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Autore: PerseoeAndromeda    17/03/2009    1 recensioni
Due giovani scelti loro malgrado per assumere il ruolo di cacciatori di demoni. Un destino comune, la scoperta del reciproco amore... Ma Alexer mai avrebbe osato immaginare... altrimenti avrebbe fatto il possibile per tornare indietro.
Genere: Triste, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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ROSSO COME IL SANGUE

ROSSO COME IL SANGUE

 

 

 

Alexer osservava il compagno di avventura che, stancamente, indossava la divisa.

Egli era già pronto da un pezzo, ma Hiroshi era reduce da una crisi isterica che aveva causato un ritardo nei preparativi; apparentemente adesso era tranquillo, ma Alexer sapeva che era tutta illusione, lo leggeva negli occhi, negli atteggiamenti dell’amico quanto fosse stanco, quanto male avesse accolto l’annuncio di quella nuova missione.

Infatti, come aveva previsto, non appena Hiroshi allungò la mano per prelevare dal ripiano il suo pugnale, ancora incrostato del sangue ricordo della precedente caccia, le dita tremarono vistosamente e si ritrassero ancor prima di sfiorare l’elsa, come se avessero preso la scossa. Il ragazzo sospirò penosamente e fece un passo indietro.

Hiroshi…” mormorò il compagno, sospirando a propria volta, scrutandolo con la fronte corrucciata dal bordo del letto sul quale stava seduto, in attesa.

“Non ce la faccio” piagnucolò il ragazzo, arretrando fino a sedersi accanto all’amico per poi prendersi la testa tra le mani “Non riesco ad affrontarlo ancora, non…”

Alexer circondò con un braccio le spalle del più giovane e lo attirò con foga verso di sé, per arginare quell’ondata di disperazione; quel gesto bastò a sciogliere definitivamente Hiroshi, che abbandonò la testa sul suo petto, scoppiando in un pianto dirotto.

Il ragazzo più anziano rimase muto, imbarazzato, momentaneamente incapace di prendere il controllo della situazione, di trovare una risposta efficace a quel crollo che, ormai, durava da troppo; passò le dita tra i capelli lunghissimi e fini come filigrana dorata dell’adolescente così particolare nell’aspetto, androgino, non effeminato, ma neanche mascolino, le forme ambigue e irrealmente eleganti. Egli aveva sempre immaginato così i biondi elfi descritti da Tolkien, il suo idolo letterario. Biondo… nonostante le origini in parte nipponiche, ravvisabili unicamente nella forma degli occhi, lievemente a mandorla, altro elemento che tanto contribuiva a farlo somigliare ad un elfo.

Perché proprio a noi doveva toccare un simile destino? Perché… proprio in noi è stato riconosciuto quel maledetto potere?”

“Non hai pensato una cosa?” sussurrò Alexer con tutta la dolcezza che riuscì a trovare “Se non fosse stato per quello noi… non ci saremmo mai incontrati…”

Accompagnò la carezza della voce con un bacio lievemente posato sulla nuca del compagno e percepì il fremito che percorse le tenere membra per tutta la loro lunghezza.

“Il fato è dispettoso” gli rispose la voce dolce e triste soffocata dal suo petto “Ci ha offerto il dono più bello insieme al dolore più immenso…”

“La stai vivendo troppo male, piccolo, in fondo ci è sempre andata bene…”

Il volto pallido di Hiroshi si sollevò di scatto e due occhi azzurri lo fissarono, angosciati:

“Come puoi dirlo? Rischiamo la vita ogni volta, ogni volta temo che la morte ci separi e… loro… le nostre vittime…”

Alexer sospirò, aveva provato a girare attorno all’argomento, ma non era evidentemente possibile: Hiroshi, nonostante tutto, provava pena per coloro che erano costretti ad annientare.

“Le consideri vittime? Ma loro non sono più umani, sono…”

“Lo sono stati! Comunque vivono e soffrono ed io sono certo che una parte del loro passato sussiste in loro, che una minima parte di umanità, nella loro anima, lotta per sconfiggere la tenebra e quel lumicino così debole e solo si sente lacerato, urla perché vede se stesso compiere ciò che non vorrebbe! E noi non diamo loro la vita eterna, non li liberiamo assicurando loro il ritorno alla luce… nostro compito è cancellare dal mondo ogni traccia della loro esistenza… e così il loro passato di umani non esiste più.”

Hiroshi… noi non possiamo permetterci questo coinvolgimento emotivo, non puoi violentare te stesso in questo modo, non ti serve… non serve a te, né a me… né a loro…”

“Lo so… lo so… è che trovo tutto così crudele…”

Le mani di Alexer corsero a cercare le guance di Hiroshi, gli sollevarono il volto, il più anziano della coppia cercò gli occhi dell’altro ed in essi affondò, abbassò il viso, finché le loro labbra si incontrarono in un bacio leggero, non intrusivo, un tocco frugale, quasi un soffio di alito vitale per Hiroshi.

“Adesso dobbiamo andare, lo sai, vero?”

Il tono di Alexer non ammetteva repliche questa volta, pur non mancando della solita gentilezza che mai, nei confronti di colui che era il suo amico del cuore ed il suo sensibile amante, riusciva ad accantonare.

L’altro annuì rassegnato e fu il primo ad alzarsi; Alexer lo precedette poi laddove era posato il pugnale, lo prese e glielo porse. L’esitazione di Hiroshi fu palpabile, ma non arretrò nuovamente: tese la fine mano bianca, strinse sull’impugnatura le dita lunghe e sottili, quindi fissò l’arma alla cinta.

Si scostò una ciocca bionda che ricadeva insistente davanti agli occhi, diede le spalle al compagno e fu il primo ad uscire nella notte.

 

 

***

 

 

Alexer ed Hiroshi erano cacciatori di demoni ormai da un anno, chiamati dall’organizzazione segreta in virtù dei poteri che permettevano loro di utilizzare le armi sacre, il pugnale e la spada forgiati da mani spirituali nella notte dei tempi, con polvere di stelle e frammenti di luna, uniche in grado di cancellare l’anima del posseduto causando, al contempo, la morte del demone responsabile.

Non avevano avuto scelta: se non si fossero sottoposti al rituale di consacrazione anche loro, come i demoni, sarebbero stati cancellati per sempre. I duchi supremi della luce, capi al vertice dell’organizzazione, dopo averli fatti rapire e portare al loro quartier generale, avevano espresso il loro rammarico per essere costretti a così drastiche minacce ma il loro servizio era necessario alla riuscita della missione ed a salvare la terra dall’invasione demoniaca e poi loro non volevano vedere il mondo intero svanire in seguito all’assalto dell’orda infernale, non era forse così?

Da quel momento, Alexer ed Hiroshi avevano portato avanti con rassegnazione, ma con altrettanto coraggio, la missione imposta, conducendo clandestinamente parte della loro esistenza, il loro sacro dovere celato dalla maschera di normalità che indossavano mentre, al contempo, trascinavano con sempre maggior fatica i loro impegni scolastici in una Londra protagonista ignara di una lotta senza quartiere tra forze opposte ed altrettanto feroci.

Dove dobbiamo andare questa volta?” domandò Hiroshi un po’ distrattamente, mentre la pioggia picchiettava insistente sul suo giaccone bianco che carezzava morbidamente le sue caviglie ad ogni passo, lasciando spuntare al di sotto solo una porzione degli stivali neri in finta pelle.

Westminster” gli rispose con tono lugubre l’amico, lanciandogli un’occhiata di sfuggita “un covo di demoni è stato individuato al di sotto della cattedrale, dove nessuno avrebbe mai immaginato. Sono diventati furbi e più resistenti agli influssi spirituali delle alte gerarchie angeliche.

O, più probabilmente, i luoghi sacri della terra sono più affini alle forze demoniache di quanto ci vogliano far credere le autorità ecclesiastiche” ribatté Hiroshi con una pessimistica alzata di spalle.

Alexer lo fissò per qualche istante, gli occhi stretti, quindi scosse il capo, sconfitto:

“Forse hai ragione.”

Proseguirono senza parlare più molto, due spettri che avanzavano in quella che sembrava una città fantasma; l’atmosfera non lasciava dubbi a chi era in grado di percepire dentro di sé le sfumature energetiche invisibili alle persone comuni, ma probabilmente ogni cittadino aveva preferito, quella notte, senza porsi troppe domande sul perché, rimanere protetto, al sicuro, tra le mura di casa. Era bizzarro vedere Londra così deserta, nonostante il temporale ed il freddo, chiaro indice che le forze del male erano diventate potenti, facevano percepire la loro presenza su ogni animo che, terrorizzato, si rifiutata di uscire dal proprio guscio di cemento.

I loro passi rimbombavano tra gli scrosci di pioggia, restituiti da una cupa eco che dava ai due cacciatori la sensazione perenne di essere seguiti da qualcuno… qualcosa di inconoscibile alla mente. Poi l’abbazia si stagliò con la sua mole biancastra davanti a loro, sovrastandoli come una minacciosa regina di pietra bramosa di rapire e sommergere gli incauti visitatori.

“Pensare che una chiesa dovrebbe risultare rassicurante” mormorò Hiroshi, scosso da un brivido “La consacrazione non ha segnato solo una svolta nelle nostre esistenze ma, almeno per quel che mi riguarda, mi ha dato lo stimolo a percepire le apparenze sotto una prospettiva del tutto nuova.”

“Forse abbiamo semplicemente acquisito un diverso livello di comprensione. Ma stiamo perdendo tempo in dissertazioni che lasciano il tempo che trovano, diamoci da fare.

Senza attendere la reazione del compagno, Alexer lo precedette, sforzandosi di ignorare la palese oppressione che gravava sul cuore di Hiroshi; si fermò nuovamente di fronte alla grande porta, ma si voltò di scatto quando udì l’urlo lancinante dell’amico, in contemporanea alla spaventosa esplosione di energia che si levò, alla stregua di un ruggito infernale, alle sue spalle.

Una cappa di tenebra caliginosa aveva circondato Hiroshi ed aveva assunto la forma di tante appendici tentacolari che si avvinghiavano implacabili intorno al suo corpo, trascinandolo in un baratro di oscura materia spirituale.

Assistere alla scena e precipitarsi verso il compagno dopo aver sguainato la spada fu tutt’uno ma un’altra fonte di energia arrestò la sua corsa, un flusso ben noto e tanto rassicurante di solito quanto gli parve ostile in quel momento.

“Non ti avvicinare, stai lontano!” urlò intanto Hiroshi, mentre si dibatteva disperatamente in quel groviglio mostruoso.

Alexer imprecò con ferocia, il suo amico gli stava impedendo di fare qualcosa per lui, aveva eretto una barriera spirituale per proteggerlo dall’attacco dei demoni e per tenerlo al di fuori della colluttazione.

“Non fare cazzate, Hiroshi, non puoi farcela da solo!”

Un lampo che partecipava di luce e ombra sfrigolò davanti a lui, accecandolo; istintivamente sollevò un braccio per ripararsi gli occhi, mentre veniva scagliato lontano. Andò a sbattere contro la facciata dell’abbazia e l’impatto con la dura pietra fu micidiale, tanto da mozzargli il fiato; convinto di aver esalato l’ultimo, agonizzante respiro della sua breve vita, si lasciò inghiottire dall’oblio.

 

 

***

 

Schiuse le palpebre, a fatica, su due occhi rosso sangue che lo fissavano intensamente, incastonati in un volto dal colorito cinereo, capelli candidi come neve, lunghi e fini, ricadevano intorno a quei lineamenti inumani e sul suo corpo ancora disteso.

“A… le… x…”

Labbra livide che si aprivano e chiudevano a formulare il suo nome… quella voce…

Hiroshi!” esclamò il giovane, sollevandosi con uno scatto fulmineo, le sue mani che andarono a cercare, in una mossa spontanea, le guance della creatura; ma essa si ritrasse, come se stesse per prendere la scossa, i suoi occhi mostruosi si sbarrarono in una consapevolezza improvvisa.

“Stammi… lontano…”

Com’era roca la sua voce e cos’era accaduto ai suoi capelli color dell’oro, ai suoi occhi dolcissimi forgiati nella più preziosa ossidiana?

Alexer allungò ancora una mano che si chiuse sul vuoto, perché la creatura si ritrasse ancora, gli diede le spalle con un singhiozzo straziante e fuggì, un bianco balenio nella notte. Il cacciatore di demoni non si mosse subito, non riusciva a razionalizzare, la sua mente era ancora convinta di vagare nel sogno, forse, dopotutto, non aveva cessato di ritenersi morto, l’irrealtà era protagonista indiscussa di quegli istanti insensati.

Poi la sensazione di umido e freddo si fece insistente, così come il dolore delle membra contuse e sofferenti; la vista mise a fuoco, nel buio, l’ambiente che lo circondava, la pioggia, le imponenti mura dell’abbazia sopra di lui, l’erba fradicia sotto le sue mani. A fatica si mosse; una sola parola gli martellava nella testa, un nome… HiroshiHiroshiHiroshi

Che cos’era accaduto al compagno? Forse si era trattato unicamente di una visione, desiderava disperatamente che non fosse altro se non una visione, altrimenti avrebbe significato una realtà troppo orribile da accettare.

Scosse il capo, portandosi una mano alla fronte… troppo orribile per essere anche solo presa in considerazione.

Si guardò intorno, mosso da un vago desiderio di scorgere il corpo tanto amato, scosso da un terrorizzante pensiero che si affrettò a ricacciare, ma che, istante dopo istante, tornò ancora a bussare al suo animo, insistente, come un urlo stridulo di creatura inumana: vorrei trovarlo cadavere, dei del cielo, non fatemi questo, fatemelo trovare morto, ma non quello che ho visto!

Ogni frammento del suo corpo gemette quando tentò di mettersi in piedi, ma ignorò ogni lamento; non gli importava nulla in quel momento, se non trovare Hiroshi.

Zoppicando, si diresse verso il punto in cui, non sapeva quanto tempo prima, si era svolta la lotta tra il compagno e la creatura infernale; tutto era confuso nei suoi ricordi, non era certo quanto dell’accaduto fosse deformato dal sogno e quanto fosse reale memoria; sicuramente agognava che si trattasse unicamente di oniriche immagini perché, se ciò cui aveva assistito si era davvero svolto sotto i suoi occhi, anche l’apparizione che aveva accolto il suo risveglio avrebbe acquisito un significato che rinnegava con tutto se stesso.

“Dove sei?” mormorava in una cantilena intervallata da singhiozzi, lui che non piangeva mai, che in Hiroshi aveva trovato l’essenza della sua difficile vita, si sentiva ora smarrito come un bambino appena abbandonato da una mamma crudele “Hiroshi, amore mio, dove sei?”

Camminò in una condizione di sospesa irrealtà, senza interessarsi alla pioggia, alle contusioni, la materialità del suo corpo si trovava in una dimensione differente che non lo riguardava. Neanche Londra sembrava la stessa di sempre… o, più probabilmente, non era la stessa di sempre, non poteva esserlo con quello che stava accadendo sotto le sue fondamenta. Ma forse, davvero tutto ciò che stava vivendo si svolgeva su un piano parallelo e da qualche parte, in un’altra dimensione, la città nella quale era cresciuto continuava a rivelarsi la solita metropoli affollata e viva, forse lui ed Hiroshi erano vittime di un orribile inganno e non era vero che stavano combattendo per la salvezza della terra. D’altronde chi aveva mai dimostrato loro una cosa del genere? Li avevano rapiti, studiati, analizzati, torturati psicologicamente perché accettassero ciò che veniva definito come il loro destino prescritto da un Dio che non aveva mai rivelato loro la sua reale identità. Chi era quel Dio?

“Siamo solo strumenti” singhiozzò, portandosi una mano agli occhi, senza fermarsi, le spalle curve “Burattini manovrati da qualcosa… o qualcuno… che non conosciamo e che neanche sappiamo se esista realmente. E se fossimo… armi nelle mani delle tenebre? Se il male ci stesse ingannando fin dall’inizio di tutta questa storia?”

“A… lex…”

Sollevò il capo di scatto a quel richiamo e lo vide, una creatura bianca che spiccava nelle tenebre della notte, le gocce di pioggia che giocavano come perle liquide tra i lunghi capelli color della neve; era in piedi, davanti a lui, bellissimo, il biancore che caratterizzava tutta la sua persona generava una tale impressione di luce da far credere che intorno all’essere aleggiasse un’aura abbagliante. Il cuore di Alexer perse un colpo e fu assalito da un’irrazionale ondata di sollievo: una tale luce, un tale candore, non potevano essere generati delle tenebre, Hiroshi si era mutato in un angelo, non in un demone, qualunque fosse il significato da conferire alle due definizioni.

Ma poi gli occhi dell’essere fiammeggiarono, una fiaccola accesa di rubino e sangue ed Alexer tremò.

“Non è Hiroshisussurrò tra sé “Non può essere lui… non deve essere lui…”

Nello stesso momento si precipitava verso la figura che, per un po’, rimase immobile, in attesa; infine, quando Alexer le fu abbastanza vicino da poterla sfiorare, si sottrasse al tocco, le sue mani si sollevarono, a coprirsi gli occhi. Solo a quel punto il cacciatore notò le striature scarlatte che fuggivano alla barriera delle dita, colando lungo la pelle, fino ai polsi e alle braccia.

Quando le mani della creatura si abbassarono, Alexer notò le chiazze che solcavano le guance, terribili lacrime di sangue di chi non possedeva più la pura trasparenza delle lacrime umane, la purezza che aveva sempre caratterizzato Hiroshi anche nei momenti più duri, forse, in quel modo, cercava di liberarsi dalla prigionia in cui si trovava avvinta, provocata da un evento troppo più grande di loro due, troppo incontrollabile e troppo doloroso per venire accettato senza perdere la ragione.

“Mi dispiace tanto” singhiozzò la creatura “Non ho saputo fermarli… non… non ce l’ho fatta…”

Nonostante una maggiore cupezza, nonostante un roco velo che la deformava, quella voce era dolce, era la voce del suo Hiroshi, musicale come un canto di sirena, la voce di un angelo in un corpo di demone.

Alexer sollevò un braccio, ma con meno foga rispetto a prima, non voleva rischiare un ulteriore allontanamento della creatura terrorizzata da se stessa.

“Vieni qui da me” invitò gentilmente, carezzevole come se parlasse ad un cucciolo diffidente “Avvicinati, Hiroshi, non sfuggirmi…”

Lo sguardo sanguigno corse alla mano aperta, ma, anziché accettare la supplica, fece un nuovo passo indietro.

Perché fai così?” domandò il cacciatore, vinto dallo sconforto, ma senza riabbassare la mano.

“Mi lascerò toccare da te ad un solo patto, Alex-kun…”

Questa volta il braccio di Alexer ricadde, lentamente, abbandonandosi come se avesse perso consistenza.

“Devi uccidermi… voglio morire adesso, prima di perdere completamente la consapevolezza di me… voglio morire… voglio essere cancellato… prima di perdere completamente me stesso.

E così fu Alexer, questa volta, a fare un passo indietro, sconvolto, gli occhi sbarrati; non capiva più nulla, se non che desiderava con tutto se stesso risvegliarsi da quell’incubo troppo realistico. Scosse il capo, lentamente mentre, quasi si stessero impegnando, attori involontari in un bizzarro gioco che metteva alla prova la loro psiche prossima alla disgregazione, Hiroshi si mosse verso di lui, rapito da una nuova risoluzione. E, come tardivo riflesso in uno specchio, riprodusse la mossa di colui che gli stava davanti, sollevando la mano in segno di supplica:

“Ti prego… in nome del nostro amore… non mi farai del male… mi salverai…”

Alexer osservò quella mano con gli occhi di chi si trovava improvvisamente al cospetto della più orribile minaccia ed in effetti, quello che si stava concretizzando, nonostante le orribili esperienze degli ultimi tempo, nonostante la sofferenza che aveva costellato pressoché ogni giorno della sua vita, era a tutti gli effetti la peggiore prospettiva cui la sua mente avrebbe potuto dare forma, mai sarebbe stato in grado di immaginare un simile incubo.

“Questo non puoi chiedermelo… io ancora non riesco a credere a quello che vedo… io voglio che tu ritorni da me… io…”

Gli rispose un sospiro, l’abbassarsi mesto del capo di Hiroshi, l’abbandono sconsolato delle sue membra e altre lacrime rosse piovvero al suolo con un macabro sgocciolio.

Il desiderio di abbracciarlo si fece talmente struggente che Alexer neanche provò a contenerlo e, con un balzo, afferrò la creatura che era stata il suo compagno e l’attirò, con foga, verso di sé, contro il proprio petto. Hiroshi si divincolò con una serie di urla lancinanti che, anziché convincere Alexer a liberarlo dalla stretta, lo fecero sentire ancor più convinto di non volerlo lasciare andare; scivolò in ginocchio con lui, piangendo gli parlò nell’orecchio:

“Stai soffrendo così tanto e, se tu devi soffrire, io soffrirò insieme a te… non ti lascerò da solo, non aver paura, amore mio, noi staremo insieme, nonostante tutto…”

Il ragazzo dai capelli color della neve si era immobilizzato, ma il respiro affannoso tradiva l’agitazione ancora palpabile che lo dominava. Scosse il capo premuto contro la spalla di Alexer:

“Non sarà… possibile…”

Lo sussurrò inizialmente poi, come se le stesse parole da lui pronunciate avessero segnato un irreversibile istante, sussultò, si agitò convulsamente, fece leva con le mani sul corpo di Alexer e le unghie inumane cresciute in maniera innaturale, affondarono involontarie nella carne del petto, strappando alla vittima un lamento di sorpresa. Il dolore che arrivò inatteso spinse il cacciatore a spostarsi in un moto spontaneo, rendendo facile ad Hiroshi il proprio allontanamento.

Istintivamente, Alexer si portò una mano sul cuore, per arginare lo zampillo di sangue ma il significato profondo di quel gesto era un altro; i suoi occhi erano fissi sul ragazzo demone, come lui ancora in ginocchio poco distante, a ricambiare lo sguardo con una diversa, ma altrettanto intensa disperazione.

“Vedi cosa ti ho fatto? Tra poco non potrò più controllarmi… tra poco perderò ogni coscienza di me… tra poco non esisterò più comunque… già sento che l’oscurità mi inghiotte…”

“Ci dev’essere un modo!”

L’esclamazione di Alexer uscì stridula, stonata, quanto era rassegnata e sempre e comunque dolce la voce di Hiroshi.

“Lo sai anche tu che non c’è, non c’è mai stato…” rispose morbido il ragazzo demone, inclinando lievemente la testa su una spalla, un tenero gesto straziante per Alexer, in quanto risvegliava in lui i ricordi più leggiadri del suo meraviglioso compagno che tra poco sarebbe stato annullato per sempre. Non era possibile prendere in considerazione una simile prospettiva ed Alexer si portò le mani al volto, soffocando un singhiozzo. Quando le riabbassò ed il velo di lacrime si dissolse quel tanto che bastò per permettergli di mettere a fuoco l’immagine di Hiroshi, lo vide rannicchiato su se stesso, le dita affondate nei capelli, a graffiare la cute sulla quale si aprivano lacerazioni di carne messa a nudo, i suoi occhi erano serrati ed un flebile lamento si levava dalle labbra morse a sangue.

“Oh, no… no…” mugolò Alexer, cominciando a strisciare verso di lui, infine lo sfiorò con le dita della mano protesa e il compagno sobbalzò, scattò in piedi, quindi con un urlo balzò addosso al cacciatore, spingendolo con la schiena al suolo. Hiroshi era sempre stato più fragile di Alexer in quanto a costituzione, ma adesso aveva in corpo l’inumana forza di demone e non fece alcuna fatica nel dominare l’altro che, d’altronde, neanche tentava di difendersi da quell’assalto insensato.

Le braccia di Alexer si adagiarono lungo i fianchi, la sua testa scivolò di lato, voleva fuggire a quegli occhi, a quel viso, con lo sguardo spento e vuoto rimase come una bambola inerme nelle mani del demone che incombeva su di lui; unicamente il respiro indicava che un alito di vita soffiava nelle membra immobili.

Ancora più evidente era, tuttavia, il respiro di Hiroshi, ridotto ad un rantolo, unito a qualche sporadico singhiozzo, il tutto dovuto alla lotta che la sua anima stava conducendo all’interno di quel corpo conteso tra due differenti essenze. Le mani del demone si spostarono dalle spalle del ragazzo dove si erano pericolosamente posate, troppo vicine al collo e scesero, fino all’elsa della spada allacciata al fianco sinistro.

“Cosa…” mormorò Alexer sollevando un poco il capo, proprio mentre la sua arma veniva fatta scivolare fuori dal fodero dalle mani di Hiroshi che tremavano al tocco.

“Io non posso impugnarla” disse il ragazzo demone “Non è concesso ad un demone, il mio pugnale è andato distrutto a causa dello scontro con il demone superiore che mi ha sconfitto… non sai quanto vorrei liberarti di quest’incombenza, ma… dovrai farlo tu…”

Non appena Alexer realizzò dove le parole di Hiroshi volessero andare a parare, riprese di colpo le proprie energie, si agitò, sgusciò sotto al corpo del compagno mutato il quale, prima che potesse allontanarsi troppo, gli afferrò con forza le mani tra le sue, le attirò verso il punto in cui la spada, libera dalla sua prigione, era posata, a terra, gliele portò fino all’elsa, con una fermezza che all’umana essenza del giovane non era mai appartenuta.

Alexer tentò di ritrarsi, ma solo una mano fuggì a quella stretta, mentre l’altra veniva premuta sull’elsa dalle dita di Hiroshi che, al contempo, lo costrinse a serrare il pugno su essa, graffiandolo nel compiere l’atto.

“Non volevo farti del male… ma ho bisogno di te… non sai quanto, davvero, vorrei risparmiarti tutto questo.”

Senza interrompere il contatto, obbligò Alexer a sollevare la  spada: adesso erano seduti l’uno di fronte all’altro e piangevano entrambi, ma lo sguardo di Hiroshi si fece risoluto nel momento in cui cominciò a guidare la mano del compagno in una nuova direzione, forzandolo a puntare verso il suo petto la lama affilata. Alexer non ebbe il tempo di attuare nessuna ribellione né di rendersi conto di ciò che stava accadendo, Hiroshi si lasciò cadere in avanti, finché il proprio corpo incontrò la punta aguzza che si aprì facilmente una strada nella tenera carne; il viso del ragazzo demone, lottando contro lo spasmo di dolore, sfiorò quello del compagno, le labbra si incontrarono, inerti ed aride quelle di Alexer, assetate quelle di Hiroshi in quello che sarebbe stato l’ultimo bacio rubato tra loro.

Ed infine Alexer realizzò, mentre l’urlo gli esplodeva nel petto, mentre inorridito tirava selvaggiamente indietro la spada che ormai aveva trafitto il cuore dell’amante, le cui braccia si erano aggrappate a lui, alla ricerca dell’ultimo appiglio. L’arma colpevole della ferita mortale venne scagliata lontano, il volto di Alexer si rivolse, incredulo, mosso da una furia cieca, verso il cielo a maledire chiunque abitasse lassù, percepiva la fronte di Hiroshi, gelida sul suo torace, udì ancora parole stentatamente pronunciate dalle labbra, imbevute del sangue che trovava sfogo all’esterno:

“Non piangere più, Alex-kun… io sono felice, perché la mia anima è salva… abbiamo fatto in tempo e non sarò cancellato…e potrò portare con me il mio amore per te… il tuo amore per me… dovunque adesso io andrò…”

Poi più nulla e l’urlo impotente di Alexer squarciò, a lungo, il silenzio della notte.

 

 

***

 

Fuggiva da giorni ormai, braccato da due fazioni contrapposte, rassegnato al fatto che, almeno una delle due, prima o poi sarebbe riuscita a catturarlo e, in qualunque caso, la sua fine sarebbe stata dolorosa.

Non che gli importasse in fin dei conti, da quando aveva perduto Hiroshi, ogni giorno della sua esistenza era stato caratterizzato dal desiderio di annullarsi e scomparire in qualunque modo, pur di non pensare ed in effetti l’idea di farla finita lo sfiorava ogni istante; una sola cosa lo convinceva della necessità di andare avanti, almeno un poco ancora… capire… comprendere il senso di ciò che era accaduto ad Hiroshi e cosa si celava dietro quella battaglia tra forze apparentemente opposte, ma che lui percepiva tanto simili alla resa dei conti.

Per questo aveva rifiutato di negare ogni ulteriore servizio a coloro che gli avevano imposto un ruolo di schiavo ed aveva preferito iniziare ad agire da solo, deciso a giungere alla fonte di quel secolare dissidio. Forse sarebbe morto prima di trovare le risposte che cercava, probabilmente sarebbe morto perché l’impresa in cui si era gettato si rivelava titanica, ma, quanto meno, aveva trovato uno scopo grazie al quale trascinare la propria esistenza, per fare anche qualcosa in nome di Hiroshi, l’unico amore della sua vita, l’unica meta verso cui avrebbe continuato a camminare nel mondo fino all’ultimo passo concessogli.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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