"Il peccato
dalle
mie labbra? Colpa dolcemente rimproverata! Rendimi dunque il mio
peccato."
Giulietta si sporse in avanti, a baciare quello sconosciuto, e le sue
labbra
toccarono quelle di lui nell'istante in cui Tebaldo, chiedendosi dove
fosse
finita, si voltava a cercarla.
Il suo cuore ebbe un sussulto.
"Romeo?!"
Era proprio il giovane Montecchi, quello che l'amata cugina stava
baciando?
Un impeto d'ira gli colmò il petto.
"Zio!"
Salì le scale più in fretta che poté.
"Si?"
Lo zio era tranquillo, allegro, come ogni anno, durante quella festa
che era
così solito dare.
"Zio, quello é un Montecchi!"
"Si, é il giovane Romeo."
Il Conte Capuleti non era mai sembrato così
sereno, non in una
conversazione con Tebaldo, almeno.
"Lui, lui; lui, proprio lui, un nemico,
un nostro nemico! Un miserabile venuto qui per dispetto, a beffarsi di
noi..."
"Moderati!"
Il Conte afferrò Tebaldo per le spalle, scuotendolo con
forza, come a volerlo
ridestare dai suoi pensieri ingiuriosi contro Romeo.
"Nipote caro, lascialo in pace, egli
si conduce come un vero gentiluomo!"
"Un gentiluomo?"
Tebaldo non credeva alle sue orecchie.
"Si."
La risposta del conte arrivò secca, spontanea, quasi
scontata.
"Ma zio é una vergogna! Datemi un
ferro, datemi qualsiasi cosa, e io giuro, sull'onore della nostra
stirpe che,
che se l'ammazzo non commetto peccato!"
La rabbia aveva preso il sopravvento, Tebaldo non ci vedeva
più. E mentre
parlava allo zio continuava a tenere d'occhio la situazione
giù alla festa, ed
eccola lì, la sua Giulietta, ancora stretta a quello sporco
Montecchi; il
figlio del suo nemico, che per farsi beffe della sua famiglia, di
quello che
era rimasto della sua famiglia, non solo si intrufolava alla loro
festa, ma
oltraggiava anche sua cugina, la sua candida e pura cugina.
"VATTENE!"
Il Conte lo prese nuovamente per le spalle, e lo spinse via, lontano
dalla
balaustra che si stendeva sul piano di sotto, mentre tutti tacevano,
trattenendo il respiro.
"Hahahaha! Hahahaha!"
Scoppiò in una risata prorompente e altrettanto falsa, che
però rincuorò gli
invitati, che ripresero a ballare leggermente.
Si voltò, con il viso contratto in una smorfia di rabbia.
"Vattene insolente, vergogna!"
La colonna contro la quale si proteggeva Tebaldo non sembrava
più tanto
sicura nel momento in cui il Conte scagliò una potente
manata a pochi
centimetri dal suo viso.
Tebaldo tremò e chiuse gli occhi un istante, stranamente
intimorito da quella
reazione; Romeo era pur sempre un nemico, no? Come poteva accettare un
simile
sopruso?
Eppure lo zio lo guardava sempre più adirato e si
preparò a colpirlo
violentemente, sotto lo sguardo attonito dei presenti.
"No.."
La flebile voce di Lady Capuleti fermò il Conte appena prima
che il potente
schiaffo potesse colpire il viso di Tebaldo.
"O stai buono tu, o ti faccio stare
buono io. Via!"
E agitò la maschera, tornando poi ad occuparsi dei suoi
ospiti.
Tebaldo abbandonò la colonna, e si dileguò in
fretta, dirigendosi verso le
scale, come a voler sistemare tutto a modo suo.
Ancora una volta fu, però, fermato dalla delicata mano di
Lady Capuleti sulla
spalla; si voltò a guardarla. Ella lo stava silenziosamente
pregando di non
andare alla festa, di non attaccare il giovane Romeo e di lasciar
correre.
Ma lo avevano visto o no, che quel Montecchi baciava la loro figlia
prediletta?
Tebaldo si costrinse a stare buono, ad osservare la festa dalle scale,
cercando
di sbollire la rabbia mentre mandava il suo servo fedele, con un tacito
sguardo, a sorvegliare la situazione più da vicino.
Ad assistere a quella scena, come al bacio tra Romeo e Giulietta, stava
Mercuzio, accanto al tavolo del vino, del quale non aveva
più potuto fare a
meno. Lesse negli occhi di Tebaldo il dolore e la rabbia, che
probabilmente
regnavano anche nel suo sguardo, in quel momento. Si accorse anche di
quel cenno,
e nonostante il vino stesse cominciando a scorrere nelle sue vene al
posto del
sangue, riuscì a formulare il giusto pensiero: dovevano
andarsene di lì, in
fretta anche.
"Benvolio! Benvolio!"
L'amico, che era a pochi passi da lui, intento ad osservare quei lunghi
e
disordinati capelli biondi, lo toccò appena, facendolo
voltare.
"Benvolio, dobbiamo andarcene! I Capuleti ci stanno cercando. Trova
Romeo."
Mercuzio sapeva bene che Romeo era in compagnia di Giulietta e proprio
per
questo non voleva veramente cercarlo; anche a costo di essere stanati
nella
tana del lupo, non lo avrebbe più visto baciare quella
Capuleti.
Lo trovarono poco dopo attonito, di fronte alla nutrice della casa.
"Via via Romeo, andiamo abbiamo già
visto il meglio della festa!"
Benvolio era stato chiaro, e afferratolo per il braccio
trascinò via dalla
festa il giovane e sprovveduto Montecchi.
Mentre correvano, ridendo, verso l'uscita della casa, Mercuzio si
voltò
indietro per l'ultima volta: Tebaldo era lì, a pochi passi
da loro, la mano
tesa e gli occhi azzurri velati di lacrime.
Appena fuori dalla festa Romeo si voltò indietro e si
rivolse agli amici.
"Andate avanti senza di me, devo fare una cosa... Vi raggiungo."
E li piantò in asso, scomparendo dietro una siepe. Mercuzio
guardò Benvolio
preoccupato.
"Seguilo... Io vado avanti." La voce del moro era un sussurro .
Mercuzio lo strinse a se, passandogli in fretta la mano tra i capelli
ricci e
partì poi all'inseguimento di Romeo.
"Combatterò se devo,
abbatterò quel
muro, ma s'è un diritto mio dov'è il peccato,
Dio?"
Mercuzio non poteva crederci: Romeo era lì, aggrappato al
balcone di Giulietta.
"Se ti vedono ti uccidono!"
Almeno lei aveva capito come andavano le cose, di questo Mercuzio era
sollevato: ora gli avrebbe chiesto di andarsene, ne era certo.
"C'è più pericolo nei
tuoi occhi,
che in venti delle loro spade!"
Il biondo aveva il voltastomaco, ora, se non fosse stata lei a
scacciarlo, lo
avrebbe trascinato lui stesso giù da quel balcone.
"Guardami con dolcezza, e io sarò
al
sicuro da ogni nemico."
Sarebbe stato lui, o Tebaldo, che attonito guardava la scena dal
giardino della
casa.
I due si baciarono, ed entrambi gli inaspettati spettatori distolsero
lo
sguardo. Ed ecco, i loro occhi si incrociarono e non si staccarono
tanto
presto, impegnati com'erano in un silenzioso duello.
Tebaldo, già furioso per l'affronto di Romeo non seppe
più come reagire alla
vista del beniamino del Principe e si diresse verso di lui, attraverso
i
cespuglio, con la mano sull'elsa della spada.
"Che ci fai qui, in casa Capuleti?!"
"Cosa stavi facendo tu, piuttosto, acchiappa topi?"
"Non è affar tuo. E ora vattene da qui, prima che decida di
chiamare le
guardie."
"Le guardie?" Mercuzio si passò una mano nei capelli e rise.
"Le guardie? Ti credevo più coraggioso di così!
Oh, ma forse senza la tua
corte non ti senti abbastanza al sicuro, eh, Re dei gatti?"
Tebaldo abbandonò l'impugnatura ormai sudata della spada e
spinse Mercuzio
contro il tronco di un albero.
"E tu? Tu che parli tanto, che uomo sei?! Nascosto qui sotto a
osservare
una tale scena."
Mercuzio gemette, girando di lato il viso, distogliendo lo sguardo
dagli occhi
tanto severi di Tebaldo.
"Che diritto hai di parlare, tu che stavi facendo esattamente la stessa
cosa? Io almeno non sono giunto qui con cattive intenzioni!"
"Io devo proteggere mia cugi-
Mercuzio prese il volto di Tebaldo tra le mani, voltandolo bruscamente
verso il
balcone, dove Giulietta e Romeo erano ancora una tra le braccia
dell'altro.
"É così che proteggi tua cugina, eh? Bel lavoro,
davvero!"
Saldando la presa sul viso di Tebaldo lo tirò verso di lui,
e rabbioso lo
baciò.
Tebaldo sgranò gli occhi, e dopo un primo attimo di
smarrimento spostò le mani
dalle spalle di Mercuzio al tronco dell'albero, spingendovi poi
violentemente
il biondo, ricambiando quel bacio irruento.
I due, ora, non si sfidavano solo con lo sguardo, lo facevano con tutto
il
corpo e quello fu, forse, una delle loro liti più violente.
Mercuzio, schiacciato contro il tronco dell'albero si
dimenò, facendo cadere
all'indietro Tebaldo, piombandogli addosso, impedendogli di rialzarsi.
Tebaldo, che non poteva accettare l'idea di essere sottomesso,
divaricò le
gambe e fece forza su di esse per spingersi di lato, invertendo le
posizioni,
troneggiando fiero sul biondo.
La vera lite si stava però svolgendo tra le loro mani, che
vagavano frenetiche
quelle dell'uno sul corpo dell'altro, e sulle loro bocche, che non
riuscivano a
smettere di divorarsi.
Gli occhi di Mercuzio, chiusi, con le ciglia bagnate di lacrime; quelli
di
Tebaldo, spalancati, abbattuti, pieni di rimorsi.
"Ma come? Mi lasci così poco
soddisfatto?"
"Quale soddisfazione vuoi avere questa notte?"
Mercuzio e Tebaldo si ridestarono come da un incubo, spingendosi, con
uno
slancio, a sbirciare fuori dal loro nascondiglio.
Romeo ero sceso dal balcone, e si trovava a pochi passi da loro.
"Il cambio del tuo fedele voto
d'amore con il mio!"
Il cuore di Tebaldo perse un colpo. Questo no, non lo poteva
sopportare: fece
per prendere l'arma, quando, invece della rude impugnatura di pelle,
incontrò
la mano vellutata di Mercuzio, che sotto di lui scuoteva la testa.
"Ma io ti diedi il mio prima che tu
lo chiedessi e tuttavia vorrei non avertelo ancora dato!
Mandami a dire domani per una persona che farò venire da te
dove e in qualtempo
tu vuoi compiere le cerimonia. Ed io deporrò ai tuoi piedi
il mio destino e ti
seguirò come il Signore mio, per tutto il mondo!"
La mano di Mercuzio allentò la presa e lui si
riacasciò al suolo,
sospirando; ma la mano di Tebaldo era ancora lì, che
stringeva la sua, per poi
portarsela dolcemente alle labbra.
"Vattene. Va' a casa Mercuzio."
Ma Mercuzio non dava segno di volersi muovere.
"Mercuzio, vattene."
Mercuzio stava sdraiato a terra, gli occhi ancora chiusi, le guance
solcate di
lacrime, e il respiro irregolare.
"Mercuzio!"
Tebaldo lasciò la mano del biondo, per poi andarlo a
scuotere, cercando di
farlo muovere; il suo petto, in gran parte scoperto, scosso dai
frenetici
battiti del suo cuore, era gelido.
"Mercuzio, alzati."
Il tono di Tebaldo era seccato e al tempo stesso preoccupato: non
poteva fare a
meno di dare ordini, nemmeno in momenti come quello.
Mercuzio si lasciò sfuggire un sbuffo divertito.
"Se non ne avessi intenzione, acchiappa topi?"
"Sai che mi importa. Ti lascerò qui tutta la notte, e non
sarà un problema
mio se domani ti troveranno morto assiderato."
Fece per andarsene, ma Mercuzio scattò seduto, afferrandogli
il caldo
pellicciotto rosso ricamato che aveva indossato per la festa,
facendoselo
ricadere addosso, bloccandolo tra le sue braccia.
"Non lasciarmi solo questa notte..."
La voce di Mercuzio era un sussurro: un sussurro supplichevole,
rassegnato,
disperato.
Tebaldo sentì la testa del biondo appoggiarsi nell'incavo
della sua spalla, i
suoi capelli lo solleticavano, la punta del naso, gelido, a contatto
con il
collo gli provocava piacevoli brividi, il profumo di lui, mischiato
all'odore
del vino e del sudore, era inebriante. Chiuse gli occhi e
sospirò, alzandosi
poi dal petto di Mercuzio, guardandolo dall'alto.
"Vieni con me."
L'ennesimo ordine, Mercuzio sorrise.
Uscirono dall'ampio giardino dei Capuleti e camminarono per molto
tempo, lungo
le vie buie di Verona.
Finalmente, giunti davanti ad una casa stretta, distante dalle altre,
Tebaldo
si fermò bruscamente.
Entrò, senza dire una parola, e destreggiandosi abilmente al
buio raggiunse il
piano superiore. Mercuzio lo seguì a fatica, sbattendo
più volte contro
l'arredamente, scarso, della casa.
"Ringrazia che sia estate, qui dentro in inverno si congela."
La voce di Tebaldo era distante e fredda; finalmente accese una lampada.
Mercuzio poté finalmente vedere dove l'aveva condotto e ne
fu nauseato.
Uscì dalla stanza, provando un'altra porta ed un'altra
ancora: nulla.
"Tu! TU!"
Puntò furioso il dito contro Tebaldo, che spaventato
indietreggiò.
"Tu, lurido Capuleti! Mi fai schifo."
"Tutto ricambiato. Ti credi tanto meglio di me?"
"Hai approfittato della mia debolezza per prenderti gioco di me. Che
razza
di uomo sei?!"
"Hai chiesto di non essere lasciato solo, sono qui con te. Sono stato
anche esagerato, nei tuoi confronti, non lasciandoti solo lì
a terra."
"Il freddo prato dei Capuleti era certo un luogo più degno
nel quale
restare. Ti rendi conto di dove mi hai portato?! Per cosa mi hai preso,
eh?"
Le stanze di quella dimora erano tutte arredate uguali, contenevano
solo
l'essenziale: un comodino, una lampada e letto.
"Non avrei potuto portarti in casa! Saresti passato allegramente
davanti
ai miei zii?"
"Quindi hai pensato bene di portarmi in un postribolo? Pagherai questo
affronto."
Si scagliò furioso contro di lui, ma Tebaldo
sfoderó la spada.
Mercuzio si fermò di botto, con gli occhi sbarrati; Tebaldo
continuava ad
avanzare verso di lui.
"Vile, affrontami!"
"Tebaldo.."
"AFFRONTAMI!"
Tebaldo urlava, la gola gonfia dallo sforzo, la vena pulsante in
fronte, gli
occhi ricolmi di odio.
"Affrontami, cane..."
L'impeto di rabbia era diventato un sussurro; la spada cadde a terra e
con lei
anche Tebaldo, in ginocchio, lo sguardo basso.
Tebaldo non capiva più cosa stava succedendo ne cosa stesse
provando.
La rabbia non lo aveva abbandonato un solo istante da quando aveva
visto Romeo
con la sua Giulietta, ma ora era preso da una sorta di smarrimento, un
vuoto
nel petto, una strana voglia di piangere. E Mercuzio, quel folle
Mercuzio, non
aiutava per niente.
Era innamorato del giovane Romeo, questo era certo: non avrebbe avuto
senso
seguirlo al balcone, non avrebbero avuto senso quelle sue lacrime,
così
frequenti, se non fosse stato vero.
Eppure Mercuzio, al contrario suo, non era logorato dall'odio; sembrava
rassegnato, abbattuto, ma calmo.
Perché non cercava di impedire quell'insensato amore?
Perché si abbatteva,
piuttosto che reagire?
Il suo sguardo cominciava ad inumidirsi.
"Tebaldo..."
Mercuzio si stava inginocchiando accanto a lui, spingendo lontano la
spada.
"Tebaldo, tirati su."
Mercuzio lo tirava dalla camicia, cercando di smuoverlo.
"Tebaldo..."
Le braccia di Mercuzio lo avvolsero, stringendolo forte. Gli
baciò la fronte e
fece per allontanarsi, ma Tebaldo gli afferrò la sottile
camicia, rischiando di
strapparla, per baciarlo ferocemente.
Mercuzio sorrise sotto i baffi, e si adagiò sul letto,
coprendosi con le
lenzuola.
"Buonanotte, Re dei gatti."
Da Tebaldo nessuna risposta, era ancora inginocchiato a terra,
liberandosi in
un pianto sommesso.
Quando si sentì meglio si rialzò, si tolse gli
abiti da festa, crogiolandosi
nella comodità della sua camicia di lino, e si
sdraiò accanto a Mercuzio,
passandogli un braccio intorno alla vita.
Lo guardò da vicino, il biondo dormiva sereno, con un
sorriso appagato sulle
labbra.
"Non avvicinarti troppo alla Regina Mab, folle."
-
Un sottile raggio di luce faceva
oramai capolino oltre le
finestre, tirandosi e stendendosi fino a colpire il volto di Mercuzio.
Il
giovane, che non aveva mai sopportato di essere svegliato dal sole
puntato
negli occhi, cercò di girarsi di lato, di sommergere il
volto nel cuscino, ma
qualcosa glielo impediva.
Aprì controvoglia gli occhi color nocciola,
sbadigliò sonoramente e si guardò
intorno. Decise che sarebbe tornato a dormire, con il volto immerso nel
cuscino
di piume, con più spazio per se nel letto; si spinse di
lato, scalciando con le
gambe, coprendosi poi meglio con la coperta.
"Lurido bastardo... CHE TI É PRESO?!"
Tebaldo, che era sospeso a metà tra il letto e il pavimento,
davvero non
capiva.
"Stavo dormendo!"
"Anche io, e la tua presenza mi impediva di stare comodo, quindi..."
La risposta di Mercuzio era giunta frivola, le parole stravolte dal
cuscino
premuto sul naso e sulle guance.
Tebaldo urlò, sfilò il cuscino da sotto il volto
di Mercuzio e lo colpì con
esso a fendenti.
"Tebaldo, vorrei dormire."
"Se non posso farlo io non lo farai nemmeno tu, stupido."
Continuava a colpirlo con il cuscino, usando tutta la sua forza.
Mercuzio girò il capo aprendo un occhio, occhio che cadde
sui muscoli contratti
delle braccia di Tebaldo.
"Acchiappa topi..." dalla sua gola uscì un lamento
infastidito.
Tebaldo smise di colpirlo, e lasciò cadere il cuscino sulla
testa bionda,
gettandovicisi poi sopra.
Mercuzio allora si mosse, lasciandolo ricadere sul letto e
accucciandosi poi al
suo fianco. Tebaldo gli passò un braccio sul petto,
stringendoselo vicino.
"Hai ancora sonno, tu?"
Mercuzio sorrise, assonnato.
"A quale attività vorresti dedicarti, Re dei gatti?"
Nella mente di Tebaldo baluginò l'immagine della sera prima,
di quando Mercuzio
lo aveva baciato, ingaggiando quella nuova sorta di sfida, che non
aveva
bisogno di nessun tipo di armi. Bastavano loro, le loro bocche e le
loro mani
che si graffiavano, si accarezzavano, si colpivano, si distruggevano a
vicenda.
Scosse la testa, rapido, cercando di scacciare quelle immagini dalla
mente e si
alzò bruscamente, prendendo tra le mani il pellicciotto
ricamato e chinandosi a
raccogliere la spada, che la sera prima era finita sotto il letto.
"Arrivederci, folle Mercuzio."
E senza voltarsi indietro se ne andò, lasciando il biondo
solo, in chissà quale
parte sconosciuta della città.
Mercuzio, stropicciandosi il volto e passandosi le mani tra i capelli
si alzò
dal letto, risistemando un po' i cuscini; uscì sbadigliando
dal postribolo,
guardandosi intorno a fatica, accecato dal sole.
Riconosceva a fatica quella zona, ma era quasi convinto che se avesse
seguito
la strada maestra e poi avesse voltato verso destra, si sarebbe
ritrovato nei
pressi della villetta di Benvolio.
Ed ecco, dopo qualche passo, l'immenso e curatissimo giardino di
Benvolio si
stagliava davanti ai suoi occhi.
"Benvolio! Benvolio!"
Entrò in casa, facendo le scale due scalini alla volta,
correndo in camera
dell'amico.
"Buongiorno, principessa!" disse tirando le tende via dalle finestre.
"Mercuzio..."
Dalla massa di capelli ricci sparpagliati sul cuscino si
levò una specie di
mugugno.
"Benvolio! In piedi! Andiamo a cercare Romeo."
"Mercuzio, dove sei stato questa notte? "
Mercuzio soppresse a fatica un risolino.
"Benvolio, vuoi alzarti o no?"
Finalmente l'amico aprì gli occhi, puntando quelle pozze
azzurre sulla schiena
di Mercuzio.
"Mercuzio, che fai?"
Mercuzio si voltò, tirando in faccia a Benvolio la sua
giacca.
Uscirono quindi di casa, avviandosi verso il centro della
città, dove,
appoggiato all'uscio di villa Montecchi, li attendeva Romeo.
"Ci avete impiegato più del solito, forza andiamo in piazza."
Benvolio, storse il naso, non gli piaceva l'idea di incontare i
Capuleti in
luoghi aperti; cercò più volte di deviare strada,
ma Romeo, insistentemente, lo
riportava sempre a seguire la via maestra.
Giunti in piazza, attorniati dai loro fedeli alleati e amici, Romeo
continuava
ad essere agitato e a non prendere parte alle loro solite chiacchere.
"Che Dio vi dia il buongiorno,
messeri!"
Mercuzio si voltò di scatto, ritrovandosi di fronte quella
che sapeva essere la
nutrice di casa Capuleti.
"Che Dio ti dia la buonasera, bella
gentildonna!"
"Vi sembra proprio ora di dare la buonasera?"
"Né più né meno ve lo dico io,
poiché ora la mano oscena della meridiana è
sull'asta del mezzogiorno!"
"Shhh! Qualcuno di voi può dirmi dove posso trovare il
giovane
Romeo?"
"Posso dirvelo io!"
Ora, per la prima volta in quella mattina, Romeo sorrideva,
rasserenato.
"É una ruffiana!"
Tutti seguirono Mercuzio in quel commento, commento che fece per
cercare di
allontanare Romeo da quella donna, la sua presenza lì non
era un buon segno, non
per lui, almeno.
"Romeo stai attento, eh!"
Romeo, il suo più grande amico, lo stava guardando severo,
per poi appartarsi
con la nutrice, poco distanti da loro.
Complici, Mercuzio e Benvolio si scambiarono un'eloquente occhiata, e
si
avvicinarono più che poterono.
"Ditele che questo pomeriggio trovi
un sistema per andare a confessarsi da Frate Lorenzo. E là
sarà maritata!"
Mercuzio rimase impietrito da ciò che aveva sentito, ma
Romeo, dopo essersi
congedato da quella donna così euforica e particolare, lo
trascinò via con sé,
verso villa Montecchi.
Quel pomeriggio, in gran segreto, Romeo lasciò la villa, e
il cambio d'umore
repentino di Mercuzio fece insospettire Benvolio.
"Mercuzio, qualcosa non va?"
"Romeo..."
L'amico, che si era accorto dell'assenza del cugino, storse il naso.
"Hai idea di dove possa essere andato?"
"Ciò che ho in mente ci caccerà tutti nei guai, e
non sarà affatto
piacevole."
Ora, lo sguardo tranquillo di Mercuzio si era fatto buio, rancoroso.
"Benvolio, andiamo in piazza."
"Ma Mercuzio, Romeo?"
"Se si è recato dove suppongo che sia passerà di
lì, e potrebbe essere
troppo tardi quando arriveremo se non partiamo subito."
"Mercuzio, spiegami cosa sta succedendo, o io non mi muovo di qui."
"Temo che Romeo sia in pericolo!"
Prese quindi la mano di Benvolio saldamente tra le sue e lo
trascinò di corsa
fuori dalla sfarzosa dimora, correndo poi verso la piazza, evitando
chiunque si
frapponesse tra lui e la strada.
Se aveva intuito bene il carattere di quella nutrice, non avrebbe
tenuto la
bocca chiusa e uno ,scaltro ed intelligente, come Tebaldo avrebbe
capito che
l'argomento di tanta eccitazione era un matrimonio proibito, quello tra
il suo
Romeo e la sua Giulietta.
Arrivarono in piazza che i Capuleti cominciavano ad occupare la zona,
mentre i
Montecchi presenti, in inferiorità numerica,
indietreggiavano.
"Mercuzio, Mercuzio ritiriamoci ti
prego, i Capuleti ci stanno guardando."
Benvolio prese Mercuzio per le spalle, cercando di ripercorrere i loro
passi
prima che Tebaldo, che era sopraggiunto, si accorgesse di loro.
Ma Mercuzio puntellò i piedi a terra, abbracciando poi
Benvolio in maniera
morbosa.
" Tu, tu somigli ad uno di quei
compari che appena varcato il limite della taverna, mi sbattono
l’arma sul
tavolo e dicono: Dio, Dio.. Dio ti prego, fa che non abbia bisogno di
te!
"
Proruppe in una folle risatina mentre Benvolio cercava di
staccarselo di
dosso, risata che fu udita da Tebaldo.
"Messeri!"
L'aria calda della piazza si congelò all'istante.
"Che la pace sia con voi!
Permettetemi una parola, una parola.."
"Si?"
Mercuzio lo interruppe, pronto a sfidarlo anche subito; se voleva
prendersela
con Romeo, lui glielo avrebbe impedito.
"Accoppiatela a qualcosa di più
concreto."
Stava osando tanto, specialmente tenendo sulle labbra quel sorrisetto
soddisfatto
e compiaciuto, che gli si dipingeva in volto ogni qualvolta qualcosa di
folle
gli attraversava il cervello.
"Ma beh suvvia concretizziamo!
Esempi?"
"Una parola e una botta?"
"Un botta! Purché vogliate darmene l'occasione, signore!"
Mercuzio e Tebaldo si avvicinarono, minacciosi; Benvolio, prontamente
corse in
mezzo a loro, separandoli.
"Signori, signori vi prego! Siamo in
piazza! O ci ritiriamo in qualche luogo privato e ne parliamo con
calma… "
Benvolio poggiò una mano sul petto di Tebaldo, spingendolo
indietro, più
lontano da Mercuzio, che alle sue spalle faceva la linguaccia a
Tebaldo,
sorridendo poi, spontaneo e naturale.
"Oppure é meglio separarci,
eh?"
Tebaldo finí la frase, spingendo Benvolio lontano da lui,
quand'ecco che Romeo
apparve in piazza, e si assicurò che il cugino stesse bene.
"Eccolo qua! Il mio uomo!"
Sospirò sonoramente.
"Oh Romeo, Romeo. L'amore che ti
porto non può permettersi un termine migliore di questo: tu
sei un
vigliacco!"
Scalpitò contro Romeo battendo i piedi a terra.
"Vigliacco io non sono, si vede che
non mi conosci."
"Ma questo non ripagherà delle tue offese Romeo!"
"Ma io non ti ho mai offeso!"
Romeo, rosso in volto, urlò sovrastando la voce di
Tebaldo, cercando di
avventarsi contro di lui, mentre Benvolio glielo impediva.
Mercuzio, si avvicinò a loro, mettendosi davanti a Romeo,
facendo da scudo a
Tebaldo, per poi superare i due e rivolgersi ai Montecchi e Capuleti
presenti
in piazza.
"Fredda, e vile, e disonorevole
sottomissione. Tebaldo!"
Il tono della voce di Mercuzio, che stava già un'ottava
sopra il normale,
divenne un urlo.
"Acchiappa topi! Fatti avanti! Che
cos'è che angoscia l'uomo? E davvero sai poi chi siamo? Che
cos'è che squarcia
il cuore? E perché il sesso poi ci fa godere?"
Benvolio e Romeo si girarono repentinamente indietro,
cercando di non
incrociare le sguardo impazzito di Mercuzio; eppure Tebaldo gli
andò accanto,
prendendogli la mascella tra le mani e tirandolo a sé.
Mercuzio ricambiò la
stretta, quasi passionale, di Tebaldo ma in quel momento sopraggiunse
Romeo a
dividerli.
"Tebaldo, Mercuzio, fermate questo
scandalo, il Principe ha proibito queste zuffe!"
"Eh, le ha proibite!"
"Le ha proibite"
Mercuzio e Tebaldo fecero il verso a Romeo, per poi spingerlo via,
tornando ad
azzuffarsi più violentemente di prima.
Tebaldo voleva uccidere Romeo, e Mercuzio non sarebbe stato di certo a
guardare, neanche a costo di dover fingere di uccidere quel Capuleti al
quale
ora si sentiva tanto legato.
"Tebaldo, sai che sei nei
guai."
Cercava di metterlo in guardia, ma lui non voleva capire e
rise di lui.
"Ridi che poi non riderai! La spada
mia, tu, assaggerai, ti piacerà vedrai, miagolerai."
Tebaldo si stava allontanando dai lui, dandogli le spalle;
Mercuzio aveva
raggiunto il suo scopo, ma ormai non riusciva più a fermarsi.
"Voltati dai! Re dei gatti tu sei:
tu, tu non sai, che nausea mi fai! Tebaldo qui, io, ti
scannerò."
Tebaldo si era voltato e gli applaudiva, sotto lo sguardo attonito di
tutti i
presenti in piazza.
"Mercuzio!"
Scandì bene il suo nome, sillaba per sillaba, mentre
applaudendo gli si
avvicinava.
"No ma guardati dai! Che uomo sei,
tra le gambe cos'hai?! Sei un uomo a metà, si, si ecco chi
sei! A terra
striscerai, la lingua ingoierai, tu appesti la città!"
Tebaldo, come Mercuzio, che ora intimorito si proteggeva il
volto, stava
perdendo completamente la testa; la gola pulsante dagli urli, il volto
rosso
dalla fatica, tratteneva a stenti le lacrime che gli ofuscavano la
vista.
"Ma che agonia questi anni per me,
l'attesa però compensata sarà! Mercuzio! Io ti
ammazzerò!"
I due si saltarono addosso violentemente, graffiandosi e
tirandosi.
"Siete pazzi! Fermatevi, per
carità,
con la morte ogni nostro ideale cadrà, per pietà!"
Romeo corse in mezzo ai due, mentre Benvolio strattonava via Mercuzio.
Mentre tutta la piazza inneggiava al valore della vita, i due
combattenti si
avvicinarono, occhi negli occhi, testa contro testa, riprendendo il
duello.
Nuovamente Benvolio portò via Mercuzio, Romeo si pose
davanti a Tebaldo.
"In nome di Dio vi prego io,
fermatevi, amico mio…"
Strinse Tebaldo tra le braccia, ma venne respinto.
Tebaldo corse incontro a Mercuzio, tirandolo per la giacca, facendolo
cadere
sonoramente a terra.
Lo minacciò con il pugno alzato, inginocchiato accanto a
lui, ma poi, in un
sussurro, gli diede pietà e lo aiutò a rialzarsi.
Mercuzio lo aggredí.
"Quale pietà?!"
E poi, mentre Romeo lo spingeva via.
"Lui morirà! No, no, Romeo, lui
vivo
no! É come chi é in agonia, non puoi che
spazzarlo via!"
Tebaldo, trascinandosi dietro Benvolio che cercava di fermarlo, si
scagliò
contro Romeo e Mercuzio.
"Ma tu chi sei? Sei mica il re, no?
Sei peggio tu di tutti noi!"
Mercuzio, nel frattempo, si liberava della stretta di Romeo e Benvolio
lasciava
Tebaldo, allo strenuo delle forze.
"Sei ubriaco d’amore e pisci
pietà!
Sei come gli avvoltoi che il sangue chiama già!"
Mercuzio, assalito dalla rabbia spinse via Romeo, facendolo cadere a
terra, per
poi avvicinarsi a Tebaldo.
“Qui la vita è bella! Qui
ho il cielo in
terra!”
Mercuzio si scagliò nuovamente addosso a Tebaldo, che
abilmente lo schivò
mentre sguainava la spada.
Un Capuleti, il più fido dei servi di Tebaldo, gli si
avvicinó, porgendogli la
sua spada.
Tebaldo si gettò a capofitto verso Mercuzio, che preparava
un fendente e in
quel momento, mentre nessuno dei due era veramente intenzionato a
ferire
l'altro, intervení Romeo, fermando il colpo di Mercuzio, ma
facendo deviare la
spada di Tebaldo, che si conficcó nel fianco del biondo, da
dove venne ritratta
in fretta.
Mercuzio sgranò gli occhi, tenendosi la mano sul fianco e
rimanendo immobile;
Tebaldo fissò incredulo il pugnale, lasciandolo cadere a
terra, per poi
indietreggiare e allontanarsi dal centro della piazza.
Mentre Benvolio e Romeo cercavano ancora di capire cosa stesse
succedendo,
tutti i Montecchi presenti si accalcarono attorno a Mercuzio,
impedendogli di
cadere a terra.
"Romeo…Romeo, Romeo sono
ferito!"
Benvolio corse subito verso di lui, prendendolo tra le braccia.
"No, no, no! Come sei ferito?!"
"No, niente, niente, solo un graffio."
Anche Romeo si era avvicinato a Mercuzio, e il biondo si
accasciava sulla
sua spalla, per poi allontanarsi da entrambi.
"Ah si, ma la ferita non può essere
grave."
Il tono di Benvolio arrivava come una supplica alle orecchie di
Mercuzio, che
rise, affaticato.
Benvolio si avvicinò, toccandogli il fianco, e tirando verso
di sé la camicia,
che si strappò, impregnata di sangue.
"No, no, NO!"
Mercuzio urlava, cercava di sovrastare se non di impedire la vista del
suo
sangue.
"Non é fonda come un
pozzo…né larga
come il portale di una chiesa…"
Si rigirò il suo sange tra le mani, e gettò il
lembo di camicia verso Benvolio
e Romeo, con rabbia.
"Però basterà."
Cadde all'indietro, e i Montecchi, prontamente lo rialzarono.
"Perche diavolo ti sei messo tra di
noi?!"
"Credevo di agire per il meglio!"
Romeo, che aveva preso tutto con fin troppa leggerezza, capì
soltanto in quel
momento che l'amico non scherzava.
"Ho ricevuto il colpo da sotto il
tuo braccio! Grazie…"
Abbozzò un inchino di fronte a Romeo, che spaventato
indietreggiò.
"….nvolio, Benvolio…
Portalo
via…"
Ormai parlava a fatica, sopraffatto dal sapore di sangue che gli stava
riempiendo la bocca.
Romeo cercò conforto avvicinandosi al cugino, quasi la
supplica di sentirsi
dire che era uno scherzo, ma Benvolio, rigirandosi tra le mani il lembo
di
stoffa insanguinato, gli si allontanò, guardandolo in
maniera torva.
"Ma perché? … Chiedete
di me domani,
e troverete un uomo muto… MUTO! Muto come… Come
una tomba! Questa volta me la
sono beccata Romeo, e dura anche! Mi avete reso cibo per vermi! LA
PESTE, ALLE
VOSTRE FAMIGLIE!"
Le gambe di Mercuzio, complici dello sforzo che aveva compiuto, si
piegarono su
loro stesse.
"Mercuzio!"
Romeo accorse a prenderlo tra le sue braccia, prima che il suo corpo
toccasse
definitivamente terra.
"Io muoio nella sabbia, sotto questi
occhi tuoi… Romeo, ma perché ti sei messo tra di
noi? Dentro la mia ferita i
vermi mangiano già; passo sull'altra riva, io ti
aspetterò là… Lascio a voi la
vostra guerra! É per voi ma senza me… io muoio in
pasto ai vermi, ma, ma muoio
come un re. Maledico le famiglie, maledico il tuo mondo Romeo. Romeo!
Amico
mio, la ragione perderai!"
Con l'ultimo briciolo di energie rimaste si slanciò verso
Romeo in un unico,
ultimo, bacio disperato, per poi accasciarsi, gli occhi chiusi, tra le
braccia
dell'amico.
"Mercuzio…MERCUZIO! Non lasciarmi,
ti supplico! MERCUZIO, FRATELLO MIO! Mercuzio…"
E mentre Romeo piangeva sommessamente sul corpo del biondo, un
terribile urlo
squarciò il silenzio della piazza; Benvolio, rovesciato a
terra, stringeva
davanti agli occhi chiusi il sangue dell'amico, le mani tremanti, il
petto
scosso da numerosi sussulti che non si prendeva la cura di trattenere.
Mercuzio, il suo Mercuzio, era morto, nulla avrebbe avuto
più senso per lui,
tanto valeva rimanere lì a terra per sempre.
Ma nella piazza Benvolio non era l'unico a sentire un forte peso sul
cuore;
poco più in là, Tebaldo, incredulo della morte
del biondo, si avvicinò a loro,
per poi rimanere immobile, gli occhi chiusi. Aveva ucciso Mercuzio,
quel
Montecchi che avrebbe sempre voluto uccidere ma che da qualche tempo
sentiva
tanto simile; il suo corpo era lì, riverso a terra ed era
colpa sua.
Sua o del giovane Romeo? Non aveva importanza ormai, Mercuzio era
morto…
"No, no! TEBALDO!"
Romeo raccolse da terra la spada di Mercuzio, scagliandosi su Tebaldo,
che
immobile in mezzo alla piazza si lasciava colpire.
Tutti i Capuleti presenti scapparono ad avvisare il Conte e Lady
Capuleti,
mentre qualcuno correva verso il castello di Villafranca, a chiamare il
Principe; Lady Montecchi camminava nei pressi della piazza e
accorgandosi della
folla si stava avvicinando.
Benvolio, con le lacrime traboccanti dagli occhi si alzò,
afferrando la manica
di Romeo e facendolo passare tra i Montecchi, urlandogli di
allontanarsi, di
non farsi trovare.
Il moro rimase in piazza, accasciandosi accanto al corpo di Mercuzio,
ricominciando a piangere, sistemandogli i biondi capelli via dalla
faccia,
aggiustandogli la camicia e ponendogli le mani sulla ferita.
"Perche
diavolo ti sei messo tra di noi?!"
"Credevo di agire per il meglio!"
Romeo credeva davvero di aver agito per il meglio, un solo dubbio
poteva
assalirlo: perche aveva fermato la spada di Mercuzio e non quella di
Tebaldo?
Benvolio questo lo sapeva: Romeo voleva Tebaldo per sé, e lo
aveva avuto.
Ora, vicino al corpo dell'amico di sempre, giaceva esanime quello del
solito
nemico, quel nemico che Benvolio, nonostante tutto, non era mai
riuscito ad
odiare veramente.
Erano giovani, solo dei bambini, quando era cominciata quella stupida
faida, eppure
lui aveva sempre cercato di mantenere la pace tra le due contrade.
Era sempre stato calmo Benvolio, si era sempre mantenuti neutrale e
questo gli
era costato tanto, Mercuzio aveva scelto Romeo, e lui doveva mantenerli
con i
piedi per terra. Era rimasto del tutto neutrale anche quando aveva
intuito e
scoperto che Mercuzio, il suo amato Mercuzio, aveva baciato quello che
aveva
sempre considerato un suo nemico. Non aveva mai rivendicato attenzioni,
non era
mai stato geloso di nulla; e nulla sarebbe cambiato o andato storto se
Romeo
non fisse intervenuto.
Ora, Benvolio, che non aveva abbandonato un attimo il corpo dell'amico,
era
rimasto solo. Aveva perduto Mercuzio e avrebbe perduto di certo Romeo,
in
seguito alla sua condanna.
Ma Benvolio dovette ridestarsi, Lady Montecchi lo stava cercando; diede
un
ultino sguardo a Mercuzio, accarezzandogli ancora una volta i capelli e
si
alzò.
I suoi occhi caddero allora sul corpo di Tebaldo, che, arrendevole, si
era
lasciato colpire; forse il Re dei gatti non era affatto la persona che
credevano fosse.
Lasciando cadere le ultime lacrime, Benvolio prese la mano di Tebaldo
tra le
sue e la poggiò poi sul palmo aperto di Mercuzio,
lasciandoli lì, mano nella
mano, sotto gli occhi di tutta la piazza.
Mentre il moro si avvicinava a Lady Montecchi, il Principe e i Capuleti
stavano
arrivando in piazza, scossi dalla vista dei due corpi a terra.
"Chi pagherà?! La sua vita chi
pagherà? Che fine fa?! L'assassino che fine fa?"
Il Conte aveva parlato rompendo quell'aria di tristezza che
velava la
piazza; ora tutti i presenti sapevano a chi dare la colpa, i Capuleti
ai
Montecchi e i Montecchi ai Capuleti.
Lady Montecchi, puntando veemente il dito contro il corpo a terra di
Tebaldo,
affermó la totale innocenza di Romeo.
Il Principe, che fino a quel momento era stato voltato per non guardare
il
corpo del parente, si girò di scatto.
"E cosi sia! Per porre fine a questa
moria, indagherò fino in fondo!"
Romeo, che Benvolio aveva tanto aiutato a fuggire, si
affacciò a uno dei
balconi delle case sovrastanti la piazza.
"Non avrei voluto mai fare ciò che
ho fatto a lui, la vendetta non so cos'è, eppure si,
é esplosa in me; non puoi
tacere se un amico muore."
Tutta la piazza lo guardava, puntandogli il dito, con aria minacciosa.
"Dico a voi, chi siete mai? Chi vi
dà l'autorità? Non siamo che bambini noi, la
morte la inventate voi!"
La voce rotta dal pianto fece sentire tutti i presenti colpevoli di
quello
scandalo.
"Noi siamo burrattini, qui, nelle
Sue mani."
Eppure, riscossa, la folla continuava a pretendere un colpevole, mentre
Lady
Montecchi cercava di contrastare le voci di tutti, implorando il
Principe di
non incolpare il figlio.
Escalus, guardando la folla dall'alto e soffermandosi sui due corpi
immobili,
prese la sua decisione, alzando lo sguardo, risoluto, nel silenzio
generale che
era nato in piazza.
"Lo punirò, in nome del potere che
ho! Condannerò l'assassino!"
Le gambe di Lady Montecchi cedettero ed ella si ritrovò a
terra, in lacrime,
Benvolio che cercava di rialzarla; Lady Capuleti che si stringeva al
Conte, un
un guizzo di soddisfazione nello sguardo, i Capuleti zitti da una
parte, i
Montecchi sofferenti dall'altra.
Quindi finiva così quella vecchia faida? Pareggiavano
così, le fazioni, ognuna
con un morto tra le sue file?
"Per le vostre crudeli contese, il
mio sangue è stato versato. Né lacrime,
né preghiere, riscatteranno le offese;
perciò non versatele."
Fu un attimo: mentre il Principe stava per esprimersi sulla sorte di
Romeo e
tutta la piazza attendeva in silenzio, un respiro, più
pesante degli altri,
scosse gli animi.
Guardarono tutti istintivamente verso terra, scoprendo che il corpo di
Mercuzio
era rotolato su un fianco, la mano che stringeva quella di Tebaldo,
mentre
faticosamente cercava di aprire gli occhi, tenendosi il fianco.
"R…Romeo… No…"
Il Principe, riscosso dalle parole del parente, ordinó con
un solo sguardo ai
suoi servitori di prestare soccorso a Mercuzio, il quale, dal canto
suo,
continuava a sostenere faticosamente che aveva bisogno di aiuto anche
Tebaldo,
il cui petto era scosso da fragili sospiri sofferenti, per
poi ricadere a terra, svenuto.
"E subito, da qua, si allontani
Romeo. Noi immediatamente lo esiliamo; la pietà è
assassinio quando perdona gli
assassini..."
E mentre Romeo si allontanava dalla piazza sotto lo sguardo attento di
tutti,
le guardie del Principe prestavano soccorso ai due giovani, che
venivano
portati da Frate Lorenzo, ancora mano nella mano.
~
Odioso angolino
della malata mentale:
Saaaaaalve :3
Scrivo giusto due cosette: i dialoghi trascritti in corsivo sono i
pezzi presi direttamente dall'opera, non sono quindi, di mia
invenzione. Alcuni di questi pezzi, discostano dalla 'prima versione',
se così si può chiamare; guardando video di
esibizioni più recenti mi sono accorta di queste aggiunte e
piccoli cambiamenti, che mi sono piaciuti talmente tanto da prendere
appunto per buoni quelli.
Un ringraziamento super-mega-iper speciale alla mia fantastica elfa
domestica tuttofare, che mi ha supportato negli scleri e mi ha trovato
descrizione, titolo e caratteristiche della storia, perchè
ehi, senza una Selly sono una scribacchiante fallita!
Buona lettura, baci
Ino