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Autore: ClodiaSpirit_    29/01/2016    2 recensioni
Felicity aveva subito un forte scontro con la vita, dopo ciò che era successo quella notte, la notte della proposta, la notte in cui Oliver le aveva chiesto di diventare parte della sua quotidianità, parte completa di tutta la sua vita. Nel bene e nel male, ne era uscita, ma aveva incontrato degli ostacoli. Ma non potevano essere niente, in confronto al legame forte che lei e Oliver avevano ormai creato da tempo.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questo è un piccolo pensiero che si è trasformato in una piccola one-shot, che è venuta praticamente fuori alle dieci di sera, inaspettatamente. Praticamente, le parole sono venute da sole. Amo quando riesco a non pensarci troppo quando scrivo. Penso che la scrittura più bella, sia quella che non si pensa. Che viene di getto, ecco.
Buona lettura, allora.


Clodia;




I wouldn’t be here, if it wasn’t for you. You make me a better person.


Il giorno separato dalla notte e la notte dal giorno. Era più o meno così per tutti, tutte le volte. Ma non lo era stato per Oliver, in quel corridoio d'ospedale che sapeva di sapone, ammoniaca e dolore. Non lo era stato vedendo Felicity sdraiata su quel letto così esile e lungo, in cui si stavagliava a malapena il suo piccolo corpo. E aveva giurato di non piangere, ai piccoli tubicini che le stavano mettendo al naso. E aveva giurato di fare lo stesso, di essere forte per se stesso ma sopratutto per lei, mentre la rianimavano. Fu una tortura aspettare ancora tre giorni, prima che Felicity riprendesse conoscenza del tutto. I suoi occhi erano stanchi e cerchiati di nero, come se quello che era successo, avesse risucchiato tutto il colore meraviglioso, limpido e gioioso che c'era dentro. Ma non era stato così per fortuna . Ma l'apparenza ingannava. Felicity era ancora forte dentro. Era sempre la stessa Felicity di cui Oliver si era innamorato piano piano, realizzandolo forse troppi tardi ma rimediando e capendo che senza il suo aiuto o la sua presenza, sarebbe rimasto l'Oliver dell'isola, dannato e oscuro, non concentrato sul giusto obiettivo.Restando umano. Eppure Oliver aveva pianto. Non davanti a Diggle, o a Thea. Nemmeno davanti a Donna, la sua futura suocera. Oliver aveva pianto di nascosto, in silenzio, in un angolo della nuovo covo, spezzandosi sempre di più. Felicity era viva. Era viva ma forse non sarebbe più tornata a camminare. Forse mai più. Oliver voleva soltanto che Darhk pagasse. Pagasse per quello, pagasse per tutto il resto. Com'era giusto che fosse, i cattivi sbattuti dentro e gli eroi di tutti i giorni alle prese con il portare a termine le loro missioni. E Oliver rimpiangeva solo non aver fatto niente. Aveva cercato di proteggere Felicity, facendo scudo con il suo corpo ma non era servito. Non era servito proseguire con la loro atipica vita. Ma non era forse solo quello il problema. Oliver si sentiva perso senza lei. Perchè lei era il suo pezzo di vita, il pezzo che era mancato fin da troppo e che aveva stretto solo da quattro mesi, solo da quel poco tempo, Oliver si era reso conto di non poter fare a meno di Felicity. Dei suoi sorrisi, della sua risata, del suo sguardo buffo e perso in chissà quali dei suoi pensieri. Delle sue mani, i suoi capelli biondi, i suoi occhi chiari e sorridenti, iniettati di luce anche nell'oscurità.
 
**


Ed era così piccola ma così tanto grande quella donna che era distesa su quel letto d'ospedale dall'odore di candeggina e pulito. Ed era anche stata così forte nel dire chiaro e in modo schietto che Oliver non era venuto a trovarla prima soltanto per la sua nuova condizione. Che i dottori potessero o no, farla ritornare come prima. Il blocco alla colonna vertebrale sembrava permanente. Ma nel bene e nel male, Oliver aveva sorriso anche se con gli occhi lucidi, alla voce spezzata di Felicity, accanto a lui. Straziato, le aveva rimesso l'anello al dito. L'infermiera aveva osato toglierlo durante le analisi e i controlli. Oliver aveva semplicemente agito di impulso. Glielo aveva infilato al dito, ricordando la sera in cui si era proposto. Uno dei suoi unici momenti più belli della sua vita. Momenti più belli da quando le cose avevano cominciato a funzionare con Felicity Smoak. E l'ultima cosa che sognava, anche lontanamente, era quella di rompere quella promessa, quella di voler passare il resto della sua vita con lei, di vederla all'altare ad aspettarlo, vestita di bianco. Di passare nottate sui criminali da acciuffare, di salvare la città insieme agli altri. Di preparare omelette bruciate o semplicemente di fare l'amore dolcemente. Nel bene e nel male, loro avevano già sopportato tanto. E ne erano usciti solo più forti di prima. Felicity gli aveva sorriso. Oliver stringeva la sua mano, la accarezzava e il pollice sfiorava la pietruzza alla base del piccolo cerchio d'argento sotto.



Felicity era già a casa. Ovviamente non per sua riuscita. Oliver la aveva portata sempre in braccio in quelle due settimane. Le pillole prescritte dal medico, la illudevano di poter ritornare subito in forma, in piedi. Ne prendeva anche tre, ogni quattro ore. Oliver non se ne era ancora accorto. Lui era in giro con la squadra, a combattere, lottare, essere migliore, rendere migliore la città in cui si trovavano, salvando vite. E invece lei, restava a casa. Inabilitata, sentendosi al minimo dell'utile. Aveva pensato a tirarsi fuori dalla squadra.                                                                                          
« Non servirò più, » aveva cominciato « e anche se potessi fare qualcosa, per ora non me la sento. È troppo presto per riprendere la vita di prima. » aveva concluso, frettolosamente. E anche se il suo superpotere non risiedeva nella forza fisica, ma soltanto nella sua testa, nella sua intelligenza come gli aveva detto Oliver, lei si sentiva lo stesso impotente. Impotente ad agire. Confusa dalla situazione, frustrata. Se solo avesse potuto rimettersi sulle sue gambe, avrebbe ripreso il suo lavoro alla Palmer Technologies e avrebbe seguito le piste del team al covo. Ma era diverso ora. E le sue allucinazioni cominciavano a farsi vive. La vecchia se, oscura, tenebrosa, dal suo stile trasandato e discutibile. Per lei non era mai stato un ossessione il suo passato. Eccetto per il suo ex ragazzo al college. Ma lei aveva deciso di essere diversa, migliore. E non era stata colpa della sua ex fiamma, ma era proprio partito da lei. Il senso del cambiamento, del voler qualcosa di meglio per se stessi. Eppure quell'immagine le annebbiava la mente, colpendola dove le faceva più male. E non solo dalla vita in giù.




Non aveva più esitato. Lei era meglio del passato. Felicity Smoak non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa dalla vecchia ragazza del college rivoluzionaria e scorretta. Felicity Smoak era stata adescata più di una volta e presa come ostaggio, solo per aiutare il team. Solo per sacrificio e forza di spirito. Felicity Smoak non era più da tanto tempo quella ingenua It girl. Lei era se stessa. E ciò che la faceva stare meglio era aiutare gli altri. Rendersi utile e disponibile. Esserci, in un modo o nell'altro. E c’era sempre stata, nonostante la vita si mettesse in mezzo alle sue scelte, al suo carattere forte e combattivo. E così aveva fatto. Con la sua sedia a rotelle blu scura, era scesa per le strade della città, ispirando a pieni polmoni e facendosi forza. Era arrivata al covo del team e lo aveva trovato lì, appoggiato alla piccola scalinata, mentre pensava. Oliver aveva appena alzato lo sguardo, incontrando quello di Felicity. Un sorriso. E allora bastava solo quello.                                                                                                                                                                                                      
«Sono io, questa » aveva indicato se stessa « non quella rabbiosa ragazza del passato. Non sono più lei da tempo. L'ho scelto io. E non me ne pento. Non mi pento delle nostre scelte, della nostra fuga, dei nostri litigi. Non mi pento di far parte della nostra squadra. Non mi pento di aiutare la gente, di essere migliore. Di permettermi di sbagliare e poi aggiustare tutto. Sono così e così voglio essere.»            
Lo sguardo che le riservò Oliver, c'era da dirlo, era tutto, un misto di felicità, fierezza, amore. « La colpa non è tua. Sappiamo entrambi chi è, quale è il su nome e cosa ha fatto. » Oliver le aveva preso le mani, dolcemente. Oliver sapeva di aver incasinato il tempo. E non aveva ancora fatto parola a Felicity. E sapeva che se non almeno fisicamente, quella successione di eventi non era stata solo casualità. E avrebbe dovuto dirglielo. Lo avrebbe fatto solo, non ora. Avrebbe detto di suo figlio William quando lei sarebbe tornata a camminare, a girare per casa con quella penna rossa mangiucchiata, pronta per segnare qualcosa su un foglietto per appunti. Quando avrebbe potuto ridere, ondeggiando per casa, mentre lui le cucinava una delle sue specialità. Oliver aveva adesso, gli occhi lucidi, pieni di speranza.  « E noi combatteremo. Non per vendetta. Ma perché è quello che facciamo, quello che siamo. E ne la vecchia me del passato, ne il tuo di passato, ci porteranno via questo. Quello che siamo e che siamo diventati. »
Era stata decisa. E poi lei e Oliver si erano guardati in un modo ancora più intenso. Connessi l'uno all'altra. Trovando l'uno nell'altra. Guardandosi con gli occhi dell'amore. L'amore faticato e non facile. L'amore vero, fatto di ostacoli e strapiombi. « Ne abbiamo fatta di strada, ma siamo qui. Siamo qui e sono felice di sentirti dire questo, sono felice perché ho te. Se tu non ci fossi stata, se tu non ci fossi adesso, io sarei perso. E con te riesco sempre a ritrovare me stesso. »  Felicity lo aveva guardato con gli occhi colmi di orgoglio. Era grata a quella parte di sé che non aveva mai smesso di vedere Oliver con occhi diversi quando tutti gli altri, lo avevano soltanto abbandonato, avevano smesso di credere in lui. Lei aveva sempre visto la parte vera e umana di Oliver. E perdere se stesso solo per un arrogante e strano, magico, cattivo non ne valeva la pena. E sia lei che lui lo sapevano. Perché erano solo piccoli paletti da affrontare, piazzati in mezzo alla loro via per essere finalmente felici. Sapevano anche questo.                                                                                                                               
« Grazie per essere sempre dalla mia parte. »
« Non c'è nessun altro posto dove vorrei essere. » Un bacio poi li aveva portati entrambi a sigillare quel piccolo ma importante momento in cui ancora una volta entrambi, erano stati più forti della situazione che era capitata. Più forti della rabbia, del passato.
   
 
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