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Autore: Nami Nakamura    18/03/2009    9 recensioni
All'inizio di un ipotetico settimo anno, Hermione scopre di dover partire con Harry e Ron, e non sa se tornerà mai...ecco i suoi pensieri nella notte che precede la partenza...e un incontro che le darà un motivo per tornare...
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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My first and last cigarette

My first and last cigarette

 

“Chi sei tu, che nel buio della notte osi inciampare nei miei più profondi pensieri?” *

“Puoi chiamarmi Amore

 

Piove,  stanotte, quasi come se il cielo stesse piangendo con me per la mia sorte.

Chiunque sarebbe andato a letto, con questo tempo, si sarebbe rintanato sotto le coperte e avrebbe ascoltato con soddisfazione il rumore della pioggia che si abbatteva all’esterno, e che non poteva più toccarlo. Come ho sempre fatto io, d'altronde. Ma stanotte no. La mia vita è arrivata ad una svolta, sto per intraprendere un viaggio che può portarmi alla salvezza, e allo stesso tempo alla morte. Chissà come finirà, questa assurda guerra. Spero che presto potrò tornare qui, e finire quello che ho cominciato.

Esco dalla scuola con passo calibrato, voglio assaporare questi attimi che stranamente sanno di addio, di addio precoce. Il giardino, a quest’ora di notte, è così lugubre, così solitario, così tetro. Eppure, non mi riesce di provare paura, o angoscia, il mio cuore è preso da altro. Il mantello non mi protegge a sufficienza dalle sferzate di vento che mi arrivano addosso e i miei vestiti iniziano ad impregnarsi di pioggia, imperversa una vera e propria tempesta davanti a me, ma la natura, invece di spaventarmi, mi acquieta, come se assistere allo sfogo della sua furia placasse la mia. Vedo quell’albero a cui mi sono tanto affezionata, in questi anni. Il mio salice, la cui ninfa mi ha imbrattato diverse camicette. Non sono mai riuscita ad arrabbiarmi, per questo. Forse perché, in fondo, l’errore era mio, ero io che ogni volta mi abbandonavo contro il suo tronco. Cosa che faccio anche ora. L’erba bagnata di fine settembre profuma di pioggia, e mi inebria i sensi. Il ticchettio prorompente della pioggia che cade mi culla placidamente, me e i miei nefasti pensieri. Sento i capelli che pesanti mi sfiorano il collo, solleticandomi la pelle, e i vestiti che mi si incollano addosso, come una seconda pelle. Invece di infastidirmi, come sempre quando vengo sorpresa da un acquazzone improvviso, non mi importa, trovo quasi piacevole questa cosa.

Da sotto il mantello fradicio, tiro fuori un pacchetto di sigarette dei maghi, di quelle aromatizzate al limone. Ne tiro fuori una, contenta che i lunghi rami del mio albero proteggano me e il tabacco dalla furia della tempesta. Ritiro il pacchetto, e cerco l’accendino, un vecchio zippo babbano. Non mi importa di poterla accendere con un colpo di bacchetta, voglio farlo così, come una comune ragazza qualsiasi.  Infilo mollemente la sigaretta tra le labbra rosse e umide, e con un gesto secco del pollice accendo la fiamma sull’accendino, proteggendola con l’altra mano, la avvicino lentamente alla sigaretta, accendendola. Tiro una profonda boccata, respirando appieno il fumo. Al contrario di quanto mi era stato detto, l’impatto non è così violento, non mi viene nemmeno da tossire, sento solo un lieve bruciore in fondo alla gola. Emetto una nuvoletta di fumo grigio, che lentamente sparisce, avvolta dall’acqua piovana e dall’oscurità della notte. Il sapore del limone  mi invade la bocca, mentre senza spostare le dita tiro un’altra boccata. Lasciando uscire il fumo dalle labbra socchiuse, sposto soddisfatta la mano e la appoggio su di un ginocchio, guardando la brace che si fa strada sul corpo della mia sigaretta.

Ad un tratto, nonostante sia assorta nei miei pensieri, mi accorgo di non essere più sola nel giardino. Vedo un ombra scura farsi strada nella tempesta, avanzare verso di me con lentezza, una certa flemma, e un mantello nero sventolare febbrilmente nel vento selvaggio. Piano piano, si avvicina, e con non poco stupore, alla fine mi accorgo dell’identità del nuovo venuto.

-Mezzosangue, cosa diavolo ci fai qui?-

Mezzosangue. Solo lui  mi chiama così, nemmeno fosse un affettuoso soprannome.

-Probabilmente, quello che ci fai tu, Malfoy.- rispondo con voce neutra, non mi va di litigare, e credo che anche lui se ne sia accorto.

Senza dire nulla, si siede accanto a me, e inizia a fissare la spessa coltre di nubi che sovrasta le nostre teste, riversandoci addosso le sue lacrime. Poi vede la mia sigaretta, dopo che ho inspirato ed emesso il fumo, e l’ho riappoggiata sulla gamba. Fa uno di quei ghigni che non ho mai sopportato, ma che ora, nella flebile luce di un lampo notturno, mi sembra affascinante.

-Da quando fumi? Credevo che le brave ragazze come te non fumassero.- esclama poi, passandosi una mano tra i capelli fradici, che gli ripiovono sulla fronte umida. Io sorrido, come forse non ho mai fatto davanti a lui, con rassegnazione.

-Sono stata una brava ragazza per tutta la vita. Non ho mai bevuto alcol, non ho mai toccato la droga, nemmeno un misero spinello. E non ho mai fumato una sigaretta, pensando ai miei polmoni, ai miei neuroni e alle mie arterie. Infatti questa non è mia, è di Harry, le ho rubate dal suo comodino.- rispondo con voce morbida. Lui mi guarda, stupito. Cosa l’abbia colpito però non lo so.

-E allora perché stai fumando?- mi chiede, chissà che gliene frega a lui. Tiro un altro po’ di fumo, ne trattengo un po’ in bocca, espirandolo poco dopo, e con un gesto veloce delle dita faccio cadere la cenere in eccesso sull’erba bagnata accanto a me. La sigaretta è quasi a metà, la fisso per un po’ prima di rispondergli, tanto non credo abbia fretta.

-All’alba partirò con Harry e Ron, alla ricerca degli horcrux di Voldemort, per distruggerlo una volta per tutte. Tendi a fregartene dei tuoi polmoni, quando sai che forse non vivrai fino a pentirti di averli rovinati. Forse domani, o forse il giorno dopo, o tra una settimana, una maledizione mi ucciderà, che senso ha negarsi il piacere di una sigaretta?- rispondo tristemente, e porto ancora una volta il filtro alle labbra, socchiudendo gli occhi. Ho scoperto che il sapore deciso del limone mi piace, stuzzica il palato e brucia appena la gola, ma mi piace.

Guardo Malfoy, e vedo che ha spalancato gli occhi e socchiuso le labbra, stupito. Visto che per una volta l’ho lasciato senza parole, proseguo a parlare, tanto non ho nulla da perdere.

-Sai, per una notte volevo tornare ad essere una ragazza come tutte le altre. Sono nata tra i babbani, e sono sempre stata felice di aver scoperto i miei poteri, mi facevano sentire speciale. Ora però, se non sto più che attenta, potrei morire per essere entrata in questo folle mondo di maghi. E volevo tornare normale. E fumare la mia prima sigaretta come una ragazza comune, di quelle che conoscevo io, e che si sentivano adulte nel fumare. Io al contrario mi sento piccola, come se stessi recuperando un’adolescenza vissuta solo a metà.- dico ancora, guardandolo. Lui abbassa gli occhi, concentrato sulla mia sigaretta, che lentamente si consuma da sola. Con un altro tocco leggero del pollice la smuovo, e faccio cadere la cenere accumulata. Poi faccio un tiro.

-Piacerebbe anche a me essere un ragazzo come gli altri, stanotte.- mi risponde infine, Malfoy.

-Puoi farlo, sai. Per una volta, io e te possiamo fare finta di essere due comunissimi ragazzi di diciassette anni, senza preoccupazione alcuna. Non c’è qualcosa che avresti tanto voluto fare se fossi stato un'altra persona, come per me fumare una sigaretta?- chiedo curiosa. Se posso farlo io, perché lui non ptogliersi uno sfizio?

Fa un lieve sorriso, e si fissa il braccio sinistro, dove probabilmente nasconde il marchio nero. Ma in questo momento non mi interessa, devo pensare che stasera è solo Draco, un ragazzo come un altro. Come io sono solo Hermione.

Poi alza gli occhi nei miei, è stranamente serio. E i suoi occhi, che solo ora mi accorgo essere di uno splendido colore, come l’acciaio fuso, o una parete di ghiaccio imperturbabile e invalicabile, lasciano trasparire un filo di speranza. Faccio un tiro, mentre aspetto ansiosa la sua risposta. Ma questa non arriva, perché non appena lascio scappare uno sbuffo di fumo dalle mie labbra dischiuse, lui vi posa sopra le sue. All’inizio sbarro gli occhi, non so come reagire, ma vedo che lui i suoi li ha chiusi, e sento che è insicuro, e che ha paura che lo respinga.

In effetti, dovrei farlo.

Ma se io non fossi io, lo farei?

Probabilmente no.

Se noi fossimo comuni ragazzi, lo bacerei con foga, lascerei che mi togliesse il respiro. E allora, lo faccio davvero. Chiudo gli occhi e mi abbandono a lui. Quando si accorge che rispondo al bacio, recupera tutta la sua sicurezza, e si fa più audace. Si volta di più verso di me, accarezzandomi il viso leggermente accaldato per l’emozione, e infila la mano tra i boccoli bagnati e pesanti, sentendo il profumo di shampoo che sprigionano a causa della pioggia. La mia lingua e la sua si scontrano, e si accarezzano. È molto meno irruento, e più dolce, di quanto avrei mai potuto immaginare.

Sento che questo bacio è tutto quello che nella mia vita mi è sempre mancato, che forse questo ragazzo avrebbe anche potuto essere quello giusto per me, se solo fossimo stati davvero due ragazzi qualsiasi, che avrei potuto amarlo tanto, così intensamente, con la stessa intensità di questo bacio. Si separa lentamente da me, ma non mi basta, voglio ancor questa bella sensazione d’abbandono e complicità. Così, gli do appena il tempo di prendere il respiro, e poi mi prendo da sola quello che tanto voglio da lui. Passo anch’io una mano tra i suoi capelli, umidi e setosi, e lo attiro verso le mie labbra.

Avvinghiati sotto la tempesta, che imperversa intorno a noi, l’unico rombo che percepiamo è quello dei nostri cuori che battono come fossero impazziti. Dio, come vorrei che l’alba non venisse mai. Come vorrei essere un Hermione qualsiasi. Potrei avere questo Draco qualsiasi ogni giorno, potrei essere felice come ora, ogni giorno, ma evidentemente, non è nel mio destino.

Dopo che le nostre lingue hanno giocato ancora un po’, le labbra si separano, gonfie e rosse, i respiri si fondono, affannati e irregolari. Con gli occhi socchiusi, ancora così vicini da poter sentire il respiro dell’altro sul viso, ci fissiamo, e non sappiamo cosa dire. Posso dire di essere imbarazzata, ma anche soddisfatta, e non mi pento di aver ceduto. Che senso avrebbe?

-Hermione, se io fossi stato un ragazzo comune, lo avrei fatto tanto tempo fa, quando mi sono accorto che con te avrei potuto avere tutto quello che desideravo. Se io non fossi un Malfoy, ti chiederei di stare con me. Ecco cosa farei, ecco cosa vorrei.- mi dice, fissandomi.

Intanto la mia sigaretta si è di nuovo consumata da sola, e la cenere mi cade sui jeans chiari che indosso, macchiandoli. Non credevo di avere qualcosa da dire, mentre lo fissavo con le labbra ancora socchiuse. Mi sfugge persino una lacrima.

-Se solo fossi un’altra, non ti permetterei di allontanarti più da me, dopo queste parole. Ma all’alba partirò, e non so nemmeno quanto ancora mi sarà concesso di vivere. Ma ti faccio una promessa: quando questa dannata guerra finirà, se sarò ancora viva, ti verrò a cercare, e allora non avrò più motivo di lasciarti andare via.- gli rispondo poi, decisa. Lui sorride.

-Ci conto, Hermione…arrivederci.- mi dice, per poi iniziare ad allontanarsi velocemente da me, sotto la pioggia che si è fatta meno impetuosa. E con grandi falcate se ne va, e io lo guardo sparire nella tempesta, ora un po’ meno aggressiva di qualche minuto fa.

Poso lo sguardo sulla mia sigaretta.

È quasi del tutto consumata, così tiro un’ultima boccata.

Il sapore del tabacco e del limone, si fonde con quello dolce-amaro del bacio con Draco, che non scorderò mai.

Il sapore deciso delle sue labbra, si mischia con quello del limone, rendendolo il tutto così malinconico che quasi mi strugge.

Il profumo del fumo si unisce a quello di muschio bianco che mi è rimasto addosso, che era suo, della sua pelle.

Nessuna sigaretta avrà mai lo stesso sapore, quello delle sue labbra.

Ed è per questo che ora, sotto la suola della scarpa, spengo la mia prima ed ultima sigaretta.

 

 

*William Shakespeare

  
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