Teatro e Musical > Romeo e Giuletta - Ama e cambia il mondo
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Autore: Ino_Nara    27/01/2016    4 recensioni
Quando l'amore della propria vita trova l'anima gemella in un'altra persona, come ci si può sentire?
Tebaldo e Mercuzio lo hanno saggiato sulla propria pelle, purtroppo, ma questo potrebbe portare anche a qualcosa di buono...
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Il peccato dalle mie labbra? Colpa dolcemente rimproverata! Rendimi dunque il mio peccato."
Giulietta si sporse in avanti, a baciare quello sconosciuto, e le sue labbra toccarono quelle di lui nell'istante in cui Tebaldo, chiedendosi dove fosse finita, si voltava a cercarla.
Il suo cuore ebbe un sussulto.
"Romeo?!"
Era proprio il giovane Montecchi, quello che l'amata cugina stava baciando?
Un impeto d'ira gli colmò il petto.
"Zio!"
Salì le scale più in fretta che poté.
"Si?"
Lo zio era tranquillo, allegro, come ogni anno, durante quella festa che era così solito dare.
"Zio, quello é un Montecchi!"
"Si, é il giovane Romeo."
Il Conte Capuleti non era mai sembrato così sereno, non in una conversazione con Tebaldo, almeno.
"Lui, lui; lui, proprio lui, un nemico, un nostro nemico! Un miserabile venuto qui per dispetto, a beffarsi di noi..."
"Moderati!"
Il Conte afferrò Tebaldo per le spalle, scuotendolo con forza, come a volerlo ridestare dai suoi pensieri ingiuriosi contro Romeo.
"Nipote caro, lascialo in pace, egli si conduce come un vero gentiluomo!"
"Un gentiluomo?"
Tebaldo non credeva alle sue orecchie.
"Si."
La risposta del conte arrivò secca, spontanea, quasi scontata.
"Ma zio é una vergogna! Datemi un ferro, datemi qualsiasi cosa, e io giuro, sull'onore della nostra stirpe che, che se l'ammazzo non commetto peccato!"
La rabbia aveva preso il sopravvento, Tebaldo non ci vedeva più. E mentre parlava allo zio continuava a tenere d'occhio la situazione giù alla festa, ed eccola lì, la sua Giulietta, ancora stretta a quello sporco Montecchi; il figlio del suo nemico, che per farsi beffe della sua famiglia, di quello che era rimasto della sua famiglia, non solo si intrufolava alla loro festa, ma oltraggiava anche sua cugina, la sua candida e pura cugina.
"VATTENE!"
Il Conte lo prese nuovamente per le spalle, e lo spinse via, lontano dalla balaustra che si stendeva sul piano di sotto, mentre tutti tacevano, trattenendo il respiro.
"Hahahaha! Hahahaha!"
Scoppiò in una risata prorompente e altrettanto falsa, che però rincuorò gli invitati, che ripresero a ballare leggermente.
Si voltò, con il viso contratto in una smorfia di rabbia.
"Vattene insolente, vergogna!"
La colonna contro la quale si proteggeva Tebaldo non sembrava più tanto sicura nel momento in cui il Conte scagliò una potente manata a pochi centimetri dal suo viso.
Tebaldo tremò e chiuse gli occhi un istante, stranamente intimorito da quella reazione; Romeo era pur sempre un nemico, no? Come poteva accettare un simile sopruso?
Eppure lo zio lo guardava sempre più adirato e si preparò a colpirlo violentemente, sotto lo sguardo attonito dei presenti.
"No.."
La flebile voce di Lady Capuleti fermò il Conte appena prima che il potente schiaffo potesse colpire il viso di Tebaldo.
"O stai buono tu, o ti faccio stare buono io. Via!"
E agitò la maschera, tornando poi ad occuparsi dei suoi ospiti.
Tebaldo abbandonò la colonna, e si dileguò in fretta, dirigendosi verso le scale, come a voler sistemare tutto a modo suo.
Ancora una volta fu, però, fermato dalla delicata mano di Lady Capuleti sulla spalla; si voltò a guardarla. Ella lo stava silenziosamente pregando di non andare alla festa, di non attaccare il giovane Romeo e di lasciar correre.
Ma lo avevano visto o no, che quel Montecchi baciava la loro figlia prediletta?
Tebaldo si costrinse a stare buono, ad osservare la festa dalle scale, cercando di sbollire la rabbia mentre mandava il suo servo fedele, con un tacito sguardo, a sorvegliare la situazione più da vicino.
Ad assistere a quella scena, come al bacio tra Romeo e Giulietta, stava Mercuzio, accanto al tavolo del vino, del quale non aveva più potuto fare a meno. Lesse negli occhi di Tebaldo il dolore e la rabbia, che probabilmente regnavano anche nel suo sguardo, in quel momento. Si accorse anche di quel cenno, e nonostante il vino stesse cominciando a scorrere nelle sue vene al posto del sangue, riuscì a formulare il giusto pensiero: dovevano andarsene di lì, in fretta anche.
"Benvolio! Benvolio!"
L'amico, che era a pochi passi da lui, intento ad osservare quei lunghi e disordinati capelli biondi, lo toccò appena, facendolo voltare.
"Benvolio, dobbiamo andarcene! I Capuleti ci stanno cercando. Trova Romeo."
Mercuzio sapeva bene che Romeo era in compagnia di Giulietta e proprio per questo non voleva veramente cercarlo; anche a costo di essere stanati nella tana del lupo, non lo avrebbe più visto baciare quella Capuleti.
Lo trovarono poco dopo attonito, di fronte alla nutrice della casa.
"Via via Romeo, andiamo abbiamo già visto il meglio della festa!"
Benvolio era stato chiaro, e afferratolo per il braccio trascinò via dalla festa il giovane e sprovveduto Montecchi.
Mentre correvano, ridendo, verso l'uscita della casa, Mercuzio si voltò indietro per l'ultima volta: Tebaldo era lì, a pochi passi da loro, la mano tesa e gli occhi azzurri velati di lacrime.
Appena fuori dalla festa Romeo si voltò indietro e si rivolse agli amici.
"Andate avanti senza di me, devo fare una cosa... Vi raggiungo."
E li piantò in asso, scomparendo dietro una siepe. Mercuzio guardò Benvolio preoccupato.
"Seguilo... Io vado avanti." La voce del moro era un sussurro .
Mercuzio lo strinse a se, passandogli in fretta la mano tra i capelli ricci e partì poi all'inseguimento di Romeo.
"Combatterò se devo, abbatterò quel muro, ma s'è un diritto mio dov'è il peccato, Dio?"
Mercuzio non poteva crederci: Romeo era lì, aggrappato al balcone di Giulietta.
"Se ti vedono ti uccidono!"
Almeno lei aveva capito come andavano le cose, di questo Mercuzio era sollevato: ora gli avrebbe chiesto di andarsene, ne era certo.
"C'è più pericolo nei tuoi occhi, che in venti delle loro spade!"
Il biondo aveva il voltastomaco, ora, se non fosse stata lei a scacciarlo, lo avrebbe trascinato lui stesso giù da quel balcone.
"Guardami con dolcezza, e io sarò al sicuro da ogni nemico."
Sarebbe stato lui, o Tebaldo, che attonito guardava la scena dal giardino della casa.
I due si baciarono, ed entrambi gli inaspettati spettatori distolsero lo sguardo. Ed ecco, i loro occhi si incrociarono e non si staccarono tanto presto, impegnati com'erano in un silenzioso duello.
Tebaldo, già furioso per l'affronto di Romeo non seppe più come reagire alla vista del beniamino del Principe e si diresse verso di lui, attraverso i cespuglio, con la mano sull'elsa della spada.
"Che ci fai qui, in casa Capuleti?!"
"Cosa stavi facendo tu, piuttosto, acchiappa topi?"
"Non è affar tuo. E ora vattene da qui, prima che decida di chiamare le guardie."
"Le guardie?" Mercuzio si passò una mano nei capelli e rise.
"Le guardie? Ti credevo più coraggioso di così! Oh, ma forse senza la tua corte non ti senti abbastanza al sicuro, eh, Re dei gatti?"
Tebaldo abbandonò l'impugnatura ormai sudata della spada e spinse Mercuzio contro il tronco di un albero.
"E tu? Tu che parli tanto, che uomo sei?! Nascosto qui sotto a osservare una tale scena."
Mercuzio gemette, girando di lato il viso, distogliendo lo sguardo dagli occhi tanto severi di Tebaldo.
"Che diritto hai di parlare, tu che stavi facendo esattamente la stessa cosa? Io almeno non sono giunto qui con cattive intenzioni!"
"Io devo proteggere mia cugi-
Mercuzio prese il volto di Tebaldo tra le mani, voltandolo bruscamente verso il balcone, dove Giulietta e Romeo erano ancora una tra le braccia dell'altro.
"É così che proteggi tua cugina, eh? Bel lavoro, davvero!"
Saldando la presa sul viso di Tebaldo lo tirò verso di lui, e rabbioso lo baciò.
Tebaldo sgranò gli occhi, e dopo un primo attimo di smarrimento spostò le mani dalle spalle di Mercuzio al tronco dell'albero, spingendovi poi violentemente il biondo, ricambiando quel bacio irruento.
I due, ora, non si sfidavano solo con lo sguardo, lo facevano con tutto il corpo e quello fu, forse, una delle loro liti più violente.
Mercuzio, schiacciato contro il tronco dell'albero si dimenò, facendo cadere all'indietro Tebaldo, piombandogli addosso, impedendogli di rialzarsi.
Tebaldo, che non poteva accettare l'idea di essere sottomesso, divaricò le gambe e fece forza su di esse per spingersi di lato, invertendo le posizioni, troneggiando fiero sul biondo.
La vera lite si stava però svolgendo tra le loro mani, che vagavano frenetiche quelle dell'uno sul corpo dell'altro, e sulle loro bocche, che non riuscivano a smettere di divorarsi.
Gli occhi di Mercuzio, chiusi, con le ciglia bagnate di lacrime; quelli di Tebaldo, spalancati, abbattuti, pieni di rimorsi.
"Ma come? Mi lasci così poco soddisfatto?"
"Quale soddisfazione vuoi avere questa notte?"

Mercuzio e Tebaldo si ridestarono come da un incubo, spingendosi, con uno slancio, a sbirciare fuori dal loro nascondiglio.
Romeo ero sceso dal balcone, e si trovava a pochi passi da loro.
"Il cambio del tuo fedele voto d'amore con il mio!"
Il cuore di Tebaldo perse un colpo. Questo no, non lo poteva sopportare: fece per prendere l'arma, quando, invece della rude impugnatura di pelle, incontrò la mano vellutata di Mercuzio, che sotto di lui scuoteva la testa.
"Ma io ti diedi il mio prima che tu lo chiedessi e tuttavia vorrei non avertelo ancora dato!
Mandami a dire domani per una persona che farò venire da te dove e in qualtempo tu vuoi compiere le cerimonia. Ed io deporrò ai tuoi piedi il mio destino e ti seguirò come il Signore mio, per tutto il mondo!"
La mano di Mercuzio allentò la presa e lui si riacasciò al suolo, sospirando; ma la mano di Tebaldo era ancora lì, che stringeva la sua, per poi portarsela dolcemente alle labbra.
"Vattene. Va' a casa Mercuzio."
Ma Mercuzio non dava segno di volersi muovere.
"Mercuzio, vattene."
Mercuzio stava sdraiato a terra, gli occhi ancora chiusi, le guance solcate di lacrime, e il respiro irregolare.
"Mercuzio!"
Tebaldo lasciò la mano del biondo, per poi andarlo a scuotere, cercando di farlo muovere; il suo petto, in gran parte scoperto, scosso dai frenetici battiti del suo cuore, era gelido.
"Mercuzio, alzati."
Il tono di Tebaldo era seccato e al tempo stesso preoccupato: non poteva fare a meno di dare ordini, nemmeno in momenti come quello.
Mercuzio si lasciò sfuggire un sbuffo divertito.
"Se non ne avessi intenzione, acchiappa topi?"
"Sai che mi importa. Ti lascerò qui tutta la notte, e non sarà un problema mio se domani ti troveranno morto assiderato."
Fece per andarsene, ma Mercuzio scattò seduto, afferrandogli il caldo pellicciotto rosso ricamato che aveva indossato per la festa, facendoselo ricadere addosso, bloccandolo tra le sue braccia.
"Non lasciarmi solo questa notte..."
La voce di Mercuzio era un sussurro: un sussurro supplichevole, rassegnato, disperato.
Tebaldo sentì la testa del biondo appoggiarsi nell'incavo della sua spalla, i suoi capelli lo solleticavano, la punta del naso, gelido, a contatto con il collo gli provocava piacevoli brividi, il profumo di lui, mischiato all'odore del vino e del sudore, era inebriante. Chiuse gli occhi e sospirò, alzandosi poi dal petto di Mercuzio, guardandolo dall'alto.
"Vieni con me."
L'ennesimo ordine, Mercuzio sorrise.
Uscirono dall'ampio giardino dei Capuleti e camminarono per molto tempo, lungo le vie buie di Verona.
Finalmente, giunti davanti ad una casa stretta, distante dalle altre, Tebaldo si fermò bruscamente.
Entrò, senza dire una parola, e destreggiandosi abilmente al buio raggiunse il piano superiore. Mercuzio lo seguì a fatica, sbattendo più volte contro l'arredamente, scarso, della casa.
"Ringrazia che sia estate, qui dentro in inverno si congela."
La voce di Tebaldo era distante e fredda; finalmente accese una lampada.
Mercuzio poté finalmente vedere dove l'aveva condotto e ne fu nauseato.
Uscì dalla stanza, provando un'altra porta ed un'altra ancora: nulla.
"Tu! TU!"
Puntò furioso il dito contro Tebaldo, che spaventato indietreggiò.
"Tu, lurido Capuleti! Mi fai schifo."
"Tutto ricambiato. Ti credi tanto meglio di me?"
"Hai approfittato della mia debolezza per prenderti gioco di me. Che razza di uomo sei?!"
"Hai chiesto di non essere lasciato solo, sono qui con te. Sono stato anche esagerato, nei tuoi confronti, non lasciandoti solo lì a terra."
"Il freddo prato dei Capuleti era certo un luogo più degno nel quale restare. Ti rendi conto di dove mi hai portato?! Per cosa mi hai preso, eh?"
Le stanze di quella dimora erano tutte arredate uguali, contenevano solo l'essenziale: un comodino, una lampada e letto.
"Non avrei potuto portarti in casa! Saresti passato allegramente davanti ai miei zii?"
"Quindi hai pensato bene di portarmi in un postribolo? Pagherai questo affronto."
Si scagliò furioso contro di lui, ma Tebaldo sfoderó la spada.
Mercuzio si fermò di botto, con gli occhi sbarrati; Tebaldo continuava ad avanzare verso di lui.
"Vile, affrontami!"
"Tebaldo.."
"AFFRONTAMI!"
Tebaldo urlava, la gola gonfia dallo sforzo, la vena pulsante in fronte, gli occhi ricolmi di odio.
"Affrontami, cane..."
L'impeto di rabbia era diventato un sussurro; la spada cadde a terra e con lei anche Tebaldo, in ginocchio, lo sguardo basso.
Tebaldo non capiva più cosa stava succedendo ne cosa stesse provando.
La rabbia non lo aveva abbandonato un solo istante da quando aveva visto Romeo con la sua Giulietta, ma ora era preso da una sorta di smarrimento, un vuoto nel petto, una strana voglia di piangere. E Mercuzio, quel folle Mercuzio, non aiutava per niente.
Era innamorato del giovane Romeo, questo era certo: non avrebbe avuto senso seguirlo al balcone, non avrebbero avuto senso quelle sue lacrime, così frequenti, se non fosse stato vero.
Eppure Mercuzio, al contrario suo, non era logorato dall'odio; sembrava rassegnato, abbattuto, ma calmo.
Perché non cercava di impedire quell'insensato amore? Perché si abbatteva, piuttosto che reagire?
Il suo sguardo cominciava ad inumidirsi.
"Tebaldo..."
Mercuzio si stava inginocchiando accanto a lui, spingendo lontano la spada.
"Tebaldo, tirati su."
Mercuzio lo tirava dalla camicia, cercando di smuoverlo.
"Tebaldo..."
Le braccia di Mercuzio lo avvolsero, stringendolo forte. Gli baciò la fronte e fece per allontanarsi, ma Tebaldo gli afferrò la sottile camicia, rischiando di strapparla, per baciarlo ferocemente.
Mercuzio sorrise sotto i baffi, e si adagiò sul letto, coprendosi con le lenzuola.
"Buonanotte, Re dei gatti."
Da Tebaldo nessuna risposta, era ancora inginocchiato a terra, liberandosi in un pianto sommesso.
Quando si sentì meglio si rialzò, si tolse gli abiti da festa, crogiolandosi nella comodità della sua camicia di lino, e si sdraiò accanto a Mercuzio, passandogli un braccio intorno alla vita.
Lo guardò da vicino, il biondo dormiva sereno, con un sorriso appagato sulle labbra.
"Non avvicinarti troppo alla Regina Mab, folle."

-

Un sottile raggio di luce faceva oramai capolino oltre le finestre, tirandosi e stendendosi fino a colpire il volto di Mercuzio. Il giovane, che non aveva mai sopportato di essere svegliato dal sole puntato negli occhi, cercò di girarsi di lato, di sommergere il volto nel cuscino, ma qualcosa glielo impediva.
Aprì controvoglia gli occhi color nocciola, sbadigliò sonoramente e si guardò intorno. Decise che sarebbe tornato a dormire, con il volto immerso nel cuscino di piume, con più spazio per se nel letto; si spinse di lato, scalciando con le gambe, coprendosi poi meglio con la coperta.
"Lurido bastardo... CHE TI É PRESO?!"
Tebaldo, che era sospeso a metà tra il letto e il pavimento, davvero non capiva.
"Stavo dormendo!"
"Anche io, e la tua presenza mi impediva di stare comodo, quindi..."
La risposta di Mercuzio era giunta frivola, le parole stravolte dal cuscino premuto sul naso e sulle guance.
Tebaldo urlò, sfilò il cuscino da sotto il volto di Mercuzio e lo colpì con esso a fendenti.
"Tebaldo, vorrei dormire."
"Se non posso farlo io non lo farai nemmeno tu, stupido."
Continuava a colpirlo con il cuscino, usando tutta la sua forza.
Mercuzio girò il capo aprendo un occhio, occhio che cadde sui muscoli contratti delle braccia di Tebaldo.
"Acchiappa topi..." dalla sua gola uscì un lamento infastidito.
Tebaldo smise di colpirlo, e lasciò cadere il cuscino sulla testa bionda, gettandovicisi poi sopra.
Mercuzio allora si mosse, lasciandolo ricadere sul letto e accucciandosi poi al suo fianco. Tebaldo gli passò un braccio sul petto, stringendoselo vicino.
"Hai ancora sonno, tu?"
Mercuzio sorrise, assonnato.
"A quale attività vorresti dedicarti, Re dei gatti?"
Nella mente di Tebaldo baluginò l'immagine della sera prima, di quando Mercuzio lo aveva baciato, ingaggiando quella nuova sorta di sfida, che non aveva bisogno di nessun tipo di armi. Bastavano loro, le loro bocche e le loro mani che si graffiavano, si accarezzavano, si colpivano, si distruggevano a vicenda. Scosse la testa, rapido, cercando di scacciare quelle immagini dalla mente e si alzò bruscamente, prendendo tra le mani il pellicciotto ricamato e chinandosi a raccogliere la spada, che la sera prima era finita sotto il letto.
"Arrivederci, folle Mercuzio."
E senza voltarsi indietro se ne andò, lasciando il biondo solo, in chissà quale parte sconosciuta della città.
Mercuzio, stropicciandosi il volto e passandosi le mani tra i capelli si alzò dal letto, risistemando un po' i cuscini; uscì sbadigliando dal postribolo, guardandosi intorno a fatica, accecato dal sole.
Riconosceva a fatica quella zona, ma era quasi convinto che se avesse seguito la strada maestra e poi avesse voltato verso destra, si sarebbe ritrovato nei pressi della villetta di Benvolio.
Ed ecco, dopo qualche passo, l'immenso e curatissimo giardino di Benvolio si stagliava davanti ai suoi occhi.
"Benvolio! Benvolio!"
Entrò in casa, facendo le scale due scalini alla volta, correndo in camera dell'amico.
"Buongiorno, principessa!" disse tirando le tende via dalle finestre.
"Mercuzio..."
Dalla massa di capelli ricci sparpagliati sul cuscino si levò una specie di mugugno.
"Benvolio! In piedi! Andiamo a cercare Romeo."
"Mercuzio, dove sei stato questa notte? "
Mercuzio soppresse a fatica un risolino.
"Benvolio, vuoi alzarti o no?"
Finalmente l'amico aprì gli occhi, puntando quelle pozze azzurre sulla schiena di Mercuzio.
"Mercuzio, che fai?"
Mercuzio si voltò, tirando in faccia a Benvolio la sua giacca.
Uscirono quindi di casa, avviandosi verso il centro della città, dove, appoggiato all'uscio di villa Montecchi, li attendeva Romeo.
"Ci avete impiegato più del solito, forza andiamo in piazza."
Benvolio, storse il naso, non gli piaceva l'idea di incontare i Capuleti in luoghi aperti; cercò più volte di deviare strada, ma Romeo, insistentemente, lo riportava sempre a seguire la via maestra.
Giunti in piazza, attorniati dai loro fedeli alleati e amici, Romeo continuava ad essere agitato e a non prendere parte alle loro solite chiacchere.
"Che Dio vi dia il buongiorno, messeri!"
Mercuzio si voltò di scatto, ritrovandosi di fronte quella che sapeva essere la nutrice di casa Capuleti.
"Che Dio ti dia la buonasera, bella gentildonna!"
"Vi sembra proprio ora di dare la buonasera?"
"Né più né meno ve lo dico io, poiché ora la mano oscena della meridiana è sull'asta del mezzogiorno!"
"Shhh! Qualcuno di voi può dirmi dove posso trovare il giovane Romeo?"
"Posso dirvelo io!"
Ora, per la prima volta in quella mattina, Romeo sorrideva, rasserenato.
"É una ruffiana!"
Tutti seguirono Mercuzio in quel commento, commento che fece per cercare di allontanare Romeo da quella donna, la sua presenza lì non era un buon segno, non per lui, almeno.
"Romeo stai attento, eh!"
Romeo, il suo più grande amico, lo stava guardando severo, per poi appartarsi con la nutrice, poco distanti da loro.
Complici, Mercuzio e Benvolio si scambiarono un'eloquente occhiata, e si avvicinarono più che poterono.
"Ditele che questo pomeriggio trovi un sistema per andare a confessarsi da Frate Lorenzo. E là sarà maritata!"
Mercuzio rimase impietrito da ciò che aveva sentito, ma Romeo, dopo essersi congedato da quella donna così euforica e particolare, lo trascinò via con sé, verso villa Montecchi.
Quel pomeriggio, in gran segreto, Romeo lasciò la villa, e il cambio d'umore repentino di Mercuzio fece insospettire Benvolio.
"Mercuzio, qualcosa non va?"
"Romeo..."
L'amico, che si era accorto dell'assenza del cugino, storse il naso.
"Hai idea di dove possa essere andato?"
"Ciò che ho in mente ci caccerà tutti nei guai, e non sarà affatto piacevole."
Ora, lo sguardo tranquillo di Mercuzio si era fatto buio, rancoroso.
"Benvolio, andiamo in piazza."
"Ma Mercuzio, Romeo?"
"Se si è recato dove suppongo che sia passerà di lì, e potrebbe essere troppo tardi quando arriveremo se non partiamo subito."
"Mercuzio, spiegami cosa sta succedendo, o io non mi muovo di qui."
"Temo che Romeo sia in pericolo!"
Prese quindi la mano di Benvolio saldamente tra le sue e lo trascinò di corsa fuori dalla sfarzosa dimora, correndo poi verso la piazza, evitando chiunque si frapponesse tra lui e la strada.
Se aveva intuito bene il carattere di quella nutrice, non avrebbe tenuto la bocca chiusa e uno ,scaltro ed intelligente, come Tebaldo avrebbe capito che l'argomento di tanta eccitazione era un matrimonio proibito, quello tra il suo Romeo e la sua Giulietta.
Arrivarono in piazza che i Capuleti cominciavano ad occupare la zona, mentre i Montecchi presenti, in inferiorità numerica, indietreggiavano.
"Mercuzio, Mercuzio ritiriamoci ti prego, i Capuleti ci stanno guardando."
Benvolio prese Mercuzio per le spalle, cercando di ripercorrere i loro passi prima che Tebaldo, che era sopraggiunto, si accorgesse di loro.
Ma Mercuzio puntellò i piedi a terra, abbracciando poi Benvolio in maniera morbosa.
" Tu, tu somigli ad uno di quei compari che appena varcato il limite della taverna, mi sbattono l’arma sul tavolo e dicono: Dio, Dio.. Dio ti prego, fa che non abbia bisogno di te! "
Proruppe in una folle risatina mentre Benvolio cercava di staccarselo di dosso, risata che fu udita da Tebaldo.
"Messeri!"
L'aria calda della piazza si congelò all'istante.
"Che la pace sia con voi! Permettetemi una parola, una parola.."
"Si?"

Mercuzio lo interruppe, pronto a sfidarlo anche subito; se voleva prendersela con Romeo, lui glielo avrebbe impedito.
"Accoppiatela a qualcosa di più concreto."
Stava osando tanto, specialmente tenendo sulle labbra quel sorrisetto soddisfatto e compiaciuto, che gli si dipingeva in volto ogni qualvolta qualcosa di folle gli attraversava il cervello.
"Ma beh suvvia concretizziamo! Esempi?"
"Una parola e una botta?"
"Un botta! Purché vogliate darmene l'occasione, signore!"

Mercuzio e Tebaldo si avvicinarono, minacciosi; Benvolio, prontamente corse in mezzo a loro, separandoli.
"Signori, signori vi prego! Siamo in piazza! O ci ritiriamo in qualche luogo privato e ne parliamo con calma… "
Benvolio poggiò una mano sul petto di Tebaldo, spingendolo indietro, più lontano da Mercuzio, che alle sue spalle faceva la linguaccia a Tebaldo, sorridendo poi, spontaneo e naturale.
"Oppure é meglio separarci, eh?"
Tebaldo finí la frase, spingendo Benvolio lontano da lui, quand'ecco che Romeo apparve in piazza, e si assicurò che il cugino stesse bene.
"Eccolo qua! Il mio uomo!"
Sospirò sonoramente.
"Oh Romeo, Romeo. L'amore che ti porto non può permettersi un termine migliore di questo: tu sei un vigliacco!"
Scalpitò contro Romeo battendo i piedi a terra.
"Vigliacco io non sono, si vede che non mi conosci."
"Ma questo non ripagherà delle tue offese Romeo!"
"Ma io non ti ho mai offeso!"
Romeo, rosso in volto, urlò sovrastando la voce di Tebaldo, cercando di avventarsi contro di lui, mentre Benvolio glielo impediva.
Mercuzio, si avvicinò a loro, mettendosi davanti a Romeo, facendo da scudo a Tebaldo, per poi superare i due e rivolgersi ai Montecchi e Capuleti presenti in piazza.
"Fredda, e vile, e disonorevole sottomissione. Tebaldo!"
Il tono della voce di Mercuzio, che stava già un'ottava sopra il normale, divenne un urlo.
"Acchiappa topi! Fatti avanti! Che cos'è che angoscia l'uomo? E davvero sai poi chi siamo? Che cos'è che squarcia il cuore? E perché il sesso poi ci fa godere?"
Benvolio e Romeo si girarono repentinamente indietro, cercando di non incrociare le sguardo impazzito di Mercuzio; eppure Tebaldo gli andò accanto, prendendogli la mascella tra le mani e tirandolo a sé. Mercuzio ricambiò la stretta, quasi passionale, di Tebaldo ma in quel momento sopraggiunse Romeo a dividerli.
"Tebaldo, Mercuzio, fermate questo scandalo, il Principe ha proibito queste zuffe!"
"Eh, le ha proibite!"
"Le ha proibite"

Mercuzio e Tebaldo fecero il verso a Romeo, per poi spingerlo via, tornando ad azzuffarsi più violentemente di prima.
Tebaldo voleva uccidere Romeo, e Mercuzio non sarebbe stato di certo a guardare, neanche a costo di dover fingere di uccidere quel Capuleti al quale ora si sentiva tanto legato.
"Tebaldo, sai che sei nei guai."
Cercava di metterlo in guardia, ma lui non voleva capire e rise di lui.
"Ridi che poi non riderai! La spada mia, tu, assaggerai, ti piacerà vedrai, miagolerai."
Tebaldo si stava allontanando dai lui, dandogli le spalle; Mercuzio aveva raggiunto il suo scopo, ma ormai non riusciva più a fermarsi.
"Voltati dai! Re dei gatti tu sei: tu, tu non sai, che nausea mi fai! Tebaldo qui, io, ti scannerò."
Tebaldo si era voltato e gli applaudiva, sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti in piazza.
"Mercuzio!"
Scandì bene il suo nome, sillaba per sillaba, mentre applaudendo gli si avvicinava.
"No ma guardati dai! Che uomo sei, tra le gambe cos'hai?! Sei un uomo a metà, si, si ecco chi sei! A terra striscerai, la lingua ingoierai, tu appesti la città!"
Tebaldo, come Mercuzio, che ora intimorito si proteggeva il volto, stava perdendo completamente la testa; la gola pulsante dagli urli, il volto rosso dalla fatica, tratteneva a stenti le lacrime che gli ofuscavano la vista.
"Ma che agonia questi anni per me, l'attesa però compensata sarà! Mercuzio! Io ti ammazzerò!"
I due si saltarono addosso violentemente, graffiandosi e tirandosi.
"Siete pazzi! Fermatevi, per carità, con la morte ogni nostro ideale cadrà, per pietà!"
Romeo corse in mezzo ai due, mentre Benvolio strattonava via Mercuzio.
Mentre tutta la piazza inneggiava al valore della vita, i due combattenti si avvicinarono, occhi negli occhi, testa contro testa, riprendendo il duello.
Nuovamente Benvolio portò via Mercuzio, Romeo si pose davanti a Tebaldo.
"In nome di Dio vi prego io, fermatevi, amico mio…"
Strinse Tebaldo tra le braccia, ma venne respinto.
Tebaldo corse incontro a Mercuzio, tirandolo per la giacca, facendolo cadere sonoramente a terra.
Lo minacciò con il pugno alzato, inginocchiato accanto a lui, ma poi, in un sussurro, gli diede pietà e lo aiutò a rialzarsi.
Mercuzio lo aggredí.
"Quale pietà?!"
E poi, mentre Romeo lo spingeva via.
"Lui morirà! No, no, Romeo, lui vivo no! É come chi é in agonia, non puoi che spazzarlo via!"
Tebaldo, trascinandosi dietro Benvolio che cercava di fermarlo, si scagliò contro Romeo e Mercuzio.
"Ma tu chi sei? Sei mica il re, no? Sei peggio tu di tutti noi!"
Mercuzio, nel frattempo, si liberava della stretta di Romeo e Benvolio lasciava Tebaldo, allo strenuo delle forze.
"Sei ubriaco d’amore e pisci pietà! Sei come gli avvoltoi che il sangue chiama già!"
Mercuzio, assalito dalla rabbia spinse via Romeo, facendolo cadere a terra, per poi avvicinarsi a Tebaldo.
“Qui la vita è bella! Qui ho il cielo in terra!”
Mercuzio si scagliò nuovamente addosso a Tebaldo, che abilmente lo schivò mentre sguainava la spada.
Un Capuleti, il più fido dei servi di Tebaldo, gli si avvicinó, porgendogli la sua spada.
Tebaldo si gettò a capofitto verso Mercuzio, che preparava un fendente e in quel momento, mentre nessuno dei due era veramente intenzionato a ferire l'altro, intervení Romeo, fermando il colpo di Mercuzio, ma facendo deviare la spada di Tebaldo, che si conficcó nel fianco del biondo, da dove venne ritratta in fretta.
Mercuzio sgranò gli occhi, tenendosi la mano sul fianco e rimanendo immobile; Tebaldo fissò incredulo il pugnale, lasciandolo cadere a terra, per poi indietreggiare e allontanarsi dal centro della piazza.
Mentre Benvolio e Romeo cercavano ancora di capire cosa stesse succedendo, tutti i Montecchi presenti si accalcarono attorno a Mercuzio, impedendogli di cadere a terra.
"Romeo…Romeo, Romeo sono ferito!"
Benvolio corse subito verso di lui, prendendolo tra le braccia.
"No, no, no! Come sei ferito?!"
"No, niente, niente, solo un graffio."
Anche Romeo si era avvicinato a Mercuzio, e il biondo si accasciava sulla sua spalla, per poi allontanarsi da entrambi.
"Ah si, ma la ferita non può essere grave."
Il tono di Benvolio arrivava come una supplica alle orecchie di Mercuzio, che rise, affaticato.
Benvolio si avvicinò, toccandogli il fianco, e tirando verso di sé la camicia, che si strappò, impregnata di sangue.
"No, no, NO!"
Mercuzio urlava, cercava di sovrastare se non di impedire la vista del suo sangue.
"Non é fonda come un pozzo…né larga come il portale di una chiesa…"
Si rigirò il suo sange tra le mani, e gettò il lembo di camicia verso Benvolio e Romeo, con rabbia.
"Però basterà."
Cadde all'indietro, e i Montecchi, prontamente lo rialzarono.
"Perche diavolo ti sei messo tra di noi?!"
"Credevo di agire per il meglio!"

Romeo, che aveva preso tutto con fin troppa leggerezza, capì soltanto in quel momento che l'amico non scherzava.
"Ho ricevuto il colpo da sotto il tuo braccio! Grazie…"
Abbozzò un inchino di fronte a Romeo, che spaventato indietreggiò.
"….nvolio, Benvolio… Portalo via…"
Ormai parlava a fatica, sopraffatto dal sapore di sangue che gli stava riempiendo la bocca.
Romeo cercò conforto avvicinandosi al cugino, quasi la supplica di sentirsi dire che era uno scherzo, ma Benvolio, rigirandosi tra le mani il lembo di stoffa insanguinato, gli si allontanò, guardandolo in maniera torva.
"Ma perché? … Chiedete di me domani, e troverete un uomo muto… MUTO! Muto come… Come una tomba! Questa volta me la sono beccata Romeo, e dura anche! Mi avete reso cibo per vermi! LA PESTE, ALLE VOSTRE FAMIGLIE!"
Le gambe di Mercuzio, complici dello sforzo che aveva compiuto, si piegarono su loro stesse.
"Mercuzio!"
Romeo accorse a prenderlo tra le sue braccia, prima che il suo corpo toccasse definitivamente terra.
"Io muoio nella sabbia, sotto questi occhi tuoi… Romeo, ma perché ti sei messo tra di noi? Dentro la mia ferita i vermi mangiano già; passo sull'altra riva, io ti aspetterò là… Lascio a voi la vostra guerra! É per voi ma senza me… io muoio in pasto ai vermi, ma, ma muoio come un re. Maledico le famiglie, maledico il tuo mondo Romeo. Romeo! Amico mio, la ragione perderai!"
Con l'ultimo briciolo di energie rimaste si slanciò verso Romeo in un unico, ultimo, bacio disperato, per poi accasciarsi, gli occhi chiusi, tra le braccia dell'amico.
"Mercuzio…MERCUZIO! Non lasciarmi, ti supplico! MERCUZIO, FRATELLO MIO! Mercuzio…"
E mentre Romeo piangeva sommessamente sul corpo del biondo, un terribile urlo squarciò il silenzio della piazza; Benvolio, rovesciato a terra, stringeva davanti agli occhi chiusi il sangue dell'amico, le mani tremanti, il petto scosso da numerosi sussulti che non si prendeva la cura di trattenere. Mercuzio, il suo Mercuzio, era morto, nulla avrebbe avuto più senso per lui, tanto valeva rimanere lì a terra per sempre.
Ma nella piazza Benvolio non era l'unico a sentire un forte peso sul cuore; poco più in là, Tebaldo, incredulo della morte del biondo, si avvicinò a loro, per poi rimanere immobile, gli occhi chiusi. Aveva ucciso Mercuzio, quel Montecchi che avrebbe sempre voluto uccidere ma che da qualche tempo sentiva tanto simile; il suo corpo era lì, riverso a terra ed era colpa sua.
Sua o del giovane Romeo? Non aveva importanza ormai, Mercuzio era morto…
"No, no! TEBALDO!"
Romeo raccolse da terra la spada di Mercuzio, scagliandosi su Tebaldo, che immobile in mezzo alla piazza si lasciava colpire.
Tutti i Capuleti presenti scapparono ad avvisare il Conte e Lady Capuleti, mentre qualcuno correva verso il castello di Villafranca, a chiamare il Principe; Lady Montecchi camminava nei pressi della piazza e accorgandosi della folla si stava avvicinando.
Benvolio, con le lacrime traboccanti dagli occhi si alzò, afferrando la manica di Romeo e facendolo passare tra i Montecchi, urlandogli di allontanarsi, di non farsi trovare.
Il moro rimase in piazza, accasciandosi accanto al corpo di Mercuzio, ricominciando a piangere, sistemandogli i biondi capelli via dalla faccia, aggiustandogli la camicia e ponendogli le mani sulla ferita.
"Perche diavolo ti sei messo tra di noi?!"
"Credevo di agire per il meglio!"

Romeo credeva davvero di aver agito per il meglio, un solo dubbio poteva assalirlo: perche aveva fermato la spada di Mercuzio e non quella di Tebaldo?
Benvolio questo lo sapeva: Romeo voleva Tebaldo per sé, e lo aveva avuto.
Ora, vicino al corpo dell'amico di sempre, giaceva esanime quello del solito nemico, quel nemico che Benvolio, nonostante tutto, non era mai riuscito ad odiare veramente.
Erano giovani, solo dei bambini, quando era cominciata quella stupida faida, eppure lui aveva sempre cercato di mantenere la pace tra le due contrade.
Era sempre stato calmo Benvolio, si era sempre mantenuti neutrale e questo gli era costato tanto, Mercuzio aveva scelto Romeo, e lui doveva mantenerli con i piedi per terra. Era rimasto del tutto neutrale anche quando aveva intuito e scoperto che Mercuzio, il suo amato Mercuzio, aveva baciato quello che aveva sempre considerato un suo nemico. Non aveva mai rivendicato attenzioni, non era mai stato geloso di nulla; e nulla sarebbe cambiato o andato storto se Romeo non fisse intervenuto.
Ora, Benvolio, che non aveva abbandonato un attimo il corpo dell'amico, era rimasto solo. Aveva perduto Mercuzio e avrebbe perduto di certo Romeo, in seguito alla sua condanna.
Ma Benvolio dovette ridestarsi, Lady Montecchi lo stava cercando; diede un ultino sguardo a Mercuzio, accarezzandogli ancora una volta i capelli e si alzò.
I suoi occhi caddero allora sul corpo di Tebaldo, che, arrendevole, si era lasciato colpire; forse il Re dei gatti non era affatto la persona che credevano fosse.
Lasciando cadere le ultime lacrime, Benvolio prese la mano di Tebaldo tra le sue e la poggiò poi sul palmo aperto di Mercuzio, lasciandoli lì, mano nella mano, sotto gli occhi di tutta la piazza.
Mentre il moro si avvicinava a Lady Montecchi, il Principe e i Capuleti stavano arrivando in piazza, scossi dalla vista dei due corpi a terra.
"Chi pagherà?! La sua vita chi pagherà? Che fine fa?! L'assassino che fine fa?"
Il Conte aveva parlato rompendo quell'aria di tristezza che velava la piazza; ora tutti i presenti sapevano a chi dare la colpa, i Capuleti ai Montecchi e i Montecchi ai Capuleti.
Lady Montecchi, puntando veemente il dito contro il corpo a terra di Tebaldo, affermó la totale innocenza di Romeo.
Il Principe, che fino a quel momento era stato voltato per non guardare il corpo del parente, si girò di scatto.
"E cosi sia! Per porre fine a questa moria, indagherò fino in fondo!"
Romeo, che Benvolio aveva tanto aiutato a fuggire, si affacciò a uno dei balconi delle case sovrastanti la piazza.
"Non avrei voluto mai fare ciò che ho fatto a lui, la vendetta non so cos'è, eppure si, é esplosa in me; non puoi tacere se un amico muore."
Tutta la piazza lo guardava, puntandogli il dito, con aria minacciosa.
"Dico a voi, chi siete mai? Chi vi dà l'autorità? Non siamo che bambini noi, la morte la inventate voi!"
La voce rotta dal pianto fece sentire tutti i presenti colpevoli di quello scandalo.
"Noi siamo burrattini, qui, nelle Sue mani."
Eppure, riscossa, la folla continuava a pretendere un colpevole, mentre Lady Montecchi cercava di contrastare le voci di tutti, implorando il Principe di non incolpare il figlio.
Escalus, guardando la folla dall'alto e soffermandosi sui due corpi immobili, prese la sua decisione, alzando lo sguardo, risoluto, nel silenzio generale che era nato in piazza.
"Lo punirò, in nome del potere che ho! Condannerò l'assassino!"
Le gambe di Lady Montecchi cedettero ed ella si ritrovò a terra, in lacrime, Benvolio che cercava di rialzarla; Lady Capuleti che si stringeva al Conte, un un guizzo di soddisfazione nello sguardo, i Capuleti zitti da una parte, i Montecchi sofferenti dall'altra.
Quindi finiva così quella vecchia faida? Pareggiavano così, le fazioni, ognuna con un morto tra le sue file?
"Per le vostre crudeli contese, il mio sangue è stato versato. Né lacrime, né preghiere, riscatteranno le offese; perciò non versatele."
Fu un attimo: mentre il Principe stava per esprimersi sulla sorte di Romeo e tutta la piazza attendeva in silenzio, un respiro, più pesante degli altri, scosse gli animi.
Guardarono tutti istintivamente verso terra, scoprendo che il corpo di Mercuzio era rotolato su un fianco, la mano che stringeva quella di Tebaldo, mentre faticosamente cercava di aprire gli occhi, tenendosi il fianco.
"R…Romeo… No…"
Il Principe, riscosso dalle parole del parente, ordinó con un solo sguardo ai suoi servitori di prestare soccorso a Mercuzio, il quale, dal canto suo, continuava a sostenere faticosamente che aveva bisogno di aiuto anche Tebaldo, il cui petto era scosso da fragili sospiri sofferenti, per poi ricadere a terra, svenuto.
"E subito, da qua, si allontani Romeo. Noi immediatamente lo esiliamo; la pietà è assassinio quando perdona gli assassini..."
E mentre Romeo si allontanava dalla piazza sotto lo sguardo attento di tutti, le guardie del Principe prestavano soccorso ai due giovani, che venivano portati da Frate Lorenzo, ancora mano nella mano.



~
Odioso angolino della malata mentale:
Saaaaaalve :3
Scrivo giusto due cosette: i dialoghi trascritti in corsivo sono i pezzi presi direttamente dall'opera, non sono quindi, di mia invenzione. Alcuni di questi pezzi, discostano dalla 'prima versione', se così si può chiamare; guardando video di esibizioni più recenti mi sono accorta di queste aggiunte e piccoli cambiamenti, che mi sono piaciuti talmente tanto da prendere appunto per buoni quelli.
Un ringraziamento super-mega-iper speciale alla mia fantastica elfa domestica tuttofare, che mi ha supportato negli scleri e mi ha trovato descrizione, titolo e caratteristiche della storia, perchè ehi, senza una Selly sono una scribacchiante fallita!
Buona lettura, baci
Ino

  
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