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Autore: Fancy_Fondente    26/01/2016    2 recensioni
E quindi il povero adolescente nella convinzione di saper badare a se stesso, colpito nell’orgoglio, decide di mostrare la sua maturità nel modo sbagliato nella situazione sbagliata comportandosi anche peggio del bambino qual è, rifiutando addirittura il giocattolino nuovo.
Se poi non isoliamo il soggetto alle interazioni con la madre e consideriamo anche una sorella desiderosa di ricevere per propria l’ attenzione riservata alla sorella e un padre pronto anche a pagare qualsiasi cifra pur di vedersi fuori dai negozi che sbuffa poco silenziosamente, ci renderemo conto della bella e armoniosa situazione che, sempre il nostro soggetto, ma ormai credo sia opportuno svelare le trame e smettere di riferirsi a se stessi in terza persona, stia vivendo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia, che ha ora tutta la parvenza di essere una shot ma non so..forse potrebbe essere anche altro in un ipotetico futuro, è interamente dedicata( errori e sgrammaticazioni[?] incluse) a JustAHeartBeat. La motivazione valida potrebbe essere riassunta in una grande stima e affetto, altrimenti scriverei un'altra shot!

THE MOLE

Virus al centro commerciale

Avete presente quel periodo tipico della fase adolescenziale della vostra vita in cui se tua madre ti porta al centro commerciale perché, a parere suo, hai assolutamente bisogno di un giubbotto per le mezze stagioni e tu, consapevole dell‘inutilità della cosa, ti ritiri in un guscio di menefreghismo e sferri colpi di acidità  davanti ogni tuo possibile acquisto?

Beh, se non avete attraversato almeno una volta questa fase posso garantirvi che una persona che ne è nel mezzo vi direbbe “peggio per voi” dall’ alto della sua posizione sostenuta. Si può capire facilmente che il soggetto è in errore. In condizioni normali anche il più avverso allo shopping avrebbe approfittato di acquisti spontanei da parte del proprio detentore di soldi privilegiato qual è il genitore. Perché si, ai compleanni i parenti regalano soldi e per quanto tua nonna possa passarteli sottobanco prendendoti da parte durante un pranzo di famiglia questi purtroppo, non ci sono mai davanti a quel capo d’abbigliamento che sicuramente cercavi da quando l’ hai visto in quella vetrina e hai detto “ vabbè poi lo passo a prendere”.

E quindi il povero adolescente nella convinzione di saper badare a se stesso, colpito nell’orgoglio, decide di mostrare la sua maturità nel modo sbagliato nella situazione sbagliata comportandosi anche peggio del bambino qual è, rifiutando addirittura il giocattolino nuovo.
Se poi non isoliamo il soggetto alle interazioni con la madre e consideriamo anche una sorella desiderosa di ricevere per propria l’ attenzione riservata alla sorella e un padre pronto anche a pagare qualsiasi cifra pur di vedersi fuori dai negozi che sbuffa poco silenziosamente, ci renderemo conto della bella e armoniosa situazione che, sempre il nostro soggetto, ma ormai credo sia opportuno svelare le trame e smettere di riferirsi a se stessi in terza persona, stia vivendo.

Ormai accertato che qui si sta parlando di me ci terrei a precisare che non ho la nessunissima voglia di comprare il sopracitato giubbotto per le mezze stagioni. Credo sia chiara la mia consapevolezza dell’ improduttività della cosa, mia sorella vicino a me mi spinge verso la taglia più piccola di quello che ho addosso nella speranza passi presto a lei, a me, senza troppi giri di parole, pare veramente indecente, troppo blu, troppo di jeans e troppo peloso.
Credo di aver reso l’idea, mia sorella può star tranquilla perché in caso di costrizione nell’acquisto non sarei tanto restia a darglielo anche se fuori ci dovesse essere la mezza stagione delle stagioni più adatta ai giubbotti di mezza stagione del mondo. E no, non perché non mi piace, ma data causa la mia innata generosità mi è naturale lasciare un tale onore a mia sorella.. o almeno questo è quello che dirò in caso di obbiezioni da parte di enti superiori indignati. Non credo bisogni esplicitare che quegli enti sono tutti presenti nella figura di mia madre.
Farlo d’altronde, mi rende la sua immagine quasi mistica, un Zeus in gonnella pronta a scatenare intemperie pur di farmi indossare il giacchetto. E questo non lo faccio perché ho qualche disturbo di personalità grave, almeno credo, ma mia madre è sempre buona, amichevole, socievole e disponibile al di fuori del centro commerciale che immaginarla con questa parvenza mi risulta molto esilarante.
Gli adolescenti affetti dai mie stessi sintomi sanno perfettamente fino a che punti può spingersi l’ immaginazione pur di fuggire un po’ lo stress.

Credo di essere arrivata al.. quale? Forse questo è il secondo modello di questo negozio, ne ammiro la fantasia e la differenza rispetto agli altri, perché devono essere tutti così uguali? Cosa distingue questo “cosetto” con i pois da quello dell’ alto negozio?
Ah si.. forse erano fiorellini quelli del negozio di fianco, non ci ho fatto molto caso, ma la domanda essenziale qui è: quando mia madre capirà che questo modello a varianti di fiori e pois continua a non essermi gradito neanche la metà rasente del grado di ammirazione che invece è presente in mia sorella?
Perché il mio “no” di prima mi era sembrato pressoché chiaro, ribadirlo mi dispiace ma se i concetti non arrivano, alla diretta interessata tocca ripeterli.

Usciamo dal negozio. Trattengo un “finalmente” tra le pareti della mia più che provata testa perché sarebbe inopportuno durante il monologo di mia madre.
Le presto poca attenzione non perché sono una cattiva figlia. La semplicità della mia azione sta nel bisogno di tappare le orecchie per non aumentare la mia irritazione. Stato condiviso un po’ da tutti in questo momento. Ognuno ha i suoi validi motivi, ammetto che i miei sono nella posizione meno rispettabile in quanto un capriccio adolescenziale non ha mai vinto un’elezione. Da bambina ho visto presidenti molte mie richieste, da giocattoli alla leccalecca sul bancone del bar, ma un bel faccino  e una lagna ben studiata sono molto più efficaci di promesse di posti di lavoro, sorrisi e serie di dati o, come in questo caso, un soave: “ma che volete, non mi pare di aver chiesto io un giacchetto nuovo!”

“Ma te ne serve uno nuovo, non puoi continuare a girare con quello di quando avevi 11 anni” ribadì mia madre attingendo al suo monologo precedente.
“ovviamente no, ma ci sarà un motivo se l’ ultimo risale all’ età di 11 anni!” risposi trascinata dal tipico flusso di domande acido-retoriche dei soggetti in questo stato.
“ Mamma ma a me piaceva quel giacchetto” la lamentela continua di mia sorella, che a quanto pare era purtroppo ancora nella fase del “continua” interruppe il nostro bisticcio amorevole.
Mio padre, povero uomo, non lo invidiavo per niente, venne presto appoggiato nella proposta di andare a mangiare qualcosa per pranzo, separandoci dalla rutine di negozi che da ormai un’ ora mi vedeva tristemente protagonista.

Mio padre si era guadagnato la mia simpatia e riconoscenza con questo gesto, per cui alla proposta di andare a prendere un pezzo di pizza, dirigendo la famiglia dal lato opposto a quello del Mc Donald, non fui tra i ribelli partecipi capeggiati da mia sorella che imploravano un bel Hamburger, almeno non esternamente..

Ironia della sorte, con le pance piene e i furenti spiriti placati l’ attenzione venne spostata da me a ai bisogni propri del resto della mia famiglia e non solo per la contentezza di mia sorella, fui restia richiamarla.
Girovagavo per i negozi seguendo con gli occhi il trio dei miei familiari, arricchito dal volume di qualche busta, lasciando la mia mente vagheggiare tra vari pensieri. Potrebbe non sembrare ma era piuttosto rilassante, almeno più di privare giacchetti random sicuramente. Rimpiangevo un po’ il passo lento di mia madre, capostipite del gruppo intenta a sostare ad ogni vetrina ma per il resto non c’era male.
Avevo preso gusto nello specchiarmi in ogni vetrina. Nessuno lo nasconda, so che lo avete fatto e non negate. Una volta in gita scolastica sorpresi la mia temuta insegnate di scienze motorie, come lei possa risultare temuta è un’altra storia, di fatto sta che, se lo ha fatto pure lei, voi non siete esclusi da questa vanità che sta occupando in mio pomeriggio.

E mentre mi sposto per la quinta i volta i capelli di lato in un becero tentativo di risultare più attraente, con risultato vano naturalmente, la felicità si dipinge sul mio volto.
“Mamma ho trovato il giacchetto!” esclamo in contemporanea ad un sorriso sulla faccia.
Non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi davanti l’ esemplare perfetto di quello che non stavo cercando. Mia madre ne era oltremodo felice e soddisfatta, io ero un po’infastidita di non aver rispettatato la mia decisione e da ardua sostenitrice dell’ inutilità del capo che stavo osservando desideravo soltanto entrare a comprarlo.
 “Ma scusa ti piace questo coso e non quello verde di prima?” sottolineò mia sorella indicando il batuffolo verde che io non avevo neanche contemplato nell’ insieme esistente giacchetti.
“cosa importa, l’ importante è comprarlo” cerco di chiudere il discorso mia madre prima che una parvenza di dubbio potesse ritornare protagonista del mio volto.
“Come l’ importante è comprare?!” si risvegliò dal suo stato di letargo tipico degli uomini porta borse alla stregua di donne impazzite durante le stagioni al centro commerciale.
Prima che si creasse altra confusione condussi la mia famiglia all’ interno del negozio e fieramente mostrai loro la mia scelta che, posso assicurare, era molto lontana dalle cose verdi e batuffolose.
Dietro la vetrina, appeso lateralmente in modo tale da essere visto, c’era l’ oggetto che mi aveva rubato l’attenzione dal mio riflesso sul vetro.
Un semplice giacchetto di jeans nero con delle rifiniture bianche. L’ aggettivo utilizzato è la migliore descrizione. Niente pellicce, niente cerniere poste casualmente, nessun tessuto particolare e, per la felicità di mio padre, nessun costo esorbitante.

L’adolescente aveva combattuto il virus dell’ orgoglio, il soggetto questionato era uscito indenne dalla convalescenza.. e anche con una bella busta in mano a contenere il suo traguardo.
Certo, non era la prima volta, è come con il raffreddore e avrebbe dovuto imparare a coprirsi, ma si sa che se è brutto tempo è più probabile ammalarsi, ma lei adesso aveva il suo giacchetto che durante le mezze stagioni l’avrebbe tenuta in salvaguardia.
Di virus adolescenziali ce ne sono tanti e di più diffusi. Colpiscono all’ improvviso, forti e potenti e certe volte gli occhiali da sole non sono a sufficienza contro gli abbagli solari.

Prendiamo un soggetto adolescenziale in un centro commerciale con una busta alla mano. L’ idillio femminile della felicità corrisponderebbe per molti a questa descrizione. Ignari delle intemperie affrontate per giungere a questo stato molti cadrebbero in errore, ma chi ne è a conoscenza non ha bisogno di spiegazioni e essendo quel soggetto conciliante con la mia persona non credo di aver molto da spiegare a me stessa, soprattutto ora che ci dirigiamo verso le scale mobili, pronte a strascinare i nostri pesi morti fuori dal luogo in cui ho passato le ultime tre ore.
Soddisfazione finale a parte è stato molto stancante, rimpiango la mia matura età per non riuscire più a addormentarmi in auto.

C’è una calca di gente confusionaria tra me e le scale mobili che mi rende l’ uscita solo un grato miraggio. Se tutte quelle persone sono qui per comprare un giacchetto auguro loro la più sentita buona fortuna. Sbuffo e mi avvicino alla massa mantenendo quanta più calma possibile, faccio anche passare una signora che sembrava averne più bisogno di me e vengo scaraventata indietro da un’altra che aveva deciso lei chi delle due era in uno stato più bisognoso e a quanto pare non ero io.
Riuscii a passare grazie a quello che mi sembrò un ragazzo che dopo avermi dato la precedenza si era accodato subito dietro di  me.
E in questo modo poi il virus più grave e più bello di tutti colpisce l’ emisfero del sogno e della speranza di ogni adolescente.

Beh, se non avete attraversato almeno una volta questa fase posso garantirvi che una persona che ne è nel mezzo vi direbbe “peggio per voi” soprattutto chi è in una posizione tale da averne ricavato qualcosa. Si può capire facilmente che il soggetto non è più ormai in grado di intendere e di volere, in condizioni normali anche il più avverso al sogno e all’ immaginazione sentirebbe le proprie mani tremare o un battito del cuore un po’ più accelerato. Perchè se io alzo la testa e mi ritrovo davanti quello che è il ragazzo più bello del mondo circondato solo da una mandria di amici, quindi esulo dalla presenza di qualche stupendo ente femminile e per dipiù costui ricambia il mio sguardo, come posso non sciogliermi al suolo?
Se lo sapete sarebbe molto utile, ma ormai credo sia troppo tardi.

E quindi il povero adolescente si ritrova così sospeso in un limbo di pochi magnifici secondi quando la figura poco appropriata di un proprio genitore dietro quello che era stato appena innalzato a carica di “ragazzo dei miei sogni” costringe questo a rimane confinato nella zona sogno. Inevitabile è per il soggetto girare la testa e troppo corte sono le scale mobili per permettere all’ incaricato di raggiungerlo prima che esso sia portato via dalla sua famiglia e lui dai suoi amici.

  
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