Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Elizabeth_Keats    17/03/2009    2 recensioni
"Lei, prima di soffiare sulle candeline, diede un ultimo sguardo d’intorno. Vide tantissimi volti sorridenti, di tutte le persone a cui voleva bene e, chi più chi meno, avevano contribuito a fare andare in un senso la sua vita e avevano lasciato un’impronta, più o meno evidente, sulla sua strada. E una in particolare, che si sporgeva in avanti per scorgerla. Capì subito quale sarebbe stato il suo desiderio." A volte non si ha il coraggio di esprimere quello che ci tortura dentro, quello che sentiamo e vogliamo veramente. E non basta il coraggio di un minuto per distinguere un amico da qualcosa di più. Ma forse una festa di compleanno darà un aiuto al destino... poichè molte delle cose che abbiamo attorno non sono realmente come le vediamo. Ma possono nasconderci sorprese inaspettate. One-shot dedicata a tutti coloro per cui il cuore è un labirito intricato, sperando che trovino la via per uscirne.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Happy Birthday To You

 

«Ah, ah… questo mi ricorda qualcosa!» disse, sorridendo e strappando la carta rossa del regalo.

Era un magnifico portafoto, con la cornice in legno rossiccio di ciliegio finemente lavorata con un complesso intreccio di rose. Alzò lo sguardo su di lui, seduto dall’altra parte del tavolo, con un cipiglio sornione e vagamente divertito, mentre tutti gli altri invitati alla festa allungavano il collo per vedere meglio il regalo, borbottando una lunga e cacofonica sfilza di “cos’è? Cos’è?”.

«Cioè?» domandò lui, che ormai aveva occhi solo per lei, appoggiandosi sui gomiti.

«Mah… non so, forse mi sbaglio… ma ero sicura di averti regalato qualcosa di simile per il tuo di compleanno». E rise ancora. Lui la imitò.

Per il diciassettesimo compleanno di lui, qualche mese prima, lei, come le capitava di solito a ogni compleanno, era andata nel pallone sul regalo da prendere, aveva chiesto in giro vari suggerimenti e aiuti che, ovviamente, non le erano serviti a molto. E alla fine, ormai disperata e pensando alla figura che avrebbe fatto nel presentarsi al suo compleanno con un regalo mediocre o anche peggio senza, l’aveva visto: quello strano portafoto con la cornice in metallo, formato dall’assemblaggio di tante piccole cornici, le si era presentato come manna dal cielo e subito una lampadina le si era accesa nella mente. E aveva avuto un’ulteriore conferma della natura divina di quell’oggetto quando lui, dopo aver scartato il pacchetto, l’aveva abbracciata, sussurrandole un dolce “bellissimo” all’orecchio. Ed ecco che la storia si ripeteva. Di sicuro nel farle un regalo così simile aveva preso spunto da lei. Chissà se anche la sua era stata un’illuminazione divina.

«Be’, ti piace?» chiese di nuovo lui, mentre la povera cornice cadeva nelle mani della sue amiche, che non persero un secondo di tempo per analizzarla e esalare tutti i complimenti consoni all’occasione.

«Bellissimo» rispose lei, parafrasandolo.

Lanciò uno sguardo intenso al ragazzo dai capelli color sabbia che le stava di fronte, esprimendo con quel semplice gesto tutta la gratitudine che provava nell’averlo lì. Era una pezzo che le piaceva, forse perfino dall’inizio del liceo, e metà delle sue amiche lo sapeva. Ma lui no; lui ignorava ancora il sentimento struggente che le divampava dentro, che la portava a pensare a lui, ad aggrapparsi alla sua immagine ogni volta che sentiva di non riuscire ad andare avanti, che la faceva sorridere non appena incrociava i suoi occhi e gli mormorava un semplice “ciao”. Per lui lei era una semplice amica, o almeno così credeva. E non aveva mai avuto il coraggio di mettere a nudo il suo cuore e giocare il tutto per tutto: aveva sempre rimandato, dicendosi che prima o poi avrebbe trovato il coraggio per farlo.

«…Happy Birthday to you, Happy Birthday to you…».

All’improvviso le luci della stanza del locale si fecero soffuse, mentre gli invitati iniziavano a cantare la stupida canzoncina di rito. Lei seppe cosa aspettarsi, mentre tutti le si stringevano attorno ridendo e applaudendo e lei perdeva per un attimo di vista l’altro. Ed ecco che una sua amica entrava in scena con fare teatrale, portando un’enorme torta guarnita con fragole e panna e con diciassette candeline accese, che brillavano come stelle nella penombra della stanza.

«Su, esprimi un desiderio!» le sussurro la sua migliore amica posizionando la torta sul tavolo davanti a lei, in modo che tutti potessero vederla per bene.

Lei, prima di soffiare sulle candeline, diede un ultimo sguardo d’intorno. Vide tantissimi volti sorridenti, di tutte le persone a cui voleva bene e, chi più chi meno, avevano contribuito a fare andare in un senso la sua vita e avevano lasciato un’impronta, più o meno evidente, sulla sua strada. E una in particolare, che si sporgeva in avanti per scorgerla. Capì subito quale sarebbe stato il suo desiderio.

Soffiò con tutto il fiato che aveva nei polmoni e le candeline si spensero tutte in una volta, per poi essere seguite da una scroscio di applausi ed esclamazioni di gioia.

E alla fine un unico: «Tanti auguri, Emily!».

 

La mezzanotte era passata da un pezzo e la festa ormai stava volgendo al termine. Pian piano gli invitati iniziarono a dileguarsi, non senza però averla prima salutata con baci, abbracci e un’altra lunga serie di “buon compleanno”. Anche Emily iniziava ormai a sentirsi stanca, anche se dentro le vibrava ancora forte la felicità che le aveva impresso quella serata tra amici. Il trucco e i capelli che aveva acconciato con estrema cura erano ormai andati a farsi benedire, ma non le importava più di tanto: non vedeva l’ora di ritrovarsi nel suo letto confortevole e addormentarsi con il sorriso sulle labbra.

Era una sera limpida e ancora piuttosto calda per essere ormai a metà settembre. Il cielo era completamente sgombro di nubi e, nonostante la luce aranciata di qualche lampione, quella dei fari delle auto di passaggio e quella colorata dell’insegna del locale, si potevano scorgere nitidamente le varie costellazioni. Emily, dopo aver accompagnato e salutato con un forte abbraccio un paio di sue amiche, si fermò un attimo sulla soglia, alzò lo sguardo al cielo e si perse per qualche secondo a contemplare quel mosaico luccicante. Quando una voce profonda e vellutata la colse alle spalle.

«Splendida serata, eh?».

Si voltò di scatto, colta di sorpresa e lo vide proprio lì dietro di lei, intento anche lui a contemplare quella cupola stellata.

«Accidenti, Matt, quante volte ti ho detto che non mi devi comparire così all’improvviso alle spalle?!?».

Il ragazzo accennò una breve risata. «Scusa, ma è divertente vederti sobbalzare».

«Sì, grazie tante». Incrociò le braccia e si volse dall’altra parte.

«Credo che sia ormai ora di andare…».

Sapeva come catturare la sua attenzione, indubbiamente. Emily lo fissò attentamente e uno strano bagliore le fece luccicare gli occhi: non poteva credere che fosse già finito tutto. Anche se durante la serata non avevano avuto molte occasioni di parlare da soli, data la quantità di gente che veniva puntualmente a trovarsi tra i piedi, a lei era bastato averlo lì. Come quando lo incontrava a scuola, non conversavano di nulla di speciale, ma non le importava: per lei era già importante che lui ci fosse. E non voleva che la sua presenza, che sapeva rallegrarla come poche cose, togliesse già il disturbo.

«Di già?» le venne fuori quasi spontaneamente.

«Be’, se n’è già andata parecchia gente…» rispose Matt.

Emily abbassò lo sguardo: non voleva che intuisse ciò che le stava passando per la testa. Le era sorta alle labbra un’innocente preghiera di restare, anche solo per poco, che, però, aveva subito soffocato: era abbastanza brava nel dissimulare i propri sentimenti. Non voleva che lui comprendesse più di ciò che voleva dare a vedere. Era il suo migliore amico. Perciò rimase in silenzio, in attesa di un saluto di congedo.

«Allora ti è piaciuto davvero il regalo?» chiese all’improvviso Matt, cogliendola ancora di sorpresa.

Emily non seppe se dare o meno retta al suo intuito, ma le era parso di vederlo arrossire nella penombra nel porre quella semplice domanda.

«Perché me lo chiedi? Ti ho già risposto prima».

«”Bellissimo” è un aggettivo di circostanza, una delle tante formule cortesi che si propinano agli altri in pubblico. Quello che si pensa veramente è un’altra faccenda…».

Emily alzò gli occhi al cielo: quella sera lo trovava particolarmente loquace.

«Allora ti dico quello che penso davvero: due volte bellissimo».

«Sul serio?».

Ora fu il turno di lei ad arrossire leggermente.

«Non ti sembro abbastanza sincera?».

Matt scosse leggermente la testa e abbassò lo sguardo con un sorriso sghembo.

Per qualche minuto calò il silenzio; gli unici rumori udibili erano quello delle auto di passaggio e il chiacchiericcio indistinto proveniente dall’interno del locale. Senza quasi accorgersene, Emily costatò che i suoi piedi, che ormai protestavano costretti in un paio di scarpe col tacco tutt’altro che comode, l’avevano portata un po’ più vicina a lui. Ora poteva sentire il suo respiro caldo al suo fianco e scorgere il luccichio delle luci della strada riflesso nei suoi occhi color nocciola.

Passò un altro minuto buono prima che lei dicesse: «Ma non dovevi andare?». Non che le dispiacesse che fosse ancora lì.

«Adesso vado».

Ma continuava a rimanere…

«Mi fa piacere che tu sia venuto, davvero» sussurrò Emily all’improvviso, per poi rimangiarsi immediatamente quelle parole e arrossendo ancora di più (per fortuna era buio e non si notava molto).

«E come sarei potuto non venire?» rispose Matt. «In fondo…». In fondo sei mia amica, completò mentalmente Emily.

«In fondo… ci tenevo troppo per mancare».

Certe cose non si sanno e non si potranno mai sapere, come non si potrà mai essere certi di cosa stia pensando la persona che abbiamo davanti. Ma a volte ci sono delle eccezioni. Quella volta, in quel preciso istante, Emily lo seppe, se lo sentì nelle ossa, lo sentì vibrare nel suo cuore e spargere polvere dorata sulle sue ali invisibili, che finalmente riuscirono a spiccare il volo con quello slancio vitale tanto atteso. L’aveva sognato un miliardo di volte, tanto da renderlo quasi scontato e reale; ma in quell’attimo lo seppe una volta per tutte: Matt stava per baciarla.

L’aria fresca della sera sul suo viso fu immediatamente sostituita da un connubio di respiri caldi e regolari, il suo e quello di lui, sempre più vicini. Non seppe esattamente cosa successe, poiché aveva chiuso gli occhi, ma era certa che in quel preciso istante avrebbe potuto toccare il cielo con un dito. Anzi, con tutta la mano. Sentii un fuoco bruciante esplodere dalle loro labbra congiunte, per poi propagarsi come un impetuoso incendio a tutto il resto del corpo e lasciare dietro di sé solo braci rossastre che continuavano a bruciare. I rumori attorno a loro si dissolsero come se qualcuno avesse appena spento l’interruttore della luce. Si sentiva mancare il fiato, il cuore era partito a mille e non sapeva più da che parte del petto fosse finito, un brivido leggero le percorse tutta la superficie della pelle, su e giù per la schiena fino alla nuca.

Non esisteva discorso abbastanza accurato e articolato per esprimere tutto quello che si poteva intuire da quel semplice ma grande gesto. Dunque per lui lei non era mai stata soltanto un’amica, come invece aveva sempre creduto. Aveva sognato quel momento migliaia di volte, ma poi era sempre ritornata a galla da quelle fantasie dicendosi che era tutta utopia. Doveva smettere di vivere nel mondo delle favole col principe azzurro in sella al suo bel cavallo bianco e guardare in faccia la realtà.

Ma ora era quella la realtà. E nemmeno lo scrittore migliore al mondo sarebbe stato capace di narrare un epilogo migliore di quello.

 

La luna gettava bagliori argentati sul davanzale e sulle tende candide, scosse come spumeggianti onde del mare da un lieve venticello. Il canto di un usignolo echeggiò in quel silenzio quasi irreale. Un’auto passò accompagnata dal docile rombo del motore, mentre un gatto attraversava furtivo la strada. Non c’era anima viva in giro, se non si contava un gruppo di ragazzi riuniti davanti a un bar poco lontano. Era ancora abbastanza caldo e la finestra della stanza era aperta, per approfittare delle ultime serate tiepide prima del sopraggiungere dell’autunno. Ma le luci erano spente e sembrava non esserci nessuno nemmeno lì. Il letto accanto al muro era ancora fatto e senza una piega. Il vento con le sue dita fluttuanti toccò un paio di campanelli appesi al lampadario e li fece danzare abbracciati, producendo un limpido tintinnio, promesse sussurrate tra due amanti. Poi si spostò su un libro rimasto aperto sulla scrivania, tra pile ammonticchiate di tanti altri, e lo sfogliò sbrigativamente senza fare rumore, come in cerca di qualcosa. Ma la stanza era tranquilla e nulla sembrava fuori posto: il proprietario era di certo fuori casa.

E lì, di fianco al davanzale, in bella mostra così che si potesse vedere per bene stando in un qualsiasi punto della stanza, la luce della luna incontrò qualcosa di argentato e, riflettendocisi su, fece brillare quell’oggetto come se fosse tempestato di diamanti. Ma in mezzo a quel diadema di luce c’erano punti oscuri. Avvicinandosi di più, però, si potevano scorgere colori e figure, incastrate in quella strana cornice di metallo, formata dall’assemblaggio di cornici più piccole per formare un portafoto piuttosto eccentrico e originale. E proprio in quel portafoto su cui si rifletteva la luce della luna era incastonata una foto in particolare: un ragazzo dagli scompigliati capelli color sabbia che abbracciava teneramente, quasi la custodisse gelosamente come il più prezioso dei suoi tesori, una ragazza dai capelli ricci color cioccolato e gli occhi verdi come un gatto.

Più sotto, infine, si poteva scorgere una specie di dedica, scritta frettolosamente con un pennarello nero.

 

Per M.,

per sempre e un giorno,

E.

 






Mah, non so che dire. A dir la verità non mi convince molto, forse perchè molte delle cose che la mia mente ha "vomitato" in questa one-shot sono strettamente autobiografiche e non riuscirò mai a scrivere qualcosa che eguagli abbastanza quello che provo. Non so, mi sembra scontato e pieno di clichè, ma ho voluto pubblicarlo comunque per sapere che ne pensate (e perchè è un'era che non scrivo più niente XD).

Quindi recensite, recensite, recensite e recensite ancora! Ho davvero bisogno dei vostri pareri!
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Elizabeth_Keats