svegli a quell’ora e in piena attività, ma la piccola furia in pigiama non si fermò. Corse e corse, fino a quando raggiunse la porta successiva, quella confinante con la sua camera (che comunque si trovava quasi dall’altro lato del corridoio). Lì, si fermò.
Si costrinse a rallentare il ritmo del respiro, guardandosi cautamente alle spalle. Tutto era immobile, guardia inclusa. Si asciugò le lacrime dalla faccia con la manica della camicia da notte, ridandosi una qual sorta di contengo. E solo allora aprì la porta.
La piccola camera che si trovava dall’altro lato era spartana, semplice e spoglia. Un armadio, una scrivania, una cassapanca, un letto e un caminetto spento, con all’interno poche braci lucenti. Niente tappeti. Tende incolori nascondevano l’unica finestra e la tempesta che si stava scatenando fuori, filtrando a fatica lo schioccare dei fulmini.
Era molto buio anche lì, ma era un buio diverso da quello della sua camera. Lì le tenebre erano amiche, l’avvolgevano e la celavano da occhi cattivi. La proteggevano e la rendevano invisibile a chi voleva ferirla e portarla via. Emily si sentì già più al sicuro, nel loro abbraccio.
La piccola Imperatrice zampettò fino al letto, cercando di non far rumore pur sapendo che lui l’avrebbe sentita ugualmente. Si accostò alla sagoma dell’uomo dormente e gli poggiò una manina sulla spalla.
-Corvo?- chiamò. –Dormi?-
Un grugnito informe, che avrebbe potuto essere un sì così come un no, fu la risposta che ottenne. Il Lord Protettore si rigirò a fatica verso di lei, trattenendo malamente uno sbadiglio. –Sono le tre e mezza di notte, Emily. Tu, piuttosto, perché non sei a letto a dormire?-
La giovane Imperatrice, che non si domandò come lui facesse a sapere così precisamente che ore fossero, puntò gli occhioni ancora umidi sulle punte dei piedi nudi, congelati dal contatto con la pietra del pavimento, le dita appallottolate nella vana speranza di ridurre i contatti con la spietata superfice. –Posso … restare qui con te?- esitò, alla ricerca di una scusa convincente ma che non fosse del tutto una bugia. Erano poche le cose che odiava tanto quanto mentire a Corvo. –Con il temporale non riesco a dormire.-
Corvo non aveva nemmeno atteso che lei finisse di porre la risposta, stava già retrocedendo per farle posto. Sbadigliò di nuovo. –Ma certo. Puoi restare per tutto il tempo che desideri.-
Lei sorrise al buio, sapendo che Corvo avrebbe potuto vederla ugualmente, e con gratitudine saltò nel giaciglio caldo. Si raggomitolò contro il Lord Protettore, infilandogli la tesa sotto al mento. Lo sentì sobbalzare quando i piedini infreddoliti si rintanarono contro di lui, cercando calore, ma Corvo non disse nulla, né si lamentò. Le mise invece un braccio attorno alle spalle, nascondendola sotto la coperta. –Buona notte, Imperatrice.-
Un dolce tempore le riscaldò le membra, calmandole il cuore palpitante e placando ogni paura, angoscia o gelo residuo. L’incubo di sciolse definitivamente, sfumando via: era come se non fosse nemmeno mai esistito. Emily finalmente si rincuorò, più che sicura che, con il braccio di Corvo sulla schiena, nessuno al mondo avrebbe mai e poi mai potuto farle del male.
Nessun sicario, nessun traditore, nessun ratto.  




 
  
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