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Autore: Pandora_2_Vertigo    27/01/2016    0 recensioni
La storia di Kristina non è terminata. Seguito di Sangue Misto. Caldamente consigliato leggere la prima parte per poter capire Chiaro di Luna e i suoi personaggi.
Dal capitolo III
"...
Quel profumo ha risvegliato in me una catasta di emozioni.
Gioia, so a chi appartiene, lo riconosco ancora nonostante sia passato un secolo dall’ultima volta che l’ho sentito;
Rabbia, per come quella persona è svanita dalla mia vita, all’improvviso;
Preoccupazione, non so come si sia salvato, se stava bene, se era ferito…se è ancora come lo ricordo;
Curiosità, è davvero lui? O mi sto sognando tutto?
Paura, se mi sto sbagliando? Se non è lui, ma un volgare vampiro affamato? E se anche è lui, se è cambiato?
..."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kristina'
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3.

La pioggia cade rumorosa e picchietta sulla stoffa impermeabile dell’ombrellino.
Tac-tac-tac-tac.
Questo suono accompagna i miei passi per le strade, ma purtroppo copre qualsiasi altro rumore, mi impedisce di percepire i suoni della città.
Ho bisogno di ascoltare, voglio sentire, voglio cacciare.
Faccio spallucce a me stessa, se voglio divertirmi un po’ so dove andare.
Presa questa decisione cammino spedita verso la mia meta.
Vedo l’insegna luminosa al neon appesa al muro, mi avvicino all’ingresso. C’è un po’ di coda, ma saluto il butta – fuori, mi riconosce e subito mi fa passare.
Lo ringrazio con un sorriso e sparisco dietro l’ingresso.
Deposito giubbotto e ombrellino al guardaroba e mi lascio avvolgere dalla musica assordante e sfrenata. Mi dirigo subito al bar, ordino uno shot drink e lo mando giù al volo. Pago per un altro, stavolta me lo rigiro tra le mani un po’, intanto mi guardo intorno. So benissimo che qualcuno di loro c’è. È uno dei loro posti di caccia preferiti, adorano mischiarsi con gli umani, attirarli a se e gustarseli illuminati dalle luci basse e soffuse, in qualche angolino nascosto del locale o su uno dei divanetti. Ormai la polizia fa tappa qui regolarmente per indagare su qualche sparizione sospetta. Ultimamente un po’ meno spesso visto che ogni tanto riesco a evitare delle morti inutili.
Ecco, alla mia destra se ne sta avvicinando uno. Lo sento.
Sorrido, più a me che a lui. Mi ronza intorno, ma non lo guardo in faccia.
Inghiotto il mio drink, l’alcol mi brucia la gola. Mi dirigo in mezzo alla gente che sta ballando.
So che mi seguirà. Comincio a muovermi al ritmo della canzone.
 
L’ha seguita all’interno del locale, anche se non si aspettava di certo questo da lei.
Ne è un po’ sorpreso.
Subito viene colpito da odori diversi, di pelle, di profumi costosi, di umani e non solo.
Cammina lento ai bordi della pista da ballo cercando di individuarla. Scruta quei corpi che si muovono seguendo le note che rimbombano nel locale, inala le loro essenze. Si è saziato da poco, altrimenti tutte quelle facili prede lo farebbero impazzire di sete.
Osservando in giro la individua seduta al bancone del bar, riconosce i lunghi capelli raccolti a treccia che scendono lungo la schiena, le linee del corpo. La maglia che indossa è troppo corta e coi pantaloni a vita bassa si intravedere metà della schiena. Aspira l’aria per inalare il suo odore, lo ricorda ancora, sapeva di mirra, ma è troppo lontano riesce solo ad annusare altre essenze.
Sta bevendo qualcosa, è in attesa, chissà di chi o cosa.
Continua a camminare.
La vede alzarsi e dirigersi sulla pista da ballo. La studia mentre cammina e riconosce le curve del corpo anche se nascoste sotto gli abiti, nella sua mente compare il ricordo di una notte. Lo scaccia via, ma lei lo attrae sempre, il suo corpo lo richiama.
Non può fare altro che avvicinarsi.
Passa tra la gente, sfiora corpi caldi, può sentire il rumore dei battiti dei loro cuori, ma tutto il suo essere è incentrato solo su di lei. Ne vede la schiena ondeggiare sinuosamente, sempre più a portata di mano, la loro distanza si riduce così rapidamente.
Ora si che può sentire quel dolce profumo penetrargli nelle narici e giù a riempire i polmoni ormai morti. Lo respira a fondo assaporandolo. Chiude gli occhi per gustarlo.
Risulta così immobile in quel marasma di figure in fibrillazione.
Il corpo lo guida al contatto, il cuore gli urla di sfiorarla, la testa è sopraffatta dagli istinti.


Il cuore mi martella nel petto tenendo il tempo delle note che assordanti mi rimbombano nelle orecchie. Tutto segue quel ritmo, persino il mio respiro, anche il pavimento sembra tenga il tempo.
Sento una presenza dietro di me e subito un corpo aderisce al mio, la mia schiena contro il suo petto, è freddo.
Sorrido beffarda, ma senza farmi vedere, la mia preda ha abboccato.
Continuo a muovermi, a ballare e segue i miei movimenti, sento le sua mani appoggiarsi sui fianchi, le guardo, mani bianche.
Non c’è dubbio che sia un vampiro.
Balla con me e nel frattempo appoggia la testa sulla mia spalla, mi lecca il collo.
Lo controllo con la coda dell’occhio, vedo che hai i capelli neri, spettinati.
Alzo un braccio e glielo appoggio sul capo, come a farli capire che non voglio si sposti, lui appezza e mi stringe i fianchi in un abbraccio.
Comincia a spingermi verso il bordo della pista.
Lo assecondo muovendomi verso un angolo buio, un po’ isolato.
Mi appoggio al muro girandomi verso di lui, non riesco a vederne i lineamenti perché è di spalle alla luce, ma gli sorrido complice e lo attiro a me facendo aderire i nostri corpi.
Lui mi lascia fare, ricomincia a leccarmi il collo, mi accarezza la schiena su e giù provocandomi brividi di eccitazione. Si, sono eccitata, l’adrenalina è in circolo, lui vuole mordermi.
Io sono pronta a reagire.
Gli tengo una mano fra i capelli giocandoci, mentre con l’altra senza farmi notare mi avvicino alla tasca dei jeans; porto sempre con me un coltello d’argento a scatto quando il pugnale è un po’ troppo appariscente.
Il suo fiato freddo mi lambisce la pelle del collo.
Infilo la mano in tasca, ne estraggo l’arma e faccio uscire la lama.
Mi stringe le braccia attorno alla schiena per non farmi muovere. Crede di avermi in pugno, di avermi immobilizzata.
Trattengo il respiro.
Lui apre la bocca con un ringhio sordo e mi azzanna il collo.
Fa male, ma il dolore non mi distrae, devo agire prima che le forze diminuiscano.
Mi guardo rapida intorno, nessuno sguardo indiscreto.
Bene.
Sollevo il braccio lesta e gli conficco il metallo in mezzo alle scapole; la lama è piccola quindi affinché il mio attacco funzioni devo rigirargliela nella pelle.
Al momento dell’affondo lo sento irrigidirsi e smettere di succhiare il mio sangue.
Ma non fa in tempo a reagire.
In pochi secondi è un mucchietto di polvere argentata ai miei piedi.
Mi passo una mano sul collo, sfioro i forellini.
Sento un rumore.
Alzo lo sguardo e vedo un ombra scomparire.
Un semplice passo e i loro corpi sarebbero tornati uno solo.
Una distanza così breve ed insignificante, eppure così ardua da colmare.
Se si fosse visto da fuori avrebbe riso di se stesso.
Lui forte, potente, determinato, spietato, messo in crisi dalla vista di una semplice umana.
A quel pensiero si riscuote.
Decide di agire, di farla sua.
Il suo piede sta per muoversi. Il suo cuore morto sta per sussultargli nel petto dalla gioia.
Arriva tardi.
Qualcuno è stato più rapido.
Un altro corpo è adeso al suo, un ragazzo sta ballando con lei.
Lo vede strusciarsi e lei lo accetta.
Rabbia.
Si maledice.
Maledice lei, perché lo ha accettato così facilmente. Eppure non se ne capacita, lei non è così superficiale, pensa.
Ma sono passati cinque anni. Lui stesso è cambiato. Perché lei non avrebbe dovuto?
È furioso. Stringe i pugni fino a ferirsi, ma non esce sangue.
Si volta per non vederli muovere assieme, ma non riesce a levarsi dagli occhi quell’immagine.
Lo tormenta.
Ogni dettaglio gli è scolpito davanti agli occhi, ogni centimetro delle loro figure adese.
Si allontana, sta per uscire dal locale.
Ma basta un secondo in più, per capire che quel ragazzo, non è ciò che sembra.
Lo riconosce come suo simile.
Si domanda come ha fatto a non capirlo subito.
Comprende che le emozioni hanno sopraffatto la ragione.
Non se lo può permettere, lui non ha sentimenti. Ma forse lei ha risvegliato qualcosa.
Riconnette il cervello prima di perderlo nuovamente.
Realizza quanto lei possa essere in pericolo. Si rivolge verso la pista, ma non ci sono più, sono scomparsi.
Li cerca con lo sguardo, ma non li trova.
Comincia a fiutare l’aria e a cercarli, rapido.
Trova una scia, la riconosce, è inconfondibile per le sue narici.
La segue fino ad un angolo buio del locale.
Si muove silenzioso, sa benissimo cosa può essere successo. Lui stesso si è ritrovato in quella situazione mille volte.
Oscurità, confusione, niente curiosi, una preda, sangue fresco.
Li trova addossati alla parete.
Si nasconde parzialmente dietro ad una colonna.
Vuole intervenire. Sta per farlo, la sta mordendo.
Sa che lei non può morire, ma è agitato lo stesso. Vorrebbe difenderla.
Fa per muovere un passo, ma lei avvicina un braccio alla tasca dei pantaloni. Ne estrae un coltello, fa scattare la lama e la conficca nella schiena del vampiro.
Lo vede sgretolarsi in miliardi di granelli e ricadere al suolo in maniera evanescente.
Sorride.
Si è preoccupato per nulla. Realizza che sa cavarsela egregiamente, non ha bisogno di lui.
Ma questo non è sufficiente.
Mette insieme tutti i pezzi del puzzle. La moto, il coltello, la freddezza omicida, la sua vittima di poco prima, l’intromissione di un cacciatore.
È lei quel giustiziere.
Si incupisce.
Sa di non sbagliare.
Si allontana, ma non è così silenzioso come vorrebbe e lei non è poi così indifesa.
Sa che si accorge di lui.
Ma non si volta indietro.
 
Rapida decido di seguire l’ombra.
È veloce. In poco più di un minuto è già all’uscita del locale. Dalla forma è un maschio.
Passo dal guardaroba a ritirare le mie cose, tenendo un occhio alla porta per vedere che direzione prende.
È andato a destra.
Corro, a malapena metto il giubbotto ed infilo l’ombrellino in tasca. Ha quasi smesso di piovere, ma non ho tempo.
Non posso perderlo.
Non so chi sia, ma mi ha vista, ha visto cosa ho fatto. Ha visto sgretolarsi un uomo tra le mie braccia, non sa che ho fatto solo del bene.
Se va alla polizia sono fregata. Devo fermarlo prima. Will mi ha già protetta troppe volte, si è esposto per me. Non posso fargli passare altri guai.
Corro, ma anche lui, è veloce.
Aumento la velocità, qualche goccia d’acqua ancora mi batte sul viso, sbatto i piedi nelle pozzanghere. Vedo già le nuvole diradarsi, la luna farsi spazio tra di esse.
- Aspetta – urlo.
Lo vedo rallentare, ha girato in un vicolo.
Sorrido tra me e lo raggiungo. È buio, ma questo non mi spaventa.
Cerco la torcia nell’altra tasca. La afferro e la accendo.
La punto davanti a me, ma non inquadro nulla di rilevante.
Faccio per girarmi attorno, ma mi coglie una folata d’aria fredda e gelida. Un brivido.
Un colpo alla mano, la torcia mi cade e rotola lontana.
Subito mi guardo attorno, ma nulla. Non c’è nessuno. Fortunatamente la mano è quasi illesa.
Respiro a fondo e mi faccio coraggio.
Qualcosa non quadra. Troppo veloce, troppo misterioso. Mi sa che ho trovato un amico con cui giocare.
Cammino lentamente alla cieca nella quasi oscurità. Chiudo gli occhi e mi concentro: se non posso basarmi sulla vista sfrutterò gli altri sensi.
Sono pronta a percepire il più basso dei suoni, ogni minimo movimento causa spostamento d’aria e il mio tatto è reattivo, pronto per individuarlo.
Rimango ferma immobile ad ascoltare il silenzio.
 
L’ha seguito nel vicolo. Lui non si allontana, vuole vederla ancora, ma non vuole farsi prendere.
Rimane nell’oscurità, nell’angolo più nero della strada dove nemmeno la luce della luna, libera finalmente dalle nuvole cariche d’acqua, lo può raggiungere.
La vede accendere la torcia.
Silenzioso, in un secondo le è affianco.
Sarebbe così facile pararsi davanti, sorriderle, salutarla, stringerla a se.
Forse troppo facile.
Non è da lui. Non è fatto per queste cose.
Decide il da farsi e ne gode. Sorride tra se.
La colpisce alla mano, lievemente, non vuole farle male, ma nemmeno farsi scoprire così presto, vuole giocare con lei.
Subito si allontana, troppo difficile starle così vicino, il suo profumo esaltato per la pioggia potrebbe inebriarlo e vuole rimanere lucido.
La vede guardarsi attorno, chiudere gli occhi e rimanere immobile.
Non riesce a capire cosa stia facendo.
Rimane fermo anche lui nell’ombra, la studia con la poca luminosità offerta dall’astro in cielo.
I lineamenti del volto sono rimasti invariati, solo un po’ più maturi, meno fanciulleschi.
Quelli del corpo più definiti, meno dolci ma si capisce che gli arti sono ben allenati e tutto il suo essere è pronto ad agire in qualsiasi istante.
Una nuvola dispettosa copre nuovamente la luna, l’oscurità nel vicolo ora è totale. Lui si sente sicuro. È nel suo ambiente, la sua natura è compagna della notte e dell’ombra.
Spavaldo, silenziosamente muove un passo verso di lei, ne segue un altro.
Si muove lento, ma sinuosamente, come un felino a caccia.
Non fa il percorso più breve, le gira attorno.
Le è di fianco nuovamente. Allunga il collo per annusare il suo profumo.
Percepisce istantaneamente il suo movimento, e questo lo salva dall’essere colpito in pancia da un pugno. Con un balzo indietro è riuscito ad evitarlo, ma non è finita.
Lei non si ferma. Avanza nella sua direzione, sempre ad occhi chiusi, ma decisa.
Due passi, sferra un calcio. Lo manca, lui è avvantaggiato con la sua vista notturna. Si sposta verso destra, lei in qualche modo lo intuisce, si volta e ci prova di nuovo con un pugno.
È facile evitarla, è decisamente in vantaggio.
All’ennesimo pugno non si ritrae, alza la mano e le blocca il polso.


Lo sento muoversi attorno a me, provo a colpirlo, ma lui è decisamente più veloce e soprattutto ci vede benissimo. Non riesco nemmeno a sfiorarlo.
Sto perdendo la calma, la rabbia e l’adrenalina mi appannano i sensi, devo fare qualcosa.
Provo ancora a colpirlo, sono convinta di andare a vuoto.
No, mi ha bloccato il polso, dannazione. Apro gli occhi, ma è tutto buio, non vedo che l’oscurità.
Faccio forza per liberarmi, ma niente, ha una presa ferrea.
Vedendo la mia resistenza stringe ancora di più, ora sento dolore.
Stringo i denti e non lo mostro. Mi faccio forza e provo ad attaccarlo con l’atro pugno. Lo colpisco al petto, non gli ho fatto male, ma non se l’aspettava e fa un passo indietro per lo sbilanciamento.
Non faccio in tempo a ritrarre il braccio che fulmineo, il mio avversario me lo imprigiona.
Accidenti.
E ora che mi invento?
Rifletto, rifletto veloce, ma la testa è vuota, troppo agitata per pensare.
Mi sento tirare, quella creatura mi sta attirando a se. Mi oppongo. Sicuramente vorrà pasteggiare, ma io non sono la cena di nessuno.
Punto i piedi.
È molto più forte, è una lotta impari.
Guardo il cielo disperata, come se da lassù mi possa giungere un qualche aiuto. Una nuvola si sposta lentamente e libera la luna.
Ora guardo a terra l’ombra che lentamente si ritrae, facendo spazio al chiaro di luna che irraggia la strada. Il chiarore si espande, già ci sta illuminando i piedi, tra poco almeno vedrò il volto del mio nemico.
Mi deconcentro e mi tira a se. Presa alla sprovvista mi ritrovo addossata a quel corpo freddo, ora rischiarato dalla luce argentata.
Traggo un respiro profondo e ne inalo il profumo, dolce, avvolgente.
Subito i ricordi mi affollano la mente.
Quel profumo ha risvegliato in me una catasta di emozioni.
Gioia, so a chi appartiene, lo riconosco ancora nonostante sia passato un secolo dall’ultima volta che l’ho sentito;
Rabbia, per come quella persona è svanita dalla mia vita, all’improvviso;
Preoccupazione, non so come si sia salvato, se stava bene, se era ferito…se è ancora come lo ricordo;
Curiosità, è davvero lui? O mi sto sognando tutto?
Paura, se mi sto sbagliando? Se non è lui, ma un volgare vampiro affamato? E se anche è lui, se è cambiato?
Non respiro e rimango a bocca aperta ancora così vicina a quel corpo. Non oso pensare oltre, non oso alzare lo sguardo.
Non sento più la stretta attorno ai polsi, ma resto immobile.
La luce tenue argentata ormai ci ha avvolti nel suo debole candore.
Vedo una mano bianca scendere verso la mia spalla. Ne guardo le linee sottili, osservo le dita lunghe e affusolate, quasi risplendere, abbacinandomi.
Ne seguo i movimenti e la vedo posarsi sul mio mento, sento il freddo contatto. Rabbrividisco.
Non provavo quella sensazione da anni, di totale abbandono e impotenza.
Come allora mi sento completamente sua.
Delicatamente mi solleva la testa, chiudo gli occhi, temo ancora di essermi sbagliata.
Non è possibile, continuo a ripetermi.


 
Il tocco di quella pelle calda gli provoca un piacere immenso.
Non è come sfiorare un umano qualsiasi.
Le gira il volto per incontrare il suo, ma tiene gli occhi serrati.
Sorride anche se lei non può vederlo, perché sa che ormai l’ha riconosciuto, altrimenti non resterebbe li tra le sue braccia.
Abbassa la testa e soffia delicato sulle sue labbra.
 


La mia bocca è ghiacciata da quel tenue vento.
Mi sta torturano forse?
Quanto vorrei aprire gli occhi. Vederlo di nuovo.
Basta esitare, così mi faccio del male ed è solo peggio.
Lascio che la luce mi colpisca le iridi, smetto di nuovo di respirare.
Subito i nostri occhi si incontrano. Neri e profondi striati d’azzurro. Mi ci perderei per ore.
Allargo la visuale e mi accorgo che siamo molto vicini, più del suo volto non riesco ad inquadrare, ma in questo momento non chiedo di meglio. I capelli sono gli stessi, straordinariamente neri e spettinati. I lineamenti sono immutati.
Le labbra sempre rosse e carnose, curvate in un sorriso. Le vedo dischiudersi e farsi più vicine, quasi a sfiorare le mie.
Il cuore aumenta il battito.
- Kris, dovresti respirare…
La voce bassa e soave che mi giunge mi risveglia dall’incanto.
Sbatto due volte le palpebre, gli occhi sono sempre sbarrati. Finalmente inspiro ed espiro, ossigeno il cervello, di nuovo pronto a funzionare.
Santo cielo come sono debole e patetica, non riesco a non sorridergli di rimando.
Ho aspettato per cinque anni dopo che mi ha letteralmente abbandonata, e ora che me lo ritrovo davanti non so fare altro che sorridere inerme, come un oca.
Ricordo di non essere più costretta a quella vicinanza estrema, chiudo per un secondo gli occhi per levarmelo da davanti e riprendere il controllo del mio corpo, respiro profondo e faccio un passo indietro.
Riapro gli occhi, mi guarda curioso.
Sorrido amaramente.
- Ciao Julian.

Rieccoci, buona lettura. Pandora
  
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